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( votes)Cosa cerca veramente Trump? Quale risultato crede di ottenere imponendo dazi a Canada, Messico e Cina? Minacciando imposte doganali anche all’Europa? “E’ una misura economica, abbiamo un deficit commerciale di quasi 200 miliardi con il Canada. Lo stesso accade con il Messico, un deficit da 250 miliardi. Con le passate amministrazioni, per anni dal Messico e dal Canada sono arrivati milioni di criminali. La Cina produce il fentanyl, che entra attraverso il Canada e attraverso il Messico”, ha spiegato il Presidente statunitense in questi giorni. La storia ha insegnato che le barriere economiche non sono una strategia efficace per recuperare il segno negativo nella bilancia commerciale nei confronti di altri paesi. La soluzione è illusoria ed effimera. Ha qualche effetto nel breve periodo, che si esaurisce quasi del tutto nel lungo. L’utilizzo di dazi per contrastare l’ingresso nel paese di criminali e droghe non ha, poi, alcuna motivazione economica. Nulla che si possa risolvere con i dazi. È solo un modo per fare pressione su stati che si reputano poco impegnati nel contrastare tali fenomeni. “Il presidente statunitense, che in passato ha più volte definito la parola “dazio” una delle più belle del vocabolario, usa questo strumento economico come un’arma negoziale per ottenere vantaggi politici”, si leggeva in questi giorni su un’agenzia di Agence France Press.
Lo scenario è ancora tutto incerto. Dopo aver proclamato l’avvio della politica dei dazi, Trump ritratta, li congela per un mese a Messico e Canada e dialoga con la Cina. Perché il retromarcia? Perché il presidente a stelle e strisce ha ottenuto dai paesi confinanti l’impegno a fermare il flusso di criminali e fentanyl. Proprio come si ipotizzava sopra, l’obiettivo non è tanto economico quanto politico.
Sul versante economico, i dazi non risolveranno i problemi degli Stati Uniti, ne provocheranno altri. Se saranno riattivati, gli statunitensi non saranno esenti da conseguenze per via dell’aumento dei prezzi di un paniere molto ampio di prodotti che gli Stati Uniti importano. Ma Trump è convinto che i suoi “sudditi” capiranno. Lo capiranno e lo accetteranno, è certo il tycoon. Chi non può comprenderli e accettarli sono i cittadini di paesi che patiranno questa politica anche se non direttamente coinvolti. Anche l’Italia. Anche se non dovessero arrivare i famigerati dazi per l’eurozona.
L’imposizione di barriere commerciali finirebbe per far diventare sempre più gravoso quadrare il conto delle famiglie e delle imprese. Il comparto degli appalti pubblici ne resterebbe pienamente coinvolto. A pesare sui conti italiani sarebbero soprattutto i dazi che dovrebbe sopportare la Cina. La seconda economia mondiale, colpita dalle restrizioni americane, per recuperare le minori entrate si troverebbe costretta ad aumentare il prezzo dei prodotti che vende ad altri partner commerciali. In alternativa, se dovesse registrare un calo del traffico commerciale verso gli Stati Uniti potrebbe decidere di ridurre la produzione; anche in questo caso l’esito sarebbe l’aumento dei prezzi.
Quali prodotti stiamo considerando, parlando di lavori pubblici? Uno su tutti? L’acciaio. La nostra industria importa dalla Cina oltre il 50% del fabbisogno di tale materia. L’impatto di un aumento dei prezzi sarebbe notevole. L’acciaio è necessario per il cemento armato. Si pensi di quanto acciaio si ha bisogno per la realizzazione di infrastrutture come strade, ferrovie, ponti, gallerie. Ma anche per l’edilizia pubblica: scuole, strutture sportive, palazzi sede di enti e istituzioni. Si stima che per costruire un ponte in cemento armato di cinquanta metri di lunghezza e venti di larghezza siano necessari circa 150-200 tonnellate di acciaio. A questi si devono aggiungere il materiale necessario per la realizzazione dei guard rail, anch’essi in acciaio. Gli aumenti di tale materia potrebbero mettere in crisi il settore. Le imprese si troverebbero a sostenere un costo delle materie prime che non potevano preventivare nell’offerta proposta in sede di gara. Se i dazi contro Pechino dovessero essere confermati, potrebbero finire “sotto attacco” i progetti finanziati con il PNNR. Il danno per l’Italia sarebbe enorme.
Guerra dei dazi. Come in ogni guerra non ci sono vinti e vincitori. Con le guerre perdono tutti. In un mercato globalizzato come quello moderno, le conseguenze di politiche economiche azzardate come quella minacciata dalla Casa Bianca sarebbero avvertite ovunque.
Morale: il nostro paese mostra tutta la sua vulnerabilità di fronte alle oscillazioni del mercato e degli umori di persone di potere in grado di influenzare le sorti dell’economia globale. Che lo faccia per mezzo di Putin o di Trump o di qualsiasi altro detentore di un potere talmente forte, la storia non fa altro che ripeterci che l’Italia deve sapersi difendere e trovare in casa le risorse per emanciparsi dalle superpotenze straniere.
“I dogmi di un passato tranquillo sono inadeguati al presente tempestoso. La situazione è irta di difficoltà, e noi dobbiamo essere all’altezza della situazione. Poiché il nostro caso è nuovo, dobbiamo pensare in modo nuovo e agire in modo nuovo. Dobbiamo emanciparci”, ironico che tali parole ci vengano suggerite da Abraham Lincoln, sedicesimo presidente degli Stati Uniti d’America.
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