Questo articolo è valutato
( votes)Corte dei Conti, sez. regionale del Piemonte, deliberazione n. 97/2018
Indice:
- L’acquisto di un bene immobile
- I contratti di acquisto di diritti reali immobiliari
- Ciò che rileva è l’effetto acquisitivo realizzato
- I contratti di locazione passiva
1. L’acquisto di un bene immobile
La sezione regionale per il Piemonte, con la deliberazione n. 97/2018 ritorna sui limiti e sullo “spazio” operativo dell’ente locale in tema di acquisto di beni immobili.
Nel caso di specie il Sindaco istante ha premesso che “l’ente ha la necessità di acquisire un terreno da un soggetto privato allo scopo di realizzare un nuovo impianto sportivo ad uso delle scuole elementari e medie presenti sul territorio” chiedendo quindi un “parere in merito all’ambito di applicazione delle norme che limitano l’acquisto di beni immobili da parte degli enti locali (art. 12 co. 1 ter, d.l. 98/2011, convertito, con modificazioni, dalla l. 111/2011)”, in particolare nel dettaglio i quesiti erano diretti a conoscere:
- “se rientrano nei limiti della normativa, oltre ovviamente al contratto di compravendita, anche tutti i contratti di acquisto di diritti reali immobiliari ad es. l’affitto di riscatto, il leasing con opzione di acquisto, la costituzione di un diritto reale di superficie, il c.d. “rent to buy”, un sinallagma con opzione di acquisto o la procura irrevocabile a gestire (che pure è un trasferimento, di fatto, della proprietà);
- Se la locazione passiva può essere una alternativa o se è fatto divieto ai Comuni di stipulare nuovi contratti di locazione passiva (ex art. 3 D.L. 06/07/2012 n. 95 e ss.mm.ii. – Razionalizzazione del patrimonio pubblico e riduzione dei costi per locazioni passive).
- Se nei requisiti di indispensabilità e indilazionabilità è possibile apprezzare la condizione della “mancanza” di un impianto sportivo ad uso esclusivo dei Plessi Scolastici Comunali […]”.
2. I contratti di acquisto di diritti reali immobiliari
Il primo quesito posto attiene ai vincoli che, con la legge 111/2011, sono stati introdotti in relazione all’acquisto di beni immobili da parte delle amministrazioni pubbliche. Secondo la normativa in parola, “a decorrere dal 1° gennaio 2014 al fine di pervenire a risparmi di spesa ulteriori rispetto a quelli previsti dal patto di stabilità interno, gli enti territoriali e gli enti del Servizio sanitario nazionale effettuano operazioni di acquisto di immobili solo ove ne siano comprovate documentalmente l’indispensabilità e l’indilazionabilità attestate dal responsabile del procedimento”, inoltre “la congruità del prezzo è attestata dall’Agenzia del demanio”.
In sostanza l’acquisto risulta (a differenza della normativa del 2013) tecnicamente non vietato, ma, “in un’ottica di contenimento della spesa pubblica”, subordinato all’acquisizione di una previa valutazione da parte del responsabile del servizio interessato circa la sua indispensabilità ed indilazionabilità, “nonché ad una attestazione di congruità del prezzo di acquisto da parte dell’Agenzia del Demanio”.
In riferimento all’ambito di applicazione della norma, si legge in deliberazione, secondo l’orientamento costante della giurisprudenza della Corte dei Conti, con l’espressione “operazioni di acquisto di immobili” si intende un riferimento a “tutti i contratti che comportano per la pubblica amministrazione l’acquisto a titolo oneroso della proprietà o di un altro diritto reale su beni immobili (in tal senso Sezione regionale di controllo per la Lombardia n. 164/2013/PAR, n. 220/2013/PAR e n. 299/2014/PAR)”.
Il presupposto per la riconduzione dell’acquisto nell’ambito del divieto è che vi sia “una contrattazione tra le parti con specifico riferimento al prezzo” (in tal senso da ultimo Sezione regionale di controllo per il Veneto n. 110/2018/PAR), e ciò, giocoforza, esclude dall’ambito di applicazione della norma “l’acquisto di immobili a seguito di un procedimento di espropriazione per pubblica utilità (Sezione regionale di controllo per il Veneto n. 148/2013/PAR e Sezione regionale di controllo per la Puglia n. 89/2013/PAR)”.
Da ciò deriva, conclude l’estensore, che devono ritenersi riconducibili nell’ambito di applicazione della disciplina limitativa del 2011, tutti i contratti tipici o atipici che comportano l’acquisto della proprietà o di altro diritto reale su beni immobili dietro pagamento di un prezzo a carico dell’amministrazione pubblica.
3. Ciò che rileva è l’effetto acquisitivo realizzato
Il collegio prosegue sottolineando che in base ad un consolidato principio della prevalenza della sostanza sulla forma, richiamato sia dalla giurisprudenza, dalle norme nazionali ed internazionali in materia di contabilità (principio contabile 4.2 punto 3.25 allegato al d.lgs. 118/2011, che richiama espressamente il SEC 95, gli IAS 17 e la giurisprudenza consolidata), ciò che rileva ai fini poi della successiva applicazione della norma limitativa degli acquisti non è tanto la “qualificazione giuridica formalmente attribuita dalle parti, ma l’effetto acquisitivo effettivamente realizzato o programmato con il contratto”.
Con la conseguenza che nel caso di contratti, come il leasing traslativo o il rent to buy, in cui l’effetto acquisitivo è comunque previsto, anche se spesso in via opzionale, “il corrispettivo del godimento incamera una quota di prezzo (in tal senso ex multis per il leasing traslativo Cass. Sez. 5, 29 marzo 2017, n. 8110 e per il rent to buy la disciplina legislativa di cui all’art. 23 D.L. 133/2014), che non può non essere considerata dall’amministrazione nel momento della stipula del contratto e che implica quelle valutazioni di indispensabilità ed indilazionabilità dell’operazione, nonché di congruità del prezzo previste dall’art. 12 co. 1 ter del d.l. 98/2011”.
4. I contratti di locazione passiva
Con riferimento al secondo quesito, la Sezione puntualizza come non possa esprimere un proprio parere e/o valutazioni circa la concreta utilizzabilità della locazione passiva ma la propria competenza può ritenersi limitata a far conoscere all’ente se la fattispecie possa ritenersi ammessa alla luce dei limiti di acquisti sopra evidenziati.
Sul punto, rammenta la deliberazione, la Sezione si è già pronunciata con deliberazione n. 3 del 2015 evidenziando come “già dal 2014, non sia più vigente la norma imperativa (contenuta nel comma 1 quater dell’art. 12 del d.l. 98/2011, così come introdotto dall’art. 1, comma 138, della legge n. 228/2012) che vietava, nell’anno 2013, oltre l’acquisto di beni immobili anche la stipula di contratti di locazione passiva”.
Pertanto, in linea di principio la locazione passiva non può dirsi vietata o limitata vero però, si legge ancora nella deliberazione che in base ad un principio classico dell’agere amministrativo dell’ente pubblico per “cui trovano applicazione in tali casi le norme vigenti volte ad assicurare risparmi di spesa, fra cui si collocano senz’altro le disposizioni, richiamate anche nella istanza di parere, di cui all’art. 3 del d.l. 95/2012 (in senso analogo anche Sezione regionale di controllo per la Lombardia, n. 459/2015/PAR)”.
Analisi di pareri e pronunce su questioni attinenti all’attività contrattuale ed in genere all’azione amministrativa delle stazioni appaltanti