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( votes)Il quadro normativo
I servizi sostitutivi di mensa sono quei servizi consistenti nell’attività finalizzata a rendere, per il tramite di esercizi convenzionati, mediante buoni pasto, il servizio sostitutivo di mensa aziendale.
Le procedure di affidamento dei servizi in parola e le relative modalità di gestione trovano il proprio quadro normativo di riferimento nel D.L. 115/2005 (recante Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della Pubblica Amministrazione, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1 della L. 168/2005) e nel D.P.C.M. 18 novembre 2005 (relativo all’Affidamento e gestione dei servizi sostitutivi di mensa). In particolare, l’articolo 14 vicies-ter del citato D.L. 115/2005, rinviava ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la disciplina di aspetti particolarmente importanti come: le caratteristiche e i requisiti delle società di capitali che svolgono l’attività di gestione dei servizi sostitutivi di mensa mediante buoni pasto; i requisiti degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, delle mense aziendali e interaziendali, nonché degli altri esercizi convenzionabili con le predette società per l’erogazione dei servizi sostitutivi di mensa; le caratteristiche del buono pasto e la regolamentazione dell’utilizzo dello stesso da parte dei lavoratori dipendenti e delle categorie assimilate.
In attuazione della disposizione sopra richiamata, in data 18 novembre 2005 è stato adottato un decreto del Presidente dei Consiglio dei Ministri, il cui oggetto, secondo quanto previsto dall’articolo 1 del decreto medesimo, consiste nella “attività di emissione dei buoni pasto, le procedure di aggiudicazione del servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo di buoni pasto”, nonché nei “rapporti tra le società di emissione e gli esercizi convenzionati, per assicurare l’efficienza e la stabilità economica del mercato dei buoni pasto, garantire la libera ed effettiva concorrenza nel settore ed un efficiente servizio ai consumatori”. Tutta la normativa di settore menzionata, ed in particolare il D.P.C.M. del 2005, è stata in gran parte riproposta nell’articolo 285 del Regolamento di esecuzione ed attuazione del D.Lgs. 163/2006, che entrerà in vigore l’8 giugno 2011 con la contestuale abrogazione delle previgenti norme di settore.
Il servizio sostitutivo di mensa mediante buoni pasto rientra tra i servizi indicati nell’Allegato II B del D.Lgs. 163/2006 in quanto qualificabile tra i “Servizi alberghieri e di ristorazione” e rimane soggetto, oltre che all’art. 20, all’art. 27 del D.Lgs. 163/2006 che dispone che l’affidamento di contratti pubblici sottratti in tutto o in parte all’applicazione del D.Lgs. 163/2006 avvenga nel rispetto di principi di evidenza pubblica e di buon andamento della P.A. Tale inquadramento, consente una più snella procedura per l’idividuazione dei soggetti a cui affidare il servizio in parola.
I soggetti ammessi allo svolgimento del servizio
L’attività di emissione di buoni pasto, può essere svolta esclusivamente da società di capitali con capitale sociale versato non inferiore a settecentocinquantamila euro e che hanno come oggetto sociale l’esercizio dell’attività finalizzata a rendere il servizio sostitutivo di mensa, a mezzo di buoni pasto e di altri titoli di legittimazione rappresentativi di servizi. Il bilancio delle società di cui al presente comma deve essere corredato dalla relazione nella quale una società di revisione iscritta nell’elenco di cui all’articolo 161 del D.Lgs. 58/1998, esprime un giudizio ai sensi dell’articolo 156 del citato decreto, ovvero da una relazione redatta da una società di revisione iscritta nel registro istituito presso il Ministero della Giustizia ai sensi dell’articolo 2409-bis del codice civile.
I c.d. “ticket” (buoni pasto)
I buoni pasto sono un mezzo di pagamento dal valore predeterminato, in forma di tagliandi cartacei (più raramente, di una tessera con microchip), che può essere utilizzato per acquistare esclusivamente un pasto o prodotti alimentari. In Italia i buoni pasto sono spesso indicati col termine inglese “ticket”, dal marchio registrato del prodotto introdotto per primo sul mercato italiano.
Essi consentono all’utilizzatore di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto, costituiscono il documento che consente all’esercizio convenzionato di provare l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione; non sono cedibili, commercializzabili, cumulabili o convertibili in denaro; sono utilizzabili esclusivamente per l’intero valore facciale.
Essi devono necessariamente riportare: il codice fiscale o la ragione sociale del datore di lavoro; la ragione sociale e il codice fiscale della società di emissione; il valore facciale espresso in valuta corrente; il termine temporale di utilizzo; uno spazio riservato alla apposizione della data di utilizzo, della firma dell’utilizzatore e del timbro dell’esercizio convenzionato presso il quale il buono pasto viene utilizzato; la dicitura “Il buono pasto non è cumulabile, né cedibile né commerciabile, né convertibile in denaro, può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dall’utilizzatore”.
A norma di legge i buoni pasto sono strettamente personali, possono essere spesi solo nei locali convenzionati nella misura di uno al giorno, non sono cumulabili, non danno diritto al resto, non possono essere convertiti in denaro, ceduti ad altri né venduti, hanno validità variabile da pochi mesi a oltre un anno. Tuttavia, per consuetudine, i consumatori utilizzano spesso più buoni per uno stesso acquisto, non li compilano coi propri dati personali e li spendono anche per acquisti nei supermercati.
Come servizio sostitutivo di mensa, il buono pasto non prevede oneri fiscali o previdenziali a carico del datore di lavoro né del lavoratore, fino a un valore di 5,29 euro per singolo buono. Inoltre il costo del servizio è deducibile e l’IVA è detraibile integralmente (D.L. 112/2008, art. 83, comma 28 bis). L’IVA applicata al buono pasto è del 4% per le aziende, del 10% per aziende unipersonali, titolari d’azienda e soci. Questo regime fiscale rende il servizio di buoni pasto vantaggioso soprattutto per le aziende clienti, rispetto ad un’equivalente cifra netta versata in busta paga (ad esempio a titolo di indennità di mensa). I buoni pasto possono essere destinati a tutto il personale: dipendenti a tempo pieno, part time, collaboratori e stagisti, anche quando l’orario di lavoro non prevede una pausa pranzo. Ognuno riceve un buono per ciascun giorno lavorato.
Procedura di scelta del contraente
Con riguardo ai criteri di aggiudicazione, l’articolo 285, comma 7, del nuovo Regolamento risolve in maniera esplicita la querelle sorta intorno all’ammissibilità del criterio del prezzo più basso. La nuova disposizione esprime, in primo luogo, un giudizio di preferenza verso l’adozione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, di cui all’articolo 83 del Codice. Tuttavia, il criterio del prezzo più basso può, in via residuale, essere utilizzato per la scelta della società di emissione previa indicazione delle specifiche motivazioni a supporto di tale scelta. Come da consolidato orientamento dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici, l’utilizzo del criterio del prezzo più basso è ammesso nelle gare di appalto nelle ipotesi in cui la lex specialis non demandi all’iniziativa degli operatori economici concorrenti margini di definizione dei contenuti dell’appalto e, quindi, predefinisca e descriva tutti gli elementi progettuali, individuando in modo preciso il complesso delle prestazioni e la concreta organizzazione delle stesse, di guisa che l’unica variabile in questo caso sia costituita dal prezzo, rimesso, appunto, all’offerta di ciascun concorrente. Pertanto, la scelta del criterio in parola si giustifica qualora l’oggetto del contratto sia oltremodo elementare e standardizzato; al contrario, qualora l’oggetto del contratto sia più articolato ed occorra tenere conto di una pluralità di elementi, anche qualitativi, la scelta dovrà orientarsi verso il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (sul punto cfr. deliberazione A.V.C.P. n. 65 del 16 luglio 2009; determinazione A.V.C.P. n. 5 del 2008). Nell’ipotesi di aggiudicazione secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, è prescritto dall’articolo 285 che il bando indichi i criteri di valutazione dell’offerta medesima, tra i quali vengono annoverati, in via esemplificativa e non esaustiva: il ribasso sul valore nominale del buono pasto; la rete degli esercizi da convenzionare; lo sconto incondizionato verso gli esercenti; i termini di pagamento agli esercizi convenzionati; il progetto tecnico. Con specifico riguardo ai servizi sostitutivi di mensa, l’Autorità ha posto in rilievo, altresì, che il bando di gara non può limitarsi a citare, in maniera approssimativa e generica, gli elementi concreti (organizzazione del servizio, innovazione tecnologica, termini di consegna dei buoni pasto ordinati, ed altri elementi utili a valutare la qualità del servizio offerto) valutabili dalla commissione ai fini dell’attribuzione del punteggio nonché senza ancorarli ad una predeterminata graduazione di punteggi che vada da un minimo ad un massimo, passando per posizioni intermedie predeterminate o determinabili, secondo parametri oggettivi già fissati dal bando o dallo stesso capitolato speciale che lo integra (cfr. parere A.V.C.P. n. 137 del 19 novembre 2009).
La rete degli esercizi convenzionati
Alcune puntualizzazioni sono opportune con riguardo al criterio di valutazione concernente la rete degli esercizi convenzionati. L’art. 285, co. 8 del nuovo Regolamento specifica che ai fini del possesso della rete di esercizi attraverso cui si espleta il servizio sostitutivo di mensa eventualmente richiesto come criterio di partecipazione o di aggiudicazione, è sufficiente l’assunzione, da parte del concorrente, dell’impegno all’attivazione della rete stessa entro un congruo termine dal momento dell’aggiudicazione fissato in sede di bando. La disposizione, anche in considerazione della struttura fortemente concentrata del mercato interessato, ha una chiara valenza pro concorrenziale, essendo volta a favorire l’accesso al mercato di nuovi operatori economici. È previsto che la mancata attivazione della rete richiesta entro il termine indicato comporti la decadenza dell’aggiudicazione. Tale ultima disposizione può ovviare alla prassi, di dichiarare, in sede di partecipazione alla procedura di gara, un numero di esercizi convenzionati o di futuro convenzionamento del tutto sproporzionato rispetto al servizio richiesto o, comunque, un numero che si rivela in seguito non veritiero. Ciò a maggior ragione laddove si consideri che il numero di esercizi dichiarati, ben diverso dal numero effettivo, ha in concreto un peso determinante ai fini dell’aggiudicazione ed è, pertanto, in grado di falsare pesantemente il corretto confronto tra le offerte tecniche presentate. Poiché l’interesse della stazione appaltante consiste essenzialmente nel garantire ai propri dipendenti la possibilità di accedere ad un numero congruo di esercizi convenzionati, occorre definire una formula per l’attribuzione del relativo punteggio che dia incentivi sufficienti affinché le società di emissione tentino di convenzionare il maggior numero di esercizi commerciali, ma al contempo, disincentivi la prospettazione di offerte difficilmente attuabili in concreto. La dimostrazione del possesso della rete dichiarata in sede di gara o, meglio, l’attuazione dell’impegno assunto in merito all’attivazione della rete, deve avvenire, quindi, necessariamente in un momento antecedente alla sottoscrizione del contratto, costituendo una causa di decadenza automatica dall’aggiudicazione. Si pone, quindi, la questione degli strumenti di verifica a disposizione della stazione appaltante. Tali strumenti andrebbero correttamente individuati già nella lex specialis sia per garantirne la conoscibilità ai partecipanti sia per evitare contestazioni, a valle dell’aggiudicazione, nascenti da prescrizioni eccessivamente generiche.
I termini di pagamento agli esercizi convenzionati
Una distinta problematica attiene alla dilatazione dei termini di pagamento agli esercizi convenzionati. L’offerta con ribasso superiore ad una certa soglia impone necessariamente alle società emittenti, per preservare il margine di utile, la traslazione sugli esercizi convenzionati del maggior sconto offerto, effettuata incrementando le commissioni di rimborso in misura corrispondente e ritardando i termini di pagamento. Ciò influisce in maniera rilevante sul livello qualitativo dei servizi offerti. La valutazione delle diverse offerte presentate dai concorrenti in gara, si basa, in misura notevole, anche sui tempi di rimborso che gli stessi si impegnano a garantire. Tale impegno deve essere rispettato per tutta la durata dell’affidamento. A tal fine, le stazioni appaltanti potrebbero prevedere controlli a campione sugli esercenti, verificando il rispetto di elementi quali i termini di pagamento da parte delle società emittenti, la volontarietà dell’acquisto di servizi aggiuntivi, ecc. Controllo che, a pena di risoluzione del contratto, potrebbe ritenersi superato solamente se il numero di esiti negativi risultasse inferiore ad una determinata soglia prestabilita nel bando di gara. Le società emittenti dovrebbero avere, in ogni caso, la possibilità di dimostrare che l’eventuale mancato rispetto degli impegni contrattuali assunti sia dovuto a cause eccezionali alle stesse non imputabili.
Conclusioni
Si può agevolmente rilevare come la semplificazione normativa attuata in materia con il Regolamento costituisca per le stazioni appaltanti un notevole passo avanti. Si è data infatti una organizzazione sistematica ad una disciplina frastagliata e a volte non armonica. La rinnovata normativa ha poi introdotto norme che consentono una maggiore apertura del mercato e più concorrenzialità rispetto al passato. Tuttavia va detto che la deregulation attuata ha inasprito la competizione tra le società emettitrici, soprattutto nell’ambito delle gare al ribasso per l’aggiudicazione di appalti per le Pubbliche Amministrazioni. Il risultato è stato un progressivo innalzamento delle condizioni applicate nei contratti di convenzionamento. Per contestare questa difficile situazione, i ristoratori aderenti alla Fipe hanno organizzato alcuni giorni di protesta, i c.d. “No ticket day”, in cui non hanno accettato i buoni pasto. Le maggiori associazioni di categoria hanno quindi richiesto il ritorno a una maggiore regolamentazione del settore. Al Governo è stato chiesto di innalzare il valore massimo defiscalizzato (5,29 euro), fermo dal 1997 e ritenuto ormai insufficiente. In generale, si auspica, da tutte le parti, un tavolo tecnico per approfondire le problematiche del settore e per trovare soluzioni condivise.