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Premessa

Pur rappresentando un argomento sicuramente periferico rispetto ad altre problematiche, gli obblighi assicurativi negli appalti pubblici sono presenti, nella legislazione specifica, già dall’articolo 30 della Legge Merloni del 1994.

In quegli anni però, supportata dagli articoli dal 100 al 107 del DPR 554/99, tale disposizioni aveva un riferimento limitato ai soli appalti di lavori

E’ appena con il codice dei contratti del 2006 che alcune prestazioni assicurative vengono estese anche agli appalti di servizi e forniture.

In linea di massima, tali obblighi vengono confermati anche nell’attuale legislazione del 2016, sebbene non più presenti in un unico articolo, ma suddivisi a seconda della fase dell’appalto a cui si riferiscono.

Con la Legge semplificazione, in vigore dal 14 settembre 2020, alcuni aspetti vengono “sospesi” altri invece trovano una nuova affermazione.

Scopo di questo articolo è appunto quello di farne una prima analisi complessiva, riservando ad altre occasioni gli approfondimenti specifici su ognuno dei quattro argomenti qui velocemente trattati, che sono:

  1. La polizza di responsabilità civile della stazione appaltante.
  2. I nuovi orizzonti della responsabilità contabile e la relativa polizza.
  3. La discrezionalità, negli appalti sotto soglia, di richiedere la garanzia provvisoria.
  4. L’adeguatezza della polizza assicurativa contro i rischi professionali quale requisito partecipativo.

La polizza di responsabilità civile della stazione appaltante

L’attuale articolo 32, al comma 8, del codice dei contratti cosi come modificato dalla Legge 11 settembre 2020. 120, recita:

(…)

Le stazioni appaltanti hanno facoltà di stipulare contratti di assicurazione della propria responsabilità civile derivante dalla conclusione del contratto e dalla prosecuzione o sospensione della sua esecuzione.

La prima considerazione da fare è la seguente: già da parecchi decenni, le Singole stazioni appaltanti preferiscono assicurarsi contro il rischio di produrre danni a Terzi, a seguito dell’applicazione dell’articolo 2043 cc per il quale: “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno” senza che vi sia alcuna distinzione sui gradi della colpa.

Le polizze in realtà sono due; la prima, di prassi assicurativa consolidata, è denominata Polizza di Responsabilità Civile Terzi e Operai e copre la responsabilità c.d. da comportamento; la seconda, chiamata Polizza di Responsabilità Civile Patrimoniale, è relativa ai danni da provvedimento e nel corso degli anni ha subito notevoli cambiamenti di impostazione (vent’anni fa l’assicurato poteva essere solo il singolo operatore pubblico e non il suo ente di appartenenza!).

Questi tipi di danni:

ATTIVITA’ MATERIALE: LESIONE DI DIRITTI SOGGETTIVI = MORTE, LESIONI PERSONALI E DANNEGGIAMENTI A COSE/ANIMALI.

ATTIVITA’ PROVVEDIMENTALE: LESIONE DI INTERESSI LEGITTIMI = PERDITE PATRIMONIALI PECUNIARIE (il pregiudizio economico che non sia conseguenza di un danno materiale).

Non vi è alcun dubbio che la polizza di cui ci stiamo occupando, sia del secondo tipo.

Detto questo, per comprendere appieno la portata della nuova disposizione, dobbiamo andare a leggere una vecchia norma ma pur sempre attuale nella sua costante applicazione – Art. 28 della Costituzione: I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti.

In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici

I nostri Padri Costituenti, negli anni 1946/1947, non hanno avuto dubbi nel considerare PROPRIA, a norma del secondo paragrafo dell’articolo in questione, la responsabilità civile della PA intesa come apparato (la definizione si trova nella mitica sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, la 500 del 1999) e non per fatto altrui, in applicazione dell’articolo 2049 cc.

A seconda del tipo di Stazione appaltante, e a seconda del contenuto dei diversi contratti collettivi, questo tipo di polizza potrà o meno coprire anche la responsabilità personale dei dipendenti.

Inoltre, come noto, la Corte di Giustizia Europea (Sez. III, 30 settembre 2010 C-314/09 Stadt Graz.) ha sancito una sorta di responsabilità oggettiva della Stazione appaltante in materia di appalti pubblici: di conseguenza si può prescindere dall’esistenza o meno del profilo soggettivo del dolo o della colpa.

Pertanto, un fondamentale accorgimento è che non ci siano clausole contrattuali che delimitino l’efficacia della polizza ad un eventuale accertamento sui gradi della colpa, in quanto, né davanti al Giudice ordinario né davanti al Giudice amministrativo, qualora appunto legittimato passivo sia un Ente pubblico (comunque denominato), tale indagine verrà effettuata.

Valga infatti la seguente affermazione (decisione numero 2650 del 24 aprile 2020 del Consiglio di Stato): (…) la correttezza di tale conclusione risulta confermata dalla considerazione dell’intrinseca differenza della valutazione che il Giudice ordinario è chiamato a compiere rispetto al Giudice amministrativo, pur nella medesima materia del risarcimento del danno da attività provvedimentale illegittima, in ragione della differenza soggettiva della parte citata in giudizio: mentre il primo, infatti, dovrà prodursi in un’analisi più approfondita, potendo affermare la responsabilità del dipendente solo nell’ipotesi in cui riscontri l’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, il secondo ben potrà ritenere colpevole l’Amministrazione anche se nella fattispecie ricorra un’ipotesi di colpa lieve.

A conclusione di questo argomento, valga il seguente principio tratto dalla Sentenza n. 135 del 29 luglio 2016 della Corte dei Conti della Lombardia:

“Una sentenza di condanna civile di risarcimento danni, rifondibili integralmente da una polizza assicurativa (se operante), non configura né un danno erariale certo, né definitivo”.

Questo significa, e tale affermazione ci sarà utile nell’approfondire il secondo argomento, che in presenza di una polizza con Contraente/Assicurato l’Ente stesso, il danno erariale a cui potrebbe essere chiamato il singolo responsabile, si dovrebbe limitare alle eventuali franchigie oppure ad un danno extramassimale, ma non certo all’intero risarcimento, visto appunto l’intervento della Compagnia di assicurazione.

I nuovi orizzonti della responsabilità contabile e la relativa polizza

Per affrontare questo secondo argomento, dobbiamo mettere assieme più norme della Legge 11 settembre 2020, n. 120 e più nello specifico

Legge 11 settembre 2020 n. 120

(.)

Art. 1. Procedure per l’incentivazione degli investimenti pubblici durante il periodo emergenziale in relazione all’aggiudicazione dei contratti pubblici sotto soglia.

1. (…) Il mancato rispetto dei termini di cui al secondo periodo, la mancata tempestiva stipulazione del contratto e il tardivo avvio dell’esecuzione dello stesso possono essere valutati ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale (…).

Art. 2. Procedure per l’incentivazione degli investimenti pubblici in relazione all’aggiudicazione dei contratti pubblici sopra soglia.

1. (…)

Il mancato rispetto dei termini di cui al periodo precedente, la mancata tempestiva stipulazione del contratto e il tardivo avvio dell’esecuzione dello stesso possono essere valutati ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale.

Art. 4. Conclusione dei contratti pubblici e ricorsi giurisdizionali.

1. All’articolo 32, comma 8, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, sono apportate le seguenti modificazioni:

(…)

b) dopo il primo periodo sono aggiunti i seguenti: «La mancata stipulazione del contratto nel termine previsto deve essere motivata con specifico riferimento all’interesse della stazione appaltante e a quello nazionale alla sollecita esecuzione del contratto e viene valutata ai fini della responsabilità erariale e disciplinare del dirigente preposto.

A cui deve essere aggiunto l’art. 21. Responsabilità erariale che così recita:

1. All’articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «La prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso.».

2. Limitatamente ai fatti commessi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2021, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l’azione di responsabilità di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta. La limitazione di responsabilità prevista dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente.

La fonte principale della precedente normativa è la seguente:

Legge 14 gennaio 1994, n. 20

Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti

(G.U. n. 10 del 14 gennaio 1994)

Art. 1. Azione di responsabilità

1. La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti e alle omissioni commessi con dolo o colpa grave, ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali. La prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso. In ogni caso è esclusa la gravità della colpa quando il fatto dannoso tragga origine dall’emanazione di un atto vistato e registrato in sede di controllo preventivo di legittimità, limitatamente ai profili presi in considerazione nell’esercizio del controllo. La gravità della colpa e ogni conseguente responsabilità sono in ogni caso escluse per ogni profilo se il fatto dannoso trae origine da decreti che determinano la cessazione anticipata, per qualsiasi ragione, di rapporti di concessione autostradale, allorché detti decreti siano stati vistati e registrati dalla Corte dei conti in sede di controllo preventivo di legittimità svolto su richiesta dell’amministrazione procedente. Il relativo debito si trasmette agli eredi secondo le leggi vigenti nei casi di illecito arricchimento del dante causa e di conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi.

La responsabilità contabile può essere di due tipi.

DIRETTA: qualora il danno venga risentito dall’amministrazione pubblica.

INDIRETTA: qualora l’amministrazione pubblica si veda costretta a risarcire un terzo per un fatto illecito di un proprio dipendente.

La responsabilità prevista nelle norme in oggetto è diretta.

Poiché la responsabilità contabile, ancorché personale, è caratterizzata da elementi sanzionatori ma anche risarcitori, è possibile assicurarsi per le sue conseguenze patrimoniali (a differenza della responsabilità penale ove questo non è possibile).

Fermo restando che la polizza per la responsabilità contabile non può essere in alcun modo pagata con denaro pubblico, resta da verificare se l’oggetto dell’assicurazione comprende tutti e due le tipologie di danni (diretti ed indiretti); ovviamente saranno sempre esclusi i danni dolosi.

Ci sembra importane ribadire che non ci sarà danno erariale, in caso di responsabilità indiretta, qualora a tacitare il terzo danneggiato abbia già provveduto la Compagnia di Assicurazione dell’Ente.

E a proposito dell’elemento soggetto del dolo e della colpa grave, poniamo l’attenzione su quanto sancito dalla SEZIONE II GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO della Corte dei Conti, nella sentenza numero 211 del 14 settembre 2020.

“Deve, quindi, essere esclusa l’antigiuridicità della condotta tenuto conto che, come evidenziato dalla giurisprudenza contabile anche richiamata dal giudice di primo grado, conducono ad esonero da responsabilità amministrativa anche prassi – come quelle qui rilevanti – invalse per ragioni di oggettivo rilievo (parere espresso dalla stessa amministrazione) che possano aver indotto l’erronea interpretazione di una norma (Corte dei conti, Sez. III app., n. 177/2006; Sez. App. Sicilia, n. 34/3017).

In alcun modo è dimostrata quella coscienza e volontà non solo del comportamento illegittimo ma, altresì, dell’evento dannoso, da valutare con giudizio ex ante, che caratterizza, com’è noto, un comportamento doloso (Sez. I App. sent. n. 547/2017).

Nel delineato e caratterizzato contesto, deve ritenersi escluso altresì l’elemento psicologico non solo del dolo ma anche quello soggettivo della colpa grave, tenuto conto che l’erronea interpretazione di una norma è stato determinato dal comportamento attivo della pubblica amministrazione, che ha indotto nel soggetto la convinzione in ordine alla legittimità della propria condotta.

In tal senso, la Corte di cassazione ha espressamente statuito che “…l’ignoranza da parte dell’agente sulla normativa di settore e sull’illiceità della propria condotta è idonea ad escludere la sussistenza della colpa, se indotta da un fattore positivo esterno ricollegabile ad un comportamento della pubblica amministrazione” (Cass., III, n. 53684 del 29 novembre 2017; Cass., III, n. 35324 del 20 maggio 2016; Cass. I, n. 47712 del 15 luglio 2015; Cass. III, n. 42021 del 18 luglio 2014).

Pur dovendosi censurare una prassi evidentemente contra legem, tuttavia il Collegio ritiene, alla stregua delle citate considerazioni, che l’appello debba essere accolto”.

La discrezionalità, negli appalti sotto soglia, di richiedere la garanzia provvisoria

Il terzo argomento riguarda il contenuto del comma 4 dell’articolo 1 della Legge 11 settembre 2020, n. 120 che così recita:

“4. Per le modalità di affidamento di cui al presente articolo la stazione appaltante non richiede le garanzie provvisorie di cui all’articolo 93 del decreto legislativo n. 50 del 2016, salvo che, in considerazione della tipologia e specificità della singola procedura, ricorrano particolari esigenze che ne giustifichino la richiesta, che la stazione appaltante indica nell’avviso di indizione della gara o in altro atto equivalente. Nel caso in cui sia richiesta la garanzia provvisoria, il relativo ammontare è dimezzato rispetto a quello previsto dal medesimo articolo 93.”.

Con l’articolo 93 del codice dei contratti del 2016, lo scopo della garanzia provvisoria è quello di coprire la responsabilità precontrattuale dell’aggiudicatario (reale possesso dei requisiti partecipativi e mancata sottoscrizione del contratto).

Un’adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 2014 estende la possibilità di escussione anche nei confronti dei partecipanti, ma solo se prevista della lex specialis di gara.

La norma non esonera la Stazione appaltante dal richiedere la garanzia definitiva (e di conseguenza, in caso di grande impresa, deve essere presentato, in sede di offerta, a pena di esclusione, l’impegno di un fideiussore ad emetterla in caso di aggiudicazione).

Per un partecipante ad una procedura ad evidenza pubblica, il costo della garanzia provvisoria è irrisorio rispetto a quello della garanzia definitiva.

Normalmente le compagnie di assicurazioni non sono propense ad emettere la sola garanzia definitiva, sarà quindi compito di ogni singola Stazione appaltante decidere se chiederla o meno.

Valga però la seguente considerazione: Negli appalti di lavori sotto i 150.000 non vi è l’obbligo di SOA; ecco che, per paradosso, la garanzia provvisoria avrebbe la sua utilità nel sensibilizzare i partecipanti verso il reale possesso dei requisiti partecipativi richiesti.

L’adeguatezza della polizza assicurativa contro i rischi professionali quale requisito partecipativo

Dopo la recente modifica, così si presenta l’articolo 83 del codice dei contratti:

Art. 83. (Criteri di selezione e soccorso istruttorio)

1. I criteri di selezione riguardano esclusivamente:

    a) i requisiti di idoneità professionale;

    b) la capacità economica e finanziaria;

    c) le capacità tecniche e professionali.

(…)

4. Per gli appalti di servizi e forniture, ai fini della verifica del possesso dei requisiti di cui al comma 1, lettera (…)

c) un livello adeguato di copertura assicurativa contro i rischi professionali.

5-bis. In relazione al requisito di cui al comma 4, lettera c), l’adeguatezza della copertura assicurativa offerta viene valutata sulla base della polizza assicurativa contro i rischi professionali posseduta dall’operatore economico e in corso di validità. In relazione alle polizze assicurative di importo inferiore al valore dell’appalto, le stazioni appaltanti possono richiedere che l’offerta sia corredata, a pena di esclusione, dall’impegno da parte dell’impresa assicuratrice ad adeguare il valore della polizza assicurativa a quello dell’appalto, in caso di aggiudicazione.

Il motivo di questo riforma, viene ben spiegato nella relazione ministeriale al decreto semplificazioni, che per la sua importanza, qui di seguito riportiamo:

“Si rappresenta che l’articolo 83, comma 4, lettera c), prevede che, ai fini della partecipazione agli operatori economici a procedure per l’affidamento di servizi o fornitura, le stazioni appaltanti possano richiedere il possesso di «un livello adeguato di copertura assicurativa contro i rischi professionali», come (in potenziale e facoltativo concorso con il fatturato minimo e i movimenti contabili) strumento dimostrativo di capacità economica e finanziaria.

Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, «la “adeguatezza” del “livello” di copertura (che, già sul piano testuale, evoca e sottende, con semantica scalare, la relativa dimensione quantitativa), si parametra sulla capacità di garantire in concreto i rischi professionali, non solo in relazione ai massimali risarcitori divisati con le imprese assicurative, ma anche con riguardo alle eventuali limitazioni “dal basso” della relativa responsabilità. In questo senso, il possibile “gioco” delle clausole di franchigia (che, naturalmente, incide sulla struttura interna dei costi d’impresa – essendo, come tale, indice di capacità finanziaria – non meno che sul grado di affidabilità che le imprese assicuratrici sono disposte a riconoscere all’atto di assunzione dei rischi coperti) è, obiettivamente, in grado di alterare il livello di copertura, fino al segno di legittimare potenziali apporti sicuritari talmente condizionati dal negoziato esonero di responsabilità da abbattere decisivamente l’onere del relativo premio e da agevolare l’assunzione solo del grado di rischio connotato, di là dalla consistente soglia esonerativa, di un grado basso o addirittura irrisorio di probabilità)» (si veda Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 5828 del 23 agosto 2019).

Tanto premesso, la genericità dell’attuale previsione recata dalla lettera c) del comma 4 dell’articolo 83 ha dato luogo alla prassi delle stazioni appaltanti di richiedere nel bando di gara la produzione, in una alla domanda di partecipazione, di polizze assicurative di importo commisurato al valore dell’appalto; ciò comporta che molti operatori, i quali pure sono già in possesso di polizze assicurative contro i rischi professionali, sono tuttavia costretti a stipularne delle nuove ai soli fini della partecipazione alla gara (e pur senza sapere, come è ovvio, se risulteranno alla fine aggiudicatari), in quanto quelle possedute non sono adeguate alle prescrizioni della lex specialis.

L’integrazione dell’articolo 83 che qui si propone recepisce le conclusioni di condivisibile giurisprudenza (TAR di Brescia, sezione I, sentenza n. 282 del 27 febbraio 2017), la quale ha ritenuto, già nell’attuale quadro legislativo, che il requisito in questione possa essere soddisfatto gradualmente: «Poiché tra più interpretazioni possibili in base alla lettera della norma deve essere preferita quella che impone il costo minore per gli operatori economici, evitando la creazione di ostacoli impropri alla partecipazione, si ritiene che il livello adeguato di copertura assicurativa possa essere raggiunto anche per gradi, e con una pluralità di strumenti negoziali. Pertanto, si deve escludere che la norma richieda necessariamente l’allegazione di un nuovo contratto di assicurazione, con un massimale già adeguato al valore dell’appalto. La produzione di un simile documento, onerosa per i concorrenti, sarebbe del tutto superflua nel corso della gara, mentre assume la massima importanza al termine della stessa, quando occorre tutelare l’interesse pubblico all’immediato avvio del servizio o della fornitura (…). Dal lato dei concorrenti, questo significa che l’esclusione dalla gara è una sanzione ragionevole e proporzionata solo quando la stazione appaltante sia esposta al rischio di selezionare un aggiudicatario non in grado di attivare immediatamente la copertura assicurativa. Al contrario, se vi è la certezza che la copertura assicurativa richiesta dal bando o dal disciplinare di gara sarà presente al momento dell’aggiudicazione, e che l’attivazione della suddetta copertura dipende solo dalla volontà dell’aggiudicatario, e non dall’assenso di terzi, l’interesse pubblico può dirsi tutelato, e di conseguenza risulta indifferente lo strumento negoziale che ha reso possibile il risultato».

La norma non tiene conto della pratica assicurativa né di una precisa analisi dei rischi di ogni singolo appalto.

Per fare un esempio è come se, in ambito di assicurazione auto obbligatoria, si imponessero i massimali di polizza tenendo conto del valore del veicolo guidato; sono altri i parametri che bisognerebbe analizzare: in certe circostanze forse che richiedere una polizza pari al valore dell’appalto sia anche eccessivo, mentre in altre, assolutamente insufficiente.

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott.ssa Sonia Lazzini
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