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Il fato è stato più veloce della burocrazia. C’era un bando per appaltare lavori di manutenzione straordinaria sulle pile 9 e 10 del ponte che il 14 agosto è collassato. 43 vittime. 106 famiglie sfollate. Tragedia annunciata e non ascoltata? Il sistema delle opere pubbliche è finito inevitabilmente sotto accusa. “Il fatto grave – ha scritto David Broder sulla rivista statunitense Jacobin, ripreso da Internazionale – è che, anche se parte dell’infrastruttura italiana cade a pezzi e il paese fatica a riprendersi dalla crisi, i pochi fondi sono costantemente stanziati per progetti costosi e poco funzionali”. Un’immagine, quella di chi ci guarda dall’esterno, in linea con le criticità che di solito solleviamo anche dall’interno. Un’etichetta difficile da rimuovere. Ci vorranno anni di lavoro e ci vorrà, soprattutto, il lavoro di persone oneste e incorruttibili, competenti e illuminate.

Il crollo del viadotto Morandi ha spezzato la nostra estate ed ha travolto la società che gestisce quel tratto di rete autostradale. Era stato il premier Giuseppe Conte ad annunciare la decisione del Consiglio dei Ministri straordinario, riunitosi a Genova all’indomani del crollo: “Abbiamo l’obbligo di far viaggiare tutti i cittadini in sicurezza e disporremo la revoca della concessione ad Autostrade, a cui incombeva l’onere, l’obbligo e il vincolo di curare le manutenzioni di questo viadotto e assicurare agli utenti di poter viaggiare in sicurezza”. La scarsa manutenzione delle opere pubbliche è una delle tematiche più diffuse quando si affronta l’argomento lavori pubblici. Ma non sembra essere il caso del viadotto Morandi. Il ponte che sorvolava la Val Polcevera era costantemente sotto controllo, era costantemente sottoposto ad interventi di manutenzione. Era così perché aveva da sempre mostrato segni di instabilità. “So che quel ponte ha sempre avuto manutenzione, è il caso in cui non si può dire che mancasse la manutenzione. Teniamo conto che non tutto si può prevedere; resta sempre un’aliquota di imprevedibilità. Era sotto controllo da molto tempo. Non è un caso di disattenzione e mancanza di investimenti”, ha affermato su Edilportale l’ingegnere Antonio Brencich, professore associato di Costruzioni in cemento armato all’Università di Genova.

Erano pronti lavori per 20milioni di euro per mettere in sicurezza la pila 9 che alle 11,50 della vigilia di ferragosto ci ha incollati davanti ai telegiornali in edizione straordinaria. La gara indetta da Autostrade per l’Italia si sarebbe dovuta concludere a settembre. Una gara che non ci sarà più. Il ponte, ora, va smontato. Al suo posto ne va costruito uno del tutto nuovo. Un’operazione obbligatoria. Un’operazione che qualcuno aveva opzionato già qualche anno fa. Era il 2009 quando davanti alle criticità presentate dal ponte fu avanzata l’ipotesi di una demolizione controllata. Non se ne fece nulla. Si dovrebbe, invece, prendere in considerazione con più serietà la possibilità che le infrastrutture non sono eterne. Le opere che non sono più al passo con i tempi devono essere sostituite. Quando il ponte sul Polcevera fu progettato non era possibile prevedere il carico di traffico che si sarebbe trovato a sopportare dopo pochi decenni. Si stima che il viadotto, negli ultimi anni, sia stato attraversato da 25milioni di veicoli ogni anno. Ma c’è sempre una certa resistenza ad abbattere. Si preferisce una manutenzione perpetua, un accanimento terapeutico che nonostante le nuove tecniche e le nuove tecnologie non può salvare certe infrastrutture. Dovrebbe diffondersi una cultura dell’abbattere per ricostruire. Il termometro per misurare quando cambiare strategia potrebbe essere il calcolo dei costi come suggerito dall’ingegnere Antonio Brenchic: quando i costi di manutenzione superano i costi di ricostruzione sarà giunto il momento di demolire e ricostruire. In fondo, è una pratica che mettiamo in atto nella quotidiana gestione della vita domestica. Quando un elettrodomestico si rompe e ripararlo è molto oneroso, lo cambiamo. Quando diventano sempre più frequenti i guasti ai vari componenti di un’automobile, sappiamo che è giunto il momento di sostituirla.

All’indomani della tragedia di Genova è stata diffusa la notizia relativa ai circa 300 ponti che sarebbero a rischio in Italia, da Nord a Sud. E’ stato avviato un monitoraggio. Ci aspettiamo di sapere quante opere pubbliche debbano essere appaltate per l’abbattimento e la ricostruzione prima che se ne occupi il tempo, un sisma, un’alluvione. Abbiamo la possibilità di evitare altre tragedie. E per farlo, come ha scritto il presidente dell’OICE Gabriele Scicolone, nel comunicato stampa diffuso il giorno stesso del crollo, “occorre serietà nella conduzione delle gare per aggiudicare i lavori sulla base di progetti dettagliati, affidando i lavori ad offerte ragionevoli e di elevato standard qualitativo, controllando poi con serietà che quanto offerto in gara corrisponda a quanto realizzato in cantiere”.

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Dott. Enzo de Gennaro
Direttore Responsabile
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.