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( votes)Ogni cambiamento è tensione tra forze opposte. C’è l’euforia che pervade l’animo nello sporgersi verso qualcosa di nuovo. C’è il timore perché il nuovo non è mai del tutto nitido, ci sono zone d’ombra attraverso le quali non si riesce a scrutare l’orizzonte. Il nuovo, affascinante e adrenalinico, è anche ignoto a volte paralizzante. Ogni inizio è un incamminarsi su un territorio di cui non si ha piena percezione.
Se queste due forze agiscono con pari intensità si rischia la paralisi. Un limbo perenne tra l’insoddisfazione del presente e la paura del futuro. Uno stato che, se dovesse assumere i connotati della permanenza, potrebbe diventare terreno fertile per una depressione. Vale per gli individui come singoli. Vale per gli individui raggruppati in organizzazioni: associazioni, imprese, pubbliche amministrazioni. Il non fare sviluppato da una depressione non è solo immobilità cronica ma anche arretramento graduale. Apatia. Una regressione che, se lasciata scivolare senza contrapporre resistenza può avere conseguenze estreme. L’immobilità è deleteria. Bisogna compiere delle scelte per alimentare di linfa vitale la quotidianità. La vita di una persona, come quella di un’organizzazione, è un perpetuo scegliere. Le scelte, se ne leggete l’etichetta, sono composte all’80% di ignoto. Insomma, non tutto è possibile prevedere. A un certo punto, se si vuole progredire, bisogna buttarsi! Avere fiducia!
L’evoluzione, il progresso, si basano su due agenti primari: intuizione e fiducia. Ci vuole intuizione per maturare idee rivoluzionarie in grado di generare cambiamenti epocali per se stessi e, tal volta, per il genere umano. Ci vuole fiducia per sostenere intuizioni che in alcuni casi possono apparire come il monologo delirante di un folle. Fiducia è la parola chiave pronunciata dal Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini in occasione della presentazione del nuovo Codice degli Appalti.
La fiducia di cui parla il Ministro è quella che va investita a favore di sindaci, imprese e liberi professionisti. Saranno i protagonisti del nuovo modo di gestire i lavori pubblici. Attori e autori delle proprie scelte. “Artefici del proprio destino”, potremmo dire con le parole di Appio Claudio il Cieco. Con il nuovo Codice le Pubbliche Amministrazioni hanno facoltà di scelta, autonoma, sul modo in cui gestire le “gare” d’appalto. “Abbiamo deciso – afferma Salvini su IL GIORNALE – che fra 1 e 5 milioni si potrà scegliere come andare avanti: l’affidamento diretto oppure la negoziazione con un numero ristretto di imprese”. Secondo tale impostazione l’ipotesi di una gara pubblica diverrebbe residuale.
Le virgolette nelle quali abbiamo incastonato le parole gare e appaltanti trovano la loro ragione in questo nuovo approccio ai lavori pubblici. Se si lascia come ultima opzione residuale del bando pubblico, infatti, ci appare forzato parlare ancora in termini di gare e appalti. Forse anche parlare di Codice degli Appalti potrebbe sembrare una forzatura. La previsione è che la tendenza sia a favore delle prime due opzioni.
Che questo nuovo modo di gestire le opere pubbliche sia giusto o sbagliato ce lo racconterà la storia. Non è possibile oggi esprimere una sentenza. Si possono fare ipotesi. Si possono invocare divinazioni di esperti e addetti ai lavori. Ma sono sempre previsioni su qualcosa di inedito, su un futuro che, come abbiamo detto sopra, è protetto da ignoto e imprevedibilità. È un nuovo inizio e come tale necessità di fiducia per poterci mostrare il suo vero valore. Positivo o negativo. Le bocciature a prescindere non sono dimostrazione di intelligenza. Fiducia. Ci vuole fiducia.
Nel retroterra del Codice, così come è stato approvato, c’è l’intenzione di semplificare le procedure, accelerare i tempi, snidare la corruzione. Con il nuovo sistema afferma Salvini “diamo maggiore responsabilità ai soggetti chiamati a condividere il processo di autorizzazione e costruzione delle infrastrutture”.
È nel responsabilizzare i vertici decisori di ciascuna Pubblica Amministrazione che fa perno il sistema presentato da Salvini. I dubbi? Sono di facile intuizione: partiti d’opposizione, sindacati, organizzazioni di categoria, temono che i lavori possano essere affidati a imprese vicine agli amministratori. Nel manovrare senza vincoli, nella soglia proposta dal Codice, quest’ultimi potrebbero essere tentati e incorrere in tale errore. Ma partiamo dal dogma che vuole che i nostri governatori siano corrotti e corruttibili. Proviamo per una volta ad abbandonare qualsiasi giudizio precostituito. Per la macchina amministrativa è un banco di prova. Se si sbaglia non ci saranno più scusanti e si rischierà di spezzare definitivamente quel già flebile legame, ormai rosicchiato da anni di malaffare, che unisce la politica al cittadino sfiduciato.
È questa mancanza di fiducia che in ultima analisi vuole ricostruire Salvini. Il nuovo Codice vuole fare questo: combattere la corruzione con una tempistica ridotta dei lavori. Per il vicepremier “se riduci i tempi e i passaggi dai anche meno opportunità al mafioso e al criminale di infilarsi in mezzo e di inquinare la realizzazione dell’opera”. Sul fronte opposto l’intervento del Presidente dell’ANAC Giuseppe Busia che, intervistato da Filippo Santelli per Repubblica, all’indomani dell’approvazione del Codice, afferma che “concentrarsi solo sulla velocità rischia di andare a discapito di trasparenza, tutela del lavoratore e in definitiva della qualità delle opere pubbliche”.
Il Codice entrato in vigore il primo aprile scorso sarà esecutivo dal primo luglio. Tra estimatori e detrattori l’apparato delle opere pubbliche vi si dovrà attenere. C’è tutta la nostra fiducia. E se dovesse rivelarsi un pesce d’aprile? Sarà elaborato un nuovo Codice degli Appalti. Il meccanismo è già ben rodato.