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Premessa

È stato reso noto, nelle scorse settimane, lo schema di decreto correttivo del codice – licenziato dal Governo e destinato, probabilmente, ad entrare in vigore al 1° gennaio 2025.

Si tratta, evidentemente, di atto composito che sostanzia un vero e proprio “tagliando” al codice efficace dal 1° luglio 2023 (ed entrato in vigore al 1° 2023).

Tra le tante disposizioni una prima lettura può essere rivolta alle nuove disposizioni in tema di RUP e, segnatamente, sulle modifiche che riguardano l’allegato I.2 come noto documento fondamentale che disegna/declina i compiti del RUP (e del responsabile di fase dell’affidamento, si pensi alla prerogativa di questo, se nominato, di acquisire il CIG al posto del RUP). 

I responsabili di fase – previsti nel comma 4 dell’articolo 15 del codice dei contratti – sono definiti come meri responsabili di procedimento e, pertanto, collaboratori del responsabile unico del progetto. In quanto responsabili di procedimento la loro nomina è rimessa al dirigente/responsabile del servizio evidentemente su richiesta/indicazione del RUP.  

La disposizione richiamata prevede la possibilità di individuare due collaboratori, uno di tipo, si potrebbe dire, amministrativo, per la fase di affidamento ed uno, più squisitamente tecnico per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione del contratto.

Il codice, ovviamente non definisce le prerogative/compiti, se non in casi specifici, visto che introduce la possibilità, in generale, di prevedere questo modulo organizzativo in cui innestare le due figure.

Tra i compiti definiti, ad esempio, l’allegato I.2 prevede che se nominato, il responsabile per la fase di affidamento, deve acquisire il CIG al posto del RUP (si registra, quindi, un mutamento importante rispetto all’impostazione tradizionale (che vedeva sempre il RUP come soggetto destinato ad acquisire il CIG).   

Il correttivo – si anticipa – prevede una ampia possibilità di delega, sia del RUP sia dei responsabili di fase che, a prima lettura, risultano di particolari e delicate implicazioni. 

1. Le modifiche

Come premessa si può annotare che l’articolo 64 dello schema di decreto correttivo del codice prevede, in primis,  anche un nuovo articolo 226-bis (rubricato “Disposizioni di semplificazione normativa”) che determinerà (evidentemente una volta in vigore), tra gli altri,  anche l’effetto di espungere/abrogare  l’ultimo periodo (con il comma 1, punto 2) del comma 5 dell’articolo 15 (disposizione che riscrive la configurazione del RUP in termini di responsabile unico del progetto e non più in termini di mero responsabile di procedimento ex lege 241/90) e, pertanto, il riferimento all’allegato I.2 che potrà essere sostituito (come i vari allegati) – chiarisce il secondo comma del nuovo articolo in commento – “con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti”.

Una delle modifiche di maggior interesse riguarda per la valorizzazione del RUP e dei responsabili di fase decisa con la modifica dell’allegato I.2.

Si tratta, a parere di chi scrive, di una valorizzazione in relazione alle prerogative/competenze dei principali attori del procedimento/procedura che non possono essere sottovalutate. Si evidenzierà, altresì, come la prevista modifica pare attingere anche da interventi legislativi regionali che forniscono delle attuali norme una lettura importante.  

2. Lo schema di correttivo e l’allegato I.2

Le modifiche si leggono, in particolare nell’articolo 67 dello schema, e, come detto, coinvolgono il principale “documento” di lavoro del responsabile unico di progetto ovvero l’allegato I.2 (si tratta dell’allegato, sui requisiti e compiti del RUP che è riproduttivo solo parzialmente riproduttivo delle pregresse linee guida dell’autorità anticorruzione n. 3 appositamente dedicate al RUP).

Al comma 1, lett. a) della norma citata si opera una opportuna quanto necessaria abrogazione delle parole (riferite al RUP) “di ruolo” rimasto per la modifica intervenuta in fase di approvazione definitiva del codice per cui oggi il RUP può essere anche un dipendente a tempo determinato, che evidentemente, non può essere definito di ruolo.

Per effetto di quanto, il primo comma dell’articolo 1 dell’allegato I.2 – non appena lo schema sarà divenuto decreto legislativo in vigore previo parere del Consiglio di Stato, della Conferenza Unificata e delle Commissioni parlamentari – disporrà (al primo periodo) che “Il RUP è individuato, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 15, comma 3, del codice, e dagli articoli 4 e 5 del presente allegato, tra i dipendenti anche non aventi qualifica dirigenziale”.

Si conferma, quindi, che il RUP non deve essere di qualifica dirigenziale e che, pertanto, non deve coincidere con l’apicale dovendosi privilegiare, in ogni caso, il dato esperienziale come oggi previsto nell’allegato I.2

Annotazione rilevante, poi, che ribadisce l’esigenza di valorizzare i responsabili di fase riguarda la prevista sostituzione integrale dell’attuale secondo periodo del comma sopra riportato che oggi prevede che “Il RUP svolge i propri compiti con il supporto dei dipendenti della stazione appaltante”.

Il periodo in parola viene arrichito grazie ad una integrale sostituzione che contiene la conferma – e l’innesto/introduzione – di un ampio potere di delega non solo del responsabile unico del progetto ma degli stessi responsabili di fase.

Il periodo (nuovo) in argomento prevede che “Il RUP, o il responsabile di fase nominati ai sensi dell’articolo 15, comma 4, del codice svolgono i propri compiti con il supporto dei dipendenti della stazione appaltante. Ferma restando l’unicità del RUP, il RUP e gli eventuali responsabili di fase possono delegare al personale della stazione appaltante, dell’ente concedente, della centrale di committenza ovvero del soggetto aggregatore per lo svolgimento di attività operative nell’ambito del ciclo di vita digitale dei contratti pubblici, incluso l’accesso alle piattaforme di cui all’articolo 25 e ai servizi messi a disposizione dall’ANAC.”.

Il comma pare, a chi scrive, di così tanta rilevanza che occorre una lettura ed un commento articolato.

3. La collaborazione dei dipendenti

Il RUP, o il responsabile di fase nominati ai sensi dell’articolo 15, comma 4, del codice svolgono i propri compiti con il supporto dei dipendenti della stazione appaltante”.

L’estensore del comma ha ritenuto quindi opportuno evidenziare che non solo il RUP opera con la collaborazione diffusa (occorrerà capire poi quanto concreta stante la carenza degli organici delle stazioni appaltanti) dei dipendenti della stazione appaltante ma gli stessi responsabili di fase.

La sottolineatura, oggettivamente, non pare necessaria ma, evidentemente, prelude ad una considerazione maggiore di soggetti che – lo stesso comma 4 dell’articolo 15 come visto – configura come semplici responsabili di procedimento (e quindi ai sensi della legge 241/90).

L’inciso però pone, inevitabilmente, una questione pratico/operativa ovvero come si possa ottenere questo coinvolgimento: potrà chiederlo, semplicemente il RUP o il responsabile di fase o sarà necessario l’intervento dei responsabili di servizio coinvolti (o coinvolto)? 

Non è di poco conto comprendere se i primi due soggetti possono agire autonomamente impartendo disposizioni (ordini di servizio?) o se invece tale attività debba essere intermediata dal soggetto che ha la responsabilità dei servizi.

Nel secondo caso, ovviamente, il rallentamento dell’azione amministrativa è evidente. Nel primo caso il rischio è la confusione organizzativa. Difficilmente si può ipotizzare, ad esempio, che il responsabile di fase possa disporre di personale sia del proprio servizio sia del servizio altrui di “pari” grado (o addirittura di ruoli differenti).

Questo vale anche per il RUP salvo ipotizzare che questi abbia un ruolo dirigenziale. 

Per essere diretti non si può non evidenziare che di una formula priva o con poca sostanza si è data una estensione che non sembra apportare benefici concreti visto che la possibilità di far collaborare i dipendenti prescinde da una espressa disposizione di legge.

Ben altra efficacia, ad esempio, poteva avere la richiesta di creazione di strutture ad hoc con benefici concreti, ad esempio, possibilità di accedere a formazione gratuita per gli enti che istituissero strutture ad hoc debitamente apprestata e/o allo svolgimento delle attività contrattuali (ad esempio ampliando la possibilità dell’incentivo e/o similari). 

4. La questione della delega delle prerogative

Oggettivamente pare foriera di tante implicazioni pratico/operative – non necessariamente positiva a parere di scrive la disposizione del secondo periodo che attribuisce anche ai responsabili di fase (oltre che al RUP) una possibilità di delegare attività operative “al personale della stazione appaltante, dell’ente concedente, della centrale di committenza ovvero del soggetto aggregatore (…) nell’ambito del ciclo di vita digitale dei contratti pubblici, incluso l’accesso alle piattaforme di cui all’articolo 25 e ai servizi messi a disposizione dall’ANAC”.

Anche di questa disposizione occorre dare una lettura articolata per provare a comprenderne senso e limiti.

Nella sua interezza il periodo in commento prevede che “Ferma restando l’unicità del RUP, il RUP e gli eventuali responsabili di fase possono delegare al personale della stazione appaltante, dell’ente concedente, della centrale di committenza ovvero del soggetto aggregatore per lo svolgimento di attività operative nell’ambito del ciclo di vita digitale dei contratti pubblici, incluso l’accesso alle piattaforme di cui all’articolo 25 e ai servizi messi a disposizione dall’ANAC.”

Il primo inciso ricorda che pur nella prevista delega rimane ferma l’unicità del RUP. Le due precisazioni/previsioni, onestamente paiono in contraddizione anche per l’ampio potere di delega che la previsione consente (come si vedrà a breve).

La previsione, evidentemente da chiarire, di un potere di delega generalizzato anche a soggetti (come i responsabili di fase) che sono semplicemente dei responsabili di procedimento potrebbe generare qualche anarchia di comportamenti.

Sembra ovvia la considerazione di come si possa ritenere ferma l’unicità di responsabilità con soggetti – appunto i responsabili di fase (che dovrebbero essere considerati sotto- ordinati al RUP) – che hanno un così ampio potere di delega.

Si prospetta poi il rischio di delega di prerogative a loro volta delegate (almeno nel caso dei poteri del RUP). Necessariamente il RUP perde contezza di questi accadimenti/passaggi non restando più centrale ma, paradossalmente, quasi periferico.  

D’altronde un potere di delega si può concepire solo se “libero”/autonomo altrimenti non si può esercitare o lo si può esercitare con forti limitazioni fino ad annullarlo. Si pensi al caso in cui nell’ordine di servizio/decreto di nomina il responsabile di fase, il dirigente/responsabile di servizio, decida di contingentare il potere di delega. Naturalmente l’applicazione pratico/operativa, sempre che la norma venga formalizzata, consegnerà ulteriori spunti di approfondimento/considerazione.     

Il rischio è che il delegato (responsabile di fase) a sua volta deleghi ulteriormente le proprie prerogative (si pensi alla questione dell’acquisizione del CIG che compete, se nominato, al responsabile di fase dell’affidamento e non al RUP).

5. Delega “al personale della stazione appaltante

In generale la delega è riferita allo “svolgimento di attività operative nell’ambito del ciclo di vita digitale dei contratti pubblici, incluso l’accesso alle piattaforme di cui all’articolo 25 e ai servizi messi a disposizione dall’ANAC.”

Occorre rammentare che questo potere di delega non sarebbe solo del RUP (e quindi il responsabile del progetto magari, in questo modo, anche giustificabile) ma addirittura di “semplici” responsabili di procedimento rispetto ai quali un potere di delega appare realmente inimmaginabile.

L’ulteriore questione, poi, è l’ampiezza di questa prerogativa ed il dato, si potrebbe dire “soggettivo” (ovvero la platea dei destinatari).

La delega investe lo svolgimento di attività operative dell’intero ciclo di vita dell’appalto. Se lo si intende nel suo dato letterale – salvo limiti insiti non rilevabili – questo comporta che il RUP potrebbe delegare le proprie competenze/prerogative: si pensi all’obbligo di adottare il provvedimento di esclusione (laddove necessario) c’è da immaginarsi che l’atto in parola sarà il primo ad essere delegato per le sue ovvie delicatissime implicazioni.   

Ovviamente se atto/competenza delegata non potrà, a sua volta (non dovrebbe a sua volta) essere consentita l’ulteriore delega. Il problema pratico, però, è che occorre porsi nella posizione di colui che riceve la delega e, magari, appartenente ad una “categoria” differente (magari gerarchicamente inferiore al livello del RUP).

Le implicazioni sono così tante, ed anche ovvie che probabilmente non è necessario dilungarsi. Un problema su tutti, poi, non trascurabile è che tale disposizione finisce per incidere anche sui criteri di riparto/assegnazione degli incentivi per funzioni tecniche (appare a questo punto inevitabile visto che grandi responsabilità devono essere premiate in modo adeguato).

Altra questione è il modus operandi che si sostanzia nell’ambito della stessa stazione appaltante in cui alcuni operano in un modo (ad esempio massimizzando la delega) altri magari riducendola fino ad azzerarla. Ciò non può che determinare grande confusione per gli stessi operatori economici partecipanti alle competizioni che dovrebbero essere “illuminati” sulla gestione (modello) delle delega (altrimenti i contenziosi necessariamente finiranno per proliferare). 

6. L’ambito soggettivo (la platea dei destinatari della delega)

Se appare di una ampiezza oggettiva assolutamente inaccettabile – ed ingiustificabile – la delega pare ampia – e difficile da gestire e- anche in relazione ai potenziali destinataria che possono anche non appartenere alla stazione appaltante di appartenenza delle figure in commento.

Effettivamente ciò pare davvero pericoloso (sotto il profilo dell’obbligo di assicurare una chiara organizzazione lavorativa).

I destinatari possono appartenere, infatti, alla stessa stazione appaltante, all’ente concedente, alla centrale di committenza ovvero al soggetto aggregatore.

Il primo problema pratico/operativo è se questo personale possa essere delegato circa l’adozione di atti specifici (es. da RUP ad altro RUP ed allora occorre chiedersi che senso ha nominare i responsabili di fase, stesso ragionamento tra responsabili di fase). Maggiormente preoccupante è il caso in cui destinatario della delega sia un soggetto (collaboratore/responsabile del procedimento) diverso dai soggetti riconducibili a questo gruppo di lavoro.

Da notare che un meccanismo di delega così ampio e generale – a prescindere dal fatto se possa o meno essere configurato – potrebbe essere utilizzato non per i fini “nobili” per cui è pensato e/o addirittura per una ricalibratura sui carichi di lavoro e/o similari. Per gestire la delega a questo punto è necessario immaginare anche una ovvia necessità di disciplinarla nel modello organizzativo introdotto dalla stazione appaltante (che a questo punto, però, deve essere introdotta a livello regionale con apposito provvedimento legislativo come, ad esempio, accaduto in certe regioni). 

Più problematico, ovviamente, è immaginare che destinatari della delega siano dipendenti di altri enti concedenti/altre stazioni appaltanti.  

La previsione, infatti, consente delega al personale “della centrale di committenza ovvero del soggetto aggregatore”.

Quest’ultima delega non può che essere intesa in modo davvero relativo e limitato alle implicazioni/utilizzo  delle piattaforme visto che, in realtà, la delega avviene già nel momento in cui la stazione appaltante decide di delegare attività (e quindi con provvedimento di carattere generale/organizzativo che esige anche la stipula di apposita convenzione in cui si declina “chi fa che cosa”) ad un soggetto abilitato (qualificato) e/o altrettanto qualificato ma con maggiori possibilità di espletare le procedure e/o altre fasi.

In questo caso, evidentemente, la delega non è “soggettiva” e/o ad uso di soggetti come il RUP o i responsabili di fase ma si tratta (e quindi è implicita) di una delega di tipo generale decisa dall’ente (non dai singoli dipendenti/incaricati).

Sembra logico concludere precisando che se la disposizione non venisse definita/meglio specificata anche in relazione alla sua applicazione pratica e/o concretezza, a questo punto, è meglio che la stazione appaltante non adotti modelli organizzativi che prevedono i responsabili di fase e/o la possibilità delle deleghe (da notare che dovrebbe essere la regione – come sembra emerge in questi ultimi tempi – ad adottare uno specifico provvedimento che autorizzi l’adozione di modelli organizzativi diversi da quello generale).    

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott. Stefano Usai
Vice segretario del Comune di Terralba (Or)
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