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Premessa

Da una decina di anni a questa parte il termine BIM, acronimo di Building Innovation Modelling, è divenuto parte integrante del lessico di chi è chiamato a realizzare e gestire investimenti pubblici, dando vita, in questo campo, ad un processo evolutivo paragonabile a quello avutosi, nel recente passato, con l’introduzione della certificazione di qualità nelle attività di costruzione o dei piani di sicurezza nei cantieri.

Il tema, influenzato da un’impostazione razionalizzatrice di derivazione anglosassone finalizzata a rendere i processi produttivi, in quanto ordinati, più sicuri ed efficaci, è stato declinato in Italia soprattutto in chiave progettazione, nel senso dell’innalzamento della qualità della stessa; ciò senza peraltro dare adeguato risalto, se non in tempi relativamente più recenti, alle positive implicazioni che il metodo riverbera sull’intero ciclo di vita dell’investimento da realizzare, dalla fase costruttiva a quella di gestione operativa, dismissione inclusa.

L’implementazione del BIM rileva, peraltro, anche in chiave di sviluppo dell’Innovation, ovvero di quella transizione digitale che costituisce una delle 6 missioni caratterizzanti il PNRR nell’orizzonte evolutivo tracciato dall’Unione Europea, che rappresenta il contesto socio economico e valoriale di quella parte del mondo occidentale che ci è propria.

Il d.lgs. 31 marzo 2023, n.36 rilancia importanti sfide per la PA

Il tracciato evolutivo fin qui percorso ha generato, nell’ambito degli appalti pubblici di lavori, l’insorgenza di numerose tematiche che il nuovo Codice dei contratti, di recente adottato in forza del d.lgs. 31 marzo 2023, n.36, non manca di affrontare, ancorché la parte più strettamente legata alla digitalizzazione risulti rinviata, nell’acquisto dell’efficacia, al 1° gennaio 2024. In questo senso il decreto dedica direttamente al BIM l’articolo 43 e l’allegato I.9; in via indiretta l’allegato I.7 che descrive i contenuti della progettazione e l’allegato II.4 riferito alla qualificazione delle stazioni appaltanti.

Trattasi, ad esempio, della redazione dei Capitolati Informativi, peraltro non interessati dal rinvio, che per obbligo di legge o per scelta della singola stazione appaltante sono in numerosi casi già oggi parte integrante della documentazione di gara, con un impegno importante per le stazioni appaltanti chiamate ad adempimenti sul piano tecnico che peraltro evocano corrispondenti risposte anche sul fronte giuridico.

Si consideri, ancora, come relativamente all’Ambiente di condivisione dati, fulcro delle tematiche BIM, lo stesso allegato I.9 sottolinei che, laddove si tratti di definirne caratteristiche e prestazioni, occorra adeguatamente tener conto della convergenza di discipline diverse quali il diritto d’autore, la proprietà intellettuale e la normativa sulla riservatezza.

Altresì problematica, ancorché con risvolti parzialmente diversi in quanto legati alla riscrittura dei quadri organizzativi delle singole stazioni appaltanti, è la definizione dei rapporti tra le figure tipiche del processo BIM, spesso da innestarsi ex novo, e l’ordinaria struttura chiamata a gestire e a rispondere dell’esecuzione dei contratti pubblici, in primo luogo il RUP nella sua più recente configurazione voluta dall’articolo 15 del nuovo codice e dall’allegato I.2

1. Dalla direttiva 24/2014 al nuovo codice

Il riferimento iniziale dal quale muovere in materia di BIM è l’articolo 22, punto 4, della Direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 a tenore della quale per gli appalti pubblici di lavori e i concorsi di progettazione, gli Stati membri possono richiedere l’uso di strumenti elettronici specifici, quali gli strumenti di simulazione elettronica per le informazioni edilizie o strumenti analoghi.

Nel dar seguito a tale previsione, l’articolo 23, del d.lgs. 18 aprile 2016, n.50, al comma 1, si poneva come obiettivo quello di razionalizzare le attività di progettazione e delle connesse verifiche attraverso il progressivo uso di metodi e strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture; il successivo comma 13 stabiliva, poi, che le stazioni appaltanti potessero richiedere per nuove opere e interventi di recupero, riqualificazione o varianti, in via prioritaria per lavori complessi, l’uso dei citati metodi e strumenti elettronici specifici in grado di utilizzare piattaforme interoperabili a mezzo di formati aperti non proprietari, al fine di non limitare la concorrenza tra i fornitori di tecnologie e il coinvolgimento di specifiche progettualità tra i progettisti.

Il BIM ovvero l’utilizzo di metodi e strumenti elettronici per il miglior esito dell’investimento (pubblico)

Ancora, la stessa norma introduceva il principio per cui l’uso dei metodi e strumenti elettronici potesse essere richiesto soltanto dalle stazioni appaltanti dotate di personale adeguatamente formato e che l’applicazione delle metodologie BIM costituisse parametro di valutazione dei requisiti premianti previsti per la qualificazione delle stesse dall’articolo 38 del d.lgs.50/2016.

Il tutto, era da attuarsi con apposito decreto del Ministero delle infrastrutture per definire modalità e tempi di progressiva introduzione dell’obbligatorietà dei suddetti metodi da valutarsi in relazione alla tipologia delle opere da affidare e della strategia di digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche e del settore delle costruzioni.

Per dare corso a tali indicazioni è stato quindi adottato prima il Decreto Ministeriale n. 560/2017 (decreto Baratono) e, successivamente, l’analogo provvedimento n. 312/2021 che ne ha integrato e modificato i contenuti a seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 48, comma 6, del decreto legge n. 77/2021, noto anche come decreto “semplificazioni 2”.

Il decreto 560 ha affrontato il tema BIM prevalentemente nell’ottica della progettazione fissando, peraltro, sin dall’inizio la sua finalizzazione più oltre, ovvero far conseguire alla stazione appaltante elevati livelli di conoscenza destinati a mitigare il rischio di allungamento dei tempi contrattuali o il superamento dei costi previsti, e a tutelare la salute e della sicurezza dei lavoratori coinvolti; il tutto rendendo disponibili informazioni attendibili ed utili anche per la fase di esercizio ed in generale per l’intero ciclo di vita dell’opera.

Con questo obiettivo veniva fissato anche un calendario di progressiva applicazione temporale dell’obbligo di utilizzare le citate metodologie diluito in 6 scaglioni temporali, dal 1° gennaio 2019 al 1° gennaio 2025, legati all’importo ed alle caratteristiche dei singoli interventi, ferma la facoltà di applicarle anche prima, su base volontaria.

L’utilizzo dei metodo BIM veniva comunque condizionato alla preventiva adozione da parte delle stazioni appaltanti, di un piano di formazione del personale in relazione al ruolo ricoperto, di un piano di acquisizione o di manutenzione degli strumenti hardware e software di gestione digitale dei processi decisionali e informativi adeguati e di un atto organizzativo che esplicitasse il processo di controllo e di gestione delle singole fasi procedimentali, l’identità dei gestori dei dati e la proprietà degli stessi nonchè le modalità di gestione dei conflitti, in relazione alla natura delle opere e dei cespiti comprensivi degli aspetti tecnici e procedurali adottati.

Il decreto 560 disponeva, infine, che la documentazione di gara per l’affidamento di servizi di progettazione, dell’esecuzione di lavori o della gestione delle opere, dovesse contenere: a) i requisiti informativi strategici generali e specifici, compresi i livelli di definizione dei contenuti informativi, tenuto conto della natura dell’opera, della fase di processo e del tipo di appalto; b) tutti gli elementi utili alla individuazione dei requisiti di produzione, di gestione e di trasmissione ed archiviazione dei contenuti informativi, in stretta connessione con gli obiettivi decisionali e con quelli gestionali, incluso il modello informativo relativo allo stato iniziale dei luoghi e delle eventuali opere preesistenti.

L’importante apporto della normativa tecnica

Nel frattempo, in sede di normazione tecnica veniva riaperto il tavolo di lavoro per l’adozione dello Standard UNI 11337, emanando a fine 2018, la parte 7 dedicata ai requisiti di conoscenza, abilità e competenza delle figure coinvolte nei processi in questione individuando quattro distinte figure: il BIM Manager, il BIM Coordinator; il BIM Specialist, il CDE Manager, ciascuno dei quali con compiti e competenze distinti e specificamente descritte. Quanto ai contenuti ed agli ambiti della Gestione Informativa mediante il Building Information Modelling, questi venivano nel frattempo definiti a livello tecnico dallo standard INI EN ISO 19650.

2. Le figure BIM

Secondo quanto definito dallo standard UNI 11337-7, il CDE Manager, è colui che ha la responsabilità e gestisce l’Ambiente di condivisione dei dati, da identificarsi come l’ambito digitale unico dove convergono in forma organizzata tutti i dati relativi ad una commessa, rendendoli condivisibili tra i diversi attori del processo realizzativo; ha, tra le altre cose, il compito di garantire la correttezza e la tempestività dei diversi flussi informativi che convergono nell’ambiente, ciò che incrementa l’efficacia dei processi decisionali, e nel contempo di individuare le migliori tecniche che garantiscano una serie di interessi ed esigenze quali, ad esempio, la tracciabilità dei passaggi e la protezione delle informazioni e della relativa proprietà intellettuale; opera in supporto all’attività propria del BIM Manager.

Il BIM manager è la figura professionale gerarchicamente più elevata della catena, responsabile della creazione, della gestione e dell’aggiornamento del Modello BIM è dotato dei più ampi margini di gestione dei processi digitalizzati; ha la supervisione o il coordinamento generale delle commesse in corso e provvede all’assegnazione delle risorse umane a ciascuna di esse; redige il Capitolato Informativo e, in base a tali caratteristiche potrebbe corrispondere, nell’organizzazione di un Ente Locale strutturato, alla figura apicale dell’Ufficio Tecnico.

Il BIM Coordinator è il coordinatore dei flussi informativi della singola commessa ed opera secondo le indicazioni del BIM Manager; in caso di commesse con elevati gradi di complessità possono aversi più BIM coordinator; è il garante della efficienza e della efficacia dei processi digitalizzati e si occupa, tra le altre cose di verificare la correttezza e la coerenza del modello BIM, e, ai sensi di quanto sopra ipotizzato, potrebbe coincidere, secondo l’impostazione del nuovo codice, con il RUP o con il Responsabile di procedimento della fase tecnica.

Il BIM specialist, in fine, è l’operatore avanzato delle attività di gestione e di modellazione informativa che agisce nell’ambito della singola commessa ed opera a supporto tra l’altro nella redazione del Piano di Gestione Informativa.

3. Il BIM nel nuovo codice dei contratti

Il d.lgs. 36/2023 conferma la centralità di ruolo del BIM, affermando, nella relazione del Consiglio di Stato che ne accompagna i contenuti sin dalla prima stesura, che in coerenza con l’introduzione del principio del risultato, il nuovo codice mira a favorire, attraverso l’uso di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, cioè il BIM, il miglior esito dell’investimento pubblico. Tale metodologia di gestione, continua la relazione, assicura la riduzione della complessità dei procedimenti, oltre al contenimento delle tempistiche, in tal modo implementando il livello di efficienza e di efficacia nella realizzazione e gestione delle opere e dei servizi connessi.

Dal BIM all’Information Management

Coerentemente con tale premessa, il provvedimento dedica l’intero articolo 43 ai metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, utilizzando una terminologia innovativa che corrisponde, sia pure in senso non strettamente letterale, a quella generalmente utilizzata a livello internazionale che riconduce il BIM al più ampio contesto dell’Information Management.

L’articolo 43 fissa anzitutto a livello di normativa primaria il termine del 1° gennaio 2025 per l’entrata in vigore dell’obbligo di adottare il BIM per la progettazione e la realizzazione di opere di nuova costruzione e per gli interventi su costruzioni esistenti per importo a base di gara superiore a 1 milione di euro, ad esclusione degli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, a meno che essi non riguardino opere precedentemente eseguite con l’uso dei metodi e strumenti di gestione informativa digitale. Ciò allo scopo di rafforzarne certezza ed effettività di una previsione sulla applicazione temporale della norma fin qui fissata da un decreto ministeriale, i cui contenuti sono per il resto riportati in modo aggiornato nell’apposito allegato I.9.

Resta peraltro stabilito che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono sempre adottare la metodologia BIM, eventualmente prevedendo nella documentazione di gara un punteggio premiale da attribuirsi in ragione delle modalità d’uso migliorative proposte dalle imprese partecipanti, facoltà peraltro subordinata all’adozione delle misure stabilite nell’allegato I.9.

Tra queste  la previsione secondo la quale le stazioni appaltanti, prima di adottare i processi relativi alla gestione informativa digitale delle costruzioni per i singoli procedimenti, indipendentemente dalla fase progettuale e dal relativo valore delle opere, provvedono necessariamente a redigere ed adottare un atto di organizzazione per la formale ed analitica esplicazione delle procedure di controllo e gestione destinate a digitalizzare il sistema organizzativo dei processi relativi all’affidamento e alla esecuzione dei contratti, oltre che per la gestione del ciclo di vita dei beni disponibili e indisponibili.

Tale atto di organizzazione, ovviamente, è integrato con gli eventuali sistemi di gestione e di qualità della stazione appaltante.

La necessità di integrare le funzioni di RUP con le figure BIM

Precisa, ancora, l’allegato I.9 che per adottare il BIM le stazioni appaltanti devono nominare un gestore dell’ambiente di condivisione dei dati ed almeno un gestore dei processi digitali supportati da modelli informativi, e, per ogni intervento, un coordinatore dei flussi informativi all’interno della struttura di supporto al responsabile unico di cui all’articolo 15 del codice.

Inoltre, l’articolo 41, comma 3, del nuovo Codice, in tema di livelli e contenuti della progettazione, prevede che in caso di adozione di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, il documento di indirizzo della progettazione contiene anche il capitolato informativo.

Come è noto, il Capitolato Informativo è il documento elaborato dalla committenza e consegnato ai possibili assegnatari della commessa per la formulazione delle rispettive offerte, che ne possono anche innalzare i contenuti, avente valore giuridico contrattuale, recante le esigenze e i requisiti informativi richiesti dal committente ovvero tutte le informazioni che sono alla base di una buona collaborazione tra le diverse figure previste per la gestione del processo BIM, sia sul lato dell’amministrazione committente che su quello dell’operatore economico.

I riferimenti al Capitolato informativo, al suo sviluppo lungo tutto lo svolgimento delle singole fasi della progettazione, alla definizione dei contenuti finali a seguito della gara per l’affidamento dell’esecuzione dei lavori, ed alla verifica da parte del collaudatore del rispetto degli impegni assunti in sede di gara, risultano ben inseriti dal nuovo codice in specie nelle previsioni recate nell’allegato I.7 che regola i contenuti della progettazione.

4. Le sfide che attendono le Amministrazioni

Alla definizione dei contenuti dei capitolati informativi, inclusa la strutturazione sul piano organizzativo dei rapporti tra le diverse figure che affollano il procedimento, con i rispettivi ruoli, le amministrazioni che al tema BIM hanno già posto mano, hanno già dedicato particolare attenzione.

In questo senso quindi le nuove regole introdotte dal d.lgs. n.36/2023 accelerano l’appuntamento con le ulteriori importanti sfide alle quali le amministrazioni dovranno già nei prossimi mesi dare risposta.

La prima riguarda l’adozione degli atti di organizzazione sopra evocati, anche alla luce della contemporanea evoluzione che registra la figura del RUP, ora Responsabile Unico del Progetto e non più del Procedimento, ma con la possibilità di dotarsi, specie negli appalti più complessi, di responsabili di procedimento per singole fasi.

In quest’ottica, come già accennato in sede di evidenziazione dei compiti e dei ruoli delle singole figure BIM, occorrerà ridefinire, coordinandole, posizioni e competenze di altrettante figure già note quali quella dell’Apicale di riferimento del (nuovo) RUP, dello stesso RUP e degli eventuali Responsabili di procedimento per fasi, dei direttori lavori/dell’esecuzione, tutti chiamati ad interfacciarsi con BIM Manager, BIM Coordinator, BIM Specialist e CDE Manager, ovvero ad incarnare essi stessi tali profili.

Sfide tecniche che peraltro celano delicati profili legali

Nello stesso senso anche i Capitolati Informativi dovranno in partenza tener conto di questi nuovi assetti, così come delle modalità di individuazione e della definizione dei limiti di relativa responsabilità dei diversi operatori destinati ad alimentare quel quadro condiviso costituito dall’ambiente di condivisione dei dati, che rappresenta il cuore della nuova metodologia.

Il tutto considerato come la maggiore conoscibilità e la messa in comune del dato modifica in maniera sensibile i normali parametri civilistici di valutazione delle singole fattispecie, ad esempio, in termini di riconoscibilità dell’errore, ciò che implica almeno una seria due diligence legale sui contenuti di documenti finora pensati ed elaborati prevalentemente sul piano tecnico.

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Questo articolo è stato scritto da...

Stefano De Marinis
Avvocato, già vicepresidente FIEC
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.