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( votes)L’emergenza è uno stato di disordine. Di imprevedibilità. Va affrontata con schemi del tutto diversi da quelli che si adotterebbero nelle situazioni ordinarie. Non si può sapere dove e quando si manifesterà un’emergenza. E non si può sapere che forme assumerà. Si può solo imparare ad immaginare come reagire, cosa fare se… Così, assorbito il colpo, rimettersi in equilibrio e riprendere a camminare. Prima barcollando perché c’è confusione e non si è ancora consapevoli dell’entità dei danni. Subito dopo, si deve ritornare lucidi. Guardarsi attorno. Capire. Decidere. Agire. Decisioni e azioni che non possono essere le stesse che avremmo preso un giorno qualunque. Non è possibile affrontare l’emergenza con le regole scritte per la normalità. Con i tempi e con le forze di ogni giorno.
A velocizzare l’iter per l’assegnazione degli appalti per far fronte alle emergenze arriva un decreto nel quale assume un ruolo fondamentale la procedura negoziata oltre il limite attuale del milione di euro. “Al posto di una procedura aperta, che prevede il bando e le relative offerte, basterà interpellare almeno cinque imprese e poi selezionare la migliore”, scrivono Frontera e Latour su IlSole24Ore.
Le emergenze ci saranno sempre. Imprevedibili. Spietate. “Come la mano di un grande orso che viene e spazza via tutto ciò che abbiamo costruito, per ricordarci che siamo piccoli, che la natura può annientarci in un attimo”, cito a memoria Chris Stevens, personaggio di NorthernExposure. Nessuno avrebbe potuto scrivere sceneggiatura più drammatica di quella che la natura ha scritto per il Centro Italia: terremoto, crolli, città rase al suolo, freddo, neve, metri di neve, città isolate, l’ennesima scossa, valanghe, un elicottero che precipita. Nessuno può prevedere cosa altro possa immaginare la natura. Possiamo solo provare a scrivere un sequel più reattivo, meno intricato e burocraticizzato, più a misura dell’emergenza da superare, delle persone da aiutare.
E’ l’obiettivo del decreto varato dal Consiglio dei Ministri il 02 febbraio. Il decreto semplifica le procedure di decisione e di intervento per la realizzazione degli alloggi temporanei, delle opere di urbanizzazione primaria e delle scuole. Rientrano nel circuito delle semplificazioni gli interventi per la rimozione delle macerie e per la tutela delle stalle.
Il decreto contiene risposte ad un’emergenza. Sarebbe meglio prevenire l’emergenza, ma non è sempre possibile fino in fondo. Purtroppo non si vede un problema fino a quando non ci si sbatte contro con il naso. I problemi sono invisibili. Sono come vetri così limpidi che non ti accorgi nemmeno che ci sono. Non vedevo nessun problema quando a 10 anni presi a correre verso una cabina telefonica per andare a giocare con la cornetta. Il problema me lo ritrovai stampato sulla fronte, sottoforma di bernoccolo, quando mi rialzai da terra, dopo che mi ero schiantato contro quel vetro tirato a lucido. I problemi non si lasciano riconoscere. Sono lì che sorgono e crescono senza che te ne possa accorgere. E poi te li ritrovi davanti quando sono diventati difficili da gestire. Ed è forse questo verbo chiave: gestire. Un’azione che racchiude in sé conoscenza e reattività. Per gestire un’emergenza si deve sapere cosa è accaduto e di cosa c’è bisogno, si deve avere il mandato e la competenza di potersi muovere di conseguenza.
Ci vogliono regole serie perché la gestione dell’emergenza sia efficace. Ci vogliono regole certe, scritte bene, comprensibili, che non lascino spazio ad interpretazioni e dibattiti. E’ così e si fa in questo modo. Punto e basta. Si verifica il danno e si prescrive il rimedio. “Accelerare davanti ad una situazione difficile, evitare il crearsi di strozzature burocratiche, prevenendole se è possibile” ha detto il premier Paolo Gentiloni. Decidere come una macchina mostrando di avere un cuore. Perché chi vive in prima persona gli effetti di una calamità ha bisogno di sentire che le istituzioni sono vicine. E le istituzioni non sono i palazzi, gli uffici, i corridoi. Sono persone. Persone che per il ruolo che hanno devono avere a cuore la sorte del paese senza inutili polemiche, senza inutili parole.