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La riforma del sistema di qualificazione dei consorzi nel nuovo Codice dei contratti pubblici: analisi del correttivo e impatti applicativi

L’evoluzione della disciplina normativa riguardante i consorzi stabili rappresenta uno dei capitoli più complessi e al contempo centrali all’interno del nuovo Codice dei contratti pubblici, introdotto con il D.lgs. n. 36/2023. Tale complessità è il risultato di un sistema stratificato, nel quale si sono progressivamente sovrapposti orientamenti giurisprudenziali, pareri dell’ANAC e modifiche legislative. In questo contesto, il Decreto Correttivo – entrato in vigore nel 2024 – ha apportato importanti novità volte a chiarire, razionalizzare e armonizzare le disposizioni già contenute nel Codice, in particolare all’art. 67. Le nuove norme sul sistema di qualificazione dei consorzi rispondono ad una molteplicità di esigenze: da un lato, garantire una maggiore certezza giuridica agli operatori economici, superando le ambiguità interpretative legate al cosiddetto “cumulo alla rinfusa”; dall’altro, evitare fenomeni distorsivi che, nei fatti, potevano generare una partecipazione alle gare pubbliche priva di effettiva capacità tecnica ed economica.

Nell’assetto previgente, la disciplina dei consorzi era governata da norme spesso non coordinate, con il rischio che i consorzi potessero aggirare i requisiti previsti dal legislatore facendo affidamento, indiscriminatamente, sulle attestazioni delle consorziate, indipendentemente dal loro coinvolgimento effettivo nell’esecuzione dell’appalto. Il correttivo, pertanto, cerca di colmare questo vuoto normativo.

Nel testo che segue, si analizzeranno approfonditamente le novità introdotte dal correttivo con riferimento alla qualificazione dei consorzi, distinguendo tra diverse tipologie consortili, con particolare attenzione ai consorzi stabili, ai consorzi di cooperative di produzione e lavoro e ai consorzi artigiani. Inoltre, verranno evidenziati i principali dubbi applicativi ancora irrisolti, proponendo anche un raffronto con le prassi europee e le principali sentenze della giurisprudenza amministrativa.

1. Le due principali ipotesi di qualificazione: consorzio stabile con struttura propria e consorzio stabile con consorziate esecutrici designate

Nel contesto della riforma introdotta dal Decreto Correttivo, la qualificazione del consorzio stabile si articola in due scenari principali, entrambi definiti dall’art. 67 del Codice dei Contratti Pubblici.

1. Il consorzio stabile con struttura propria (esecuzione diretta del contratto)

La prima ipotesi disciplinata riguarda la situazione in cui il consorzio stabile partecipa a una gara d’appalto senza dover necessariamente indicare le consorziate esecutrici. In tal caso, infatti, il consorzio assume direttamente l’esecuzione dei lavori, avvalendosi della propria struttura. Questa disposizione, contenuta nel primo comma, lettera b) dell’art. 67, stabilisce che i requisiti posseduti in proprio dal consorzio, cioè quelli che derivano dalla precedente esperienza e attività svolta autonomamente dalla struttura consortile, possano essere cumulati con quelli delle consorziate. Il consorzio, dunque, può partecipare autonomamente a gare pubbliche e, pur non avendo una struttura aziendale sempre in grado di eseguire materialmente tutte le fasi dell’appalto, beneficia della possibilità di avvalersi delle competenze tecniche e professionali delle singole consorziate. Questa forma di qualificazione è volta a garantire una flessibilità operativa che permette ai consorzi di operare in diversi ambiti, utilizzando risorse e competenze esterne in modo coerente e funzionale al progetto di gara. L’obiettivo della riforma è evitare che i consorzi stabili vengano utilizzati come “banchi di prova” per aggregazioni estemporanee, prive di una vera struttura operativa che possa garantirne l’affidabilità e l’esperienza. In questo scenario, i consorzi stabili che ricorrono all’esecuzione diretta devono dimostrare di aver maturato esperienza sufficiente attraverso l’esecuzione di appalti precedenti, i cui requisiti, quindi, vengono trasferiti al consorzio stesso.

2. Il consorzio stabile con consorziate esecutrici designate

Nel secondo scenario, il consorzio stabile partecipa alla gara d’appalto indicando espressamente le consorziate esecutrici designate. In questo caso, la normativa stabilisce che i requisiti di qualificazione per l’esecuzione dei lavori devono essere posseduti e comprovati dalle singole imprese designate. In altre parole, non è più possibile per il consorzio stabile cumulare indiscriminatamente i requisiti posseduti dalle proprie consorziate, se queste ultime non sono indicate in fase di gara come esecutrici. Questa disposizione mira a ridurre i rischi di frodi e comportamenti opportunistici da parte di consorzi che, pur non avendo una struttura operativa solida, si avvalgono dei requisiti delle consorziate solo per rispondere ai criteri di ammissione alle gare pubbliche. L’elemento cruciale è che, per i lavori da eseguire, le consorziate devono essere effettivamente designate per l’esecuzione e, pertanto, i requisiti richiesti dovranno essere posseduti da ciascuna di esse. Qualora le consorziate esecutrici non possiedano i requisiti richiesti, la legge prevede l’obbligo di ricorrere all’istituto dell’avvalimento. L’avvalimento è lo strumento che consente a una consorziata di utilizzare i requisiti di un’altra impresa qualificata, tramite una dichiarazione formale. Questo strumento giuridico permette di colmare eventuali lacune in termini di capacità tecnica o economica delle imprese designate, mantenendo la partecipazione del consorzio stabile al bando. L’obiettivo della riforma in questo caso è quello di evitare che i consorzi siano utilizzati come strumenti puramente formali, senza un’effettiva capacità esecutiva. La disciplina dell’avvalimento è stata, infatti, specificata dal Decreto Correttivo in maniera ancora più stringente, cercando di limitare gli abusi e garantire che solo le imprese effettivamente qualificate possano partecipare ai contratti pubblici.

2. Le ipotesi di sospensione della norma: il periodo transitorio di cinque anni

Durante l’esame parlamentare dello schema del Decreto Correttivo, le commissioni permanenti della Camera e del Senato hanno sollevato il tema della necessità di prevedere una sospensione temporanea dell’efficacia delle nuove disposizioni, al fine di evitare un’immediata implementazione che avrebbe potuto risultare destabilizzante per i consorzi già operanti. In particolare, la proposta di un periodo transitorio di cinque anni è stata avanzata con lo scopo di consentire alle aggregazioni consortili di adattarsi alle nuove regole senza compromettere la loro operatività. Il Senato, nel resoconto n. 156 del 17 dicembre 2024, ha infatti condizionato il suo parere favorevole all’introduzione di questo periodo transitorio, stabilendo che durante i primi cinque anni di applicazione del correttivo, le disposizioni relative al cumulo dei requisiti (come applicato alle consorziate) potessero continuare a essere utilizzate, per poi essere progressivamente sostituite dalla nuova disciplina che prevede il solo sistema della qualificazione in proprio. Questa scelta è stata motivata dalla necessità di evitare un impatto troppo gravoso sui consorzi, che rischiavano di non essere in grado di adattarsi tempestivamente alle nuove norme, mettendo a rischio la loro sopravvivenza. La proposta di periodo transitorio, quindi, si è rivelata fondamentale per consentire a tutti gli operatori di riorganizzarsi senza subire danni economici o operativi eccessivi. Tuttavia, sebbene il periodo transitorio abbia ricevuto una certa approvazione politica, il Decreto Correttivo non ha ufficialmente introdotto tale proroga, lasciando la normativa in vigore dal momento della pubblicazione. L’assenza di un periodo transitorio ufficiale ha destato preoccupazione tra gli operatori del settore, i quali si sono trovati costretti a rivedere i propri modelli operativi con effetti immediati. La scelta di non adottare un periodo transitorio lungo potrebbe infatti comportare difficoltà soprattutto per i consorzi più piccoli o per quelli che avevano già avviato il processo di qualificazione secondo le vecchie regole. Nonostante questo, la riforma rimane un passo importante verso una maggiore trasparenza e correttezza nella gestione degli appalti pubblici.

3. Il divieto di partecipazione a più consorzi stabili

Un’altra delle novità normative introdotte dal Decreto Correttivo riguarda il divieto per una stessa impresa di partecipare a più consorzi stabili, una disposizione che rappresenta una novità rispetto alla precedente normativa. Il Decreto Correttivo ha esplicitato definitivamente tale divieto all’interno dell’art. 255, stabilendo che una singola impresa non possa più essere parte di più consorzi stabili contemporaneamente. Questo divieto è stato reintrodotto a seguito delle indicazioni dell’ANAC, che aveva evidenziato come la partecipazione a un consorzio stabile richieda un impegno duraturo e stabile da parte delle imprese consorziate. Il vincolo di partecipazione a un solo consorzio stabile è quindi visto come una garanzia di serietà e affidabilità, evitando la possibilità che un’impresa possa “sfuggire” alle responsabilità e agli impegni derivanti dalla partecipazione al consorzio stesso. L’introduzione di questa norma mira a contrastare pratiche opportunistiche, che vedevano aziende partecipare a più consorzi stabili con l’intento di aggirare i limiti imposti dalla qualificazione. Questo fenomeno aveva infatti portato alla creazione di alleanze fittizie tra imprese, le quali non operavano effettivamente insieme, ma sfruttavano i requisiti tecnici e finanziari di ciascuna per rispondere ai criteri di ammissione di gare pubbliche. Ora, con il divieto, ogni impresa è costretta a scegliere un’unica aggregazione consortile, stabilendo un rapporto duraturo che, in linea con le normative europee, garantisca la genuinità e la trasparenza delle partecipazioni. Tale divieto si inserisce perfettamente nel quadro generale della riforma, che ha l’obiettivo di rafforzare la professionalità, la stabilità e la competitività degli operatori economici nel settore degli appalti pubblici. Inoltre, questa norma risponde a una esigenza di chiarezza per le stazioni appaltanti, che dovranno ora confrontarsi con un quadro di riferimento più definito, dove le imprese non potranno più eludere le qualificazioni o esercitare influenze indebite tramite l’appartenenza a più consorzi.

4. L’avvalimento dei requisiti da parte dei consorzi stabili

Un aspetto fondamentale introdotto dal Decreto Correttivo riguarda l’utilizzo dell’istituto dell’avvalimento da parte dei consorzi stabili. L’avvalimento consente a una impresa di “prestare” i propri requisiti tecnici e professionali a un’altra impresa, la quale ne fa uso per partecipare a una gara d’appalto. In sostanza, è una forma di cooperazione tra imprese che consente di colmare eventuali carenze in termini di qualificazione, rendendo possibile l’accesso a gare anche per consorzi che, singolarmente, non soddisfano tutti i requisiti richiesti.

5. Requisiti utilizzabili in avvalimento

Nel contesto dei consorzi stabili, l’articolo 67 del Codice, come modificato dal Decreto Correttivo, stabilisce che i consorzi stabili possono utilizzare i requisiti maturati non solo dalle consorziate esecutrici, ma anche da quelle non esecutrici. Tuttavia, per i requisiti di queste ultime, è necessario ricorrere all’avvalimento, ossia alla cessione dei requisiti di un’altra impresa consorziata che possa garantirne l’effettiva disponibilità. In altre parole, quando il consorzio stabile ha bisogno di far valere le competenze o capacità di una consorziata che non è stata designata per l’esecuzione materiale dell’appalto, è obbligato a utilizzare l’avvalimento. Questa precisazione rappresenta un chiarimento significativo rispetto alla versione precedente della normativa, che lasciava maggiore spazio a interpretazioni divergenti. L’avvalimento deve essere formalizzato con un contratto scritto tra le imprese, specificando i requisiti che vengono ceduti e garantendo che questi siano effettivamente disponibili per il consorzio stabile. La riforma, così come la normativa dell’Unione Europea, mira a garantire che l’avvalimento non venga utilizzato per eludere i requisiti di qualificazione, ma piuttosto per consentire un’effettiva condivisione di risorse, competenze e capacità. Inoltre, l’avvalimento deve essere basato su requisiti concreti e reali, che siano verificabili dalle stazioni appaltanti.

6. Le consorziate non esecutrici e il loro ruolo nell’avvalimento

Un aspetto innovativo introdotto dal Decreto Correttivo è la possibilità per le consorziate non esecutrici di partecipare indirettamente all’esecuzione dell’appalto, attraverso l’avvalimento. Le consorziate che non sono designate per l’esecuzione dei lavori, ma che possiedono determinati requisiti, possono metterli a disposizione del consorzio stabile, aiutandolo così a rispondere ai criteri di qualificazione. Tuttavia, affinché ciò avvenga, la consorziata dovrà fornire la necessaria documentazione attestante la propria capacità. Inoltre, il consorzio stabile dovrà giustificare l’utilizzo di tali requisiti attraverso una specifica dichiarazione, come previsto dall’art. 104 del Codice. Questo approccio, oltre a garantire che i consorzi non eludano i requisiti normativi, permette un allargamento delle opportunità per le piccole imprese che, pur non avendo la possibilità di eseguire direttamente l’appalto, possiedono competenze utili per contribuire alla qualificazione complessiva del consorzio stabile.

7. L’avvalimento nei consorzi di cooperative e imprese artigiane

Un ulteriore aspetto che il Decreto Correttivo ha affrontato riguarda l’applicabilità dell’avvalimento nei consorzi di cooperative di produzione e lavoro e nei consorzi di imprese artigiane. In questo caso, la normativa stabilisce che anche questi consorzi possono ricorrere all’avvalimento, ma sempre con l’obbligo di specificare, al momento della partecipazione a una gara, i consorziati per i quali il consorzio stesso concorre. Ciò implica che il consorzio dovrà indicare esplicitamente le consorziate designando per ognuna di esse i requisiti specifici che essa intende mettere a disposizione. Nel caso di consorzi di cooperative, la particolarità risiede nel fatto che le cooperative possono essere composte da imprese che, pur appartenendo al medesimo settore, possono avere specializzazioni diverse. In questo contesto, la riforma ha cercato di garantire che il sistema dell’avvalimento venga utilizzato in modo chiaro e preciso, evitando che venga abusato per giustificare una qualificazione tecnica che non corrisponde alla realtà operativa del consorzio. Per quanto riguarda i consorzi di imprese artigiane, la riforma consente anche a queste aggregazioni di utilizzare i requisiti delle consorziate non esecutrici, ma sempre sotto il vincolo dell’avvalimento. La finalità è quella di favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese artigiane agli appalti pubblici, permettendo loro di accedere a gare di maggiore entità grazie alla forza collettiva del consorzio.

8. Criticità e incertezze interpretative sull’avvalimento

Nonostante le precise indicazioni normative, l’applicazione dell’avvalimento nei consorzi stabili ha sollevato alcuni dubbi interpretativi. Ad esempio, la definizione di “requisiti maturati in proprio” non è stata del tutto chiarita dal legislatore, dando spazio a incertezze su cosa sia effettivamente da considerarsi requisito proprio di un consorzio stabile. Secondo alcune interpretazioni, i requisiti maturati da un consorzio stabile in proprio devono essere quelli direttamente acquisiti dalla struttura consortile attraverso l’esecuzione di lavori propri, senza il ricorso ai requisiti delle consorziate. Tuttavia, alcune sentenze della giurisprudenza amministrativa hanno sostenuto un’interpretazione più ampia, affermando che i requisiti maturati dalle consorziate possano essere considerati come “maturati in proprio” dal consorzio, soprattutto se il consorzio ha una reale e stabile struttura operativa che coordina e gestisce le attività delle singole consorziate. Il tema, quindi, è ancora oggetto di discussione, e potrebbero essere necessari ulteriori interventi legislativi per chiarire definitivamente questi aspetti.

9. Le differenze tra appalti di lavori, servizi e forniture

Una delle principali questioni sollevate dal Decreto Correttivo riguarda le differenze tra i vari tipi di appalto, in particolare tra quelli relativi a lavori, servizi e forniture. Sebbene il Codice degli Appalti Pubblici, come modificato dal Decreto Correttivo, abbia stabilito delle regole generali per la qualificazione e la partecipazione alle gare, è emersa una distinzione importante nelle modalità di calcolo dei requisiti necessari per ciascuna tipologia di appalto. Per gli appalti di lavori, la normativa prevede che il consorzio stabile possa cumulare i requisiti posseduti sia dal consorzio stesso che dalle consorziate esecutrici, al fine di soddisfare le condizioni previste dalla gara. Il consorzio stabile ha la possibilità di indicare come consorziate le imprese che, pur non eseguendo materialmente i lavori, mettono a disposizione i propri requisiti per soddisfare le necessità del contratto. In questo caso, l’avvalimento non è sempre necessario, poiché il consorzio può attingere direttamente ai requisiti delle consorziate esecutrici per garantire la partecipazione alla gara.

Nel caso di appalti di servizi e forniture, la situazione cambia. L’articolo 67, comma 1, lettera a) del Codice stabilisce che i requisiti di capacità tecnica e finanziaria devono essere calcolati cumulativamente, ma sempre facendo riferimento ai consorziati. Tuttavia, il Decreto Correttivo ha lasciato irrisolto un aspetto fondamentale: il fatto che i requisiti posseduti dalle consorziate non esecutrici possano essere utilizzati solo mediante avvalimento, un aspetto che ha creato alcune perplessità interpretative, soprattutto da parte dell’ANAC, che ha evidenziato un possibile disallineamento tra le disposizioni applicabili agli appalti di lavori e quelle applicabili ai servizi e alle forniture.

Il problema principale riguarda la possibilità di utilizzare i requisiti delle consorziate non esecutrici senza ricorrere all’avvalimento. Sebbene il Decreto Correttivo stabilisca chiaramente che i requisiti delle consorziate non esecutrici possano essere messi a disposizione per l’accesso alle gare, l’uso dell’avvalimento rimane una questione non completamente risolta, creando incertezze che potrebbero influire sulla partecipazione a gare di servizi e forniture. Questa disparità di trattamento tra appalti di lavori e appalti di servizi e forniture potrebbe portare a difficoltà operative per i consorzi che operano in settori misti o che gestiscono progetti che comprendono sia lavori che forniture/servizi. Le stazioni appaltanti potrebbero trovarsi a dover gestire un quadro normativo complesso, con l’obbligo di applicare regole differenti in base alla tipologia di appalto.

9. L’ANAC e le sue osservazioni

L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), nel corso dell’analisi del Decreto Correttivo, ha espresso alcune osservazioni critiche, specialmente per quanto riguarda l’applicabilità dell’avvalimento ai consorzi stabili. L’ANAC ha sottolineato che, in alcuni casi, l’interpretazione della normativa potrebbe risultare ambigua, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di utilizzare i requisiti delle consorziate non esecutrici senza un’adeguata formalizzazione mediante avvalimento. L’Autorità ha indicato la necessità di un maggiore allineamento tra la disciplina per i lavori pubblici e quella per i servizi e le forniture, al fine di evitare disparità di trattamento che potrebbero risultare penalizzanti per alcune imprese. In particolare, l’ANAC ha suggerito che i requisiti posseduti dalle consorziate non esecutrici possano essere utilizzati senza l’obbligo di avvalimento, purché ci sia una reale disponibilità da parte del consorzio delle risorse necessarie per l’esecuzione delle prestazioni. Questo tipo di approccio potrebbe favorire una maggiore flessibilità, senza compromettere la qualità e la trasparenza dei processi di qualificazione. Il contrasto tra le normative europee e quelle nazionali, infatti, continua a rappresentare una sfida per la riforma del sistema degli appalti pubblici. Le direttive europee sul mercato interno e sulla libertà di concorrenza stabiliscono che non devono esserci discriminazioni nell’accesso alle gare, e la normativa nazionale, nel cercare di rispondere a esigenze di trasparenza e di qualificazione, deve trovare un giusto equilibrio tra queste due dimensioni.

10. Criticità interpretative generali e la necessità di un chiarimento normativo

Nonostante gli sforzi del legislatore per chiarire le modalità di qualificazione e di partecipazione alle gare, restano diverse incertezze interpretative, soprattutto in merito all’applicazione di concetti come “requisiti maturati in proprio” e “avvalimento”. La mancanza di una definizione esplicita di questi termini lascia ampio margine a interpretazioni divergenti da parte delle stazioni appaltanti e delle imprese stesse. Un altro aspetto che necessita di chiarimenti riguarda l’interpretazione del ruolo delle consorziate non esecutrici. La possibilità che queste consorziate possano partecipare indirettamente alle gare, mettendo a disposizione i propri requisiti, è stata oggetto di discussioni, soprattutto riguardo alla realizzazione di una struttura che possa garantire l’effettivo possesso e la disponibilità dei mezzi necessari per l’esecuzione delle prestazioni. A livello operativo, le incertezze interpretative potrebbero comportare difficoltà per le imprese e le stazioni appaltanti nel valutare correttamente le offerte e nel gestire le qualificazioni. Una regolamentazione più precisa, che stabilisca con maggiore chiarezza le modalità di utilizzo dei requisiti da parte delle consorziate e l’effettiva disponibilità delle risorse necessarie per l’esecuzione delle prestazioni, risulterebbe fondamentale per garantire il corretto funzionamento del sistema.

Concludendo, il Decreto Correttivo rappresenta un importante passo avanti nella riforma del sistema di qualificazione dei consorzi stabili, ma il processo di applicazione della normativa ha sollevato numerose questioni interpretative che richiedono un ulteriore approfondimento legislativo. L’introduzione di un periodo transitorio, la revisione della disciplina dell’avvalimento e l’allineamento delle regole tra i vari tipi di appalto sono elementi che potrebbero necessitare di aggiustamenti per garantire una maggiore chiarezza e certezza operativa nel settore degli appalti pubblici.

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Fortunato Picerno
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