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( vote)- Introduzione
E’ sempre più frequente il dibattito su “ESG”, tale acronimo si riferisce a tre fattori centrali nella misurazione della sostenibilità di un investimento: Environmental, Social and corporate Governance.
Quando si parla di “ESG” ci si riferisce in particolare:
- ai “criteri ambientali”, che esaminano l’impatto di un’azienda ad esempio in tema di gestione dei rifiuti, inquinamento, emissioni di gas a effetto serra, deforestazione e di cambiamenti climatici;
- ai “criteri sociali”, che analizzano il modo in cui l’impresa tratta le persone (ad esempio, la gestione del personale, la diversità e le pari opportunità, le condizioni di lavoro, la salute e la sicurezza);
- ai “criteri di governance”, che valutano il modo in cui un’azienda è amministrata (ad esempio, la remunerazione dei dirigenti, la diversità e struttura degli organi di governo).
L’idea al centro dell’analisi dei fattori ESG è costituita nella convinzione che se le imprese creano valore per tutti i soggetti interessati (e quindi non solo per i proprietari, ma anche per i dipendenti, per i clienti e per l’ambiente), allora le imprese medesime avranno maggiori probabilità di successo e di rendimento.
Si tratta quindi dell’individuazione di un modello di sviluppo che non si basa esclusivamente sul massimo profitto, ma anche su fattori apparentemente non collegati direttamente al profitto che però sono idonei a generare benessere (in senso ampio) soprattutto sul medio-lungo termine.
Affinché il raggiungimento di un modello innovativo di sviluppo non resti solo un principio vuoto, è necessario che tale “rivoluzione green & social” sia trainata dai contratti pubblici, che costituiscono il volano dell’economica del Paese.
Ed infatti, la spinta alla Green (& social) economy deve trovare la propria origine soprattutto nella Pubblica Amministrazione, la quale è chiamata ad orientare le proprie scelte nell’approvvigionamento di beni e servizi connotati da una maggiore attenzione all’impatto ambientale e sociale.
- Il DL Semplificazioni-bis: criteri ESG per gli appalti del PNRR
Ed è proprio in questa direzione che vanno le ultime modifiche normative in tema di contrattualistica pubblica.
Ci si riferisce in particolare agli articoli 47 e 49 del nuovo DL Semplificazioni-bis adottato con DL del 31 maggio 2021 n. 77 e convertito in legge n. 181 del 30 luglio 2021.
L’articolo 47, rubricato “Pari opportunità, generazionali e di genere, e inclusione lavorativa nei contratti pubblici PNRR e PNC”, allo scopo di perseguire le finalità relative alle pari opportunità, sia generazionali che di genere, e di promuovere l’inclusione lavorativa delle persone disabili, prevede l’adempimento di specifici obblighi, anche assunzionali, nonché l’eventuale assegnazione di un punteggio aggiuntivo all’offerente o al candidato che rispetti determinati requisiti, nell’ambito delle procedure di gara relative agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, di cui ai Regolamenti UE n. 2021/240 e 2021/241) e dal PNC (Piano nazionale per gli investimenti complementari, di cui al D.L. 59/2021), finalizzato ad integrare gli interventi del PNRR con risorse nazionali.
L’articolo 47 del DL Semplificazioni-bis prevede l’adempimento di specifici obblighi e specifiche clausole diretti a garantire pari opportunità, sia di genere che generazionali
In particolare, l’articolo 47 prevede alcuni requisiti obbligatori per la partecipazione alle gare d’appalto riguardanti il PNRR, tra cui l’obbligo (a pena di esclusione per le imprese con più di 100 dipendenti; con irrogazione di penali negli altri casi) di consegnare una relazione sulla situazione del personale maschile e femminile, nonché sull’adempimento degli obblighi previsti dalla normativa vigente in materia di inserimento lavorativo dei disabili.
Il comma 4 prevede inoltre che le stazioni appaltanti stabiliscono nei bandi di gara specifiche clausole dirette all’inserimento, sia come requisiti “necessari”, sia come requisiti “premiali”, di criteri orientati a promuovere l’imprenditoria giovanile e l’inclusione lavorativa di disabili e la parità di genere e generazionale.
Altro requisito a pena di esclusione è l’assunzione dell’obbligo, in caso di aggiudicazione del contratto, di assicurare una quota pari al 30% delle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali, sia all’occupazione giovanile sia all’occupazione femminile.
Sul punto la norma individua come limiti a tale discrezionalità amministrativa il rispetto dei principi di libera concorrenza, proporzionalità e non discriminazione, nonché dell’oggetto del contratto, della tipologia e della natura del singolo in relazione ai profili occupazionali richiesti.
Le stazioni appaltanti possono escludere l’inserimento nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti dei suddetti requisiti di partecipazione, o stabilire una quota inferiore, dandone adeguata e specifica motivazione, se l’oggetto del contratto, la tipologia o la natura del progetto o altri elementi puntualmente indicati ne rendano l’inserimento impossibile o contrastante con obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche (comma 7).
Le stazioni appaltanti possono escludere l’inserimento nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti dei suddetti requisiti di partecipazione, o stabilire una quota inferiore, dandone adeguata e specifica motivazione
Il comma 5 prevede inoltre l’introduzione di ulteriori misure premiali che possono prevedere l’assegnazione di un punteggio aggiuntivo all’offerente o al candidato che:
- nei tre anni antecedenti la data di scadenza del termine di presentazione delle offerte, non risulti destinatario di accertamenti relativi ad atti o comportamenti discriminatori connessi a motivi razziali, etnici, linguistici, nazionali, di provenienza geografica, di religione, di età, di sesso, di orientamento sessuale, di handicap o a convinzioni personali (ex artt. 44 del D.Lgs. 286/1998, 4 del D.Lgs. 215/2003, 4 del D.Lgs. 216/2003, 3 della L. 67/2006 e 55-quinquies del D.Lgs. 198/2006) o al mancato rispetto del divieto di licenziamento per causa di matrimonio o per gravidanza e maternità (ex art. 54 del D.Lgs. 151/2001 che vieta il licenziamento dall’inizio della gravidanza al termine del congedo obbligatorio di maternità);
- utilizzi o si impegni ad utilizzare specifici strumenti di conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro per i propri dipendenti, nonché modalità innovative di organizzazione del lavoro (il c.d. work/life balance);
- per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali, si impegni ad assumere, oltre alla soglia minima percentuale prevista come requisito di partecipazione, giovani, con età inferiore a trentasei anni, donne e, come specificato in sede referente, persone disabili;
- nell’ultimo triennio abbia rispettato i principi della parità di genere e adottato specifiche misure per promuovere le pari opportunità generazionali e di genere, anche tenendo conto del rapporto tra uomini e donne nelle assunzioni, nei livelli retributivi e nel conferimento di incarichi apicali;
- abbia presentato o si impegni a presentare per ciascuno degli esercizi finanziari ricompresi nella durata del contratto di appalto una dichiarazione volontaria di carattere non finanziario sulla sostenibilità sociale e ambientale dei processi produttivi (la c.d. DNF concernente informazioni relative ai temi ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani e alla lotta contro la corruzione attiva e passiva, volte ad assicurare la comprensione dell’attività di impresa, del suo andamento, dei suoi risultati e dell’impatto dalla stessa prodotto).
Per l’effetto di tali prescrizioni (premiali o a pena di esclusione) a quanto risulta dal PNRR, nel periodo 2024-2026, si attende un incremento pari al 3,2% dell’occupazione giovanile e pari al 4% dell’occupazione femminile.
Lo scopo delle misure premiali e degli obblighi a pena di esclusione dovrebbe portare entro il 2026 ad un incremento pari al 3,2% dell’occupazione giovanile e pari al 4% dell’occupazione femminile
Un altro esempio di norma che orienta gli appalti in chiave sociale è costituita dall’articolo 49 che regola il subappalto apportando importanti modifiche all’articolo 105 del Codice dei Contratti Pubblici.
Occorre innanzitutto precisare che, a differenza della disposizione sopra indicata, tale modifica è valida per tutti i contratti e non solo per quelli rientranti nei fondi derivanti dal PNRR e PNC.
Ci si riferisce in particolare al comma 14 dell’articolo 49, così come modificato dal DL Semplificazioni-bis e in vigore dal 1° giugno 2021, il quale stabilisce che “Il subappaltatore, per le prestazioni affidate in subappalto, deve garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto e riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale, inclusa l’applicazione dei medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro, qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto ovvero riguardino le lavorazioni relative alle categorie prevalenti e siano incluse nell’oggetto sociale del contraente principale”.
Tale norma risulta orientata a garantire una maggiore tutela dei lavoratori e rappresenta un’altra spinta del legislatore ad una maggiore “sostenibilità sociale” dei contratti pubblici.
Anche in questo caso è la norma stessa che pone un limite alla valutazione di adeguatezza del contratto collettivo applicabile, in particolare secondo un costante orientamento giurisprudenziale la scelta del contratto collettivo da applicare rientra nelle prerogative di organizzazione dell’imprenditore e quindi costituisce un’estrinsecazione della libertà negoziale delle parti che trova quale limite la coerenza del contratto collettivo applicato con l’oggetto dell’appalto (cfr. Cons. Stato, V, 1° marzo 2017, n. 932; V, 12 maggio 2016, n. 1901; III, 10 febbraio 2016, n. 589).
Ne consegue che nella valutazione del CCNL da applicare dovrà sempre tenersi conto della sussistenza di una connessione tra l’oggetto delle attività del subappalto con l’oggetto dell’appalto principale e solo in ipotesi di coincidenza, si potrà chiedere al subappaltatore di applicare il medesimo trattamento economico dell’appaltatore principale.
Tutto quanto sopra esposto evidenzia che il legislatore ha riconosciuto nella sostenibilità (ambientale e sociale) non un vincolo o un limite al quale gli operatori economici devono sottostare, bensì come un elemento di creazione di valore per la comunità da raggiungere attraverso l’adozione di strumenti concreti.
- I criteri ESG nel Codice dei Contratti Pubblici
Come anticipato (ad eccezione delle modifiche riguardanti il subappalto), la previsione di criteri di aggiudicazione sopra esaminati volti a garantire una maggiore sostenibilità degli appalti pubblici al momento è in vigore solamente per gli appalti rientranti negli investimenti del PNRR.
Tuttavia, occorre segnalare che l’intera materia dei contratti pubblici verrà riformata proprio in questa direzione sulla base del disegno di legge delega approvato il 30 giugno 2021 dal Consiglio dei Ministri, il quale prevede a sua volta clausole ambientali e sociali.
Nell’attesta di tale importante riforma, si analizzano le disposizioni del Codice dei Contratti Pubblici ad oggi in vigore per tutte le procedure ad evidenza pubblica e non solo per quelle rientranti nel PNRR.
L’articolo 30 del Codice rubricato “Principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni” prevede che il principio di economicità possa lasciare spazio all’esigenza di tutelare l’ambiente e la promozione dello sviluppo sostenibile, anche da punto di vista energetico.
La tutela dell’ambiente e la ricerca dell’efficienza energetica sono stati inoltre assunti a principi fondamentali per l’affidamento dei c.d. contratti esclusi (cfr. articolo 4).
Le norme del Codice dei Contratti Pubblici incentivano le stazioni appaltanti a prevedere criteri green/social in tutte le fasi della procedura di gara dalla fase di partecipazione a quella di esecuzione del contratto
Un altro aspetto importante in tema di tutela ambientale riguarda la valorizzazione da parte del Codice dei CAM (criteri ambientali minimi), disciplinati dalla legge n. 221/2015.
Le norme del Codice incentivano le stazioni appaltanti a prevedere criteri green/social in tutte le fasi della procedura di gara dalla fase di partecipazione a quella di esecuzione del contratto.
Con riguardo alla fase progettuale, in particolare l’articolo 23 prevede che, in materia di lavori pubblici, la progettazione deve assicurare il risparmio e l’efficientamento energetico, la valutazione del ciclo di vita, la conformità alle norme ambientali, nonché un limitato consumo del suolo.
Con riferimento ai criteri per valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, l’art. 95, comma 6 sottolinea come priorità aspetti strettamente connessi al consapevole sviluppo delle risorse ambientali.
Inoltre, ai sensi dell’art. 93, comma 7, l’adozione da parte dell’operatore economico di determinate politiche a sostegno dell’ambiente gli permette di partecipare alla gara prestando una cauzione provvisoria di valore inferiore a quella prevista dalla documentazione.
- Quali sono i limiti oltre i quali le Amministrazioni Pubbliche non possono spingersi?
Il quadro delineato in astratto appare dunque molto chiaro, affinché un modello di sviluppo economico sia considerato tale, deve essere anche sostenibile, tanto da un punto di vista ambientale, quanto da un punto di vista sociale.
Ma la cornice normativa appena esposta lascia alle pubbliche amministrazioni una così ampia discrezionalità in concreto? Le PA possono davvero orientare a proprio piacimento gli acquisti in funzione dei fattori ESG, o devono sottostare a dei limiti?
Qual è il confine tra orientamento della spesa pubblica e intrusione nella sfera riservata alla libertà di iniziativa economica?
Prima di analizzare un caso pratico, si precisano i limiti che lo stesso Codice dei Contratti Pubblici indica all’esercizio della discrezionalità amministrativa.
L’articolo 30, “Principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni”, ha inteso positivizzare alcuni principi generali riguardanti sia le procedure di aggiudicazione che di esecuzione dei contratti pubblici.
Per quanto rileva ai fini del presente contributo, l’articolo 30 da un lato afferma che nell’affidamento degli appalti e delle concessioni, le stazioni appaltanti rispettano i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità. La norma prevede inoltre espressamente che il principio di economicità può essere subordinato ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute, dell’ambiente, del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico.
Viene inoltre precisato che nell’esecuzione dei contratti pubblici devono essere rispettati gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, nonché dai contratti collettivi.
Inoltre, al personale impiegato deve essere applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto
Per quanto riguarda i criteri di aggiudicazione l’articolo 95 prevede che:
- comma 1: “I criteri di aggiudicazione non conferiscono alla stazione appaltante un potere di scelta illimitata dell’offerta. Essi garantiscono la possibilità di una concorrenza effettiva e sono accompagnati da specifiche che consentono l’efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte (…)”;
- comma6: “I documenti di gara stabiliscono i criteri di aggiudicazione dell’offerta, pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto. In particolare, l’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, è valutata sulla base di criteri oggettivi, quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto. (…)”;
- comma 11: “I criteri di aggiudicazione sono considerati connessi all’oggetto dell’appalto ove riguardino lavori, forniture o servizi da fornire nell’ambito di tale appalto sotto qualsiasi aspetto e in qualsiasi fase del loro ciclo di vita, compresi fattori coinvolti nel processo specifico di produzione, fornitura o scambio di questi lavori, forniture o servizi o in un processo specifico per una fase successiva del loro ciclo di vita, anche se questi fattori non sono parte del loro contenuto sostanziale”.
Ciò premesso, ci si soffermerà sull’analisi di una recente pronuncia del Consiglio di Stato che ha analizzato proprio questi aspetti (Cons. Stato, sez. V, 20 ottobre 2021 n. 7053).
- Il caso sottoposto al Consiglio di Stato
Il giudizio riguarda l’impugnazione di un provvedimento di aggiudicazione sul presupposto che il bando sarebbe illegittimo in quanto contiene tra i criteri di aggiudicazione l’assegnazione di un punteggio massimo di 48 punti su 70 per condizioni riguardanti i lavoratori dipendenti (nello specifico: le qualifiche del personale, il possesso di certificazioni, l’applicazione di determinati contratti collettivi di lavoro).
In particolare, i vizi del bando di gara dedotti con il ricorso di primo grado riguardavano il criterio di valutazione “Esecuzione del servizio” composto da due sub-criteri:
- Stabilità del personale per la percentuale di lavoratori adibiti all’appalto con contatto pluriennale a copertura della vigenza dell’appalto;
- Disciplina rapporto di lavoro per la scelta dell’appaltatore di applicare determinati CCNL.
Nel merito, l’appellante (ricorrente nel ricorso di primo grado) sosteneva che si trattasse di criteri illegittimi in quanto non riconducibili alla qualità della prestazione, in violazione dell’art. 95 del Codice dei contratti pubblici. Veniva rappresentata una illegittima ingerenza nella autonomia contrattuale dell’imprenditore nel rapporto con il lavoratore nella scelta del CCNL applicabile.
A parere dell’appellante i due sub-criteri si porrebbero in contrasto, per un verso, con l’art. 30 e con l’art. 95, comma 6, del Codice dei contratti pubblici, in quanto, introdurrebbero elementi di valutazione non “pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto”; per altro verso, integrerebbero la violazione del principio dell’autonomia dell’imprenditore nella scelta del CCNL e della durata dei contratti individuali che si risolve nell’inammissibile ingerenza nella libera iniziativa economica costituzionalmente tutelata.
L’appellante sostiene inoltre che l’art. 30, comma 4, del Codice dei contratti pubblici, ammette che il CCNL sia scelto dall’appaltatore, con l’unico limite della adeguatezza del contratto collettivo di lavoro in rapporto all’oggetto dalla commessa.
Pertanto, il CCNL da applicare ai lavoratori impiegati nell’esecuzione dell’appalto non può essere prestabilito nel bando di gara, né tale scelta può essere condizionata dalla stazione appaltante mediante la introduzione di criteri premianti.
- La decisione del Consiglio di Stato
A fronte di tali contestazioni, il Consiglio di Stato ha rilevato che attraverso tali sub-criteri, l’amministrazione appaltante ha inteso inserire – accanto o sullo stesso piano degli interessi pubblici specifici connessi alla necessità di acquisire i beni e servizi oggetto dell’appalto – ulteriori interessi sociali, in particolare il conseguimento di un più elevato livello di tutela dei lavoratori impiegati nell’esecuzione del contratto.
A questo punto, la pronuncia si occupa proprio di risolvere il problema riguardante se la scelta dell’amministrazione travalica o meno i limiti normativi entro i quali lo strumento dei contratti pubblici può essere utilizzato in una più ampia prospettiva.
In particolare, se gli appalti pubblici possono essere utilizzati come strumenti per il perseguimento di interessi e obiettivi di natura sociale, ambientale o più in generale di sostenibilità, tanto dal lato del prodotto acquisito dal mercato, quanto dal lato del processo specifico di produzione dei beni e servizi idonei a soddisfare i bisogni sottesi alla decisione dell’amministrazione di rivolgersi al mercato.
La sentenza analizza la cornice normativa (nazionale ed europea) dalla quale è ricavabile la disciplina della funzione sociale dei contratti pubblici con riferimento agli interessi sociali attinenti alla tutela dei lavoratori.
Sul punto il Consiglio di Stato rileva che per quanto riguarda la tutela della stabilità occupazionale e del diritto a una retribuzione equa e proporzionata alla qualità e quantità di lavoro, il primo riferimento normativo è rinvenibile nel sopra menzionato art. 30, comma 4, del Codice dei contratti pubblici.
Tale norma impone di verificare la coerenza (la “astratta connessione”) tra l’attività oggetto dell’appalto e l’ambito di applicazione del C.C.N.L. indicato dall’impresa appaltatrice, ma non attribuisce all’amministrazione appaltante il potere di indicare nel bando di gara il contratto collettivo applicabile ai lavoratori impiegati nell’appalto.
BOX: L’articolo 30 del Codice impone di verificare la astratta connessione tra l’attività oggetto dell’appalto e l’ambito di applicazione del C.C.N.L. indicato dall’impresa appaltatrice, ma non attribuisce all’amministrazione appaltante il potere di indicare nel bando di gara il contratto collettivo applicabile ai lavoratori impiegati nell’appalto.
Tale disposizione è come visto quella invocata dall’appellante al fine di sostenere l’illegittimità della legge di gara, tuttavia l’appellante non tiene conto del fatto che, nella fattispecie in esame, l’indicazione di un determinato CCNL (o meglio l’impegno degli offerenti ad applicare un determinato contratto collettivo) non condiziona l’ammissione alla procedura di gara, non essendo prescritto a pena di esclusione.
Nel caso in esame, infatti, l’introduzione di ulteriori interessi (di natura sociale) accanto all’interesse specifico all’acquisto di beni e servizi si realizza mediante l’integrazione dei criteri di aggiudicazione, con la conseguenza che la valutazione di ammissibilità deve essere condotta alla stregua delle direttive ricavabili dall’art. 95 del Codice dei Contratti (anch’esso richiamato dall’appellante, in specie per quanto previsto dal comma 6, che istituirebbe una stretta connessione tra gli elementi di valutazione e l’oggetto dell’appalto, assente nel caso di specie).
Sul punto il Consiglio di Stato rileva che la condizione necessaria per il legittimo esercizio di tale potere discrezionale è costituita dalla verifica della sussistenza di una connessione tra i criteri e l’oggetto dell’appalto (art. 95, comma 6), nei termini della definizione di cui all’art. 95, comma 11, che considera connessi all’oggetto dell’appalto i “criteri di aggiudicazione (che) riguardino lavori, forniture o servizi da fornire nell’ambito di tale appalto sotto qualsiasi aspetto e in qualsiasi fase del loro ciclo di vita, compresi fattori coinvolti nel processo specifico di produzione, fornitura o scambio di questi lavori, forniture o servizi o in un processo specifico per una fase successiva del loro ciclo di vita, anche se questi fattori non sono parte del loro contenuto sostanziale”.
In particolare, il Consiglio di Stato afferma che “Prendendo in considerazione anche fattori relativi all’intero ciclo di vita del lavoro, del bene o del servizio da acquisire, compresi i fattori coinvolti anche in una fase successiva al ciclo di vita, tra i criteri di aggiudicazione possono essere compresi anche criteri di natura sociale riferiti all’applicazione di un determinato contratto collettivo di lavoro o di una determinata tipologia di contratto di lavoro individuale, volti a conseguire specifici obiettivi di stabilità occupazionale e di trattamento economico e normativo dei lavoratori impiegati nell’appalto; fermo restando il limite da tempo individuato dalla giurisprudenza europea, ossia che il requisito non trasmodi nella previsione di criteri socialiche, abbandonando il legame con l’oggetto del contratto (nei termini sopra richiamati), prendano in considerazione gli aspetti relativi alla politica generale dell’impresa o altri aspetti estranei al programma contrattuale (si veda il di cui a Corte Giust., leading case 17 settembre 2002, C-513/99, Finland; in seguito Corte Giust., 10 Concordia Bus maggio 2012, C-368/10, Commissione c. Paesi Bassi, in particolare ai punti 89 ss.)”.
Per quanto riguarda invece gli altri limiti di ordine generale previsti dalla legge di gara, essi concernevano invece l’esercizio della discrezionalità dell’amministrazione appaltante nella selezione degli interessi sociali, ambientali o relativi a obiettivi di sostenibilità, la cui individuazione, e il cui peso nell’impianto della gara, devono scaturire dalla ponderazione sia con l’interesse specifico del contratto, sia con i principi generali di proporzionalità,parità di trattamento, non discriminazione e concorrenzialità del mercato degli appalti pubblici (art. 95, comma 2).
Tra i criteri di aggiudicazione possono essere compresi anche criteri di natura sociale riferiti all’applicazione di un determinato CCNL volti a conseguire specifici obiettivi di stabilità occupazionale; a patto che il requisito non trasmodi nella previsione di criteri sociali che prendano in considerazione gli aspetti relativi alla politica generale dell’impresa o altri aspetti estranei al contratto
Nel caso in esame, la scelta dell’amministrazione è conforme alle direttive enunciate, sia perché i criteri di valutazione presentano chiari collegamenti con l’oggetto dell’appalto, facendo riferimento esclusivamente all’impegno ad applicare un determinato CCNL e ad assumere con contratti a tempo indeterminato per i lavoratori da impiegare nell’esecuzione dell’appalto (senza ricadute sulle politiche generali dell’impresa), sia perché appaiono rispettosi del principio di proporzionalità, posto che, in relazione al punteggio attribuito la clausola rivela una limitata incidenza sul punteggio complessivo e non appare quindi idonea a scardinare l’impianto dei criteri di valutazione.
- Conclusioni
Riassumendo quanto appena analizzato, le stazioni appaltanti godono di un’ampia libertà nell’individuazione di criteri di valutazione che attribuiscano punteggi in virtù dell’adempimento ad oneri di carattere sociale e ambientale.
Tale discrezionalità appare più o meno ampia a seconda che il requisito sia chiesto a pena di esclusione o solo come requisito premiale.
In particolare, laddove l’adempimento a specifiche richieste aventi ad oggetto fattori ambientali o sociali siano chieste a pena di esclusione è necessario che la sanzione espulsiva tragga origine da una previsione di legge (principio di tassatività delle cause di esclusione). Ebbene, come visto, ad oggi l’introduzione di clausole a pena di esclusione concernenti requisiti di carattere sociale è prevista esclusivamente per gli appalti rientranti nei finanziamenti del PNRR, per il resto dei contratti pubblici non resta che attendere l’auspicata riforma orientata al conseguimento di appalti sostenibili.
Laddove invece tali specifiche richieste siano previste dalla legge di gara come meri criteri premiali, che possono dar luogo, al più, all’assegnazione di un punteggio più o meno alto, le stazioni appaltanti godono certamente di una discrezionalità più ampia. Discrezionalità che in ogni caso deve comunque essere orientata al principio di proporzionalità, avuto riguardo all’oggetto dell’appalto, al mercato di riferimento e quindi alla garanzia del più ampio confronto concorrenziale.