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( votes)Buche nell’asfalto, fontane che non zampillano, strisce pedonali cancellate. Il quotidiano scenario con il quale si vive in molte città italiane. Piccoli disagi che richiedono piccoli interventi. Piccoli interventi che però, in molti casi, non vengono eseguiti in tempi ammissibili e con i quali si impara a convivere. Chi percorre quotidianamente una certa strada conosce a memoria ogni singola buca e sa bene quali traiettorie prendere per evitare fastidiosi sobbalzi e non rischiare di danneggiarsi ruote, ammortizzatori e semiassi.
Le città sono un organismo complesso. Come ogni organismo è necessario che ce se ne prenda cura ogni giorno. Serve ad evitare che con il trascorrere del tempo un piccolo malessere possa trasformarsi in un malanno cronico, incurabile. Gli amministratori locali sono i medici delle loro città. Devono monitorarle costantemente devono preoccuparsi che prendano le medicine. Sono pazienti complicati le città, con diverse patologie, con vecchi acciacchi che periodicamente riemergono e nuovi problemi che di giorno in giorno si manifestano. Intervenire tempestivamente sui singoli problemi è necessario per non permettere ad un problema che necessita di una manutenzione ordinaria di diventare cronico e abbisognare di un intervento di manutenzione straordinaria.
La teoria è semplice. La pratica un pò meno. E la manutenzione ordinaria si perde tra i labirinti della burocrazia o nell’eco delle casse semideserte delle Amministrazioni Comunali.
In questo scenario qualcuno ha deciso di non aspettare. Ha deciso che bisogna agire. Che, nelle more delle Pubbliche Amministrazioni, le città devono prendersi cura di se stesse. Devono farlo da sole.
Accade a Roma. Da qualche tempo è all’opera un gruppo di operai volontari che clandestinamente intervengono tra le strade della città per eseguire interventi che l’amministrazione comunale tarda a realizzare. Si fanno chiamare GAP, acronimo di gruppi artigiani di pronto intervento. Agiscono di notte. Sono operai, architetti, ingegneri. Arrivano sul luogo nel quale c’è qualcosa da riparare (il loro bersaglio) e si danno da fare per svolgere il lavoro nel minor tempo possibile. Devono affrettarsi perché quello che fanno è illegale. Ed è per questo che lavorano nascondendo la loro identità con cappucci e sciarpe.
Renato, Peppe, Nadir (nomi di fantasia di tre “attivisti” dei GAP romani), dimostrano che per riasfaltare una buca, riparare una fontana, ridipingere la segnaletica stradale, richiede poche ore di intervento al cospetto di estenuanti attese burocratico-economiche.
Nell’era della condivisione, potremmo immaginare che ognuno possa condividere le proprie capacità professionali mettendole al servizio della comunità? Siamo davanti ad una ipotesi di estinzione della gestione dei lavori pubblici per come li conosciamo oggi? Siamo agli arbori di una metamorfosi? Arriverà un giorno in cui i singoli cittadini, condomini, comitati di quartiere si occuperanno della manutenzione dell’arredo urbano che rientra nella propria area di competenza, lasciando alle Pubbliche Amministrazioni il ruolo di supervisore, coordinatore, responsabile delle forniture di materie prime e attrezzature?
In un’ipotetica epoca in cui il lavoro abbondi e ci sia qualcuno che ne potrebbe offrire parte sotto forma di volontariato: forse. Per ora l’operato dei GAP è una provocazione e come se affermassero “se le amministrazioni non ci riescono, provvediamo noi”. Episodi di sabotaggio del sistema o, semplicemente, atti dimostrativi per far notare che quella buca che è li da mesi la si ripara in poche decine di minuti.
L’attivismo dei GAP ha attirato anche l’attenzione della stampa estera. Sul britannico The Guardian, Giorgio Ghiglione scrive che “gli attivisti del GAP sperano che il loro intervento possa spingere l’amministrazione locale ad agire”.
Citando un attivista, Giglione scrive: “Non siamo anarchici. Siamo persone che vogliono migliorare le cose”. Ecco, la chiave di questa vicenda è nel voler migliorare le cose. Se è al miglioramento che si vuole puntare, allora sarebbe il caso di parlarne. Di trovare un sistema concreto attraverso il quale la cosa pubblica possa essere gestita secondo un nuovo metodo. “Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi ed impegnati possa cambiare il mondo. In verità è l’unica cosa che è sempre accaduta”, diceva l’antropologa statunitense Margaret Mead.