Sending
Questo articolo è valutato
0 (0 votes)

1. Considerazioni generali

Come è noto, la Legge delega n. 11 del 2016, nel dettare i principi fondamentali sulla base dei quali doveva essere adottato il nuovo Codice degli appalti, poi approvato con il D. Lgs. n. 50 dello stesso anno, ha previsto tra l’altro che, entro un anno dall’entrata in vigore del Codice medesimo, si sarebbero potute apportare correzioni o modifiche alla luce delle eventuali criticità emerse in fase di prima applicazione.

E’ così che, essendo ormai prossimi alla scadenza del primo anno di applicazione del nuovo Codice, il Governo ha puntualmente presentato la bozza di decreto correttivo, il quale, per la verità, incide pesantemente sulla struttura del D. Lgs. n. 50, segno questo che le criticità riscontrate nei primi mesi di applicazione dello stesso sono state tante e da più parti evidenziate.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sentita l’ANAC, ha avviato una consultazione sulla prima bozza di decreto correttivo, coinvolgendo le principali categorie di soggetti destinatari del provvedimento. Da tale consultazione, conclusasi il 22 febbraio scorso, è scaturita una seconda bozza, sicuramente migliorativa della prima, per avere la stessa recepito parte delle osservazioni mosse dalle categorie di stakeholders sentite.

Le novità dell’emanando decreto correttivo sono numerose ed attengono a molteplici istituti. Senza alcuna pretesa di completezza, e tralasciando in particolare le modifiche apportate alla disciplina del RUP, già affrontate nello scorso numero della Rivista, esamineremo, nella trattazione che segue, le principali novità introdotte in particolare per gli aspetti procedurali. Il decreto correttivo è infatti intervenuto per modificare numerosi istituti, quali, ad esempio, il soccorso istruttorio, i controlli sul possesso dei requisiti di carattere generale, la procedura dell’affidamento diretto, solo per citarne alcuni.

In alcuni casi, sono stati finalmente recepiti i suggerimenti espressi dal Consiglio di Stato già prima dell’adozione del Codice, in altri casi, il legislatore delegato ha voluto correggere alcune sviste o dimenticanze commesse nella redazione del Codice, saltate all’occhio degli operatori che, nell’ultimo anno, si sono cimentati nella – invero non facile – applicazione del D. Lgs. n. 50.

Le novità dell’emanando decreto correttivo sono numerose ed attengono a molteplici istituti quali, ad esempio, il soccorso istruttorio, i controlli sul possesso dei requisiti di carattere generale, la procedura dell’affidamento diretto, il sistema delle garanzie, solo per citarne alcuni.

2. Le novità in tema di soccorso istruttorio

La bozza di decreto correttivo mira, finalmente, a ristabilire la legalità con riferimento all’istituto del soccorso istruttorio. La direttiva n. 2014/24/UE, infatti, ammetteva la regolarizzazione di eventuali vizi formali o carenze documentali delle offerte, senza prevedere alcun pagamento[1].

In linea con la Direttiva, la Legge delega n. 11/2016, dettava, tra i principi e i criteri direttivi cui il Governo doveva attenersi in sede di stesura del nuovo Codice, la possibilità di integrazione documentale non onerosa di qualunque elemento formale delle domande di partecipazione alle procedure di gara[2].

Ciononostante, il nuovo Codice ha previsto, come è noto, la necessità, ai fini dell’ammissione alla fase successiva della gara, del pagamento di una sanzione per la regolarizzazione di eventuali vizi formali, considerati essenziali della domanda o del DGUE, unitamente alla regolarizzazione medesima[3].

In verità, non è mai parso consono alle finalità e ai principi sottesi all’azione pubblica prevedere che le stazioni appaltanti, di fatto, lucrino sugli errori dei concorrenti e ammettano gli stessi alle fasi successive della gara soltanto previo pagamento di “un obolo”, in taluni casi piuttosto oneroso, a seconda dell’importo a base d’asta.

Tale discrasia rispetto alla volontà del legislatore comunitario era stata messa in luce già prima dell’emanazione del nuovo Codice dal Consiglio di Stato, il quale, nel suo monumentale parere n. 855/2016, aveva esplicitamente richiesto che il soccorso istruttorio venisse definito meglio nei suoi presupposti e limiti e non fosse mai oneroso.

Il Consiglio dei Ministri, con la prima bozza del decreto correttivo, invero assecondando le richieste del Consiglio di Stato, ha eliminato la sanzione ed ha introdotto ulteriori modifiche alla disciplina del soccorso istruttorio che hanno suscitato più di una perplessità tra gli operatori del settore.

A dire il vero, la bozza di decreto correttivo è stata finora elaborata in tre versioni successive. Nella prima versione, il nuovo testo del comma 9 dell’art. 83, era il seguente: <<Le carenze di qualsiasi elemento della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, in caso di mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta tecnica ed economica, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere>>.

Come può facilmente notarsi, al di là dell’apprezzabile eliminazione della sanzione attualmente prevista – oscillante tra l’un per mille e l’un per cento dell’importo a base di gara, con il tetto massimo di cinquemila euro – e della conferma della ormai sperimentata procedura della regolarizzazione entro dieci giorni, il legislatore delegato aveva inizialmente eliminato, inopportunamente a parere di chi scrive, il riferimento agli elementi “formali” della domanda, aprendo in tal modo alla teorica possibilità di ricorrere al soccorso istruttorio anche per vizi non solo formali ma anche sostanziali. Tale apertura però avrebbe fatto sorgere il concreto rischio di violazioni della par condicio tra i concorrenti, laddove la possibile correzione postuma di vizi di natura sostanziale avrebbe potuto di fatto favorire il concorrente meno attento e diligente a discapito degli altri che, invece, avevano predisposto in modo corretto e completo la propria offerta.

Non solo. Parlare di carenze di ogni elemento della domanda, senza precisare che si tratti dei soli elementi formali, fa pensare alla possibilità di ammettere in gara anche i concorrenti che, al momento della presentazione dell’offerta, non fossero in possesso di un dato requisito e che lo acquisissero solo in un momento successivo. Si pensi alla regolarità contributiva o fiscale, o alla cauzione provvisoria.

Il Consiglio dei Ministri, nelle prime versioni della bozza del decreto correttivo, ha assecondato le richieste del Consiglio di Stato ed ha eliminato la sanzione, introducendo tuttavia modifiche alla disciplina del soccorso istruttorio che hanno suscitato molte perplessità tra gli operatori del settore.

Fortunatamente, il legislatore delegato deve essersi accorto di tale svista poiché, in sede di seconda versione della bozza di decreto correttivo, ovvero quella sottoposta a consultazione, ha reintrodotto il riferimento agli elementi “formali” della domanda.

Il testo posto in consultazione era infatti il seguente: <<le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda, con esclusione di quelle incidenti sulle valutazioni del merito dell’offerta economica e di quella tecnica, possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. La stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano resi, integrati o regolarizzati i documenti e le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, o di inadeguatezza delle integrazioni presentate, il concorrente è escluso dalla gara>>.

Anche la seconda formulazione proposta ha suscitato non poche perplessità. Questa, infatti, pareva ammettere addirittura la possibilità di integrazioni dell’offerta tecnica e dell’offerta economica, relativamente a non meglio specificati vizi non afferenti alle “valutazioni di merito” delle stesse. Tale inciso piuttosto equivoco rischiava di complicare più che semplificare il quadro applicativo.

Nel formulare la disposizione in questi termini, il Governo ha accondisceso alla posizione espressa dal Consiglio di Stato nel citato parere n. 855[4]. Il Supremo Collegio aveva infatti ritenuto utile lasciare aperto uno spiraglio alla possibilità di sanare alcuni aspetti dell’offerta tecnica o economica mediante un soccorso che non comportasse comunque alcuna integrazione documentale.

Una apertura di tal fatta, tuttavia, avrebbe potuto dare la stura a innumerevoli contenziosi, in quanto le stazioni appaltanti prima, e i giudici amministrativi poi, si sarebbero trovati a discutere caso per caso se un dato elemento poco chiaro o carente dell’offerta tecnica o economica avrebbe potuto essere sanato, senza però sfociare in una integrazione postuma dell’offerta e, in definitiva, in una violazione della par condicio tra i concorrenti.

Il punto è, infatti, che cosa si debba intendere per valutazioni di merito afferenti all’offerta tecnica e all’offerta economica. Probabilmente, rientrano in tale ambito tutti gli aspetti contenutistici delle stesse, sui quali, peraltro, in vigenza del vecchio Codice, non è mai sorto alcun dubbio sul fatto che non fosse possibile alcun tipo di integrazione o correzione. Ci si chiede però come valutare l’eventuale mancanza di sottoscrizione di una delle due offerte. Da un lato, un simile vizio difficilmente può essere ricondotto ad una valutazione di merito, ma, d’altro canto, l’assenza di firma in una dichiarazione di volontà, e non di scienza, quale è l’offerta economica – ed anche quella tecnica – non sembra lasciar spazio alla possibilità di una regolarizzazione postuma, trattandosi comunque di un vizio non meramente formale ma di un elemento fondamentale dell’offerta perché consente la riconducibilità della stessa all’offerente.

Il problema pare essere ormai risolto in quanto il Governo ha diffuso il 6 marzo scorso una terza versione della bozza, scaturente dalle risultanze della consultazione ormai conclusa, che vede sparire il contestato inciso “con esclusione di quelle incidenti sulle valutazioni del merito dell’offerta economica e di quella tecnica”.

Il testo – forse – definitivo della bozza di decreto correttivo, in tema di soccorso istruttorio è il seguente: <<le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda, con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica, possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. La stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano resi, integrati o regolarizzati i documenti e le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, o di inadeguatezza delle integrazioni presentate, il concorrente è escluso dalla gara>>.

Come è evidente, si è ritornati alla precedente versione della bozza, peraltro non dissimile, sotto questo aspetto, al testo ora in vigore, nella quale le uniche irregolarità sanabili sono quelle formali e soprattutto afferenti alla prima fase della procedura di gara, ovvero quella in cui si procede alla verifica della documentazione amministrativa presentata dai concorrenti, se ne verifica il possesso di tutti i requisiti di ammissione richiesti e si decide in merito alla loro ammissione alle successive fasi della procedura.

Resta esclusa, come è giusto che sia, qualsivoglia regolarizzazione nelle successive fasi di esame dell’offerta tecnica e di apertura dell’offerta economica. Se così non fosse, la possibilità di sanare vizi in un momento così avanzato della procedura potrebbe alterare, da un lato, la par condicio tra i concorrenti e, dall’altro, potrebbe offrire la possibilità a qualche operatore di chiamarsi fuori dalla procedura sfruttando la mancata regolarizzazione e, di fatto, ritirandosi dalla competizione in un momento in cui potrebbe essere già prevedibile il probabile esito della gara. Si verificherebbe in tal caso una sostanziale violazione del principio di serietà e vincolatività dell’offerta, garantito, come è noto, anche dalla cauzione provvisoria.

Nella terza versione della bozza, scaturente dalle risultanze della consultazione, la disposizione sul soccorso istruttorio vede sparire il riferimento alle valutazioni del merito dell’offerta economica e di quella tecnica, che tanto è stato contestato dagli operatori del settore per le possibili implicazioni negative che potevano scaturirne in fase applicativa.

3. Le novità in materia di verifiche sul possesso dei requisiti di partecipazione

Un’altra importante novità procedurale introdotta dalla bozza di decreto correttivo riguarda le verifiche che la stazione appaltante deve eseguire sull’effettivo possesso da parte dei concorrenti dei dichiarati requisiti di carattere generale richiesti dalla legge nonché i requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali richiesti dal bando di gara.

Le modifiche apportate in sede di decreto correttivo sono tese con evidenza ad alleggerire gli oneri di verifica in capo alla stazione appaltante, pur se a discapito, sotto certi aspetti, della tutela dell’interesse pubblico della stazione appaltante medesima a stipulare con contraenti affidabili e seri.

Anche nel caso ora in esame, si sono susseguite differenti versioni: una prima che introduceva vistose semplificazioni soprattutto negli affidamenti sotto i 40mila euro, e una seconda, post consultazione, che corregge il tiro e introduce forme di semplificazione dei controlli più moderate.

Lo schema di decreto correttivo sostituisce innanzitutto il comma 5 dell’art. 36 del Codice[5], con la seguente disposizione: <<nel caso in cui la stazione appaltante abbia fatto ricorso alle procedure negoziate, la verifica dei requisiti avviene esclusivamente sull’aggiudicatario. La stazione appaltante può comunque estendere le verifiche agli altri partecipanti. Le stazioni appaltanti devono verificare il possesso dei requisiti economici e finanziari e tecnico professionali se richiesti nella lettera di invito o nel bando di gara. Ai fini dell’aggiudicazione, nei casi di cui al comma 2, lettera a), le stazioni appaltanti, relativamente ai requisiti di carattere generale, verificano esclusivamente il documento unico di regolarità contributiva (DURC) e quanto previsto dal comma 5, lettera b), dell’articolo 80>>.

Occorre dire, in primo luogo, che questa proposta di modifica è rimasta tal quale anche nella versione dello schema scaturito dalla consultazione.

Tale modifica introduce due sostanziali novità:

1) nelle procedure negoziate sotto soglia, ovvero quelle di cui all’art. 36, comma 2 lett. b), le stazioni appaltanti possono limitarsi ad effettuare le verifiche sul possesso dei requisiti di carattere generale solo con riferimento all’aggiudicatario e non anche agli altri concorrenti. Per inciso, scompare nel correttivo il riferimento alla Banca dati nazionale degli operatori economici, segno, questo, che forse si è ben lontani dalla sua realizzazione o che, addirittura, la sua realizzazione stessa è messa in forse, quantomeno nei termini in cui era stata inizialmente pensata dal legislatore delegato;

2) per gli affidamenti sotto i 40mila euro, è prevista l’ulteriore semplificazione di limitare l’onere di verifica da parte della stazione appaltante a due soli requisiti di carattere generale dell’aggiudicatario: la regolarità contributiva, da accertarsi mediante il DURC, e l’assenza dello stato di fallimento, liquidazione coatta o concordato preventivo.

Nella prima versione elaborata dal Consiglio dei Ministri, come detto, si prevedeva una semplificazione ancora più spinta per gli affidamenti sotto i 40mila euro: si stabiliva infatti che le stazioni appaltanti dovessero svolgere le verifiche del possesso dei requisiti di carattere generale in capo agli aggiudicatari procedendo a campione. In altri termini, non tutti gli aggiudicatari dovevano essere sottoposti a verifica ma solo un campione di essi.

Il testo inizialmente adottato era infatti il seguente: <<nel caso di affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro, le stazioni appaltanti procedono a controlli a campione al fine di verificare l’assenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80, in capo agli aggiudicatari. Nei mercati elettronici di cui al comma 6, la verifica a campione di cui al periodo precedente è svolta, in fase di ammissione e di permanenza, dal soggetto responsabile dell’ammissione al mercato elettronico>>[6].

Lo schema di decreto correttivo introduce importanti novità in tema di verifiche sul possesso da parte dei concorrenti dei requisiti di carattere generale nonché dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali eventualmente richiesti dal bando di gara, che vanno nella direzione di un maggior alleggerimento e semplificazione degli oneri in capo alla stazione appaltante.

Invero, la previsione di circoscrivere i controlli sul possesso dei requisiti di carattere generale ad un campione di aggiudicatari appare piuttosto rischioso e in contrasto con la ratio delle norme incidenti su tale istituto.

Procediamo con ordine: il possesso dei requisiti stabiliti dall’art. 80 è condizione necessaria ed imprescindibile, come si evince dalla stessa norma, per stipulare contratti d’appalto con la pubblica amministrazione. Ciò significa che tali requisiti devono sussistere sempre e teoricamente andrebbero verificati sin dall’inizio. Per ragioni di celerità della procedura e in ossequio al principio di non aggravamento del procedimento, in fase di presentazione dell’offerta il legislatore consente ai concorrenti di autodichiararne il possesso, rinviando ad un momento successivo l’effettivo controllo della veridicità di tali dichiarazioni.

Se la limitazione dei controlli al solo aggiudicatario pare essere effettivamente una semplificazione apprezzabile per le stazioni appaltanti e – contestualmente un buon compromesso rispetto alla necessità che chi stipula con l’Amministrazione debba possedere ab initio quei requisiti – lo stesso non può dirsi per l’ulteriore limitazione dei controlli ad una parte soltanto degli aggiudicatari, per gli affidamenti sotto i 40 mila euro.

Ci si troverebbe dinanzi a situazioni in cui gli aggiudicatari non verrebbero mai controllati oppure sarebbero controllati in un momento successivo all’esecuzione del contratto, il che, se si tratta ad esempio di un contratto ad esecuzione istantanea, vanifica completamente la ratio dell’art. 80 del Codice e lede in modo irreparabile l’interesse degli altri concorrenti non aggiudicatari.

Tale aspetto problematico non deve essere sfuggito agli operatori del settore e neppure al Governo, posto che, nella versione post consultazione dello schema di decreto correttivo, il comma 6-bis dell’art. 36 ha cambiato decisamente tenore. Ora il testo proposto è il seguente: <<nei mercati elettronici di cui al comma 6, per gli affidamenti di importo inferiore ai 40.000 euro, la verifica sull’assenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80 è effettuata a campione, in fase di ammissione e di permanenza, dal soggetto responsabile dell’ammissione al mercato elettronico. Resta ferma la verifica sull’aggiudicatario ai sensi del comma 5, quarto periodo>>.

Come si vede, è sparito il controllo a campione sugli aggiudicatari per tutte le procedure di cui all’art. 36, comma 2, lett. a), cioè quelle sotto i 40mila euro, ma resta ferma il limite del controllo dei soli due requisiti, ritenuti evidentemente più rilevanti dal legislatore, quali la regolarità contributiva e il requisito di cui all’art. 80, comma 5, lett. b).

Le verifiche a campione sugli aggiudicatari vengono circoscritte alle sole procedure svolte sui mercati elettronici ed è attribuita la competenza di tali verifiche al soggetto responsabile dell’ammissione degli operatori economici al mercato elettronico medesimo, ovvero Consip o le centrali di committenza regionali, ad esempio.

Tale ultima previsione, peraltro già presente nel primo testo dello schema di decreto, pare molto opportuna, in quanto le stazioni appaltanti che si rivolgono ai mercati elettronici per affidare le proprie commesse, considerano tale strumento, per così dire, già validato e sicuro. Dover autonomamente procedere allo svolgimento delle verifiche sui concorrenti delle procedure espletate sul mercato elettronico è, sino ad ora, apparso un appesantimento del procedimento, in stridente contrasto con la celerità e la snellezza tanto apprezzate nell’uso dello strumento del mercato elettronico.

Sempre in tema di verifica del possesso dei requisiti di carattere generale, si segnala il nuovo comma 2-bis dell’art. 94 del Codice, invero proposto ex novo solo dall’ultima versione della bozza di decreto correttivo. Il comma proposto così recita: <<nelle procedure aperte, le stazioni appaltanti possono decidere di esaminare le offerte prima di verificare l’assenza dei motivi di esclusione e il rispetto dei criteri di selezione ai sensi del presente Codice. Se si avvalgono di tale possibilità, le stazioni appaltanti garantiscono che la verifica dell’assenza dei motivi di esclusione e del rispetto dei criteri di selezione sia effettuata in maniera imparziale e trasparente, in modo che nessun appalto sia aggiudicato a un offerente che avrebbe dovuto essere escluso a norma dell’art. 80 o che non soddisfa i criteri di selezione stabiliti dalla stazione appaltante>>. 

Sembrerebbe rispettato il principio sopra enunciato per cui i requisiti di cui all’art. 80 sono condizione necessaria e imprescindibile per l’affidamento di un appalto ad un operatore economico, posto che si afferma espressamente che nessun appalto potrà essere aggiudicato ad operatore privo degli stessi. Tuttavia, non convince il fatto che, al fine di rispondere evidentemente a ragioni di celerità, si possa correre il rischio di complicare più che semplificare il procedimento, soprattutto a seconda del momento – più o meno avanzato – della procedura in cui si decida di svolgere la verifica e in cui possa emergere il mancato possesso dei requisiti, magari proprio in capo a colui che aveva presentato la migliore offerta.

In secondo luogo, non è chiaro come, quando e in che modo le stazioni appaltanti debbano garantire che la verifica venga fatta “in modo imparziale e trasparente”.

Lo schema di decreto prevede – molto opportunamente – di attribuire la competenza sulle verifiche a campione sugli aggiudicatari delle procedure svolte sui mercati elettronici al soggetto responsabile dell’ammissione degli operatori economici al mercato elettronico medesimo, cioè Consip o le centrali di committenza regionali.

4. Le altre novità procedurali introdotte dall’emanando decreto correttivo del Codice

La numerosità delle novità introdotte dall’emanando decreto correttivo del Codice non consente di trattarle tutte in un unico contributo. Molte di esse sarebbero peraltro meritevoli di un approfondimento ad hoc.

Senza alcuna pretesa di completezza, si segnalano alcune novità, rilevanti soprattutto per le imprese, introdotte in materia di garanzie.

In primo luogo, l’emanando decreto propone, con riguardo alle procedure di affidamento diretto di cui all’articolo 36, comma 2, lettera a), di lasciare la facoltà alla stazione appaltante di non richiedere la cauzione provvisoria alle imprese concorrenti. Lo scopo è quello di alleggerire gli adempimenti in capo agli operatori economici e di rendere più agevole la partecipazione degli stessi alle procedure.

Tale novità appare apprezzabile sia dal punto di vista delle stazioni appaltanti, che porranno in essere una procedura più snella, che dal punto di vista degli operatori economici per i quali dover stipulare una cauzione provvisoria, e quindi sostenere un costo indipendentemente dall’esito della procedura, potrebbe avere effetti dissuasivi rispetto alla partecipazione.

Si tenga anche conto del fatto che, trattandosi di procedure sotto i 40mila euro, può facilmente succedere che, per l’esiguità dell’importo o la tipologia delle prestazioni contrattuali oggetto dell’affidamento, magari ad esecuzione istantanea, chiedere la cauzione provvisoria potrebbe rivelarsi pressocchè inutile o sproporzionato rispetto al valore dell’appalto.

Un’altra novità in tema di garanzie – apprezzabile perché volta a favorire la partecipazione delle PMI – è la previsione della riduzione del 50 per cento dell’importo della cauzione provvisoria, non solo in caso di possesso della certificazione di qualità, ma, in generale, laddove i concorrenti siano microimprese, piccole e medie imprese o raggruppamenti temporanei o consorzi ordinari costituiti esclusivamente da microimprese, piccole e medie imprese.

Un’altra proposta di modifica degna di nota è quella relativa all’art. 36 del Codice. Il Governo ha inteso di fatto recepire l’orientamento in tema di affidamenti diretti (di cui alla lettera a) del comma 2 dell’art. 36) già espresso dall’ANAC nelle Linee guida in materia di affidamenti sotto soglia.

Si legge infatti nella bozza di decreto correttivo[7]: <<possono essere affidati dalla stazione appaltante direttamente tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga, in modo semplificato, l’oggetto dell’affidamento, l’importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico-professionali, ove richiesti>>.

In altri termini, viene codificato quanto già ipotizzato dall’ANAC secondo cui, negli affidamenti diretti, non è necessario distinguere la prima determinazione a contrarre da un successivo, distinto, provvedimento che dia conto del procedimento di scelta del contraente e dell’esito dello stesso. Può essere sufficiente solo quest’ultimo atto, purché lo stesso sia completo nel descrivere il procedimento di scelta, anche se informale, posto in essere dalla stazione appaltante e soddisfi in tal modo il requisito dell’”adeguata motivazione” previsto dalla norma in tema di affidamento diretto.

Nelle procedure di affidamento diretto, la stazione appaltante ha facoltà di non chiedere la cauzione provvisoria. E’ inoltre prevista una riduzione dell’importo della stessa a favore delle micro, piccole e medie imprese, al fine di incentivarne la partecipazione alle procedure e ridurre gli oneri a loro carico.


[1] Si riportano di seguito l’art. 56, par. 3 e l’art. 59, par. 4 della Direttiva 2014/24/UE citata:

Art. 56.3: <<Se le informazioni o la documentazione che gli operatori economici devono presentare sono o sembrano essere incomplete o non corrette, o se mancano documenti specifici, le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere, salvo disposizione contraria del diritto nazionale che attua la presente direttiva, agli operatori economici interessati di presentare, integrare, chiarire o completare le informazioni o la documentazione in questione entro un termine adeguato, a condizione che tale richiesta sia effettuata nella piena osservanza dei principi di parità di trattamento e trasparenza>>.

Art. 59.4: <<L’amministrazione aggiudicatrice può chiedere a offerenti e candidati, in qualsiasi momento nel corso della procedura, di presentare tutti i documenti complementari o parte di essi, qualora questo sia necessario per assicurare il corretto svolgimento della procedura>>.

[2] L. n. 11/2016, art. 1, comma 1 lett. z): <<Riduzione degli oneri documentali ed economici a carico dei soggetti partecipanti, con attribuzione a questi ultimi della piena possibilità di integrazione documentale non onerosa di qualsiasi elemento di natura formale della domanda, purché non attenga agli elementi oggetto di valutazioni sul merito dell’offerta, e semplificazione delle procedure di verifica da parte delle stazioni appaltanti, con particolare riguardo all’accertamento dei requisiti generali di qualificazione, costantemente aggiornati, attraverso l’accesso a un’unica banca dati centralizzata gestita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la revisione e semplificazione dell’attuale sistema AVCpass, garantendo a tal fine l’interoperabilità tra i Ministeri e gli organismi pubblici coinvolti e prevedendo l’applicazione di specifiche sanzioni in caso di rifiuto all’interoperabilità>>.

[3] Art. 83, comma 9 D. Lgs. n. 50/2016 attualmente vigente: <<Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta tecnica ed economica, obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 5.000 euro. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere, da presentare contestualmente al documento comprovante l’avvenuto pagamento della sanzione, a pena di esclusione. La sanzione è dovuta esclusivamente in caso di regolarizzazione. Nei casi di irregolarità formali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non essenziali, la stazione appaltante ne richiede comunque la regolarizzazione con la procedura di cui al periodo precedente, ma non applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara. Costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa>>.

[4] Si legge infatti nel citato parere del Supremo Collegio: <<Si rappresenta, poi, l’opportunità di conservare, comunque, una forma di “soccorso procedimentale”, riferito agli elementi essenziali dell’offerta tecnica ed economica, secondo cui, fermo restando il divieto di integrazione documentale, l’amministrazione, in caso di dubbi riguardanti il contenuto dell’offerta, possa richiedere chiarimenti al concorrente. In conclusione, il comma 9, potrebbe essere riformulato nel seguente modo: “Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda, con esclusione di quelle incidenti sulle valutazioni del merito dell’offerta economica e di quella tecnica, possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. La stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano resi, integrati o regolarizzati i documenti e le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, o di inadeguatezza delle integrazioni presentate, il concorrente è escluso dalla gara. (…)”>>.

[5] Il comma 5 dell’art. 36 attualmente vigente così recita:<<Ai fini dell’aggiudicazione, nei casi di cui al comma 2, lettere a) e b), le stazioni appaltanti verificano esclusivamente i requisiti di carattere generale mediante consultazione della Banca dati nazionale degli operatori economici di cui all’articolo 81. Le stazioni appaltanti devono verificare il possesso dei requisiti economici e finanziari e tecnico professionali richiesti nella lettera di invito o nel bando di gara>>.

[6] Quello riportato nel testo è la prima versione del comma 6-bis che lo schema di decreto correttivo aggiunge all’art. 36 del Codice degli appalti e delle concessioni.

[7] Art. 19 della bozza di decreto correttivo nella versione post consultazione del 6 marzo scorso, che apporta modifiche all’art. 32 del Codice.

Sending
Questo articolo è valutato
0 (0 votes)

Questo articolo è stato scritto da...

Dott.ssa Alessandra Verde
Referendaria consiliare presso il Consiglio regionale della Sardegna
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.