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1. Inquadramento generale

La possibilità e, in taluni casi, la necessità per le Stazioni appaltanti di darsi un regolamento interno al fine di disciplinare nel dettaglio alcune fasi delle procedure di affidamento di contratti pubblici è un aspetto non nuovo nell’ordinamento, posto che sia il vecchio Codice che il nuovo contengono previsioni in tal senso.

Un esempio per tutti è la regolamentazione, nell’ambito degli affidamenti sotto soglia, delle fasce di importo e di settore merceologico all’interno delle quali applicare il principio di rotazione. Sia il vecchio D. Lgs. n. 50/2016 e, più specificatamente le Linee guida ANAC n. 4, che il nuovo D. Lgs. n. 36/2023 e, in particolare l’Allegato II.1 in tema di “Elenchi degli operatori economici e indagini di mercato per gli affidamenti di contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea” contengono infatti disposizioni in tal senso.

E’ pertanto un principio consolidato del nostro ordinamento che, posti i principi e le disposizioni codicistiche che disciplinano le fasi delle procedure di affidamento nelle parti per cui deve essere garantita uniformità di comportamento tra tutte le Stazioni appaltanti e in tutto il territorio nazionale, vi siano poi alcuni ambiti in cui le diverse Amministrazioni si possono dare discipline differenti, più o meno dettagliate e operare così in autonomia.

Oltre all’adozione di regolamenti, circolari o altri provvedimenti interni di natura generale comunque chiamati, sia il vecchio che il nuovo Codice prevedono poi la possibilità per le Stazioni appaltanti di auto-vincolarsi nei singoli casi concreti, attraverso la previsione, nella lex specialis della singola procedura di affidamento, di condizioni più stringenti o requisiti aggiuntivi rispetto alle previsioni di legge, perché utili al fine di perseguire un determinato interesse pubblico. Una volta poste tali regole, esse vincolano la stazione appaltante al loro rispetto al pari delle norme codicistiche. 

In tema di auto-vincolo, sia la giurisprudenza che l’ANAC si sono pronunciate più volte affermando l’ormai consolidato principio secondo cui è pacificamente riconosciuta la facoltà dell’Amministrazione, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, di auto-vincolarsi, stabilendo le regole poste a presidio del futuro espletamento di una determinata potestà; quando ciò accade, tuttavia, essa è tenuta all’osservanza di quelle prescrizioni con la duplice conseguenza che, da un lato, le è impedita la successiva disapplicazione di tali regole e, dall’altro, la violazione dell’auto-vincolo determina l’illegittimità delle successive determinazioni[1]. Ne discende che le previsioni della lex specialis vincolano rigidamente l’operato dell’Amministrazione, obbligata quindi <<alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità, in ragione dei principi dell’affidamento e della parità di trattamento tra i concorrenti, che sarebbero pregiudicati ove si consentisse la modifica delle regole di gara cristallizzate nella lex specialis medesima>>[2].

Va da sé che l’adozione di provvedimenti di natura generale, quali regolamenti interni, circolari, linee guida o similari, da parte delle Stazioni appaltanti è un modo per queste ultime di auto-vincolarsi in modo generale per tutti i futuri procedimenti che si intendano espletare e non solo per la singola procedura. Le ragioni per farlo possono essere molteplici. A parte la necessità di regolamentare alcuni aspetti o fasi della procedura perché richiesto direttamente dal Codice, come vedremo nel prosieguo della trattazione, vi può essere la volontà di disciplinare in modo uniforme la condotta dei diversi Uffici, per esempio in caso di Amministrazioni complesse (si pensi ad esempio alle Università, suddivise in Dipartimenti e altre Unità organizzative sottostanti) o l’opportunità di standardizzare best practices o procedimentalizzare alcune fasi così da garantire maggiormente la parità di trattamento e la più ampia partecipazione nelle procedure di affidamento.

Il nuovo Codice prevede diverse ipotesi in cui le Stazioni appaltanti, attraverso propri regolamenti interni, dettano la disciplina di alcune fasi delle procedure di affidamento. E’ il caso dei controlli a campione per gli affidamenti di importo fino a 40mila euro; un altro è la disciplina delle indagini di mercato e della costituzione degli elenchi degli operatori economici nell’ambito delle procedure negoziate.

Un’altra rilevante ragione per cui ha senso regolamentare in modo generale e standardizzato la condotta delle Stazioni appaltanti va ricercato nei principi, di nuova codificazione ma ampiamente accolti in giurisprudenza, del risultato e della fiducia, ai quali è improntato il nuovo Codice.    

Come è noto, l’art. 1 del D. Lgs. n. 36/2023 è dedicato al principio fondamentale del risultato, che permea di sé tutto il dettato del Codice e che esprime lo spirito “goals oriented”, cioè “orientato all’obiettivo”, che lo caratterizza. Da un lato, esso richiama i principi fondamentali su cui deve fondarsi l’azione amministrativa, ovvero l’efficacia, l’efficienza e l’economicità, ben noti a tutti gli operatori del settore pubblico in quanto espressione del buon andamento della pubblica amministrazione sancito dall’art. 97 della Costituzione. Dall’altro però, tale principio è declinato in modo da porre il raggiungimento del risultato come fine fondamentale al quale gli altri principi diventano funzionali. In particolare, poi, ed è forse l’aspetto che qui più interessa, il comma 4 dell’articolo in esame afferma che il principio del risultato è il criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto. Ciò significa che i funzionari devono applicare le norme avendo come punto di riferimento, sopra ogni altra cosa, l’esigenza di raggiungere il risultato prefissato. La regola del caso concreto è, di fatto, il provvedimento amministrativo che viene adottato. Le scelte discrezionali o le valutazioni tecniche che gli operatori delle Stazioni appaltanti si troveranno a compiere dovranno essere guidate da tale principio e lette a posteriori alla luce di questo criterio.

Ciò posto, appare chiaro come la previsione di linee guida interne o altri provvedimenti a carattere generale adottati dalla singola Amministrazione, che dettino regole di condotta o criteri di valutazione uniformi per tutti i suoi funzionari, possono costituire un valido aiuto per gli stessi RUP e per i loro collaboratori, che disporranno così di una “cartina di tornasole”, di un “libretto di istruzioni” da seguire, specialmente nei casi più complicati, con la certezza di non violare le norme e di perseguire il miglior risultato.

Stesso discorso può farsi con riferimento al secondo principio fondamentale sancito dal nuovo Codice, il principio della fiducia. L’art. 2, ai commi 1 e 2, del Decreto n. 36 infatti così recita: <<1. L’attribuzione e l’esercizio del potere nel settore dei contratti pubblici si fonda sul principio della reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici. 2. Il principio della fiducia favorisce e valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato (…)>>. Il comma 2 in particolare mira proprio a incentivare l’agire dei funzionari e la loro autonomia decisionale, quasi a volerli rassicurare nel compimento delle scelte discrezionali o delle valutazioni tecniche. E’ come dire che il loro agire non sarà più interpretato con sospetto o con l’intento di trovare un colpevole ma sarà letto alla luce del risultato conseguito. In quest’ottica, una maggiore rassicurazione potrebbe venire proprio dall’esistenza di un regolamento o di una circolare interna a carattere generale che guidi i singoli funzionari nel loro agire e li supporti nell’espressione della loro autonomia decisionale.

In altri termini, l’ampliata autonomia decisionale e discrezionalità degli operatori delle Stazioni appaltanti scaturenti dai surrichiamati principi può trovare un sostegno, nel senso di un cammino tracciato da seguire, proprio nello strumento degli auto-vincoli generalizzati che le singole Stazioni appaltanti possono darsi attraverso la regolamentazione interna.

In merito agli auto-vincoli, va anche rammentato quanto stabilito dal comma 3 dell’art. 2 che prevede: <<Nell’ambito delle attività svolte nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti, ai fini della responsabilità amministrativa costituisce colpa grave la violazione di norme di diritto e degli auto-vincoli amministrativi, nonché la palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza e l’omissione delle cautele, verifiche ed informazioni preventive normalmente richieste nell’attività amministrativa, in quanto esigibili nei confronti dell’agente pubblico in base alle specifiche competenze e in relazione al caso concreto (…)>>. La disposizione in esame definisce meglio l’ambito di applicazione della responsabilità amministrativa dei funzionari. I RUP e gli altri funzionari che si occupano delle varie fasi della realizzazione delle commesse pubbliche (programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione), rispondono per colpa grave (oltre che, ovviamente, per dolo) laddove per colpa grave ora si intende la frontale violazione di norme di diritto o di norme scaturenti dall’auto–vincolo che la stazione appaltante si è posta mediante la lex specialis di gara o regolamenti interni, nonché i casi di palese sciatteria o evidente negligenza o imperizia. In quest’ottica, l’auto-vincolo derivante da regolamenti interni (o, nei singoli casi concreti, dalla documentazione di gara) “fanno legge” per la Stazione appaltante e per i suoi operatori.

I regolamenti interni sono una forma – generalizzata – di auto-vincolo della stazione appaltante. L’art. 2 del nuovo Codice precisa che la violazione degli auto-vincoli amministrativi, al pari della violazione di norme di diritto, costituisce colpa grave del funzionario pubblico, da cui discende la responsabilità amministrativa del medesimo.

2. I regolamenti interni per la disciplina dei controlli a campione negli affidamenti fino a 40mila euro

Passiamo ora ad esaminare, senza alcuna pretesa di completezza, le diverse ipotesi di regolamentazione interna previste espressamente dal nuovo Codice.

Un primo esempio di regolamentazione interna previsto ex novo dal D. Lgs. n. 36/2023 è rinvenibile nell’art. 52, che, in tema di affidamenti di lavori, forniture e servizi di importo inferiore ai 40mila euro, stabilisce che le Stazioni appaltanti debbano predeterminare le modalità di individuazione del campione di affidatari dei contratti da sottoporre a verifica dell’effettivo possesso dei requisiti di legge.

Come è noto, infatti, il nuovo Codice, con intento chiaramente semplificatorio, ha previsto che il controllo puntuale sul possesso dei requisiti di ordine generale (e, se richiesti, anche speciali) per contrarre con la PA debba essere effettuato solo per le procedure di importo pari o superiore ai 40mila euro. Per quelle di importo inferiore, invece, le Stazioni appaltanti dovranno pianificare una serie di controlli a campione per verificare la veridicità delle autodichiarazioni rese in merito dagli operatori economici. Il comma 1 del citato art. 52 stabilisce infatti che, in dette procedure, <<gli operatori economici attestano con dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà il possesso dei requisiti di partecipazione e di qualificazione richiesti. La stazione appaltante verifica le dichiarazioni, anche previo sorteggio di un campione individuato con modalità predeterminate ogni anno>>.

Già in vigenza del vecchio Codice erano previste alcune semplificazioni nel subprocedimento di verifica del possesso dei requisiti in capo agli operatori economici. Le Linee guida ANAC n. 4 infatti prevedevano un regime semplificato dei controlli per i contratti sotto i cinquemila e sotto i 20mila euro.

Ora la semplificazione è ancora più marcata, all’insegna della valorizzazione, in primo luogo, del principio della fiducia, in base al quale <<l’attribuzione e l’esercizio del potere nel settore dei contratti pubblici si fonda sul principio della reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici>>. Pertanto non appare necessario controllare a tappeto tutti gli operatori economici, presumendone la correttezza e buona fede, soprattutto per contratti di valore molto modesto per i quali un lungo e complicato subprocedimento di verifica risulterebbe sproporzionato e inutilmente gravoso per la Stazione appaltante rispetto al valore del contratto.

In secondo luogo, la predetta semplificazione risponde al fondamentale principio del risultato, inteso come il raggiungimento tempestivo ed efficace dell’obiettivo di tutela dell’interesse pubblico che, con il contratto, la Stazione appaltante intende perseguire. Si sono così finalmente superate molte delle lungaggini e delle difficoltà operative che le Stazioni appaltanti incontravano nella vigenza del vecchio Codice nell’espletare i micro-affidamenti.

Il fatto che da adesso in poi le Stazioni appaltanti verificheranno le dichiarazioni previo sorteggio di un campione individuato con modalità “predeterminate” ogni anno significa che, annualmente, ciascuna Stazione appaltante dovrà adottare un provvedimento a carattere generale – regolamento, delibera o circolare che dir si voglia – per individuare a priori le modalità da utilizzare per scegliere un campione significativo di operatori economici – tra coloro che nell’arco dell’anno stipuleranno contratti con la medesima – da sottoporre a verifica puntuale.

Nell’espressione della propria autonomia, ciascuna Stazione appaltante valuterà quali siano le modalità di scelta del campione ritenute preferibili. Ragionevolmente, queste dovranno in ogni caso fondarsi su criteri oggettivi e imparziali e favorire l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa nonché la tempestività dei procedimenti, che sono i principi cardine delle procedure di affidamento e, in particolare, di quelle sotto soglia.

Ad esempio, potrebbe essere un criterio ragionevole e in linea con le suddette finalità l’applicazione del principio di proporzionalità diretta tra l’importo del contratto e la consistenza del campione da sottoporre a verifica. In altri termini, se si stabilisce che al crescere dell’importo degli affidamenti cresca il numero degli operatori economici da sottoporre a controllo, ciò appare coerente con la maggiore rilevanza che gli affidamenti di più alto valore rivestono per la Stazione appaltante. Il regolamento interno potrebbe, in tal caso, procedere a suddividere gli affidamenti in differenti fasce di importo e stabilire che, per ogni fascia, sia sorteggiato un numero di operatori economici crescente al crescere dell’importo caratterizzante quella fascia.

L’art. 52 del nuovo Codice prevede implicitamente la necessità di un regolamento interno per disciplinare, in tema di affidamenti di lavori, forniture e servizi di importo inferiore ai quarantamila euro, la predeterminazione delle modalità di individuazione del campione di affidatari dei contratti da sottoporre a verifica dell’effettivo possesso dei requisiti.

Tale criterio avrebbe senso anche dal punto di vista della concreta applicabilità o meno delle eventuali conseguenze in caso di esito negativo dei controlli. Occorre rammentare infatti che il comma 2 dell’art. 52 in esame prevede che <<quando in conseguenza della verifica non sia confermato il possesso dei requisiti generali o speciali dichiarati, la stazione appaltante procede alla risoluzione del contratto, all’escussione della eventuale garanzia definitiva, alla comunicazione all’ANAC e alla sospensione dell’operatore economico dalla partecipazione alle procedure di affidamento indette dalla medesima stazione appaltante per un periodo da uno a dodici mesi decorrenti dall’adozione del provvedimento>>. A questo punto, considerato che alcune delle predette conseguenze, quali la risoluzione del contratto e l’escussione della eventuale garanzia definitiva, hanno più probabilità di essere concretamente applicate esclusivamente negli affidamenti di maggior valore, più spesso consistenti in contratti di durata, ha senso che il numero di operatori economici da sorteggiare, e sottoporre conseguentemente a verifica, sia più consistente proprio per gli affidamenti di maggior “peso”.

Il problema si porrà per i contratti di modesto o modestissimo valore per cui non è stata stipulata la garanzia definitiva o per quelli ad esecuzione istantanea, per i quali non ha senso parlare di risoluzione anticipata del contratto. In questi casi, essendo stata la prestazione già completamente eseguita, la stazione appaltante non potrebbe esimersi dal pagarne il corrispettivo, pena il configurarsi di un indebito arricchimento. In molte di queste ipotesi, gli unici rimedi da applicare resteranno la comunicazione all’ANAC e la sospensione dell’operatore economico dalla partecipazione alle procedure di affidamento indette dalla medesima Stazione appaltante per un periodo da uno a dodici mesi. L’effetto deterrente di tali sanzioni è, per la verità piuttosto modesto e potrebbe indurre alcuni operatori economici ad aggirare la normativa sui controlli e a dichiarare il falso, costringendo per giunta la Stazione appaltante a compiere adempimenti a posteriori ben più gravosi rispetto alle normali verifiche preventive. Ma tant’è. Sicuramente, la semplificazione e la celerità che tale previsione imprime alle procedure di affidamento sotto i 40mila euro sono talmente convenienti dal punto di vista degli addetti ai lavori che vale la pena correre qualche rischio in più in termini di potenziale aumento delle dichiarazioni non veritiere da parte degli operatori economici.

Il regolamento interno dovrà inoltre preoccuparsi di prevedere quando effettuare il sorteggio del campione da sottoporre a verifica. Si potrebbe stabilire di compierlo a cadenza periodica, ad esempio ogni sei mesi, prendendo in considerazione gli operatori economici contrattualizzati nei sei mesi precedenti. In alternativa, si potrebbe individuare un metodo casuale fondato sul numero di affidamenti espletati: si potrebbe decidere di sottoporre a verifica gli operatori economici con cui verrà stipulato, ad esempio, il quinto, il decimo, il quindicesimo contratto di affidamento in ordine cronologico, in un dato arco temporale, effettuando quindi i controlli di volta in volta. Per inciso, se l’Amministrazione dovesse scegliere tale seconda opzione potrebbe anche valutare di prevedere che, per gli affidamenti da sottoporre al controllo, sia ab origine chiesto un CIG ordinario anziché il classico SmartCIG, richiedibile per i contratti di importo inferiore a 40mila euro. In questo modo, la verifica del possesso dei requisiti potrebbe essere più agevolmente effettuata tramite il FVOE anziché attraverso il tradizionale metodo delle richieste via pec alle Amministrazioni competenti al rilascio delle attestazioni (Agenzia delle Entrate, Casellario giudiziale, ecc.).

Un ulteriore aspetto da disciplinare nel provvedimento a carattere generale sarà l’individuazione della struttura competente a procedere al sorteggio. Se nelle piccole Amministrazioni gli acquisti vengono fatti dall’unico Ufficio appalti, nelle Stazioni appaltanti di dimensioni un po’ più complesse, nelle quali sono presenti molteplici sottopartizioni organizzative, magari ciascuna competente ad effettuare acquisti e quindi dotata di RUP, si potrà valutare di costituire un elenco unico di tutti gli affidamenti svolti in un dato arco temporale, ad esempio un anno, e, attingendo da questo in modo centralizzato, sorteggiare il numero di operatori predeterminato in base al regolamento. Un’altra possibilità potrebbe essere quella per cui ciascuna Unità organizzativa autonoma costituisca un proprio elenco degli affidamenti dalla stessa effettuati e sorteggi da lì. Il vantaggio di questa seconda soluzione è che, considerando gli arrotondamenti nel calcolo delle percentuali del campione da sorteggiare, è più probabile che il numero dei soggetti sottoposti a controllo risulti nel secondo caso complessivamente superiore.

Infine, un ulteriore aspetto di rilievo che il regolamento interno in tema di controlli a campione dovrà disciplinare è la durata del periodo di sospensione dell’operatore economico dalla partecipazione alle procedure di affidamento indette dalla medesima Stazione appaltante (variabile da uno a dodici mesi) in caso di esito negativo delle verifiche svolte. Anche in questo caso le Stazioni appaltanti potranno valutare di graduare il periodo sanzionatorio in proporzione all’importo dell’affidamento o in relazione ad altri parametri. Certo è che, laddove si sia prevista una suddivisione in fasce di importo degli affidamenti ai fini del sorteggio o nell’ambito del regolamento interno che disciplina l’applicazione del principio di rotazione, si potrebbe predeterminare la durata del periodo di sospensione parametrandola alle crescenti fasce di importo, ad esempio: sospensione di un mese per i contratti fino a cinquemila euro, sospensione di due mesi per i contratti fino a ventimila euro e così via.

Il regolamento interno che disciplina le modalità di scelta del campione da sottoporre a verifica del possesso dei requisiti, negli affidamenti sotto i quarantamila euro, stabilirà anche la durata del periodo di sospensione dell’operatore economico dalla partecipazione alle procedure indette dalla medesima Amministrazione in caso di esito negativo delle verifiche svolte.

3. I regolamenti interni per la determinazione delle modalità di conduzione delle indagini di mercato e di costituzione e revisione degli elenchi degli operatori economici

Il nuovo Codice e, in particolare l’Allegato II.1, con riferimento alle procedure negoziate per l’affidamento di contratti di lavori di importo pari o superiore a 150mila euro e di contratti di servizi e forniture di importo pari o superiore a 140mila euro e inferiore alle soglie di rilevanza europea (ossia le procedure di cui alle lett. c), d) ed e) dell’art. 50), prevede espressamente che le Stazioni appaltanti si possano dotare di un regolamento interno mediante il quale disciplinare: <<a) le modalità di conduzione delle indagini di mercato, eventualmente distinte per fasce di importo, anche in considerazione della necessità di applicare il principio di rotazione degli affidamenti; b) le modalità di costituzione e revisione dell’elenco degli operatori economici, distinti per categoria e fascia di importo; c) i criteri di scelta dei soggetti da invitare a presentare offerta a seguito di indagine di mercato o attingendo dall’elenco degli operatori economici propri o da quelli presenti nel mercato elettronico delle pubbliche amministrazioni o in altri strumenti similari gestiti dalle centrali di committenza di riferimento>>.

Anche le vecchie Linee guida ANAC n. 4 prevedevano, in vigenza del D. Lgs. n. 50/2016, la possibilità per le Stazioni appaltanti di regolamentare, con propri provvedimenti di portata generale, vari aspetti delle procedure sottosoglia, tra i quali, in particolare, la suddivisione degli affidamenti in fasce di importo al fine di applicare correttamente il principio di rotazione[3] oppure le modalità di conduzione delle indagini di mercato o di costituzione degli elenchi di operatori economici[4].

Similmente a quanto già fatto in vigenza del vecchio Codice, le Stazioni appaltanti potranno ora, in primo luogo, individuare mediante un proprio regolamento differenti fasce di importo tra le quali suddividere gli affidamenti nonché chiarire le linee di demarcazione tra i vari settori merceologici al fine di applicare, in modo uniforme e non contestabile in tutte le procedure espletate, il principio di rotazione.

L’art. 49 del D. Lgs. n. 36/2023 prevede infatti che <<in applicazione del principio di rotazione è vietato l’affidamento o l’aggiudicazione di un appalto al contraente uscente nei casi in cui due consecutivi affidamenti abbiano a oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi>> e ancora che <<la stazione appaltante può ripartire gli affidamenti in fasce in base al valore economico. In tale caso il divieto di affidamento o di aggiudicazione si applica con riferimento a ciascuna fascia (…)>>. Va da sé che tale ripartizione in fasce e distinzione tra settori merceologici o categorie di opera vada in qualche modo predeterminata con atto generale.

Oltre a ciò, e con specifico riferimento alle procedure negoziate, cui parrebbero riservati gli strumenti delle indagini di mercato e degli elenchi di operatori economici[5], le Stazioni appaltanti potranno individuare in modo dettagliato e “personalizzato” le modalità per lo svolgimento delle indagini di mercato ritenute più convenienti, differenziate per importo e complessità di affidamento, secondo i principi di adeguatezza e proporzionalità, anche tramite la consultazione dei cataloghi del mercato elettronico propri o delle altre Stazioni appaltanti, nonché di altri fornitori esistenti. A seconda della fascia di importo, quindi le modalità potranno essere più o meno complesse; il numero degli operatori da invitare potrà crescere ad esempio al crescere dell’importo.

Il regolamento interno dovrà inoltre disciplinare in dettaglio le modalità con cui la Stazione appaltante dà opportuna pubblicità dell’attività di esplorazione del mercato, scegliendo gli strumenti più idonei in ragione della rilevanza del contratto e stabilendo una ragionevole durata della pubblicazione dell’avviso sul sito istituzionale, magari variabile in funzione della rilevanza e delle caratteristiche specifiche dell’appalto.

Un ulteriore aspetto che il regolamento interno potrebbe opportunamente trattare è l’individuazione dei casi in cui è ammesso il sorteggio tra i nominativi degli operatori da invitare, posto che l’Allegato II.1 precisa che <<il sorteggio o altri metodi di estrazione casuale dei nominativi sono consentiti solo in casi eccezionali in cui il ricorso ai criteri di cui al terzo periodo è impossibile o comporta per la stazione appaltante oneri assolutamente incompatibili con il celere svolgimento della procedura>>.

Il nuovo Codice, in linea con la normativa previgente, prevede la possibilità per le Stazioni appaltanti di darsi un regolamento per la suddivisione degli affidamenti in differenti fasce di importo, per soddisfare la necessità di applicare correttamente il principio di rotazione.

Una disciplina interna di portata generale assume grande importanza anche in tema di costituzione di elenchi di operatori economici dai quali attingere per scegliere i candidati da invitare. Con proprio regolamento infatti ciascuna Stazione appaltante può individuare i requisiti di carattere generale che gli operatori economici devono possedere, la modalità di selezione degli operatori economici da invitare, le categorie e fasce di importo in cui l’amministrazione intende suddividere gli elenchi e gli eventuali requisiti minimi richiesti per l’iscrizione, parametrati in ragione di ciascuna categoria o fascia di importo. Tali aspetti poi potranno essere meglio dettagliati, caso per caso, nei singoli avvisi pubblici. Inoltre il regolamento interno stabilirà le modalità di revisione dell’elenco, con cadenza prefissata o al verificarsi di determinati eventi e le regole per la cancellazione degli operatori che abbiano perduto i requisiti richiesti o per la loro collocazione in diverse sezioni dell’elenco. Potranno essere delineati in termini generali i criteri oggettivi, coerenti con l’oggetto e la finalità dell’affidamento e con i principi di concorrenza, non discriminazione, proporzionalità e trasparenza, in base ai quali operare la scelta degli operatori da invitare alla procedura negoziata e, infine, come per le indagini di mercato, i casi in cui è ammesso il sorteggio o altri metodi di estrazione casuale dei nominativi da invitare.

4. Gli altri ambiti di possibile regolamentazione interna

Pur se in assenza di espliciti riferimenti in tal senso da parte del Codice, vi sono molteplici ambiti in cui una regolamentazione di portata generale da parte della singola Stazione appaltante appare necessaria o, quantomeno, opportuna al fine di predeterminare alcuni criteri di condotta o parametri di valutazione e garantirne una uniforme applicazione a tutte le procedure espletate da quell’Amministrazione.

Tra questi, un caso è quello della nomina dei RUP. L’art. 13, invero, disciplina in modo abbastanza puntuale i criteri per la scelta del RUP, i requisiti di professionalità e competenza che il medesimo deve avere, nonché le modalità da seguire per procedere alla nomina. Tuttavia, soprattutto nelle Amministrazioni più complesse, in cui gli Uffici o i Settori che si occupano di acquisti sono molteplici o, comunque, vi è la possibilità di scegliere i RUP tra una folta rosa di dipendenti, potrebbe essere opportuno dettare una disciplina generale per uniformare i criteri di scelta dei medesimi e guidare i dirigenti nell’individuazione dei RUP da nominare in base a parametri noti e condivisi. Ciò è ancora più opportuno se si pensa al fatto che l’art. 15 del nuovo Codice prevede ora che <<ferma restando l’unicità del RUP, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono individuare modelli organizzativi, i quali prevedano la nomina di un responsabile di procedimento per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione e un responsabile di procedimento per la fase di affidamento. Le relative responsabilità sono ripartite in base ai compiti svolti in ciascuna fase, ferme restando le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del RUP>>. Nel proprio regolamento interno, ogni Stazione appaltante potrebbe stabilire a priori e in termini generali in presenza di quali condizioni e presupposti si possa o si debba nominare, in affiancamento al RUP anche uno o più responsabili di fase, al variare della complessità, dell’importo e delle specifiche competenze richieste dall’appalto.

Si consideri inoltre che, alla luce del nuovo Codice, la corresponsione degli incentivi per funzioni tecniche ai RUP e ai loro collaboratori è diventata un diritto soggettivo, da disporre obbligatoriamente e direttamente ad opera del dirigente senza necessità che siano preventivamente individuate le modalità e i criteri di riparto in sede di contrattazione decentrata integrativa del personale, sulla base di un apposito regolamento adottato dalle amministrazioni, come invece era previsto dal D. Lgs. n. 50/2016. Da ciò potrebbe scaturire un maggiore interesse – per i funzionari che ne abbiano le competenze – di ricoprire il ruolo di RUP. Appare perciò quanto mai opportuno che l’assegnazione dell’incarico rispetti criteri oggettivi, tra cui anche quello della rotazione.

Un altro ambito in cui le Stazioni appaltanti possono opportunamente darsi una disciplina generale interna è quello della digitalizzazione, al fine di meglio tutelare la sfera dei diritti di cittadinanza digitale. L’art. 19 del nuovo Codice infatti prevede che è compito delle Stazioni appaltanti assicurare la digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti nel rispetto dei principi e delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale e garantire l’esercizio dei diritti di cittadinanza digitale, applicando i principi di neutralità tecnologica, di trasparenza, di protezione dei dati personali e di sicurezza informatica. In particolare, <<i soggetti titolari di banche dati adottano le necessarie misure organizzative e di revisione dei processi e dei regolamenti interni per abilitare automaticamente l’accesso digitale alle informazioni disponibili presso le banche dati di cui sono titolari, mediante le tecnologie di interoperabilità dei sistemi informativi>> mentre le Stazioni appaltanti devono adottare <<misure tecniche e organizzative a presidio della sicurezza informatica e della protezione dei dati personali>>, assicurare la costante formazione e aggiornamento del personale addetto, assicurare <<la tracciabilità e la trasparenza delle attività svolte, l’accessibilità ai dati e alle informazioni, la conoscibilità dei processi decisionali automatizzati>> e rendere le piattaforme utilizzate accessibili. Si tratta, in tutti i casi, di aspetti che necessitano di linee guida interne, di direttive tecniche di dettaglio che ciascuna Stazione appaltante può opportunamente darsi per procedere in modo più efficiente e rispettoso dell’ordinamento.

Pur se non previsto espressamente dal Codice, le Stazioni appaltanti, soprattutto se dotate di un’organizzazione complessa, potrebbero opportunamente prevedere una disciplina generale per uniformare i criteri di scelta dei RUP al fine di guidare i dirigenti nella nomina dei medesimi in base a parametri uniformi e condivisi.


[1] In tal senso, Consiglio di Stato, V, n. 3502/2017; Consiglio di Stato, III, 6, n. 7595/2019; Consiglio di Stato, sez. III, n. 5746/2020.

[2] Cfr. Consiglio di Stato. St., IV, n. 1148/2019.

[3] Si legge, infatti, nelle Linee guida ANAC n. 4, al par. 3.6:<<La stazione appaltante, in apposito regolamento (di contabilità ovvero di specifica disciplina delle procedure di affidamento di appalti di forniture, servizi e lavori), può suddividere gli affidamenti in fasce di valore economico, in modo da applicare la rotazione solo in caso di affidamenti rientranti nella stessa fascia. Il provvedimento di articolazione in fasce deve prevedere una effettiva differenziazione tra forniture, servizi e lavori e deve essere adeguatamente motivato in ordine alla scelta dei valori di riferimento delle fasce; detti valori possono tenere conto, per i lavori, delle soglie previste dal sistema unico di qualificazione degli esecutori di lavori>>.

[4] Si vedano le medesime Linee guida ANAC n. 4, par. 5.1.1.

[5] E’ ancora aperta la questione se possa considerarsi ammessa, come era pacificamente in vigenza della disciplina emergenziale dettata dai Decreti Semplificazioni, la possibilità per le Stazioni appaltanti di auto-vincolarsi, sussistendo ragioni di opportunità in tal senso e di interesse pubblico, e applicare anche per gli affidamenti diretti una procedura più aperta alla concorrenza, tipica degli affidamenti di fascia superiore, nel rispetto, tuttavia, delle ristrette tempistiche imposte dai decreti emergenziali per gli affidamenti di importo inferiore. La dottrina è divisa sul punto in quanto l’interpretazione letterale di alcuni passaggi del Codice farebbero propendere per una risposta negativa, mentre, d’altro canto, sembrerebbero tuttora valide le considerazioni espresse in precedenza da dottrina e giurisprudenza sulla necessità di conservare un certo spazio di autonomia alla singola Stazione appaltante al fine di garantire al meglio la partecipazione, la concorrenza, l’economicità nella scelta del contraente e, in ultima analisi, il pieno conseguimento dell’interesse pubblico.

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott.ssa Alessandra Verde
Referendaria consiliare presso il Consiglio regionale della Sardegna
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