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Premesse

L’esigenza di contenimento del contenzioso è particolarmente avvertita nel settore degli appalti pubblici, ove il ricorso alla tutela giurisdizionale è sovente annoverato tra i principali elementi di rallentamento delle procedure di realizzazione delle opere pubbliche. Non a caso si sono succeduti, proprio in questo ambito, vari interventi di natura legislativa volti a disincentivare i ricorsi amministrativi, limitando la tutela cautelare (sino a scontrarsi con i limiti di costituzionalità delle leggi) e, su un diverso piano, rendendo economicamente svantaggioso l’accesso alla giustizia (il riferimento è alla normativa che ha elevato l’importo del contributo unificato). La normativa sul processo amministrativo (D.Lgs. 104/2010, “c.p.a.”) è sensibile a tali istanze, tant’è che il c.d. “rito appalti” è caratterizzato proprio da regole che, da un lato, ne favoriscono la rapidità ed efficacia e, dall’altro lato, mirano alla deflazione del contenzioso. Si dirigono nella medesima direzione la previsione del c.p.a. che riconosce al Giudice ampia discrezionalità nel valutare se disporre o meno l’annullamento dei contratti già sottoscritti in conseguenza dell’annullamento della aggiudicazione, nonché la specifica disciplina che prevede, con riferimento alle grandi opere, in luogo dell’annullamento del contratto, una tutela puramente risarcitoria. Il medesimo approccio pare essere adottato dal legislatore nel nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016 in vigore dal 19 aprile scorso), che dedica – nella parte VI, capo I – particolare attenzione ai ricorsi giurisdizionali (art. 204), modificando, in parte, la disciplina contenuta nell’attuale Codice del processo amministrativo, e altrettanta – se non maggiore – attenzione ai rimedi “alternativi” alla tutela giurisdizionale (artt. 205 ss.). Il fine dichiarato è quello di “razionalizzare il processo in materia di gare pubbliche e avere un effetto deflattivo sul futuro contenzioso” (così la relazione illustrativa al D.Lgs. 50/2016).

1. L’art. 120 c.p.a.

L’art. 204 del nuovo Codice, rubricato “Ricorsi giurisdizionali”, apporta alcune modifiche all’art. 120 del codice del processo amministrativo (di seguito “c.p.a.”)[1]. Quest’ultimo, come noto, detta una disciplina specifica con riguardo ai giudizi aventi ad oggetto le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture di cui all’articolo 119, comma 1, lettera a) del medesimo. Il nuovo Codice, pur lasciando sostanzialmente inalterato l’impianto originario della disposizione, ne amplia i contenuti introducendovi quattro nuovi commi (2bis, 6bis, 8ter, 11 bis). Pare utile dapprima evidenziare “quel che resta” dell’art. 120 a seguito della entrata in vigore del nuovo Codice. In primo luogo resta fermo il comma 1 dell’art. 120 del codice del processo amministrativo, secondo cui gli atti delle procedure di affidamento relativi a pubblici lavori, servizi o forniture, nonché i provvedimenti dell’AVCP che ad essi si riferiscono, sono impugnabili unicamente mediante ricorso al tribunale amministrativo regionale competente. Invariato è anche il comma successivo, secondo cui in caso di mancata pubblicità del bando, il ricorso non può comunque essere più proposto decorsi trenta giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell’avviso di aggiudicazione definitiva a condizione che tale avviso contenga la motivazione dell’atto con cui la stazione appaltante ha deciso di affidare il contratto senza previa pubblicazione del bando. Se, invece, sono omessi o non sono validi tanto gli avvisi quanto i provvedimenti di aggiudicazione definitiva, il termine per impugnare concesso dal Codice è più lungo (pari a sei mesi dal giorno successivo alla data di stipulazione del contratto). Come osservato dal Consiglio di Stato (da ultimo con parere n. 855/2016), trattasi di una previsione di chiusura, volta a tutelare la stabilità della procedura di gara, che, pur limitando la possibilità di impugnare (escludendola oltre un termine massimo) anche in caso di mancata pubblicazione dell’avviso di gara, lascia impregiudicata sia la tutela risarcitoria che l’autotutela. Nello stesso parere si osserva come la previsione di termini impugnatori massimi, con riferimento alle procedure senza previa pubblicazione di bando, sia destinata ad assumere particolare rilevanza in vigenza del nuovo Codice, proprio alla luce del fatto che lo stesso prevede svariate ipotesi di procedura negoziata senza bando, rispetto al precedente Codice. Resta ferma anche la disposizione generale di cui al comma 5 dell’art. 120 c.p.a., riguardante i termini per proporre ricorso, principale o incidentale e i motivi aggiunti avverso gli atti delle procedure di affidamento. Tale termine è pari a trenta giorni, decorrente, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione da parte della stazione appaltante di cui all’art. 79 del D.Lgs. n. 163/2006 (riguardante l’esclusione e l’aggiudicazione) o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, che siano autonomamente lesivi, dalla relativa pubblicazione in GUCE; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto. Per il ricorso incidentale il termine decorre invece dalla notifica del ricorso principale, ai sensi dell’art. 42 del c.p.a.. Questa norma fa oggi espressamente salvo il comma 6bis dell’art. 120 cit., integralmente introdotto dal nuovo Codice dei contratti pubblici. Resta ferma, inoltre, la norma di carattere processuale, ai sensi della quale, quando è impugnata l’aggiudicazione definitiva, se la stazione appaltante fruisce del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, il ricorso va notificato, oltre che presso detta Avvocatura, anche alla stazione appaltante nella sua sede reale, in data non anteriore alla notifica presso l’Avvocatura, e al solo fine dell’operatività della sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione del contratto (art. 120, comma 4, cit.). Sempre su un piano propriamente processuale, resta ferma (e auspicata) la possibilità di una decisione immediata del giudizio in sede cautelare, ove ne ricorrano i presupposti (art. 120, comma 6, cit.); in mancanza, si continua a prevedere che il giudizio vada comunque definito, con sentenza in forma semplificata, in sede di udienza fissata d’ufficio e da tenersi entro quarantacinque giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti diverse dal ricorrente. La cancelleria deve dare immediato avviso alle parti della data della predetta udienza, a mezzo di posta elettronica certificata.  Solo qualora vi siano esigenze istruttorie e/o di integrazione del contraddittorio e/o di rispetto di termini a difesa, il giudice può rinviare la decisione sul merito della controversia, con la medesima ordinanza che dispone gli adempimenti istruttori o l’integrazione del contraddittorio o dispone il rinvio per l’esigenza di rispetto dei termini a difesa. L’udienza di merito non deve comunque essere rinviata oltre trenta giorni da tale ordinanza. Il nuovo Codice lascia, inoltre, inalterato il disegno del legislatore del 2014, che, modificando l’art. 120 in commento, ha posto uno stringente limite alle dimensioni degli atti difensivi “al fine di consentire lo spedito svolgimento del giudizio in coerenza con il principio di sinteticità”, salvo specifiche eccezione definite con decreto dal Consiglio di stato (pubblicato in data 25/5/2015). Il giudice continua ad essere tenuto a esaminare (solo) tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti nel suddetto limite; il mancato esame (solo) delle suddette questioni costituisce motivo di appello avverso la sentenza di primo grado e di revocazione della sentenza di appello.

2. Le modifiche apportate all’art. 120 c.p.a.

2.1 L’onere di immediata impugnazione

Il nuovo Codice, per quanto qui di interesse, dà innanzitutto attuazione all’art. 1, lett. bbb) della Legge Delega n. 11 del 28.1.2016, secondo il quale il Governo avrebbe dovuto operare “una revisione e razionalizzazione del rito abbreviato per i giudizi di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 119 del codice del processo amministrativo, di cui all’allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, anche mediante ….previsione della preclusione della contestazione di vizi attinenti alla fase di esclusione dalla gara o ammissione alla gara nel successivo svolgimento della procedura di gara e in sede di impugnazione dei successivi provvedimenti di valutazione delle offerte e di aggiudicazione, provvisoria e definitiva”.L’art. 204 del D.Lgs. 50/2016 introduce infatti un nuovo comma (il comma 2bis) nel testo dell’art. 120 c.p.a., ai sensi del quale: “Il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale. E’ altresì inammissibile l’impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endoprocedimentali privi di immediata lesività.”. Il comma in esame è volto, in tutta evidenza, ad individuare in dettaglio gli atti delle procedure di affidamento suscettibili di immediata impugnazione in quanto da ritenersi immediatamente lesivi, nonché i relativi termini entro cui i concorrenti possono contestarli. La ratio della norma appare risiedere nella esigenza di determinare sin dalle prime fasi della gara la platea dei concorrenti, in un momento antecedente alla valutazione delle offerte e alla aggiudicazione.

A tal fine viene, in particolare, chiarito che:

  • i provvedimenti con cui la stazione appaltante escluda ovvero ammetta alla gara un dato concorrente devono essere impugnati nel termine perentorio di 30 giorni dalla relativa pubblicazione, non potendosi attendere l’aggiudicazione definitiva o altri atti comunque successivi, neppure per l’impugnativa in via incidentale, trattandosi di atti immediatamente lesivi;
  • non sono in generale impugnabili, invece, gli atti endoprocedimentali, a meno che non se ne dimostri l’immediata lesività; in nessun caso è impugnabile la proposta di aggiudicazione, ove esistente, di cui evidentemente si presume la mancanza di immediata lesività.

Ai sensi del nuovo comma 2bis dell’art. 120 c.p.a., i provvedimenti di esclusione o ammissione alla gara devono essere impugnati nel termine perentorio di 30 giorni dalla relativa pubblicazione, non potendosi attendere l’aggiudicazione definitiva, trattandosi di atti immediatamente lesivi.

La nuova disposizione è, sul piano sostanziale, poco innovativa, in quanto si limita a recepire l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato in tema di onere di impugnazione degli atti immediatamente lesivi. A tale onere la giurisprudenza in taluni casi poneva dei limiti, ad esempio laddove le clausole da impugnare fossero solo potenzialmente lesive[2]. La norma ha, tuttavia, il pregio di garantire maggiore certezza rispetto alla qualificazione giurisprudenziale, definendo ex lege alcuni atti (provvedimento di esclusione o di ammissione alla gara) come immediatamente lesivi e, quindi, come atti tali da comportare un onere di immediata impugnazione a carico del concorrente, a pena di decadenza dalla relativa azione[3]. Sta di fatto che non pochi sono i dubbi di legittimità sollevati in dottrina in merito a tale previsione, posto che il suo carattere  fortemente limitativo della tutela giurisdizionale potrebbe porsi in contrasto con i principi cardine del processo amministrativo e dello stesso ordinamento costituzionale nonché con quelli della Direttiva ricorsi (Direttiva 2007/66/CE), in tema di effettività della tutela giurisdizionale[4]. Per quanto la finalità perseguita dal comma 2bis sia apprezzabile, in quanto diretta ad evitare che, dopo l’espletamento del procedimento concorsuale, l’aggiudicazione venga comunque travolta dai vizi afferenti a fasi e vicende che avrebbero dovuto essere rilevate anteriormente al giudizio conclusivo del procedimento concorsuale, il rischio è che questo meccanismo si traduca in un diniego di giustizia ovvero, per converso, in un proliferare di contenziosi “a scatola chiusa” per vizi meramente formali in un momento di molto antecedente al provvedimento di aggiudicazione definitiva. La previsione di cui al comma 2bis è rafforzata dal seguente comma 7 dell’art. 120 citato, che, secondo l’attuale versione, successiva alle modifiche apportate dal nuovo Codice, nel prevedere la generale possibilità di impugnativa mediante ricorso per motivi aggiunti degli atti della medesima procedura di affidamento, fa salvo quanto disposto, per l’appunto, dal comma 2bis (nuovo comma 7, art. 120 c.p.a.).

2.2 Il nuovo giudizio sulla esclusione o ammissione alla gara

A tali previsioni si collega quella del successivo comma 6bis dell’art. 120 c.p.a. (anch’esso introdotto dal nuovo Codice), che, con riguardo ai casi in cui si impugni il provvedimento di esclusione ovvero di ammissione alla procedura di affidamento, per l’appunto previsti al citato comma 2bis, prevede quanto segue:

  • il giudizio deve essere definito in una camera di consiglio da tenersi entro trenta giorni dalla scadenza del termine previsto dal c.p.a. per la costituzione delle parti diverse dal ricorrente; ovvero, su richiesta delle parti, il ricorso deve essere definito, entro trenta giorni, in udienza pubblica;
  • il decreto di fissazione dell’udienza è comunicato alle parti quindici giorni prima dell’udienza medesima;
  • i termini per depositare documenti, memorie e repliche (già ridotti rispetto a quelli ordinari) vengono ulteriormente ridotti; in particolare le parti possono produrre documenti fino a dieci giorni liberi prima dell’udienza, memorie fino a sei giorni liberi e presentare repliche ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista della camera di consiglio, fino a tre giorni liberi prima;
  • la camera di consiglio o l’udienza possono essere rinviate solo in caso di esigenze istruttorie, per integrare il contraddittorio, per proporre motivi aggiunti o ricorso incidentale;
  • l’eventuale ordinanza istruttoria deve contenere la fissazione del termine per il deposito dei documenti e tale termine non deve essere superiore a tre giorni decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, notificazione della stessa ordinanza.
  • la nuova camera di consiglio deve essere fissata non oltre quindici giorni;
  • non può essere disposta la cancellazione della causa dal ruolo;
  • l’appello deve essere proposto entro trenta giorni dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della sentenza e non trova applicazione il termine lungo decorrente dalla sua pubblicazione.

Con ulteriore aggiunta al comma 9 dell’art. 120 c.p.a., il nuovo Codice prevede altresì che nei giudizi previsti al comma 6-bis, sopra menzionato:

i) il Giudice debba depositare la sentenza entro sette giorni dall’udienza, pubblica o in camera di consiglio, di discussione;

ii) le parti possano chiedere l’anticipata pubblicazione del dispositivo, che avviene entro due giorni dall’udienza;

iii) il Giudice debba depositare la sentenza con la quale definisce il giudizio entro trenta giorni dall’udienza di discussione; le parti possono chiedere l’anticipata pubblicazione del dispositivo, che avviene entro due giorni dall’udienza. La spedita procedura delineata dal comma 6bis appena descritto è espressamente fatta salva dal comma 5 dell’art. 120 c.p.a., – riguardante in generale i termini di proposizione del ricorso avverso gli atti delle procedure di affidamento – ed è quindi destinata a prevalere su quest’ultima. Con considerazioni del tutto condivisibili, in merito a tale rito “super speciale”, il Consiglio di Stato (parere n. 855/2016) non ha fatto a meno di rilevare come la sottoposizione dei concorrenti ad un doppio giudizio (quello preliminare sugli atti immediatamente lesivi di ammissione e di esclusione, poi quello finale sull’esito della gara) ponga l’esigenza equitativa di ridurre significativamente (sino ad un dimezzamento) l’entità del contributo unificato per il contenzioso a valle. Le nuove disposizioni processuali, imponendo l’immediata impugnazione di ammissioni ed esclusioni, pur finalizzate alla concentrazione del processo amministrativo, per non ledere i diritti degli operatori che intendono censurare l’illegittimo esercizio dell’azione amministrativa, richiedono, in considerazione dei tempi ristretti e dei costi processuali, una tempestiva ed effettiva accessibilità degli atti di gara inerenti ammissioni ed esclusioni.

2.3 La tutela cautelare

Importanti novità sono state introdotte dal nuovo Codice – in ossequi alla legge delega – con riguardo alla disciplina del processo cautelare (valevoli sia per i giudizi innanzi al TAR che per quelli innanzi al Consiglio di Stato). Come in passato, anche sotto il vigore del nuovo Codice, il giudice decide interinalmente sulla domanda cautelare, anche se ordina adempimenti istruttori, se concede termini a difesa o se solleva o vengono proposti incidenti processuali (comma 8, art. 120 c.p.a.).

Al contempo, il comma 8bis continua a prevedere che il giudice amministrativo, quando dispone le misure cautelari[5], possa subordinarne l’efficacia, anche qualora dalla decisione non derivino effetti irreversibili, «alla prestazione, anche mediante fideiussione, di una cauzione di importo commisurato al valore dell’appalto e comunque non superiore allo 0,5 per cento del suddetto valore». Tali misure sono in genere disposte per una durata non superiore a sessanta giorni dalla pubblicazione della relativa ordinanza. Nuova è, invece, la disposizione di cui al comma 8ter dell’art. 120 c.p.a., introdotta dall’art. 204 del D.Lgs. 50/2016. Tale previsione fa obbligo al Giudice, nel decidere sulla concessione o meno della misura cautelare, di tener conto «di quanto previsto dagli articoli 121, comma 1, e 122, c.p.a. e delle esigenze imperative connesse a un interesse generale all’esecuzione delle prestazioni contrattuali, dandone conto nella motivazione». Come osservato dal Consiglio di Stato (parere cit.), la previsione in parola non è altro che la specificazione dei parametri già utilizzati dal Giudice in sede di bilanciamento, attraverso un giudizio prognostico.

Il nuovo Codice introduce il comma 8ter all’art. 120 c.p.a., che obbliga il Giudice, nel decidere sulla domanda cautelare, di tener conto «di quanto previsto dagli articoli 121, comma 1, e 122, c.p.a. e delle esigenze imperative connesse a un interesse generale all’esecuzione delle prestazioni contrattuali, dandone conto nella motivazione».

E’ bene rammentare che gli articoli del c.p.a. appena citati regolano il potere del Giudice di disporre o meno l’inefficacia del contratto medio tempore stipulato tra la stazione appaltante e l’aggiudicatario definitivo, consentendo – e in taluni determinati casi imponendo – al Giudice medesimo di dichiarare tale inefficacia in conseguenza dell’annullamento del provvedimento di aggiudicazione definitiva. In particolare, l’articolo 121 c.p.a. (inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni) disciplina le ipotesi in cui il Giudice, il quale disponga l’annullamento della aggiudicazione definitiva, è tenuto a dichiarare l’inefficacia del contratto[6]. L’art. 122 c.p.a. (inefficacia del contratto nelle altre ipotesi), invece, con carattere residuale, prevede che, quando non ricorrano le ipotesi in cui vi è un vero e proprio obbligo per il Giudice di dichiarare inefficace il contratto, quest’ultimo – disponendo l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva – possa discrezionalmente stabilire se dichiarare o meno inefficace il contratto. In caso affermativo, il c.p.a. fa obbligo al giudice di:

i) indicare il termine a decorrere dal quale il contratto è da considerarsi inefficace;

ii) tener conto in detta valutazione degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta. L’introduzione del comma 8ter nell’impianto dell’art. 120 c.p.a. sarebbe, dunque, volta a richiedere al Giudice, nella delibazione sulla istanza di «sospensiva», una valutazione di sostanziale opportunità, in altri termini un contemperamento tra le ragioni che sono alla base della richiesta di sospensione degli atti di gara e il rispetto di esigenze imperative connesse a un interesse generale. E’ evidente la «ratio» della norma, finalizzata ad indurre il Giudice a limitare ulteriormente la concessione della tutela cautelare. Ed è altrettanto evidente, stante la genericità delle espressioni utilizzate (“interesse generale”), come l’effettività della tutela sarà rimessa, in ultima analisi, alla interpretazione giurisprudenziale.

2.4 Il ricorso cumulativo

Pare ricongiungersi inoltre alla esigenza di razionalizzare il contenzioso, anche il nuovo comma 11-bis, introdotto dall’art. 204 del nuovo Codice all’art. 120 c.p.a.: ai sensi di tale norma, qualora il concorrente  abbia proposto offerte per più lotti, di regola lo stesso non può avvalersi di un unico ricorso per contestare vizi attinenti ai diversi lotti. L’impugnazione può essere validamente proposta con ricorso cumulativo, infatti, solo se vengono dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto. Il Codice sembra far proprio il principio del “simultaneus processus” con riferimento al rito appalti, quale specificazione di un principio consolidato avente fondamento in più esigenze (da un lato, quella di non aggravare la posizione del ricorrente costringendolo ad intraprendere più iniziative processuali; dall’altro, di semplificare l’iter processuale e risparmiare tempo ed “energie” giudiziarie; non da ultimo quella di favorire la cognizione unitaria di vicende identiche). Il limite negativo del principio, al tempo stesso, riposa nell’esigenza di non complicare la vicenda processuale, cumulando la trattazione di procedimenti che poco o nulla hanno in comune tra loro, se non la identità delle parti processuali. Al contempo, il nuovo comma 11bis sembra recepire l’orientamento giurisprudenziale che individua proprio nella identità dei motivi di censura il presupposto legittimante il ricorso cumulativo: “L’analogia dei motivi di gravame proposti … integra da sempre la condizione per la proposizione del ricorso cumulativo ed anche per la riunione di distinti ricorsi (ex aliis Cons. Stato Sez. VI, 22-10-2008, n. 5182)” (di recente: Cons. Stato Sez. V, 17-01-2011, n. 202; TAR Lazio, sez. III quater, 2/7/2015 n. 8874).

3. Rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale

In coerenza con gli obiettivi di razionalizzazione dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, previsti dalla legge delega, il nuovo Codice contempla – accanto alla tutela giurisdizionale – la possibilità di ricorrere a strumenti ad essa alternativi, quali:

  • l’estensione dell’accordo bonario (art. 205 e 206) – previsto dall’art. 240 del D.lgs. 163/2006 per i soli lavori pubblici – anche in relazione ai contratti di servizi e forniture; l’art. 205 rende possibile il ricorso a tale rimedio alternativo ai lavori pubblici relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi (attualmente esclusi). Sempre per i lavori pubblici, ai fini del ricorso all’accordo bonario, la variazione dell’importo dell’opera potrà essere tra il 5 e il 15% (attualmente è previsto un minimo del 10%); da tale accordo sono esclusi dall’art. 205 i contratti di rilevanza comunitaria; si prevede, a tal fine, un ricorso, solo eventuale, ad un esperto scelto da una lista di 5 soggetti proposti dalla Camera arbitrale su richiesta del RUP (in mancanza di richiesta di nomina, la proposta di accordo bonario, con indicazione della somma riconosciuta, è formulata dal RUP stesso); la conclusione del procedimento è fissata in 45 gg (attualmente non vi è un termine);
  • l’utilizzo dello stesso accordo bonario anche in relazione ai contratti di fornitura di beni di natura continuativa o periodica, e di servizi, quando insorgano controversie in fase esecutiva degli stessi, circa la corretta valutazione dell’esattezza della prestazione pattuita (art. 206);
  • la nuova previsione di un collegio consultivo tecnico (art. 207) da costituire, con l’accordo delle parti, prima dell’avvio dell’esecuzione del contratto o, comunque, non oltre 90 giorni da tale data: il collegio ha funzioni sia di prevenzione delle controversie che di assistenza funzionale alla rapida soluzione delle stesse mediante una proposta di accordo; la proposta redatta dal collegio non è vincolante ma, in caso di accettazione, ha natura giuridica di transazione.
  • la transazione civilistica (ex art. 1965 e ss.) prevista, per le controversie relative a diritti soggettivi derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici, solo come rimedio residuale (nell’ipotesi in cui non risulti possibile esperire rimedi alternativi) dall’art. 208 del nuovo Codice, diversamente dall’art. 239 del D.Lgs. 163/2006, secondo cui le controversie potevano “sempre” essere risolte tramite transazione.
  • l’arbitrato e la Camera arbitrale, in attuazione del principio di delega di cui alla lettera aaa), disciplinati  dagli articoli 209 e 210[7].

[1]A differenza del precedente Codice (che si limitava a stabilire, all’art. 244, “1. Il codice del processo amministrativo individua le controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di contratti pubblici.”), l’attuale si spinge fino ad intervenire sul vigente testo del c.p.a..

[2] V. sul punto Tar Lazio Roma Sez. II ter, 05/02/2014 n. 1432, secondo cui “L’onere di immediata impugnazione del bando di gara va escluso nei riguardi delle clausole dotate solo di astratta e potenziale lesività, la cui idoneità a produrre un’effettiva lesione potrebbe essere valutata unicamente all’esito della procedura selettiva, ove negativo per l’interessato. Pertanto, non sono immediatamente impugnabili le clausole relative all’individuazione del criterio di aggiudicazione, alle modalità di valutazione delle offerte e attribuzioni dei punteggi e, in generale, alle modalità di svolgimento della gara, nonché alla composizione della Commissione giudicatrice.”. V. anche Consiglio di Stato, sez. III, 15.09.2014 n. 4698, secondo cui “L’onere di immediata impugnazione del bando è circoscritto al caso della contestazione di clausole escludenti, riguardanti requisiti di partecipazione, che siano ex se ostative all’ammissione dell’interessato, o, al più, impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale, dovendo le altre clausole essere ritenute lesive ed impugnate insieme con l’atto di approvazione della graduatoria definitiva, che definisce la procedura concorsuale ed identifica in concreto il soggetto leso dal provvedimento, rendendo attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva; a fronte di una clausola illegittima della lex specialis di gara, ma non impeditiva della partecipazione, il concorrente non è ancora titolare di un interesse attuale all’ impugnazione , poiché non sa ancora se l’astratta e potenziale illegittimità della predetta clausola si risolverà in un esito negativo della sua partecipazione alla procedura concorsuale, e quindi in una effettiva lesione della situazione soggettiva che solo da tale esito può derivare”.

[3] Nella versione originaria dello schema di decreto legislativo, si era prevista l’immediata lesività anche per gli atti di nomina della commissione di gara. In proposito il Consiglio di Stato, con parere n. 855/2016, aveva evidenziato – anche considerando la natura derogatoria ed eccezionale del rito appalti – come tale inserimento avrebbe comportato una violazione della legge delega, che non contemplava affatto questi atti tra quelli immediatamente impugnabili, limitandosi a prevedere come tali solo i provvedimenti di ammissione ed esclusione dei concorrenti.

[4] Sul punto v. Di Paolo, Osservazioni sul nuovo Codice dei contratti e delle concessioni http://www.piselliandpartners.com/2016/03/10/osservazioni-sul-nuovo-codice-dei-contratti-e-delle/, secondo il quale la Direttiva comunitaria in commento esige il rispetto del principio di effettività della tutela e pospone necessariamente il concetto di lesività dell’azione amministrativa all’avvenuta aggiudicazione dell’appalto, pretendendo che il soggetto interessato sia messo nella condizione di valutare il proprio interesse e di scrutinare  (con il necessario reperimento di informazioni) adeguatamente l’operato della stazione appaltante.

[5] L’119 c.p.a. al comma 4, con riferimento al rito abbreviato in tema di appalti, prevede la possibilità del giudice di disporre «in casi di estrema gravità ed urgenza» le opportune misure cautelari nella ordinanza con cui lo stesso si pronuncia sull’istanza cautelare.

[6] Ai sensi del comma citato, «Il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva dichiara l’inefficacia del contratto nei seguenti casi, precisando in funzione delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto, se la declaratoria di inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo o opera in via retroattiva:

a) se l’aggiudicazione definitiva è avvenuta senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è prescritta dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

b) se l’aggiudicazione definitiva è avvenuta con procedura negoziata senza bando o con affidamento in economia fuori dai casi consentiti e questo abbia determinato l’omissione della pubblicità del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è prescritta dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

c) se il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito dall’articolo 11, comma 10, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e sempre che tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell’aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento;

d) se il contratto è stato stipulato senza rispettare la sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l’aggiudicazione definitiva, ai sensi dell’articolo 11, comma 10-ter, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell’aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento.».

[7] In particolare, la delega riguarda la disciplina del ricorso alle procedure arbitrali «al fine di escludere il ricorso a procedure diverse da quelle amministrate, garantire la trasparenza, la celerità e l’economicità e assicurare il possesso dei requisiti di integrità, imparzialità e responsabilità degli arbitri e degli eventuali ausiliari».

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Questo articolo è stato scritto da...

Francesca Scura
Avv. Francesca Scura
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.