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E’ assai diffusa, nella prassi, la costituzione di consorzi e di società consortili da parte di più imprese che intendano creare tra loro legami strettamente funzionali alla partecipazione congiunta alle procedure per l’affidamento di contratti pubblici.
Il ricorso allo strumento consortile è stato quindi più volte al centro dell’attenzione delle Autorità di settore nonché della giurisprudenza amministrativa, in particolare per quanto attiene agli aspetti correlati alla garanzia di concorrenza e di par condicio tra i concorrenti nelle procedure pubbliche.
Distinto, sul piano civilistico, dall’associazione temporanea di impresa, il soggetto consortile viene ad essere assimilato dal legislatore del 2006 a quest’ultima ed assoggettato ad una disciplina in parte comune, proprio in sede di definizione dei soggetti ammessi a partecipare alle gare e della relativa qualificazione (artt. 34 e 37 del Codice dei Contratti Pubblici).
In particolare, entrambe le figure – a cui sovente si ricorre per la flessibilità e provvisorietà del legame così creato – sono assoggettate dalla legge ad uno stringente divieto di modificazione soggettiva.
La recente decisione dell’Adunanza Plenaria passa in rassegna la giurisprudenza formatasi con riguardo a tale divieto, evidenziandone le lacune e i “punti di forza”.
1. Il consorzio ordinario di concorrenti
I consorzi, quand’anche sforniti di personalità giuridica, configurano un “autonomo centro di rapporti giuridici”, assumendo la responsabilità, garantita dal fondo consortile, dei contratti stipulati in nome proprio, pertanto assumendo la qualità di soggetti distinti dai consorziati che ne fanno parte.
Il Codice dei Contratti Pubblici recepisce la figura civilistica dei consorzi, ma la qualifica specificamente in funzione della partecipazione alle gare pubbliche, assumendo i “consorzi ordinari di concorrenti di cui all’articolo 2602 del codice civile” come soggetti a cui possono essere affidati i contratti pubblici ai sensi dell’art. 34, lett. e)[1].
Il Codice si riferisce quindi ai consorzi con “attività esterna”[2], comprendenti consorzi tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative, consorzi stabili, indipendentemente dalla circostanza che gli stessi assumano forma societaria (le “società consortili” di cui all’art. 2615-ter).
Sul piano sostanziale, l’adozione, all’interno del fenomeno consortile, di una forma organizzativa societaria certo comporta necessariamente una scelta sul piano strutturale tra gli istituti di riferimento. In tal caso occorre infatti contemperare i principi societari propri della forma prescelta con quelli dettati dal codice in tema di consorzi e, quindi, correlati al tipico scopo mutualistico (alla società consortile non si applica, ad esempio, l’art. 2615, comma 2, del codice civile e dunque delle obbligazioni sociali risponde teoricamente solo il patrimonio sociale[3]). Nel silenzio del legislatore, la giurisprudenza riconosce è contrastante circa la prevalenza delle speciali norme dettate dalla disciplina in tema di appalti e, in particolare, quelle riguardanti la responsabilità solidale.
Attraverso la struttura comune di impresa, il consorzio, inteso in senso ampio, esercita “una funzione d’intermediazione tra le imprese consorziate ed i terzi, strumento di supporto tecnico economico e finanziario che svolge detta attività nell’interesse e per conto delle imprese consorziate, tramite l’imputazione dei contratti e dei rapporti giuridici a sé stesso” (AVCP, parere n. 200/2008).
Come rilevato, inoltre, dall’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici, “in virtù del rapporto organico esistente nel vincolo consortile, l’imputazione dei contratti e dei rapporti giuridici, la qualità di appaltatore, e la relativa responsabilità, è propria del solo consorzio. Ne discende che la risoluzione contrattuale rileva nei confronti del consorzio, unico soggetto su cui ricade, nella sua qualità di formale titolare del rapporto esterno, ogni responsabilità nei confronti del committente” (Parere di Precontenzioso n. 101/2008)[4].
Con riguardo a tale tipologia di soggetti, il Codice prevede l’applicazione delle disposizioni del successivo art. 37, riguardante le associazioni temporanee di impresa (“A.T.I.”), nonostante il consorzio, a differenza delle A.T.I., possa dar luogo ad una un’entità giuridica autonoma escludente la soggettività delle singole imprese che la compongono (Consiglio di Stato n. 2659/2012).
Ne viene che:
- anche i consorzi “costituendi” possono presentare offerta[5];
- le imprese consorziate devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al consorzio;
- nel caso di forniture e servizi, nell’offerta devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati[6];
- l’offerta dei concorrenti raggruppati o dei consorziati determina la loro responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante, nonché nei confronti del subappaltatore e dei fornitori[7];
- è ammesso il subappalto nei limiti dettati dall’art. 118 del Codice;
- i concorrenti non possono partecipare alla gara in più di un consorzio ordinario di concorrenti, ovvero partecipare alla medesima gara in forma individuale e al contempo in raggruppamento o consorzio.
Il Codice dei Contratti, quindi, anche rispetto ai consorzi, in omaggio al principio generale di tendenziale immodificabilità del contraente pubblico, vieta “qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari di concorrenti rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta” (art. 37, comma 9).
L’inosservanza di tale divieto comporta “l’annullamento dell’aggiudicazione o la nullità del contratto, nonché l’esclusione dei concorrenti riuniti in raggruppamento o consorzio ordinario di concorrenti, concomitanti o successivi alle procedure di affidamento relative al medesimo appalto” (art. 37, comma 10).
Il medesimo principio si ritrova, ad esempio, nell’art. 276 del Regolamento attuativo del Codice, relativo agli appalti di forniture e servizi, laddove si riconosce la possibilità per i concorrenti riuniti o consorziati, dopo l’aggiudicazione, di costituire tra loro una società anche consortile per l’esecuzione unitaria, totale o parziale, delle prestazioni affidate: “Tutti i concorrenti riuniti devono far parte della società nella medesima percentuale di appartenenza al raggruppamento”.
2. La “sostituzione” delle imprese consorziate
Il necessario possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 del Codice è principio generale, che si applica, per espresso disposto normativo, ai soggetti che a qualunque titolo intendano concorrere all’esecuzione di un pubblico appalto, pertanto anche alle imprese partecipanti al consorzio, pur trattandosi di soggetto con struttura ed identità autonoma rispetto a quella dei consorziati[8].
Come, infatti, ribadito dal Consiglio di Stato, se, in caso di consorzi, tali requisiti andassero accertati solo in capo al consorzio e non anche in capo ai consorziati che eseguono le prestazioni, il consorzio potrebbe agevolmente diventare uno “schermo di copertura”, consentendo la partecipazione di consorziati privi dei necessari requisiti; per gli operatori che non hanno i requisiti dell’art. 38 (si pensi al caso di soggetti con condanne penali per gravi reati incidenti sulla moralità professionale) basterebbe, anziché concorrere direttamente andando incontro a sicura esclusione, aderire a un consorzio da utilizzare come copertura (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 4 maggio 2012, n.8)[9].
La citata Adunanza Plenaria rigetta, su queste basi, le censure di primo grado con cui si sosteneva che l’esclusione dalla gara avrebbe dovuto essere disposta solo nei confronti dell’impresa priva del requisito e che il Consorzio avrebbe, invece, potuto provare in proprio il possesso del requisito, e comunque che avrebbe dovuto essere ammesso a sostituire il consorziato privo del requisito.
La diversa opzione ermeneutica avrebbe invero condotto a conseguenze paradossali: le stringenti garanzie di moralità professionale richieste inderogabilmente ai singoli imprenditori potrebbero essere a ben vedere eluse da imprese che, attraverso la costituzione di un consorzio con autonoma identità, riuscirebbero di fatto ad eseguire lavori e servizi per le pubbliche amministrazioni alle cui gare non sarebbero state singolarmente ammesse.
Neppure viene condivisa dalla pronuncia del Consiglio di Stato in esame l’argomentazione secondo cui il consorzio avrebbe potuto “sostituire” il soggetto indicato come esecutore dell’appalto.
In attuazione dell’art. 37, comma 7, D.Lgs. 163/2006, al fine di evitare la concomitante partecipazione alla gara del consorzio e delle imprese consorziate, infatti, la lex specialis di gara impone infatti consorzio di indicare preventivamente l’impresa incaricata per l’esecuzione dell’appalto onde consentire la verifica dei requisiti di ordine generale.
Ammettere quindi la sostituzione successiva della consorziata, in caso di esito negativo della verifica sul possesso dei requisiti generali, significherebbe eludere le finalità sottese alle menzionate prescrizioni di legge e, di fatto, rendere vano il controllo preventivo ex art. 38, D.lgs. 163 del 2006 in capo alla impresa originariamente indicata nella domanda di partecipazione.
Il Consiglio di Stato conferma l’orientamento per cui non è ammessa la sostituzione del Consorzio al consorziato che risulti privo dei requisiti generali ex art. 38 del Codice dei Contratti in quanto lesiva della par condicio laddove la sostituzione avrebbe l’effetto di sanare ex post il difetto di un requisito di partecipazione (Ad. Plen. 4 maggio 2012, n.8).
3. L’immodificabilità soggettiva del consorzio
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato conferma il consolidato orientamento in ordine ai limiti entro cui può ammettersi un’aggregazione di imprese (A.T.I. o consorzio che sia) “a geometria variabile”, ritenendo lo stesso suscettibile di essere esteso anche alla ipotesi in cui intervengano modifiche soggettive in corso di gara dei consorziati indicati per l’esecuzione dell’appalto.
Il Giudice amministrativo muove dalla disamina della disciplina del Codice dei Contratti che indica tassativamente i casi in cui è legittima la modifica soggettiva del soggetto già aggiudicatario e la collega al verificarsi di vicende patologiche che colpiscono il mandante o il mandatario (art. 37, comma 18 e 19).
Al riguardo, secondo una prima interpretazione restrittiva, il legislatore avrebbe inteso stabilire un divieto di modifica della compagine soggettiva in corso di gara o dopo l’aggiudicazione, al di fuori dei casi tassativamente consentiti.
Ciò in quanto, con la sottoscrizione del mandato da parte di tutte le componenti dell’A.T.I. o del consorzio, la Stazione Appaltante è posta in grado di conoscere i soggetti con cui andrà a contrattare: in questa prospettiva, consentire una modifica della compagine soggettiva sarebbe lesiva della par condicio in quanto comporterebbe una formazione “a geometria variabile”, sempre adattabile agli sviluppi della procedura di gara.
Il principio di “immodificabilità soggettiva” dei partecipanti alle gare pubbliche mira quindi a garantire una conoscenza piena da parte delle amministrazioni aggiudicatrici circa i soggetti che intendono contrarre con le amministrazioni stesse, consentendo una verifica preliminare e compiuta dei requisiti di idoneità morale, tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei concorrenti, verifica che non deve essere resa vana in corso di gara con modificazioni di alcun genere[10].
Da tale tesi si discostano, tuttavia, talune pronunce, che accolgono una interpretazione estensiva della norma di legge, secondo cui sarebbe possibile, dopo l’aggiudicazione, il recesso (e quindi la modifica) di una o più imprese dell’A.T.I., se quelle rimanenti siano in possesso dei requisiti di qualificazione per le prestazioni oggetto dell’appalto: il divieto legislativo, in questa prospettiva, riguarderebbe solo l’aggiunta o la sostituzione di componenti, non anche il venir meno, senza sostituzione, di taluno[11].
Ciò in quanto il divieto di modificazione soggettiva non avrebbe l’obiettivo di precludere sempre e comunque il recesso dal raggruppamento o consorzio in costanza di procedura di gara.
Il rigore di detta disposizione andrebbe, infatti, temperato in ragione dello scopo che persegue, che è quello di consentire alla stazione appaltante, in primo luogo, di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara e, correlativamente, di precludere modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, e dunque, in grado di impedire le suddette verifiche preliminari. Tale essendo, dunque, la funzione di detta disposizione, secondo tale approccio, sarebbe evidente come le uniche modifiche soggettive elusive del dettato legislativo sarebbero quelle che portano all’aggiunta o alla sostituzione delle imprese partecipanti, e non anche quelle che conducono al recesso di una delle imprese del raggruppamento.
In tale ultimo caso, infatti, le predette esigenze, che sarebbero alla base del divieto di legge, non risulterebbero affatto frustrate poiché l’amministrazione, al momento del mutamento soggettivo, ha già provveduto a verificare i requisiti di capacità e di moralità dell’impresa o delle imprese che restano, sicché i rischi che il divieto mira ad impedire non possono verificarsi[12].
La tesi estensiva sopra esposta ha trovato seguito nella successiva giurisprudenza, sia pure con alcune precisazioni e mediazioni.
Da un lato, si è sostenuto, la tesi estensiva non penalizza la stazione appaltante, non creando incertezze; dall’altro lato, tale tesi non penalizza le imprese, le cui dinamiche non di rado impongono modificazioni soggettive di consorzi e raggruppamenti, per ragioni che prescindono dalla singola gara e che non possono precluderne la partecipazione se nessun sacrificio ne deriva per la stazione appaltante.
Ammettere, dunque, il recesso di una delle imprese del consorzio o dell’A.T.I. non comporterebbe alcuna violazione della par condicio dei concorrenti, poiché non si tratterebbe di introdurre nuovi soggetti in corsa, ma solo di consentire a taluno degli associati o consorziati il recesso, mediante utilizzo dei requisiti dei soggetti residui, già comunque posseduti.
4. Il “temperamento” del principio secondo il Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato, nella sentenza in commento, aderisce alla tesi estensiva sopra esposta, ritenendo che il divieto di immodificabilità soggettiva della composizione del consorzio o dell’A.T.I. incontri legittimamente dei limiti e temperamenti laddove, nella sostanza, non si ledano i principi a tutela della concorrenza che il divieto stesso mira a garantire.
Secondo il Consiglio di Stato il recesso di una delle imprese del consorzio o dell’A.T.I. non comporterebbe alcuna violazione della par condicio dei concorrenti, poiché non si tratta di introdurre nuovi soggetti in corsa, ma solo di consentire a taluno degli associati o consorziati il recesso, mediante utilizzo dei requisiti dei soggetti residui, già comunque posseduti.
Nel caso, pertanto, del recesso di una delle imprese del consorzio o dell’A.T.I. non si avrebbe alcuna violazione della par condicio dei concorrenti, poiché non si tratta di introdurre nuovi soggetti in corsa, ma solo di consentire a taluno degli associati o consorziati il recesso, mediante utilizzo dei requisiti dei soggetti residui, già comunque posseduti.
Il Giudice amministrativo evidenzia, tuttavia, come la legittimità di tale tesi non possa prescindere dalla necessaria condizione che la modifica della compagine soggettiva in senso riduttivo avvenga per esigenze organizzative proprie dell’ A.T.I. o del consorzio, e non invece per eludere la legge di gara e, in particolare, per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al singolo componente dell’ A.T.I. o del consorzio e che viene meno per effetto dell’operazione riduttiva.
In altri termini, il recesso dell’impresa componente un consorzio o un’A.T.I., nel corso della procedura di gara, non deve essere volta a sanare ex post una situazione di preclusione all’ammissione alla procedura, sussistente al momento dell’offerta in ragione della sussistenza di cause di esclusione riguardanti il soggetto recedente (caso in cui vi sarebbe senza dubbio stata violazione della par condicio tra i concorrenti). Ed entro tali limiti lo stesso è ammissibile.
Il recesso di una delle imprese del consorzio o dell’A.T.I. è legittimo solo se avvenga per esigenze organizzative proprie dell’ A.T.I. o del consorzio e non invece per eludere la legge di gara e, in particolare, per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al singolo componente.
[1] Ai sensi di tale disposizione, “Sono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici i seguenti soggetti, salvo i limiti espressamente indicati: (…) e) i consorzi ordinari di concorrenti di cui all’articolo 2602 del codice civile, costituiti tra i soggetti di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma, anche in forma di società ai sensi dell’articolo 2615-ter del codice civile;”.
[2] L’art. 2602 del codice civile definisce il consorzio come “contratto di consorzio più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese”.
Il Codice civile distingue tra consorzi “con attività interna” e consorzi “con attività esterna” in funzione del tipo di organizzazione comune con la quale il consorzio intende operare.
Si ha “attività interna” quando l’attività del consorzio non riguarda i terzi: l’organizzazione comune, creata con il contratto, disciplina e coordina le attività dei singoli consorziati i quali, però, continuano a svolgere individualmente tutte le fasi della loro attività.
L’“attività esterna” ricorre, invece, quando il consorzio si inserisce, come intermediario, nei rapporti fra i consorziati e i terzi, assumendo direttamente obbligazioni nei confronti di questi ultimi.
[3] È noto, infatti, che le società di capitali rispondono delle obbligazioni sociali esclusivamente con il proprio patrimonio, salvo il caso eccezionale dell’unico azionista o dell’unico quotista (cfr. artt. 2325 e 2462, c.c.); mentre, nei consorzi, i terzi possono agire, oltre che nei confronti del patrimonio del consorzio rappresentato dal fondo consortile (art. 2615, primo comma, c.c.), anche nei confronti dei singoli consorziati allorché le obbligazioni siano state assunte per loro conto dagli organi del consorzio (art. 2615, secondo comma, c.c.). Cfr. Cass. 27 novembre 2003, n. 18113.
[4] Cfr. TAR Piemonte, sez. II, 31.5.2005 n. 1915, secondo cui “il consorzio, in una gara pubblica si identifica come un soggetto autonomo, unico centro di imputazione degli interessi dei consorziati, che opera naturalmente per mandato delle imprese consorziate e le cui obbligazioni assunte in nome del Consorzio stesso, dalle persone che ne hanno la rappresentanza, impegnano tutte le consorziate”.
[5] In tal caso l’offerta deve essere sottoscritta da tutte le singole imprese che costituiranno il consorzio e contenere l’impegno che, in caso di aggiudicazione della gara, le stesse conferiranno mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una di esse, da indicare in sede di offerta e qualificata come mandatario, la quale stipulerà il contratto in nome e per conto proprio e delle mandanti.
[6] I consorzi di cui all’art. 2602 c.c. sono, infatti, organizzazioni di imprenditori operanti normalmente per il tramite dei propri consorziati, che sono soggetti dotati della necessaria strutturazione aziendale, per cui occorre indicare le società consorziate chiamate ad eseguire le prestazioni contrattuali. Segue da ciò che il possesso di licenze, certificazioni e autorizzazioni prescritte per lo svolgimento del servizio, riguardando la prestazione eseguibile solo da una delle imprese consorziate, non può che essere richiesto singolarmente alla stessa: quest’ultima, a differenza delle altre società consorziate destinate a restare estranee all’esecuzione dell’appalto, riveste la qualità di effettivo partecipante alla gara, come tale assoggettato all’obbligo di produrre la predetta documentazione Di qui la conclusione che i requisiti tecnici ed economici devono essere posseduti non dal Consorzio, ma dalla consorziata indicata come esecutrice. Cfr. T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. I, 01 settembre 2010, n. 7879
[7] Cfr. AVCP, Del. n. 15 del 24.1.2007: “Ai consorzi ordinari di concorrenti di cui all’articolo 2602 codice civile, costituiti in forma di società consortile (ex articolo 2615-ter cod. civ.), in quanto soggetti giuridici con idoneità plurisoggettiva, si applicano le disposizioni previste per le associazioni temporanee di imprese, in virtù del rinvio operato dall’articolo 34, comma 1, lettera e) del d. Lgs. n. 163/2006 al successivo articolo 37.”. Inoltre, “Nei consorzi ordinari non sussiste un rapporto di mandato tra le consorziate per la partecipazione alle gare, poiché è il contratto costitutivo del consorzio che costituisce il vincolo (Cons. Stato sent. n. 5679/2000), né il consorzio partecipa per una o più consorziate ma per tutte le imprese che lo costituiscono; analogamente, dalla relativa disciplina codicistica, è sancito il regime della responsabilità solidale.” (AVCP, Del. n. 114 del 13.12.2006).
[8] Cfr. Consiglio di Stato n. 3759/2010.
[9] Il Consiglio di Stato citato riprende giurisprudenza ormai costante in materia: Cons. St., sez. V, 15 giugno 2010, n. 3759; sez. IV, 27 giugno 2007, n. 3765; sez. V, 5 settembre 2005, n. 4477; sez. V, 30 gennaio 2002, n. 507.
[10] Cons. St., sez. V, 7 aprile 2006, n. 1903; Cons. St., sez. V, 30.8.2006, n. 5081. Cfr. AVCP, Deliberazione n. 68 del 6.7.2011 nel senso che “Pertanto il divieto in esame senz’altro si applica quando si tratti di una modificazione soggettiva per la quale in sede di aggiudicazione risultino nuovi soggetti componenti (la compagine consortile), rispetto a quelli indicati in sede di partecipazione”.
[11] L’Adunanza in commento cita a sostegno di tale tesi Cons. St., sez. IV, 23 luglio 2007, n. 4101.
[12] A sostegno di tale tesi si riporta Cons. St., sez. VI, 13 maggio 2009, n. 2964.