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( vote)ll criterio c.d. del “cumulo alla rinfusa”, ovvero la possibilità per i consorzi stabili di qualificarsi nelle gare di affidamento di appalti pubblici utilizzando i requisiti delle proprie consorziate, è il protagonista di una storia travagliata, costellata di confusi, a volte contraddittori, interventi normativi e di contrastanti interpretazioni dottrinarie e giurisprudenziali. Allo stato attuale, si ritiene che l’art. 47 del codice sia chiaro.
«I requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento dei soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere b) e c), devono essere posseduti e comprovati dagli stessi con le modalità previste dal presente codice». Se la disposizione si fosse fermata a questo periodo, avrebbe potuto tranquillamente sostenersi, richiamando la natura del consorzio stabile, che questo potrebbe dichiarare di possedere e provare in sede di gara sia i requisiti posseduti in proprio che quelli di tutte le consorziate, indicate o meno per l’esecuzione dei lavori. E ciò anche se, quanto meno per i lavori, tale lettura sarebbe stata resa problematica dall’art. 84 del codice, il quale riferisce la prova del possesso dei requisiti “ai soggetti esecutori”. Il secondo periodo, però, opera come eccezione alla regola posta dal primo, disponendo: «salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate». La disposizione è chiarissima nel limitare il cumulo alla rinfusa agli aspetti indicati e, operando, appunto, come eccezione alla regola che impone al consorzio stabile di possedere e comprovare in sede di gara i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria, chiarisce che questi non possono che essere che quelli maturati in proprio dalla struttura consortile, non potendo risultare dal cumulo dei requisiti delle imprese consorziate (Cfr. ex multis Adunanza Plenaria n. 5 del 2021, TAR Lazio Roma, Sez. III, 3 marzo 2022).