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Traendo spunto da una recente Sentenza del Consiglio di Stato del 12.02.2014 si sottolinea il contenuto dell’art. 18 della L. 7 agosto 1990 n. 241, prevede, ai commi 2 e 3: “2. I documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l’istruttoria del procedimento, sono acquisiti d’ufficio quando sono in possesso dell’amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L’amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti. 3. Parimenti sono accertati d’ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare”.

Pertanto è stata considerata sia l’illegittimità della clausola del bando che prevede, a pena di esclusione, la necessità di allegazione di un attestato in ordine ad un fatto, che la stessa amministrazione procedente è tenuta a rilasciare; sia l’illegittimità del provvedimento che tale esclusione ha disposto, in luogo di procedere ad una integrazione istruttoria, per di più da effettuarsi di ufficio.

E’, infatti, del tutto evidente che l’amministrazione non può subordinare la partecipazione ad una gara ad una preventiva dichiarazione “liberatoria” in ordine alle clausole del bando che regola la medesima. Ciò si pone in contrasto sia con gli artt. 24 e 113 Cost. (che prevedono e garantiscono il diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi contro gli atti della pubblica amministrazione), sia con gli stessi principi di imparzialità e buon andamento amministrativo, volti anche a tutelare la par condicio di coloro – imprese e cittadini – che entrano in contatto con la P.A., al fine di instaurare con essa rapporti contrattuali, al tempo stesso così garantendo alla P.A. la più ampia possibilità di scelta del contraente più adeguato.

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Dott.ssa Liliana Simeone
Consulente in materia di appalti pubblici
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