Questo articolo è valutato
( votes)1. Premesse
Con l’art. 44 del D.L. n. 1/2012 (cd. “Decreto Liberalizzazioni”) fa ingresso nel Codice dei Contratti Pubblici il “contratto di disponibilità”, una nuova tipologia negoziale volta alla incentivazione del partenariato pubblico-privato come strumento di finanziamento di opere di interesse pubblico[1].
Tale fattispecie è puntualmente definita in apertura del Codice, all’art. 3, comma 15bis, come contratto avente ad oggetto l’affidamento della costruzione e della messa a disposizione di un’opera di proprietà privata, destinata all’esercizio di un pubblico servizio, a favore dell’amministrazione aggiudicatrice[2]. Al successivo art. 160ter, invece, il legislatore affida la specifica disciplina dell’istituto per quanto attiene al profilo dell’allocazione dei rischi, del corrispettivo nonché della procedura di affidamento.
I soggetti del rapporto contrattuale sono dunque, da un lato, l’amministrazione aggiudicatrice (soggetto affidante), dall’altro il privato(soggetto affidatario). Quest’ultimo si obbliga, a proprio rischio e proprie spese, a costruire e a mettere a disposizione dell’Amministrazione l’opera così realizzata; a fronte di tale prestazione l’Amministrazione si obbliga a versare in suo favore il corrispettivo pattuito.
Emerge subito, dalla stessa definizione legislativa, la centralità del concetto di “messa a disposizione” dell’opera: quest’ultima solo eventualmente passa nella proprietà della Pubblica Amministrazione, rimanendo di regola in capo al privato, sul quale grava, in ogni caso, “l’onere assunto a proprio rischio (…) di assicurare all’amministrazione aggiudicatrice la costante fruibilità dell’opera, nel rispetto dei parametri di funzionalità previsti dal contratto, garantendo allo scopo la perfetta manutenzione e la risoluzione di tutti gli eventuali vizi, anche sopravvenuti” (art. 3, comma 15bis cit.).
Risulta chiaro dunque l’intento del legislatore d’”urgenza” – al quale, certo, non sfugge l’attuale stato di crisi economica e finanziaria cui è particolarmente sensibile il settore delle opere pubbliche – di fornire all’Amministrazione uno strumento contrattuale che la tenga indenne dai costi di realizzazione e manutenzione che l’opera tende a generare nel tempo, – i quali, se eccessivi, possono comprometterne la stessa disponibilità -, consentendo alla parte pubblica di soddisfare esigenze di natura pubblicistica senza dover necessariamente incrementare la propria dotazione patrimoniale.
Al contempo, a fronte dell’assunzione dei citati costi di manutenzione, al privato si chiede di investire nella realizzazione di un’opera che, rimanendo di norma nella sua proprietà, una volta terminato il periodo di disponibilità, potrà garantirgli prospettive di utilizzo e di commercializzazione futura. La prospettiva che l’opera rimanga nella proprietà del privato potrebbe ragionevolmente fungere da incentivo alla concessione di credito sul mercato in favore del privato costruttore, costituendo la stessa una vera e propria garanzia reale a favore di eventuali creditori.
Anche tale profilo induce ad osservare come l’elemento distintivo del contratto di disponibilità, rispetto agli istituti già noti nell’ambito della disciplina in materia di opere pubbliche, possa essere individuato nello spostamento del “baricentro” della relativa normativa in un ambito privatistico[3].
Il «contratto di disponibilità» è il contratto mediante il quale sono affidate, a rischio e a spese dell’affidatario, la costruzione e la messa a disposizione, a favore dell’amministrazione aggiudicatrice, di un’opera di proprietà privata destinata all’esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo.
2. Il parternariato pubblico-privato e l’allocazione dei rischi
Il contratto di disponibilità si inserisce nell’ambito del più ampio novero dei “contratti di partenariato pubblico-privato”, definiti, per quanto qui di interesse, all’art. 3, comma 15ter, del Codice come “contratti aventi per oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un’opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti. (…)”.Come le altre operazioni di partenariato pubblico-privato, anche il contratto di disponibilità costituisce uno strumento alternativo al tradizionale appalto di opere pubbliche, in forza del quale il finanziamento totale o parziale dell’opera è posto a carico del privato.
A differenza della tendenziale “aticipicità” che caratterizza tali operazioni, di cui il legislatore fornisce un elenco a mero titolo esemplificativo, il contratto in esame presenta specifici e tassativi requisiti, configurandosi quale contratto “tipico”[4].
Tale tipicità investe direttamente il profilo dell’allocazione dei rischi, che diventa vero e proprio criterio di qualificazione della nuova fattispecie.
Infatti, per un verso, anche in relazione al contratto di disponibilità, trovano applicazione le norme dettate dalla normativa comunitaria in materia: “Fatti salvi gli obblighi di comunicazione previsti dall’articolo 44, comma 1-bis del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, alle operazioni di partenariato pubblico privato si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat” (art. 3, comma 15ter, cit.)[5].
Le norme europee hanno invero dettato i criteri per l’allocazione dei rischi (trattasi in particolare dei seguenti rischi: i. “rischio di costruzione”; ii. “rischio di disponibilità”; iii. “rischio di domanda”).
Per altro verso, il legislatore nazionale ha puntualmente disciplinato la distribuzione dei rischi nell’istituto in esame con conseguente maggiore rigidità della stessa e impossibilità per le parti di apportarvi modifiche convenzionalmente senza che si fuoriesca dal “tipo” legale.
In particolare, nel contratto di disponibilità il rischio concernente la costruzione dell’opera ricade sul partner privato (“rischio di costruzione”) e che ricomprende eventi quali il ritardo nell’ultimazione dell’opera, il mancato rispetto degli standard progettuali, l’aumento dei costi, il mancato completamento dell’opera.
Ai sensi dell’art. 160ter, comma 2, del Codice, infatti, “L’affidatario assume il rischio della costruzione e della gestione tecnica dell’opera per il periodo di messa a disposizione dell’amministrazione aggiudicatrice.”.
Inoltre, “Il rischio della mancata o ritardata approvazione da parte di terze autorità competenti della progettazione e delle eventuali varianti è a carico dell’affidatario.” (art. 160ter,comma 5, cit.).
Per quanto riguarda, invece, il “rischio di gestione”, comprensivo del “rischio di domanda” e del “rischio di disponibilità” occorre osservare, con riguardo al primo, che, a differenza di quanto avviene nel Project financing, ove di regola si ha la traslazione sul concessionario del rischio stesso, in base alla disciplina normativa del contratto di disponibilità il privato costruttore non assume a proprio carico tale rischio in quanto il concedente pubblico è tenuto ad assicurare allo stesso un canone annuo, in relazione all’intera durata della concessione[6].
In ragione di ciò, i primi commentatori ritengono la figura in esame una sorta di fattispecie “attenuata” di Project financing[7].
Quanto al “rischio di disponibilità”, un ulteriore tratto distintivo del contratto di disponibilità rispetto alle altre operazioni di partenariato è ravvisabile proprio nella circostanza che tale rischio è ex lege traslato in capo al privato concessionario[8], sebbene sia graduabile, entro determinati limiti.
Nel caso, invece, della locazione finanziaria di cui all’art. 160bis del Codice, ad esempio, il legislatore ritiene essenziale il trasferimento al partner privato del (solo) “rischio di costruzione” e della “eventuale gestione funzionale”, che sono cosa diversa dal citato “rischio di disponibilità”.
La stringente disciplina in tema di allocazione dei rischi sopra esposta è, tuttavia, temperata dal silenzio del legislatore in merito alla determinazione concreta delle modalità di “gestione tecnica dell’opera” cui è tenuto l’affidatario (art. 160ter, comma 2, cit.) nonché degli elementi “base” del contratto in oggetto, quali, ad esempio, la durata: elementi, questi, rispetto ai quali torna ad espandersi l’autonomia negoziale.
BOX: Il partner privato assume il “rischio di costruzione” e della gestione tecnica dell’opera, per il periodo di messa a disposizione dell’Amministrazione aggiudicatrice, nonché il “rischio di disponibilità”, mentre non assume il “rischio di domanda”.
3. La remunerazione dell’affidatario e l’inadempimento
L’art. 160ter del Codice disciplina, tra l’altro, la retribuzione dell’affidatario del contratto di disponibilità.
Ai sensi di tale disposizione il committente pubblico è tenuto a versare all’affidatario i seguenti corrispettivi:
a) un “canone di disponibilità”, che viene determinato in base all’effettiva disponibilità del bene da parte dell’Amministrazione e dunque è suscettibile di proporzionale riduzione – fino all’annullamento – in caso di inadempimento del partner privato;
b) un eventuale “contributo in corso d’opera”, comunque di importo non superiore al 50% del valore dell’opera (costo di costruzione) al fine di attenuare gli oneri finanziari gravanti sull’affidatario in caso di trasferimento della proprietà dell’opera stessa all’Amministrazione aggiudicatrice;
c) un eventuale “prezzo di trasferimento”, parametrato al valore di mercato residuo dell’opera rispetto ai canoni e all’eventuale contributo in corso d’operagià versati dall’Amministrazione, da corrispondere, al termine del contratto,nel caso in cui l’opera passi in proprietà a quest’ultima[9].
Con particolare riguardo al canone di cui alla lett. a), costituente elemento essenziale dello schema contrattuale in esame, il Codice prevede un meccanismo di riduzione proporzionale dello stesso “nei periodi di ridotta o nulla disponibilità della stessa per manutenzione, vizi o qualsiasi motivo non rientrante tra i rischi a carico dell’amministrazione aggiudicatrice ai sensi del comma 3” (art. 160ter, comma 1, lett. a, cit.). Il citato comma 3 della disposizione in parola prevede che nel “capitolato prestazionale” posto a base di gara dall’Amministrazione siano indicate, in dettaglio “le modalità per determinare la riduzione del canone di disponibilità”.
La possibilità di modulare il canone in relazione all’effettivo adempimento del privato è una conseguenza della traslazione del “rischio di disponibilità” in capo all’affidatario stesso, caratterizzante, come sopra visto, la fattispecie in esame[10]. Infatti il legislatore è chiaro nell’affermare che l’adempimento della P.A. e quindi il pagamento del corrispettivo resta in ogni caso condizionato “al positivo controllo della realizzazione dell’opera ed alla messa a disposizione della stessa secondo le modalità previste dal contratto di disponibilità” (art. 160ter, comma 6, cit.).
Tale rischio a carico dell’affidatario è, tuttavia, limitato dalla previsione secondo cui nel contratto deve essere indicata, “anche a salvaguardia degli enti finanziatori”, una soglia “limite” oltre la quale non è più possibile operare una riduzione del canone di disponibilità e che in caso di superamento comporta ex lege la risoluzione del contratto (art. 160ter, comma 6, cit.).
Inoltre, la riduzione del canone di disponibilità può essere proposta all’Amministrazione aggiudicatrice anche anteriormente all’avvio della messa a disposizione dell’opera, ossia in sede di attività di collaudo, ma al solo fine di garantire il rispetto del capitolato citato e del contratto e a condizione che siano assicurate le caratteristiche funzionali essenziali dell’opera. La stessa facoltà di proposta – con i medesimi limiti – è riconosciuta all’Amministrazione relativamente alle modificazioni, le varianti e il rifacimento dei lavori eseguiti dal privato, rispetto al quale il partner pubblico quindi vanta un ampio potere di intervento.
4. La procedura di affidamento
Il legislatore non delinea una procedura ad hoc per l’affidamento del contratto in esame, facendo invece sostanziale rinvio alle norme fondamentali dettate in via generale dal Codice per l’affidamento degli appalti pubblici.
L’Amministrazione provvede alla redazione del bando di gara – secondo le modalità ordinarie di pubblicazione di cui all’art. 66 (se l’importo a base di gara è pari o superiore alla soglia comunitaria) ovvero di cui all’articolo 122 (contratti “sottosoglia”) del Codice – contenente i criteri, e il relativo ordine di importanza, in base ai quali si procede alla valutazione comparativa tra le diverse offerte.
Il legislatore, inoltre, richiede che a base di gara venga posto un capitolato prestazionale, predisposto dall’Amministrazione, la cui rilevanza emerge ove si consideri lo stesso è destinato a costituire il parametro di riferimento in relazione al quale i concorrenti predisporranno le proprie offerte nonché il criterio guida dell’attività di collaudo al fine di verificare se l’opera corrisponde alle prescrizioni dell’Amministrazione aggiudicatrice.
Tale atto deve contenere la descrizione, in dettaglio, delle caratteristiche tecnico-funzionali dell’opera nonché le modalità per determinare la riduzione del canone di disponibilità in caso di inadempimento dell’aggiudicatario.
L’Amministrazione aggiudicatrice valuterà le offerte pervenute sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa di cui all’art. 83 del Codice, pertanto procedendo alla preventiva indicazione dei criteri che verranno presi in considerazione ai fini della valutazione dell’offerta nonché dei pesi ponderali attribuiti a ciascuno di essi.
Per quanto riguarda la partecipazione alla gara, l’art. 160ter, comma 4, cit. rinvia alle norme generali in materia di requisiti generali di partecipazione alle procedure di affidamento e di qualificazione degli operatori economici.
Al partner privato spetta innanzitutto il compito di provvedere al reperimento delle risorse finanziarie necessarie per la costruzione dell’opera, che deve avvenire a sue spese (art. 3 del Codice), dovendo dunque a tal fine predisporre un piano economico – finanziario.
Il privato deve quindi poi procedere alla progettazione dell’opera, tramite la redazione di un progetto preliminaree quindi di un’offerta che sia rispondente alle caratteristiche indicate nel capitolato prestazionale, che sarà parte integrante dell’offerta.
In caso di aggiudicazione, il privato è tenuto a provvedere autonomamente alla redazione di un progetto definitivo e di un progetto esecutivo, per la validità dei quali il legislatore non richiede l’approvazione dell’ente pubblico committente[11].
Il legislatore (art. 160ter, comma 5, cit.) consente, al riguardo, all’affidatario di redigere ed introdurre eventuali varianti, a condizione che le stesse:
– siano “finalizzate ad una maggiore economicità di costruzione o gestione”;
– rispettino il capitolato prestazionale e le norme e i provvedimenti di pubbliche autorità vigenti e sopravvenuti.
Il progetto definitivo, il progetto esecutivo e le varianti in corso d’opera sono soggetti “ad ogni effetto” all’approvazione da parte del solo affidatario, non già del partner pubblico, prevedendo il legislatore un obbligo di mera comunicazione all’Amministrazione aggiudicatrice e, ove prescritto, alle diverse autorità competenti. Nel caso in cui l’affidamento abbia ad oggetto la realizzazione di infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi(disciplinate alla parte II, titolo III, capo IV del Codice), ferma restando l’applicazione dell’art. 160ter cit., l’approvazione dei citati progetti deve avvenire secondo le specifiche procedure previste agli artt. 165 e ss. per tali opere 8art. 160ter, comma 7, cit.).
In ogni caso, “Il rischio della mancata o ritardata approvazione da parte di terze autorità competenti della progettazione e delle eventuali varianti è a carico dell’affidatario” (art. 160ter, comma 5, cit.).
Alla luce della disciplina appena riportata, dunque, la responsabilità relativa alla progettazione dell’opera resta in capo al partner privato, che ne sopporta interamente gli oneri e i rischi.
BOX: Il privato è tenuto a provvedere autonomamente alla redazione di un progetto preliminare, da porre come contenuto essenziale dell’offerta, e, in caso di aggiudicazione, di un progetto definitivo e di un progetto esecutivo, gravando interamente sullo stesso la responsabilità in ordine alla progettazione dell’opera e i relativi oneri.
Quanto al sistema delle garanzie in favore dell’Amministrazione relativamente alle prestazioni richieste al privato, la nuova disciplina prevede, oltre alla cauzione provvisoria, da prestarsi in sede di gara, pari al 2% dell’importo a base d’asta ai sensi dell’articolo 75 del Codice, le seguenti cauzioni:
a) la cauzione definitiva di cui all’art. 113 del Codice, pari al 10% dell’importo contrattuale, a copertura del mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni relative all’esecuzione dei lavori[12];
b) una seconda cauzione, in fase di “gestione tecnica” dell’opera”, da presentarsi, a garanzia delle penali relative al mancato o inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali relativi alla messa a disposizione dell’opera, da prestarsi, a partire dalla messa a disposizione dell’opera a favore dell’ente pubblico, nella misura del 10% del costo annuo operativo di esercizio e con le modalità di cui all’articolo 113; la mancata presentazione di tale cauzione costituisce “grave inadempimento contrattuale”, in quanto tale suscettibile di configurarsi come legittima causa di risoluzione del contratto.
Conclusioni
Il contratto di disponibilità si inserisce, accanto alla locazione finanziaria e al Project financing, tra gli strumenti a disposizione della Pubblica Amministrazione per usufruire dell’apporto di capitale privato al fine della realizzazione di opere di interesse pubblico.
La correlazione del canone all’effettivo adempimento del partner privato e gli ampi poteri di intervento, da parte del partner pubblico, sulla corretta esecuzione del contratto certamente potenziano gli stimoli “a far bene” l’opera.
La notevole componente di rischio che tale istituto comporta a carico dell’affidatario, senz’altro maggiore rispetto a quello caratterizzante le altre forme di partenariato pubblico-privato, rappresenta, tuttavia, un potenziale fattore di disincentivo al ricorso a tale istituto, non sempre e non necessariamente superabile in vista della prospettiva per il privato di conservare la proprietà dell’opera. Il buon funzionamento del modello esaminato pare dunque non poter prescindere, in sede di applicazione pratica, da un equo contemperamento degli interessi in gioco, sfruttando al meglio gli spazi che residuano laddove la disciplina legale cede il passo a quella convenzionale. Il che è, per l’appunto, quanto si chiede in genere allo strumento con
[1] Come si legge nella Relazione illustrativa al D.L. n. 1/2012, convertito in L. n. 27/2012, recante Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, “Al fine di favorire ulteriormente il partenariato pubblico-privato, è introdotto, nell’ambito del codice dei contratti pubblici, un nuovo strumento contrattuale applicabile sia alle opere ordinarie che alle opere di interesse strategico, caratterizzato dall’affidamento a un soggetto privato, che può essere anche un contraente generale, a proprio rischio e spese, della costruzione e della messa a disposizione del committente pubblico di un’opera di proprietà privata, per l’esercizio di un pubblico servizio. (…) La disposizione si applica anche alle infrastrutture strategiche. Attraverso l’introduzione di tale nuovo strumento si intende incentivare l’apporto di capitale privato atteso che viene ad ampliarsi il ventaglio degli strumenti di partenariato pubblico-privato attualmente configurati dal codice dei contratti pubblici. Attraverso la nuova procedura potranno essere realizzati edifici ad uso ufficio da destinare, per un periodo di tempo predefinito, all’utilizzo pubblico.”.
[2] Ai sensi dell’art. 3, comma 15bis, cit. “Il «contratto di disponibilità» è il contratto mediante il quale sono affidate, a rischio e a spesa dell’affidatario, la costruzione e la messa a disposizione a favore dell’amministrazione aggiudicatrice di un’opera di proprietà privata destinata all’esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo. Si intende per messa a disposizione l’onere assunto a proprio rischio dall’affidatario di assicurare all’amministrazione aggiudicatrice la costante fruibilità dell’opera, nel rispetto dei parametri di funzionalità previsti dal contratto, garantendo allo scopo la perfetta manutenzione e la risoluzione di tutti gli eventuali vizi, anche sopravvenuti”.
[3] La natura stessa dell’opera che viene realizzata, che resta privata per tutta la durata del contratto e può anche non diventare mai pubblica, permea l’intera regolamentazione dell’istituto, con il superamento di determinate rigidità che sono proprie dell’appalto pubblico nonché degli altri strumenti di partenariato oggi noti. Cfr. sul punto MANGANI R., Il contratto di disponibilità: una nuova forma di partenariato pubblico privato. Prime riflessioni a seguito del decreto «liberalizzazioni» in www.giustamm.it
[4] Alle figure contrattuali di partenariato pubblico-privato l’art. 3, comma 15ter, cit., riconduce,“a titolo esemplificativo”, oltre al citato contratto di disponibilità, la concessione di lavori (art. 146 del Codice), la concessione di servizi (art. 30 del Codice), la locazione finanziaria (art. 160bis del Codice), l’affidamento di lavori mediante finanza di progetto (art. 153 del Codice), le società miste (artt. 1, comma 2, e 32, comma 3, del Codice). Possono rientrare altresì tra le operazioni di partenariato pubblico privato l’affidamento a contraente generale (art. 176 del Codice), quando il corrispettivo per la realizzazione dell’opera sia in tutto o in parte posticipato e collegato alla disponibilità dell’opera per il committente o per utenti terzi.
[5] La decisione di Eurostat “Treatment of public-private partnerships” dell’11 febbraio 2004 riguarda il trattamento contabile dei contratti sottoscritti dalla Pubblica Amministrazione nel quadro di partenariati con imprese private, chiarendo l’impatto di tali parternariati sul bilancio e sul debito pubblico e quindi le condizioni perché tali operazioni possano essere classificate “off balance” (ossia senza impatto sul debito pubblico). Cfr. sul punto art. 44, comma 1-bis, D.L. n. 248/2007 conv. dall’art. 1, comma 1, L. n. 31/2008, secondo cui “Al fine di consentire la stima dell’impatto sull’indebitamento netto e sul debito pubblico delle operazioni di partenariato pubblico-privato avviate dalle pubbliche amministrazioni e ricadenti nelle tipologie indicate dalla decisione Eurostat dell’11 febbraio 2004, le stazioni appaltanti sono tenute a comunicare all’Unità Tecnica Finanza di Progetto della Presidenza del Consiglio dei Ministri le informazioni relative a tali operazioni, secondo modalità e termini indicati in un’apposita circolare da emanarsi d’intesa con l’Istituto Nazionale di Statistica”. Cfr. altresì Presidenza del Consiglio dei ministri, Circolare del 27 marzo 2009, Criteri per la comunicazione di informazioni relative al partenariato pubblico-privato ai sensi dell’art. 44, comma 1-bis del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1 della legge 28 febbraio 2008, n. 31, ove si legge che: “La finalità della norma, richiamata dall’art. 3, comma 15-ter del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e ss.mm.ii. – Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture è di permettere la corretta classificazione delle operazioni di partenariato pubblico-privato nel bilancio delle amministrazioni aggiudicatrici.”. V. anche Corte dei Conti, Sezione Regionale Controllo Lombardia, parere 19 gennaio 2012 n. 10.
[6] Per “rischio di domanda” – tipico della gestione delle cd. opere calde – si intende il rischio che il bene, una volta realizzato, non sia utilizzato dagli utenti del servizio pubblico nella misura programmata. Trattasi di un rischio originato dalla variabilità della domanda in dipendenza non già della qualità del servizio prestato dal concessionario, ma, ad esempio, la presenza di alternative più convenienti per gli utenti, la riduzione del bacino di utenza, il ciclo di business, nuove tendenze del mercato.
[7] Cfr. Ponte D., Contratto di disponibilità: nuovo strumento negoziale, Il Sole 24 Ore – Guida al Diritto 11.2.2012 – n. 7 – p. 97.
[8] Il “rischio di disponibilità” – caratterizzante le c.d. opere fredde – riguarda l’ipotesi in cui il bene, una volta realizzato, non si renda disponibile per l’Amministrazione concedente o comunque risulti non fruibile per gli scopi alla cui realizzazione lo stesso era destinato. In quanto tale, tale rischio è legato alla capacità, da parte del concessionario, di erogare le prestazioni contrattuali pattuite, sia per volume che per standard di qualità (cd. lack of performance).
[9] I corrispettivi così indicati saranno soggetti ad adeguamento monetario secondo le previsioni stabilite in contratto.
[10] Il legislatore ha quindi optato per l’applicazione di un sistema di pagamenti da parte dell’Ente pubblico concedente del tipo “incentives/penalties”, che prevede la riduzione dei pagamenti nel caso di prestazioni insufficienti, al fine del trasferimento del “rischio di disponibilità” in capo al privato. Viceversa, la diversa previsione di pagamenti regolari sotto forma di canoni invariabili, ossia non parametrati all’effettivo servizio prestato, non avrebbe consentito una effettiva assunzione del suddetto rischio da parte del partner privato.
[11] Cfr. sul punto MANGANI R., Il contratto di disponibilità: una nuova forma di partenariato pubblico privato. Prime riflessioni a seguito del decreto «liberalizzazioni» in www.giustamm.it, secondo il quale “(…) si deve ritenere che non sia strettamente necessaria la redazione distinta dei due livelli di progettazione che potrebbero anche essere accorpati, a meno che ragioni di opportunità (per esempio l’ottenimento anticipato di autorizzazioni già sul progetto definitivo) non consiglino di mantenere il duplice passaggio.”. Cfr. MICONI L., Contratto di disponibilità: l’affidamento con l’offerta economicamente più vantaggiosa e la determinazione della soglia di risoluzione del contratto,
[12] Tale garanzia perde efficacia a decorrere dall’emissione del certificato di collaudo provvisorio o di regolare esecuzione.