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( votes)1. Premessa
A circa un anno dall’emanazione del D.Lgs. n. 104 del 2 luglio 2010 (Codice del Processo Amministrativo o C.P.A.), appare utile raccogliere le prime indicazioni fornite dal giudice amministrativo in merito alla sorte del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione definitiva.
Come noto, gli artt. 121[1] e 122[2] del Codice del Processo Amministrativo, traggono la propria origine dagli artt. 245-bis e 245-ter del D.Lgs. 163/2006, ivi introdotti dal D.Lgs. n. 53 del 20 marzo 2010, recante norme di recepimento della Direttiva CE n. 66/2007 (c.d. Direttiva Ricorsi).
Gli artt. 121 e 122 del C.P.A. prevedono i casi nei quali il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva può dichiarare anche l’inefficacia del contratto, stabilendone i limiti e le eccezioni.
Tali norme hanno definitivamente sancito per via legislativa, da un lato la devoluzione della competenza al Giudice Amministrativo sulle controversie che riguardino le conseguenze dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto medio tempore stipulato, dall’altro hanno definito la vexata quaestio in tema di sorte del contratto, stabilendo la privazione degli effetti del contratto stipulato sulla base di un provvedimento terminale poi annullato in sede giurisdizionale.
Invero tale dettato legislativo era stato anticipato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione, già prima del recepimento della Direttiva Ricorsi, con l’ordinanza n. 2906 del 10 febbraio 2010[3], nella quale venivano preconizzati i medesimi principi espressi successivamente dalla novella legislativa del D.Lgs. 53/2010 prima e del D.Lgs. 104/2010 poi.
E’ bene ricordare che l’approdo ermeneutico sopra rammentato era stato preceduto da un’alternanza di interpretazioni in merito alla sorte del contratto, sia per quanto riguarda la corretta determinazione del giudice competente (amministrativo o ordinario), sia per la ricostruzione dogmatica entro cui inquadrare tale concreta fattispecie di invalidità contrattuale[4].
In precedenza infatti le stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione[5] avevano affermato la giurisdizione del giudice ordinario, sulla base del principio di netta separazione tra fase concorsuale e fase contrattuale: solo nella prima la Pubblica Amministrazione esercita i poteri autoritativi propri della fase di evidenza pubblica (da cui la giurisdizione del giudice amministrativo), mentre a seguito della stipula del contratto la P.A. opera su un piano paritetico con il soggetto privato, con il quale conclude un accordo fonte di rispettivi diritti ed obblighi giuridici, secondo le regole del diritto comune (da cui il radicarsi della giurisdizione del giudice ordinario a partire dalla costituzione del rapporto contrattuale e per tutte le vicende successive che lo segnano, compresa la sorte del contratto per effetto dell’intervenuta declaratoria di annullamento della precedente aggiudicazione ovvero per la caducazione di uno degli atti del procedimento formativo della volontà negoziale della P.A.[6]).
Questa impostazione in passato non è andata esente da critiche da parte della dottrina, che poneva l’accento sulla necessità della concentrazione giurisdizionale, dinanzi a un solo giudice, delle questioni riguardanti sia la fase concorsuale sia la fase paritetica contrattuale, quale fulcro di garanzia e di effettività della tutela giudiziale dei diritti soggettivi: evidenti ragioni di economia processuale rendono infatti opportuno che il medesimo giudice conosca sia delle controversie relative alle procedure di selezione del contraente, sia della sorte del vincolo contrattuale successivamente stipulato.
Ancora prima del recepimento della Direttiva Ricorsi n. 66/2007 ad opera del D. Lgs. 53/2010, tali considerazioni avevano indotto la Cassazione[7] ad affermare la portata espansiva delle norme della Direttiva Ricorsi nell’ordinamento interno, anche in assenza dell’effettivo recepimento[8], e quindi a statuire la competenza del giudice amministrativo a dichiarare l’inefficacia il contratto.
Dunque, dapprima l’emanazione della Direttiva Ricorsi n. 66/2007 e successivamente il suo recepimento nell’ordinamento interno, hanno definitivamente incardinato la fattispecie della sorte del contratto nell’alveo della mera privazione degli effetti, nonché stabilmente radicato in capo al giudice amministrativo la competenza a dichiararne tale conseguenza[9].
Il contratto stipulato sulla base di un’aggiudicazione annullata dal giudice amministrativo può essere dichiarato inefficace, vale a dire privo di effetti, dallo stesso G.A.
Ciò premesso, può passarsi ad esaminare il panorama giurisprudenziale sul tema della dichiarazione di inefficacia a seguito di una pronuncia giurisdizionale di illegittimità del provvedimento di aggiudicazione, che nel primo anno di vigenza del Codice del Processo Amministrativo consente di delineare un iniziale quadro applicativo delle norme in questione.
2. Le norme e la loro applicazione da parte del giudice amministrativo
Preliminarmente occorre chiarire che solo il giudice amministrativo è il soggetto deputato alla valutazione discrezionale circa la sorte del contratto[10], a valle della dichiarata illegittimità del provvedimento di aggiudicazione, anche in assenza di espressa richiesta giudiziale del ricorrente. Sul punto è stato di recente affermato che: “l’inefficacia del contratto si atteggia, ormai, anche ai sensi dell’art. 122, cod. proc. amm., quale mera conseguenza rispetto all’annullamento dell’aggiudicazione, atteso che la “scelta” in ordine all’inefficacia del contratto quale effetto dell’invalidità dell’aggiudicazione è rimessa al giudice, che a tal fine valuta la sussistenza dei relativi presupposti e condizioni, anche in difetto di espressa domanda di parte” (TAR Lazio Roma, Sez. III-ter, 11 aprile 2011 n. 3169).
Ciò premesso, si possono di seguito ripercorrere alcuni dei precedenti più rilevanti che hanno dato prima applicazione alle norme del Codice del Processo Amministrativo in questione.
L’art. 121 (rubricato “Inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni”) prevede quattro ipotesi – che il legislatore ha ritenuto più gravi – in cui l’inefficacia del contratto consegue di diritto all’annullamento dell’aggiudicazione.
Tali cause trovano il loro fondamento nella lesione della concorrenza, la cui tutela è precipuo scopo dell’ordinamento comunitario e nazionale in tema di contratti pubblici.
Le ipotesi di cui alle lettere a) e b) dell’art. 121 sono relative alla mancata adeguata pubblicità della procedura concorsuale indetta, con le limitazioni di cui al comma 5 del medesimo articolo[11].
Le ipotesi di cui alle lettere c) e d) sono invece relative alla violazione di alcune specifiche norme procedurali, dettate dall’art. 11 commi 10 e 10-ter del Codice dei Contratti Pubblici, e cioè la violazione del cd. “stand-still” (la moratoria di 35 giorni dall’aggiudicazione prima di poter procedere alla stipula contrattuale) e la violazione della sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione del contratto, derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l’aggiudicazione definitiva.
Va rilevato che, anche nelle suddette ipotesi di gravi violazioni, è necessario che il giudice tenga conto di alcuni temperamenti il cui perimetro è sancito dal comma 2 dell’art. 121: il contratto resta infatti efficace (e quindi non è consentito l’eventuale subingresso nel contratto da parte del ricorrente vittorioso), anche in presenza delle violazioni di cui al comma 1, qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti.
Il contratto resta efficace, anche in presenza delle violazioni di legge sancite dall’art. 121 C.P.A., qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti.
La norma stabilisce che tra le esigenze imperative rientrano, fra l’altro, quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall’esecutore attuale. Il legislatore precisa che gli interessi economici possono essere presi in considerazione come esigenze imperative solo in circostanze eccezionali in cui l’inefficacia del contratto conduce a conseguenze sproporzionate, avuto anche riguardo all’eventuale mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporta l’obbligo di rinnovare la gara.
Va evidenziato che non possono costituire esigenze imperative gli interessi economici legati direttamente al contratto, che comprendono fra l’altro i costi derivanti dal ritardo nell’esecuzione del contratto stesso, dalla necessità di indire una nuova procedura di aggiudicazione, dal cambio dell’operatore economico e dagli obblighi di legge risultanti dalla dichiarazione di inefficacia.
Si rintracciano alcune interessanti prime indicazioni sul punto dalla giurisprudenza amministrativa.
E’ stato ad es. affermato che: “la violazione della clausola (e del principio) di “stand still”, in sé considerata, e cioè senza che concorrano vizi propri dell’aggiudicazione, non comporta l’annullamento dell’aggiudicazione o l’inefficacia del contratto: nel sistema normativo oggi in vigore, a tale conclusione conduce necessariamente l’esegesi dell’art. 121, lett. c) del c.p.a., a norma del quale “il giudice che annulla l’aggiudicazione”, dichiara obbligatoriamente l’inefficacia del contratto, laddove (e dunque solamente se) la violazione dell’art. 11 comma 10 cit. “abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto” e sempre che tale violazione si aggiunga ai vizi propri dell’aggiudicazione, diminuendo le possibilità del ricorrente di ottenere il bene della vita. Coerente con tale ermeneutica è pure l’art. 122 del c.p.a. che disciplina l’inefficacia del contratto nei casi diversi da quelli contemplati dall’art. 121, ma sempre ricollegandola all’annullamento dell’aggiudicazione definitiva. L’esegesi delle norme nel senso anzindicato è peraltro coerente con l’esigenza di tutela che si pone la direttiva comunitaria di riferimento (direttiva CE 66/2007) e che è stata recepita dal legislatore nazionale: il termine dilatorio è servente alla tutela giudiziale ed all’effettività della pronuncia che accoglie il ricorso per vizi nell’aggiudicazione e dunque, al di fuori di queste ipotesi di tutela, la sua violazione non giustifica l’annullamento dell’aggiudicazione medesima o, tantomeno, la dichiarazione di inefficacia del contratto” (TAR Lazio Roma, Sez. II, 2 dicembre 2010 n. 35031)[12].
La ragione di tale assunto poggia sulla considerazione che l’art. 11, comma 10 del D.Lgs. n. 163/2006 è norma di natura sostanziale, indirizzata alle stazioni appaltanti (e non già al giudice), non potendo quindi rimandare ad un intervento giudiziale sul contratto per l’ipotesi di una sua violazione[13].
Si ritiene che la dichiarazione di inefficacia non sia da considerarsi automatica, neanche per le ipotesi di violazione dei termini di cui al comma 10-ter dell’art. 11 (sospensione obbligatoria della stipula del contratto per effetto della proposizione di ricorso giurisdizionale). In tal senso, equiparando di fatto le ipotesi di cui alla lettera c) e d) del comma 1 dell’art. 121, si è asserito che “tuttavia, dall’esame della normativa in materia, si ricava che l’applicazione delle sanzioni di cui al comma 1 dell’articolo 123 codice processo amministrativo si ha anche qualora il contratto sia stato stipulato senza rispettare la sospensione della stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l’aggiudicazione definitiva, quando la violazione non abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e non abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento” (TAR Lazio Roma, Sez. III-ter, 11 aprile 2011 n. 3169).
Diversi precedenti si rintracciano anche in merito all’applicazione dell’art. 122 del Codice del Processo Amministrativo.
La norma, in sintesi, consente al giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva, di stabilire se dichiarare inefficace il contratto. A tale fine il collegio investito ne fissa la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta.
Il giudice in tali casi, quindi, è chiamato a valutare tutte le circostanze rilevanti (elencate a titolo non esaustivo dalla stessa norma di riferimento), potendo verosimilmente assumere rilievo in tale giudizio anche la buona fede dell’aggiudicatario[14] ovvero la sua condotta processuale valutabile ex art. 1227 codice civile[15].
Va in tali casi tenuto in adeguata considerazione lo stadio dell’esecuzione contrattuale, evitando di dichiarare la privazione degli effetti del contratto laddove lo stato dell’esecuzione sia particolarmente avanzato.
In alcune recenti pronunce il giudice amministrativo non ha ad esempio ritenuto di interrompere l’esecuzione del contratto, in ragione dell’intervenuta esecuzione di più della metà dell’opera o del servizio[16].
Interessante è al riguardo la posizione espressa dal Consiglio di Stato (Sez. V, 12 maggio 2011 n. 2817) che, in una situazione di avanzata esecuzione del contratto ha affermato: “nel nuovo sistema delineato dal codice del processo amministrativo l’odierno ricorso, diretto all’annullamento dell’aggiudicazione impugnata in primo grado in vista della riedizione della gara, non può dar luogo ad una pronuncia conforme al petitum. Ed invero, nella specie non soccorre nessuno dei parametri cui l’art. 122 c.p.a. subordina la pronuncia di inefficacia del contratto, condizione necessaria perché la stazione appaltante possa procedere alla rinnovazione della gara. In questa situazione processuale non soltanto il giudice non ha ragioni per pronunciare l’inefficacia del contratto, ma lo stesso annullamento non recherebbe alcuna utilità all’appellante, non potendo avere alcun contenuto conformativo idoneo a soddisfare l’interesse della stessa”.
Aggiunge ancora il Consiglio di Stato: ”ai sensi dell’art. 34, comma 3 c.p.a., “quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”. Tale articolo, infatti, introduce un principio di carattere generale volto da un lato ad inibire l’annullamento di atti che abbiano ormai esaurito i loro effetti nel corso del giudizio e, dall’altro, a tutelare, in presenza dei necessari presupposti, l’interesse all’accertamento”[17].
Da tali pronunce emerge come la dichiarazione di inefficacia del contratto non costituisca una conseguenza automatica dell’annullamento dell’aggiudicazione: occorre che il giudice amministrativo, utilizzando cum grano salis la potestà concessa dagli artt. 121 e 122 del C.P.A., valuti caso per caso tutti gli elementi rilevanti ai fini della dichiarazione di inefficacia del contratto, anche in relazione alle utilità concrete delle parti, alla necessità di ripetizione integrale della gara ovvero alla possibilità di subingresso del concorrente secondo classificato, o ancora alla risarcibilità per equivalente o in forma specifica in favore del ricorrente vittorioso.
Sotto quest’ultimo profilo risarcitorio, è stato recentemente evidenziato che “nelle controversie relative agli atti di gara d’appalto, allorché risulti che la ricorrente sarebbe risultata miglior offerente e quindi affidataria del servizio, con conseguente annullamento del provvedimento di aggiudicazione del servizio alla controinteressata, le pretese risarcitorie di parte ricorrente possono trovare adeguata soddisfazione mediante l’applicazione del disposto di cui all’art. 122, sopra richiamato. Applicate le sopra indicate coordinate normative al caso che ne occupa, ritiene il Collegio che, annullata l’aggiudicazione, tenuto conto degli interessi delle parti, della dimostrata effettiva possibilità per la ricorrente di conseguire l’aggiudicazione in relazione alla posizione conseguita in graduatoria, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nello stesso, non ravvisandosi le condizioni per disporre l’annullamento dell’intera gara, deve essere dichiarata l’inefficacia del contratto in essere con decorrenza dalla data della comunicazione della decisione a cura della Segreteria della Sezione ovvero dalla sua notificazione, a cura di parte ricorrente, se anteriore”[18].
Può pertanto essere dichiarata l’inefficacia del contratto, consentendo il subentro del ricorrente vittorioso ed al contempo condannando la pubblica amministrazione al risarcimento del danno per equivalente, liquidato in via equitativa, in relazione al pregresso periodo di esecuzione del servizio[19].
Occorre avvertire però che quando il giudice ritenga di sommare alla tutela specifica anche quella per equivalente pecuniario, possono prospettarsi ipotesi di danno erariale con conseguente responsabilità in capo ai funzionari pubblici che abbiano agito con dolo o colpa grave nell’ambito della procedura di gara che abbia condotto all’aggiudicazione poi annullata in sede giurisdizionale.
Il giudice può sommare alla tutela in forma specifica, mediante reintegrazione del ricorrente nell’esecuzione del contratto, anche quella per equivalente, mediante risarcimento del danno; in tal caso possono però prospettarsi ipotesi di danno erariale a carico dei funzionari pubblici.
Infine compete al giudice di stabilire, nella sentenza con cui annulla l’aggiudicazione e dichiara l’inefficacia del contratto, anche il termine di decorrenza di tale dichiarazione di inefficacia, tenendo conto dei termini di legge necessari per la ripetizione della gara, onde evitare interruzioni di attività di pubblico servizio o comunque nell’esecuzione di attività contrattuali di interesse pubblico.
Sul tema il Consiglio di Stato ha precisato come “sia necessario indicare una decorrenza della inefficacia del contratto, diretta a contemperare in modo equilibrato gli interessi delle parti e sincronizzata con il termine assegnato all’amministrazione per il rinnovo delle operazioni di gara”[20].
3. Conclusioni
La dichiarazione di inefficacia del contratto emessa dallo stesso giudice amministrativo che sancisce l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva, costituisce senza dubbio un risultato costituzionalmente apprezzabile in termini di economia processuale e di effettività della tutela giurisdizionale. I temperamenti di cui al comma 2 dell’art. 121 C.P.A. in tema di pubblico interesse e di conseguenze sproporzionate circa gli interessi economici del contratto e sul tema degli “interessi delle parti” citati all’art. 122, offrono agli interpreti del diritto il giusto margine per applicare tali principi tenendo conto della singolarità dei casi concreti.
Dalle prime applicazioni giurisprudenziali delle norme qui passate in rassegna, emerge infatti un esercizio di tale potestà giurisdizionale ispirato al contemperamento del fondamentale interesse pubblico al ripristino della legalità (violata per effetto di un’aggiudicazione illegittima e dunque della successiva stipula del contratto, viziato in via derivata), con l’altrettanto apprezzabile interesse concreto (seppure ancorato al rispetto di “esigenze imperative connesse ad un interesse generale”) a non determinare conseguenze eccessivamente gravose per le casse pubbliche e per la continuità delle attività di pubblico interesse.
[1] Art. 121 del Codice del Processo Amministrativo: 1. Il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva dichiara l’inefficacia del contratto nei seguenti casi, precisando in funzione delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto, se la declaratoria di inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo o opera in via retroattiva:
a) se l’aggiudicazione definitiva è avvenuta senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è prescritta dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;
b) se l’aggiudicazione definitiva è avvenuta con procedura negoziata senza bando o con affidamento in economia fuori dai casi consentiti e questo abbia determinato l’omissione della pubblicità del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è prescritta dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;
c) se il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito dall’articolo 11, comma 10, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e sempre che tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell’aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento;
d) se il contratto è stato stipulato senza rispettare la sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l’aggiudicazione definitiva, ai sensi dell’articolo 11, comma 10-ter, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell’aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento.
2. Il contratto resta efficace, anche in presenza delle violazioni di cui al comma 1 qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti. Tra le esigenze imperative rientrano, fra l’altro, quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall’esecutore attuale. Gli interessi economici possono essere presi in considerazione come esigenze imperative solo in circostanze eccezionali in cui l’inefficacia del contratto conduce a conseguenze sproporzionate, avuto anche riguardo all’eventuale mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporta l’obbligo di rinnovare la gara. Non costituiscono esigenze imperative gli interessi economici legati direttamente al contratto, che comprendono fra l’altro i costi derivanti dal ritardo nell’esecuzione del contratto stesso, dalla necessità di indire una nuova procedura di aggiudicazione, dal cambio dell’operatore economico e dagli obblighi di legge risultanti dalla dichiarazione di inefficacia … ”.
[2] Art. 122del Codice del Processo Amministrativo: 1. Fuori dei casi indicati dall’articolo 121, comma 1, e dall’articolo 123, comma 3, il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta.
[3] Corte di Cassazione Sezioni Unite civili, ordinanza 10 febbraio 2010, n. 2906: “la esigenza della cognizione del giudice amministrativo sulla domanda di annullamento dell’affidamento dell’appalto, per le illegittime modalità con cui si è svolto il relativo procedimento e della valutazione dei vizi di illegittimità del provvedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta che lo stesso giudice adito per l’annullamento degli atti di gara, che abbia deciso su tale prima domanda, può conoscere pure della domanda del contraente pretermesso dal contratto illecitamente, di essere reintegrato nella sua posizione, con la privazione di effetti del contratto eventualmente stipulato dall’aggiudicante con il concorrente alla gara scelto in modo illegittimo”.
[4] Secondo un primo orientamento l’annullamento degli atti amministrativi emanati in vista della conclusione del contratto – deliberazione a contrattare, bando, approvazione della graduatoria – determinava l’invalidità di quest’ultimo per vizi del consenso. L’amministrazione infatti, in seguito all’annullamento degli atti della procedura, resterebbe priva della legittimazione e della capacità stessa (art. 1425 c.c.) a contrattare, determinando l’annullabilità del contratto; siffatta invalidità, però, potrebbe essere fatta valere solo su richiesta dell’Amministrazione contraente, la quale sarebbe l’unica parte interessata ai sensi dell’art. 1441 c.c. Alla stregua di un altro orientamento, il contratto sarebbe nullo per violazione di norme imperative ex art. 1418, primo comma c.c. (c.d. nullità virtuale o extratestuale: cfr. TAR Campania, Napoli, Sez. I, 29 maggio 2002, n. 3177; TRGA Bolzano, 12 febbraio 2003, n. 48; TAR Puglia, Bari, Sez. I, 28 gennaio 2003, n. 394; TAR Sicilia, Catania, Sez. II, 7 maggio 2002, n. 802). Altra impostazione teorica ricostruiva la fattispecie in termini di caducazione automatica del contratto: la caducazione in via derivata degli atti della procedura concorsuale travolgerebbe “automaticamente” il contratto, essendo venuto a mancare il presupposto in base al quale il contratto è stato stipulato. Secondo un risalente orientamento del Consiglio di Stato, nel caso di annullamento degli atti di gara il contratto eventualmente stipulato sarebbe affetto da inefficacia relativa: l’inefficacia sopravvenuta derivante dall’annullamento degli atti di gara ovvero del provvedimento di aggiudicazione, sia in sede giurisdizionale, che amministrativa in via di autotutela (sempre che, in tal caso ne ricorrano tutti i presupposti sostanziali) è relativa e può essere fatta valere solo dalla parte che abbia ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione (Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 ottobre 2003 n. 6666)
[5] Cfr. ex multis Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 28 dicembre 2007, n. 27169
[6] Conforme: Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 30 luglio 2008, n. 9
[7] Cfr. SS. UU. ordinanza 10 febbraio 2010, n. 2906 cit.: “La trattazione disgiunta delle due domande ritarda, con la esigenza di adire altro giudice con le stesse finalità, la soddisfazione delle posizioni soggettive a tutela delle quali si è agito in giudizio, in contrasto, come già detto, con i principi del giusto processo e della ragionevole durata di esso e con quello di effettività delle azioni esercitate”
[8] Cfr. SS. UU. ordinanza 10 febbraio 2010, n. 2906 cit.: “La mancata tempestiva trasposizione nel diritto interno di Direttive CE costituisce condotta inadempiente dello Stato che dà diritto ai soggetti lesi da tale omissione o ritardo non solo al risarcimento del danno (Cass. 22 ottobre 2009, n. 2440, SS.UU. 17 aprile 2009, n. 9147) ma anche al diritto di chiedere alle autorità dello Stato – amministrative e/o giurisdizionali – di conformarsi, nella loro attività, ai principi sanciti dalle stesse direttive CE per le loro disposizioni chiare, incondizionate e scadute, con conseguenti effetti orizzontali di esse nei confronti dei singoli cittadini che ordinariamente sono invece vincolati alla sole norme dei Regolamenti CE”. In tal modo le Sezioni Unite hanno superato il proprio risalente orientamento, secondo cui: “In materia di procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, la giurisdizione esclusiva del G.A., di cui agli artt. 6 e 7 della legge n. 205/00, si arresta alla fase pubblicistica dell’appalto, senza involgere la successiva fase di esecuzione del rapporto, sorto in conseguenza del contratto stipulato tra p.a. e soggetto aggiudicatario, fonte di diritti e di obblighi, di cui conosce il G.O., quale giudice dei diritti. Spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda volta ad ottenere tanto la dichiarazione di nullità quanto quella di inefficacia o l’annullamento del contratto di appalto, a seguito di annullamento della delibera di scelta dell’altro contraente, adottata all’esito di una procedura di evidenza pubblica, posto che, in ciascuno di questi casi, la controversia non ha ad oggetto i provvedimenti riguardanti la predetta scelta, bensì il successivo rapporto di esecuzione che si concreta nella stipulazione del contratto di appalto, del quale i soggetti interessati chiedono di accertare un aspetto patologico, al fine di impedirne l’adempimento. Detto accertamento negativo, avente ad oggetto situazioni giuridiche soggettive con consistenza di diritti soggettivi pieni, viene condotto dal giudice verificando la conformità alla norma positiva delle regole attraverso cui l’atto negoziale è sorto, ovvero è destinato a produrre i suoi effetti tipici” (Corte di Cassazione, SS. UU., 28 dicembre 2007, n. 27169).
[9] Art. 133 del Codice del Processo Amministrativo comma 1 lett. e): “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrati le controversie: 1) relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative”.
[10] Cfr. sul tema TAR Toscana, Sezione I, sentenza 11 novembre 2010 n. 6579, ove si è chiarito che “l’autoannullamento da parte della Pubblica Amministrazione di una procedura di aggiudicazione non comporta automaticamente la caducazione dei sottostanti contratti di interest rate swap, poiché solo il giudice competente, e non la Pubblica Amministrazione, può intervenire in merito alle questioni relative ai sottostanti rapporti contrattuali. Né la normativa interna né quella comunitaria, infatti, in alcun punto prendono in considerazione l’ipotesi che sia la seconda a poter privare di efficacia il contratto stipulato mediante l’autoannullamento o la revoca dei provvedimenti che hanno portato all’individuazione del contraente, sull’assunto che non può consentirsi ad alcun soggetto, nemmeno se trattasi di ente pubblico, di sciogliersi unilateralmente da un vincolo contrattuale. Pertanto, come correttamente rappresentato nella discussione in pubblica udienza dalla difesa delle ricorrenti, la mancata menzione nella legislazione di un potere di autotutela a favore della stazione appaltante deve essere interpretata nel senso che la valutazione degli interessi connessi alla continuazione nell’esecuzione di un contratto, in caso di violazione della normativa di evidenza pubblica, compete unicamente al giudice e non può invece derivare da un’iniziativa autonoma della stazione appaltante. Tali principi implicano quindi che nel nostro ordinamento non può essere consentito a quest’ultima di influire in modo unilaterale sull’efficacia del contratto stipulato, nemmeno laddove siano individuate violazioni della procedura di evidenza pubblica. Essa dovrà invece adire il giudice competente a conoscere dell’esecuzione del contratto il quale, ai fini della decisione, potrà apprezzare l’avvenuto annullamento dei provvedimenti di evidenza pubblica”.
[11] Art. 121 comma 5 C.P.A.: “La inefficacia del contratto prevista dal comma 1, lettere a) e b), non trova applicazione quando la stazione appaltante abbia posto in essere la seguente procedura:
a) abbia con atto motivato anteriore all’avvio della procedura di affidamento dichiarato di ritenere che la procedura senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea ovvero nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana sia consentita dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;
b) abbia pubblicato, rispettivamente per i contratti di rilevanza comunitaria e per quelli sotto soglia, nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea ovvero nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana un avviso volontario per la trasparenza preventiva ai sensi dell’articolo 79-bis del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in cui manifesta l’intenzione di concludere il contratto;
c) il contratto non sia stato concluso prima dello scadere di un termine di almeno dieci giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell’avviso di cui alla lettera b)”.
[12] Sul punto si vedano anche: TAR Lazio Roma, Sez. III-ter, 11 aprile 2011 n. 3169; TAR Calabria Reggio Calabria, Sez. I, 20 ottobre 2010 n. 942; TAR Campania Napoli, Sez. I, 14 luglio 2010 n. 16776; TAR Campania Napoli, Sez. I, 29 gennaio 2009, n. 514.
[13] Cfr. Consiglio Stato, Sez. VI, 24 settembre 2010 n. 7132
[14] In alcuni casi è stata dichiarata l’inefficacia contrattuale anche nell’ipotesi di mancato esperimento della seduta pubblica in una gara informale secondo le procedure del cottimo fiduciario ex art. 125 del D.Lgs. 163/06 e s.m.i. (TAR Sardegna, decisioni n. 85 e n. 212 del 2011).
[15] E’ stato infatti chiarito che la condotta processuale della parte che, senza giustificato motivo, non ha proposto la domanda di cui al comma 1 dell’art. 121, o non si è resa disponibile a subentrare nel contratto, è valutata dal giudice ai sensi dell’articolo 1227 del codice civile, con la conseguenza che la condotta processuale della parte che, senza giustificato motivo, non ha proposto la domanda di conseguire l’aggiudicazione, o non si è resa disponibile a subentrare nel contratto, è valutata dal giudice ai sensi dell’articolo 1227 del codice civile, relativo al concorso del fatto colposo del creditore, e che dispone che se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza (v. TAR Sicilia Catania, Sez. IV, 16 dicembre 2010).
[16] Cfr. TAR Trentino Alto Adige – Trento, 15 dicembre 2010 n. 242; TAR Lombardia Milano, ordinanza 14 ottobre 2010 n. 1097.
[17] In altra fattispecie è stata disposta, sempre in ragione dell’avanzato stato di esecuzione, la condanna al risarcimento per equivalente (Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 giugno 2010, n. 3759).
[18] TAR Lazio – Roma, Sez. III-ter, 1 giugno 2011 n. 4984.
[19] TAR Lombardia – Milano, Sez. I, 17 maggio 2010, n. 1524. Il principio per cui alla tutela specifica, mediante reintegrazione, può sommarsi anche quella per equivalente, in forma pecuniaria, è stato altresì esplicitato con specifico riferimento alla quantificazione del danno: “Nel caso in cui, successivamente all’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione di una gara, sia possibile, ai sensi dell’art. 122, D.lgs. 2 luglio 2010 n. 104, la dichiarazione di inefficacia del contratto e il subentro nella esecuzione dello stesso da parte del ricorrente, quest’ultimo ha diritto ad essere risarcito per equivalente relativamente alla quota di lavori già eseguiti da parte dell’impresa controinteressata; in particolare, gli unici danni da risarcire per equivalente sono quelli derivante dal mancato guadagno nonché il cd. «danno curriculare» correlabili alla quota di lavori che sono già stati eseguiti, mentre nulla può essere riconosciuto come ristoro delle spese di partecipazione alla procedura, trattandosi di un onere che parte ricorrente non avrebbe certo recuperato in caso di aggiudicazione (in generale le spese di partecipazione alla gara sono un onere che ogni concorrente sopporta «a fondo perduto»); il danno da risarcire per equivalente può essere fissato nella misura del 10% della sua offerta (ovviamente percentualmente ridotta della quota dei lavori che essa andrà a eseguire), di cui il 9% viene riconosciuto a titolo di mancato guadagno (dato che è ragionevole presumere che parte ricorrente, nella prospettiva del subentro da esso chiesto sin dall’origine, non abbia potuto reimpiegare la propria organizzazione imprenditoriale in altri lavori se non in una misura minima) e il residuo 1% a titolo di danno curriculare” (TAR Lazio – Latina, Sez. I, 29 ottobre 2010, n. 1857).
[20] Consiglio di Stato, Sez. III, 11 marzo 2011 n. 1570; in un altro caso particolare, avente ad oggetto un appalto di servizi di refezione scolastica, si è ritenuto di far decorrere l’inefficacia contrattuale a partire dall’anno scolastico successivo, onde garantire la continuità del servizio svolto dall’attuale esecutore (v. TAR Calabria, Catanzaro, Sez. II, 10 giugno 2010 n. 1107).