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La «Legge Anticorruzione» individua nell’ANAC il soggetto chiamato a vigilare sul rispetto delle regole sulla trasparenza dell’attività amministrativa, attribuendo alla stessa, tra gli altri, il compito di riferire al Parlamento sull’efficacia delle disposizioni vigenti in materia (art. 1, co. 2, lett. f, L. n. 190/2012, «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione»).
Il vigente quadro normativo in materia è definito dal D.Lgs. n. 33/2013 (recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità̀, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni», «Decreto»), come modificato nel 2016. Il principale obbiettivo del legislatore è quello di favorire forme di controllo diffuso sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, ma anche – e soprattutto – quello di garantire la tutela dei diritti dei cittadini e la promozione della partecipazione degli interessati all’attività̀ amministrativa.
Il decreto ha tuttavia, in più occasioni, richiesto l’intervento dell’Autorità che si è espressa in materia nel corso del 2016 e del 2017, adottando apposite Linee guida, via via integrate, in modo da fornire indicazioni interpretative e applicative agli operatori (delibere nn. 1309 e 1310 del 28 dicembre 2016; n. 241 dell’8 marzo 2017, n. 1134 dell’8 novembre 2017).
Ritenendo non sufficienti tali interventi, l’ANAC è però di recente nuovamente intervenuta, rilevando il permanere di dubbi interpretativi e di criticità che potrebbero condurre ad un’applicazione distorta della relativa disciplina.
Queste le ragioni che hanno portato alla adozione – con delibera n. 1301 dello scorso 20 dicembre 2017 – dell’Atto di segnalazione n. 6 concernente «la disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, contenuta nel D.Lgs. 33/2013[1], come modificato dal D.Lgs. 97/2016», contenente proposte di modifica che interessano varie disposizioni del «Decreto Trasparenza».
1. I precedenti interventi dell’ANAC
L’attività svolta dalla Autorità per la concreta attuazione della riforma delineata nel D.Lgs. 33/2013 prende il via con l’emanazione di apposite linee guida[2], volte a fornire indirizzi interpretativi ed applicativi agli operatori soggetti alla applicazione della nuova normativa disciplinante il diritto di accesso agli atti e la trasparenza (pubbliche amministrazioni, società, agli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni, enti pubblici economici).
Al riguardo può essere utile rammentare le varie fattispecie di accesso disciplinate dal legislatore:
- l’«accesso civico», disciplinato dall’art. 5, comma 1, del D.Lgs. n. 33/13, è azionabile da chiunque vi abbia interesse e riguarda i documenti soggetti agli obblighi di pubblicazione imposti dal decreto: quest’ultimo impone, infatti, la pubblicazione, in conformità alle specifiche e alle regole tecniche contenute nel relativo allegato A, nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, dei documenti, delle informazioni e dei dati concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni;
- l’«accesso generalizzato», introdotto dal D.Lgs. n. 97/2016 (che ha, sul punto, integrato gli artt. 5 e 5 bis del D.Lgs. n. 33/2013), è azionabile da chiunque vi abbia interesse, anche in assenza di apposita motivazione, e concerne solo dati, documenti e informazioni, detenuti dalle pubbliche amministrazioni, che siano ulteriori rispetto a quelli per i quali la legge impone un obbligo di pubblicazione;
- l’«accesso documentale», previsto dalla L. n. 241/90, è volto a consentire l’accesso ai documenti della pubblica amministrazione solo a determinati soggetti (titolari di specifiche posizioni giuridiche qualificate), previa dimostrazione dell’esistenza in capo al richiedente di un «interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso»[3].
L’ultimo intervento dell’ANAC si concentra sull’ «accesso civico», che presuppone previsi obblighi di pubblicazione la cui violazione è specificamente sanzionata.
2. Le proposte di modifica
2.1 Pubblicazione dei dati sull’uso delle risorse pubbliche
L’attenzione dell’ANAC si sofferma in primo luogo sugli obblighi di pubblicazione relativi ai pagamenti che il decreto pone a carico delle amministrazioni e enti ad esse assimilati di cui all’art. 2bis: l’art. 4-bis «Trasparenza nell’utilizzo delle risorse pubbliche», introdotto nel 2016, prevede infatti che l’Agenzia per l’Italia digitale (AGID), d’intesa con il MEF, gestisca il sito internet denominato «Soldi pubblici», tramite il quale è possibile accedere ai dati dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni e consultarli in relazione alla tipologia della spesa sostenuta, alle amministrazioni che l’hanno effettuata, nonché all’ambito temporale di riferimento (comma 1). «Soldi pubblici» è un portale web (www.soldipubblici.gov.it), che raccoglie i dati di cassa, di entrata e di uscita, rilevati dal SIOPE e li pubblica previa rielaborazione nella forma[4].
E’ inoltre previsto l’obbligo per ogni Amministrazione di pubblicare sul proprio sito, nella sezione «Amministrazione trasparente» i dati relativi ai propri pagamenti, permettendone la consultazione in relazione alla tipologia di spesa sostenuta, all’ambito temporale di riferimento e ai beneficiari. Attualmente l’omessa pubblicazione dei dati è sanzionata con l’applicazione di una sanzione pecuniaria come prevista all’art. 47, co. 1 e 1-bis, del D.Lgs. 33/2013 (da 500 a 10.000 euro)[5].
Con la segnalazione dello scorso dicembre, l’ANAC rileva alcune incertezze interpretative in merito ai seguenti aspetti.
1. Con riguardo all’ambito soggettivo di applicazione degli obblighi di trasparenza, il portale «Soldi pubblici» riporta i dati relativi ai pagamenti delle regioni, comuni, province, città metropolitane e ministeri, mentre il sistema SIOPE, dopo una fase sperimentale, è entrato a regime per le regioni, province, comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti e per le università (il sistema SIOPE è stato progressivamente esteso ad altre tipologie di amministrazioni ed enti ed è destinato a coinvolgere tutte le amministrazioni ricomprese nell’elenco dell’ISTAT, ai sensi dell’art. 1, co. 3, della legge 196/2009). L’art. 4-bis è quindi dubbio laddove statuisce che:
i) le amministrazioni sopra indicate sono tenute a comunicare i dati al sito «Soldi pubblici» (comma 1);
ii) tutte le amministrazioni hanno l’obbligo di pubblicare sul proprio sito, nella sezione «Amministrazione trasparente», i dati specificati nella disposizione (comma 2).
Secondo l’Autorità non risulterebbe chiaro infatti quali siano le amministrazioni tenute agli adempimenti di cui al comma 2, rispetto a quelle obbligate ai sensi del comma 1.
«In relazione agli obblighi di pubblicazione sul portale «Soldi pubblici» e sul sito istituzionale («Amministrazione trasparente») l’ANAC chiede chiarimenti al legislatore circa la sussistenza di un onere di doppia pubblicazione, i soggetti obbligati e i dati da pubblicare.
Una interpretazione che richiedesse una doppia pubblicazione (sia sul sito «Soldi pubblici» che nella sezione «Amministrazione trasparente») si porrebbe, peraltro, in contrasto con il principio di semplificazione degli oneri a carico dei destinatari delle misure di trasparenza, affermato nel d.lgs. 33/2013.
2. Con riguardo all’ambito oggettivo di applicazione, analogo difetto di coordinamento riguarderebbe i dati da pubblicare, in quanto non vi è totale coincidenza tra i dati disponibili nel sito «Soldi pubblici» e quelli che devono essere pubblicati sui siti istituzionali.
Di qui la proposta dell’Autorità al legislatore:
a) ferma restando la formulazione del comma 1, il comma 2 andrebbe modificato per specificare, innanzitutto, che il set di dati da pubblicare sul sito istituzionale è lo stesso che deve essere comunicato a «Soldi pubblici»;
b) i soggetti di cui all’art. 2-bis[6], che devono pubblicare i dati relativi ai pagamenti sul sito «Soldi pubblici», devono assicurare nel proprio sito istituzionale, nella sezione “Amministrazione trasparente”, il collegamento ipertestuale al predetto sito «Soldi pubblici», in coerenza con quanto previsto all’art. 9-bis del d.lgs. 33/2013;
c) l’obbligo di pubblicare direttamente i predetti dati sul sito istituzionale, nella sezione «Amministrazione trasparente», grava solo sulle amministrazioni, e gli altri soggetti di cui all’art. 2 bis del d.lgs. 33/2013, che non sono tenuti ad inviare i predetti dati al sito «Soldi pubblici».
«L’obbligo di pubblicare direttamente i dati nella sezione «Amministrazione trasparente» grava solo sui soggetti che non sono tenuti ad inviare i predetti dati al sito «Soldi pubblici».».
2.2 Pubblicazione del contenuto delle banche dati
Il D.Lgs. 97/2016, nel modificare il D.Lgs. 33/13, ha introdotto il nuovo art. 9-bis «Pubblicazione delle banche dati». Questo articolo – a parere dell’ANAC – si è rilevato di difficile attuazione in quanto le banche dati cui si riferisce sono state istituite e realizzate prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 33/2013 per scopi diversi da quelli che si prefigge l’art. 9-bis. La disposizione prevede che:
- le pubbliche amministrazioni titolari delle banche dati di cui all’Allegato B[7] debbano pubblicare i dati presenti nelle predette banche dati, i cui contenuti coincidano con i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del D.Lgs. 33/2013, ove compatibili con le modalità di raccolta ed elaborazione dei dati (comma 1);
- nei limiti dei dati effettivamente contenuti nelle banche dati, tutti i soggetti cui si applica il D.Lgs. 33/2013 possano assolvere agli obblighi di pubblicazione attraverso l’indicazione sul proprio sito, nella sezione “Amministrazione Trasparente”, del collegamento ipertestuale alle stesse banche dati. Resta ferma la possibilità per le amministrazioni di continuare a pubblicare sul proprio sito i predetti dati purché identici a quelli comunicati alla banca dati (comma 2);
- qualora nelle banche dati sia stata omessa la pubblicazione di dati effettivamente comunicati, la richiesta di accesso civico è presentata al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell’amministrazione titolare della banca dati (comma 3);
- laddove, invece, l’omessa pubblicazione dei dati da parte delle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 sia imputabile ai soggetti di cui al comma 2, la richiesta di accesso civico è presentata al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell’amministrazione tenuta alla comunicazione (comma 4).
L’ANAC ricorda che la disposizione assolve al triplice meritevole scopo di:
- introdurre modalità semplificate di pubblicazione per le pubbliche amministrazioni nel senso che le stesse invece di pubblicare nuovamente dati, oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del D.Lgs. 33/2013, già comunicati alle amministrazioni che detengono Banche dati, potranno limitarsi ad inserire nell’apposita sezione o sottosezione di Amministrazione trasparente” il link opportuno;
- evitare duplicazioni e impedire che su siti diversi siano pubblicati dati discordanti;
- avviare un processo di apertura delle banche detenute dalle pubbliche amministrazioni.
Per quanto riguarda l’operatività delle banche dati, il D.Lgs. n. 97/2016 ha prescritto che, entro un anno dalla propria entrata in vigore, le pubbliche amministrazioni e gli altri soggetti di cui all’articolo 2-bis del D.Lgs. n. 33 del 2013, «verificano la completezza e la correttezza dei dati già comunicati alle pubbliche amministrazioni titolari delle banche dati di cui all’Allegato B del D.Lgs. n. 33 del 2013, e, ove necessario, trasmettono alle predette amministrazioni i dati mancanti o aggiornati». Pertanto lo scorso 23 giugno sono decorsi i termini assegnati per l’adeguamento dei dati e l’apertura delle banche dati. Da subito, pertanto, rileva l’ANAC, si è riscontrato un disallineamento ovvero una coincidenza solo parziale tra dati acquisiti nelle banche dati e gli atti o documenti che le amministrazioni sono tenute a pubblicare ai sensi del D.Lgs. 33/2013. Inoltre, la discrasia attiene anche ai contenuti degli obblighi, in quanto le banche dati contengono spesso solo dati, mentre il D.Lgs. 33/2013 si riferisce anche a «documenti e informazioni».
Il rischio è pertanto quello di una pubblicazione parcellizzata dei dati attinenti ad un medesimo set, con la conseguenza di perdere l’unitarietà dell’informazione voluta dal legislatore e costringere gli interessati a consultare due diversi siti, quello della banca dati e quello dell’amministrazione, per ottenere un’informazione completa. L’ANAC pertanto propone al legislatore di: i) investire per la revisione delle banche dati elencate nell’Allegato B) volto a consentire una corretta attuazione della disposizione; ii) modificare l’art. 9-bis in modo da prevedere l’apertura delle banche dati dell’Allegato B), stabilendo però che la sostituzione dell’obbligo di pubblicazione per le amministrazioni sui propri siti possa realizzarsi solo quando vi sia una totale coincidenza tra i dati contenuti nelle banche dati e quelli previsti dal D.Lgs. 33/2013.
Ai fini dell’accesso civico di cui all’art. 5 comma 2 del D.Lgs 33/2013, inoltre, qualora nelle banche dati sia stata omessa la pubblicazione di dati effettivamente coincidenti con quelli previsti dal d.lgs. 33/2013, la richiesta di accesso civico dovrebbe essere esercitata nei confronti dell’amministrazione titolare della banca dati. Nell’ipotesi, invece, in cui non vi sia la totale coincidenza tra i dati, la richiesta di accesso civico andrebbe esercitata nei confronti delle amministrazioni tenute alla pubblicazione dei dati, restando fermo, in tali casi, come anticipato, l’obbligo per le amministrazioni di pubblicare sul proprio sito tutti i dati previsti dal d.lgs. 33/2013.
«L’ANAC propone la modifica dell’art. 9-bis del D.Lgs. 33/13 al fine di rimediare all’attuale disallineamento tra dati acquisiti nelle banche dati e gli atti o documenti che le amministrazioni sono tenute a pubblicare ai sensi del Decreto e di garantire l’unitarietà dell’informazione.»
2.3 Obblighi di pubblicazione concernenti i titolari di incarichi
Il Decreto, all’art. 14[8], prevede una serie di obblighi di trasparenza a carico di specifiche categorie di soggetti: i) titolari di incarichi politici, anche se non di carattere elettivo, di livello statale, regionale e locale; ii) titolari di incarichi o cariche di amministrazione, di direzione o di governo comunque denominati, salvo che siano attribuiti a titolo gratuito; iii) titolari di incarichi dirigenziali (questi ultimi in forza delle modifiche introdotte nel 2016 con il comma 1-bis all’art. 14 del D.Lgs. 33/2013). La formulazione della norma è però oggetto di critiche da parte della Autorità sotto altro profilo, in quanto a suo dire non consentirebbe di ben distinguere i titolari degli organi a carattere politico – direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza politica nello Stato, nelle regioni e negli enti locali – e i titolari degli organi di indirizzo non a carattere politico («i titolari di incarichi o cariche di amministrazione, di direzione o di governo comunque denominati»), individuando per questi ultimi le posizioni cui la norma si applica.
Secondo l’Autorità i titolari degli organi di indirizzo non a carattere politico dovrebbero essere i titolari di organi di governo, di amministrazione o di direzione comunque denominati, – salvo che il mandato o l’incarico sia attribuito a titolo gratuito -, negli enti pubblici, economici e non, e nelle società e negli altri enti di diritto privato a controllo pubblico, come definiti dall’art. 2-bis del medesimo D.Lgs. 33/2013.
Quanto al contenuto di tali obblighi, l’ANAC non dimentica che essi hanno suscitato e suscitano varie preoccupazioni anche per le esigenze di tutela della riservatezza coinvolte (il riferimento è, in particolare, all’obbligo vigente di indicizzare e rendere rintracciabili tramite i motori di ricerca web anche i dati riguardanti la situazione patrimoniale e reddituale ai sensi dell’art. 7 bis del D.Lgs. 33/2013). È indubbio che la decontestualizzazione che ne deriva, in particolare per tale specifica tipologia di dati, comporti un elevato rischio di alterazione, manipolazione e riproduzione degli stessi per scopi diversi rispetto alle finalità di trasparenza.
«Per le dichiarazioni ex art. 14, co. 1, lett. f (dichiarazioni patrimoniali, reddituali e concernenti le spese sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale) non sia consentita l’indicizzazione e la rintracciabilità attraverso i motori di ricerca generalisti»
In ragione di siffatta preoccupazione, quindi, l’ANAC propone al legislatore: i) che per le dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 14, co. 1, lett. f) (dichiarazioni patrimoniali, reddituali e concernenti le spese sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale) non sia consentita l’indicizzazione e la rintracciabilità attraverso i motori di ricerca generalisti; ii) che sia coinvolto il Garante per la protezione dei dati personali, prevedendo – il legislatore – che l’ANAC, con proprie Linee guida, sentito il Garante stesso, possa disciplinare la pubblicazione di tali dati in forma aggregata, fermo restando l’obbligo di comunicare le dichiarazioni nella loro integrità e il diritto del cittadino di accedere, ai sensi dell’articolo 5, a tali dati e documenti, con l’esclusione di dati personali non pertinenti o eccedenti rispetto al fine di trasparenza.
2.4 Trasparenza per i dirigenti
Con riguardo agli obblighi gravanti su titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli attribuiti discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, l’ANAC propone al legislatore di stabilire una disciplina ad hoc in un nuovo articolo – art. 14-bis – da inserire nel corpo del D.Lgs. 33/2013. Le osservazioni dell’ANAC in materia riguardano sia la scelta in sé di includere i dirigenti tra i soggetti tenuti a osservare gli obblighi previsti dall’art. 14 sia il rischio di violazione della privacy e dei dati sensibili.
Con riguardo al primo aspetto, l’inclusione generalizzata dei dirigenti tra i soggetti obbligati non è stata vista con favore. Con l’Atto di segnalazione n. 1/2016, difatti l’Autorità sottolineava che l’obbligo di rendere le dichiarazioni sulla situazione patrimoniale e reddituale da parte del dirigente, del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado avrebbe reso «più gravosi gli adempimenti in capo alle amministrazioni a fronte di un risultato, in termini di maggiore trasparenza, certamente trascurabile tenuto conto che viene anche previsto l’obbligo per ciascun dirigente di comunicare gli emolumenti percepiti a carico della finanza pubblica» (art. 14, co. 1-ter). Ad accrescere le perplessità dell’ANAC è il contenzioso giurisdizionale sorto sulla applicazione degli obblighi di pubblicità ai dirigenti: il TAR Lazio infatti, con ordinanza n. 1030/17, ha sospeso i provvedimenti con cui il Garante della protezione dei dati personali ha richiesto i dati di carattere reddituale e patrimoniale ad alcuni dirigenti, previsti dall’art. 14, c. 1, lett. c) ed f), D.Lgs. 33/2013, ai fini della pubblicazione on line[9]. Si tratta dei dati sui compensi connessi all’assunzione della carica e sugli importi dei viaggi di servizio e missioni e le dichiarazioni dei dati patrimoniali e reddituali del titolare dell’incarico. A seguito della predetta ordinanza, l’ANAC ha disposto la sospensione dell’efficacia della propria Delibera 241/2017 limitatamente alle parti in cui prescriveva l’applicazione degli obblighi di pubblicazione a tutti i dirigenti pubblici, compresi quelli del Servizio sanitario nazionale[10]. Successivamente, il TAR Lazio ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14 del d.lgs. 33/2013 relativamente alla pubblicazione dei dati stipendiali, di missione, reddituali e patrimoniali dei dirigenti pubblici (art. 14 co. 1 lett. c ) e f))[11].
«Con riguardo ai titolari di incarichi dirigenziali, in attesa della decisione della Corte Costituzionale, l’ANAC segnala, la necessità di prevedere misure di trasparenza che, a differenza di quelle previste per i titolari di organi politici e di indirizzo, tengano conto di una graduazione degli obblighi di pubblicazione in relazione al ruolo, alle responsabilità e alla carica ricoperta dai dirigenti, fermo restando l’obbligo, per tutti, di pubblicare gli emolumenti complessivi percepiti a carico della finanza pubblica.».
In attesa della decisione della Corte Costituzionale, l’ANAC segnala, con riguardo ai titolari di incarichi dirigenziali, la necessità di prevedere misure di trasparenza che, a differenza di quelle previste per i titolari di organi politici e di indirizzo, tengano conto di una graduazione degli obblighi di pubblicazione in relazione al ruolo, alle responsabilità e alla carica ricoperta dai dirigenti, fermo restando l’obbligo, per tutti, di pubblicare gli emolumenti complessivi percepiti a carico della finanza pubblica. Di qui la proposta di:
i) un regime di trasparenza più incisivo per i soggetti titolari di incarichi dirigenziali di vertice di cui all’articolo 19, comma 3, del D.Lgs. n. 165/2001 e posizioni equiparate, tra cui i Segretari e i direttori generali di Comuni, Province e Regioni e per i soggetti titolari di incarichi di responsabilità degli uffici di diretta collaborazione, nelle amministrazioni pubbliche e negli altri soggetti di cui all’articolo 2-bis, commi 1 e 2, ritenendo che gli stessi, in ragione del ruolo svolto, possano essere pienamente sottoposti agli obblighi di trasparenza contenuti nell’articolo 14, comma 1;
ii) la pubblicazione integrale dei soli dati di cui all’art. 14, co. 1, lettere da a) ad e) per gli incarichi dirigenziali – di livello generale e non generale – conferiti nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di cui all’articolo 2-bis, comma 1 e 2, del D.Lgs. 33/2013[12], per quelli conferiti all’interno degli uffici di diretta collaborazione, per i titolari di posizioni organizzative a cui sono affidate deleghe ai sensi dell’art. 17, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 165/2001, nonché nei casi di cui all’art. 4-bis, comma 2, del D.L. n. 78/15 e in ogni altro caso in cui sono svolte funzioni dirigenziali. Per i dati reddituali e patrimoniali di cui alla lettera f)[13] dovrebbe essere disposta la comunicazione e la pubblicazione solo in forma aggregata, secondo disposizioni dettate dall’Autorità Nazionale Anticorruzione con proprie linee guida;
iii) un differente regime di trasparenza per i dirigenti non titolari di incarico, ai quali siano attribuite solo funzioni di consulenza, studio e ricerca, ad esclusione di quelle ispettive. Per tali soggetti dovrebbero essere pubblicati i dati di cui all’art. 14, comma 1, con l’esclusione dei dati reddituali e patrimoniali di cui alla citata lettera f). Resterebbe fermo, comunque, l’obbligo per ciascun dirigente di comunicare all’amministrazione, presso la quale presta servizio, gli emolumenti complessivi percepiti a carico della finanza pubblica, in relazione a quanto previsto dall’art. 13, comma 1, del D.L. n. 66/14, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 89/14. Da ciò discenderebbe anche l’obbligo per l’amministrazione pubblica di continuare a pubblicare sul proprio sito istituzionale l’ammontare complessivo dei suddetti emolumenti per ciascun dirigente. Anche per i dati sui dirigenti, infine, l’ANAC – a maggior ragione – ritiene opportuno prevedere l’esclusione della loro indicizzazione da parte dei motori di ricerca. Ciò al fine di evitare la diffusione di dati non adeguatamente contestualizzati e le eventuali conseguenze pregiudizievoli sul diritto alla riservatezza.
3.1 Forze di polizia, forze armate, amministrazione penitenziaria
La segnalazione affronta inoltre il tema della applicazione di talune disposizioni del D.Lgs. 33/2013 al comparto della difesa-sicurezza. In particolare, si evidenzia come la pubblicazione dei dati, più volte menzionati, di cui all’art.14, comma 1, con riferimento ai dirigenti che svolgono funzioni più strettamente operative sul territorio, potrebbe rivelare informazioni in grado di incidere sullo svolgimento delle attività del predetto personale, accentuandone l’esposizione al rischio, nonché pregiudicare il perseguimento di finalità istituzionali di sicurezza pubblica. Secondo l’ANAC, pertanto, si dovrebbe inserire un nuovo articolo 37-bis al fine di modulare l’applicazione di alcune disposizioni del D.Lgs. 33/2013 prevedendo che le amministrazioni competenti del comparto individuino annualmente con propri atti e previo parere dell’ANAC: i. sotto il profilo soggettivo, i dirigenti per i quali, in rapporto ai compiti svolti, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti, non sono pubblicati i dati di cui all’art.14, comma 1; ii. sotto il profilo oggettivo, i dati attinenti alle strutture, ai mezzi, alle dotazioni e al personale dalla cui pubblicazione possa derivare un pregiudizio alla sicurezza nazionale interna ed esterna e all’ordine e sicurezza pubblica e, per questo da sottoporre ad un regime di riservatezza per un periodo determinato.
3.2 Trasparenza del Servizio sanitario nazionale
Il D.lgs. 33/2013 chiarisce che la normativa vigente in materia di trasparenza si applica anche alle amministrazioni e gli enti del servizio sanitario nazionale, dei servizi sanitari regionali, ivi comprese le aziende sanitarie territoriali e ospedaliere, le agenzie e gli altri enti e organismi pubblici che svolgono attività di programmazione e fornitura dei servizi sanitari (comma 1). L’art. 41, in particolare, individua, le figure dirigenziali del Servizio sanitario nazionale per le quali devono essere pubblicati dati e informazioni sulle procedure di conferimento degli incarichi, ivi compresi i bandi e gli avvisi di selezione e gli atti di conferimento[14]. L’intervento dell’ANAC in questa sede è volto principalmente a rimuovere ingiustificate disparità di trattamento l’ANAC chiarisce poi l’applicazione anche alla dirigenza del SSN dei più penetranti obblighi di trasparenza previsti all’art. 14 del D.Lgs. 33/13.
«Per le tre figure apicali degli enti del Servizio Sanitario Nazionale (di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo) sarebbero applicabili in pieno gli obblighi di trasparenza, mentre per gli altri dirigenti si dovrebbe rinviare agli obblighi di pubblicazione dei dati reddituali solo in forma aggregata.».
In coerenza con il principio di proporzionalità e di graduazione degli obblighi, per le tre figure apicali degli enti del SSN (titolari di incarichi di direttore generale, di direttore sanitario e di direttore amministrativo) sarebbero applicabili gli obblighi di trasparenza, ivi compresi quelli relativi ai dati reddituali e patrimoniali di cui all’art. 14, co. 1, lett. f). Diversamente, per i dirigenti che rivestono gli incarichi di responsabile di dipartimento e di strutture semplici e complesse, l’art. 41, co. 3, dovrebbe rinviare agli obblighi di pubblicazione che prevedono per i dati reddituali e patrimoniali di cui alla lettera f), la comunicazione e la pubblicazione solo in forma aggregata. Anche per i dati della dirigenza sanitaria, definita all’art. 41, comma 2, resterebbe infine ferma l’esclusione della loro indicizzazione da parte dei motori di ricerca proposta per tutti i dirigenti (art. 14 bis).
4. Disciplina sanzionatoria per la violazione degli obblighi di trasparenza
Il D.Lgs. 33/2013 (art. 47) prevede sanzioni tra 500 e 10.000 euro per la mancata comunicazione, da parte dei titolari di incarichi, di dati o informazioni concernenti la propria situazione patrimoniale complessiva al momento dell’assunzione della carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado, nonché tutti i compensi cui dà diritto l’assunzione della carica (comma 1).
Le medesime sanzioni si applicano anche in caso di omessa comunicazione, da parte dei dirigenti, degli emolumenti complessivi a carico della finanza pubblica, di cui all’art. 14, comma 1-ter, e nei confronti del responsabile della mancata pubblicazione dei dati. Anche il responsabile che abbia omesso di pubblicare i dati relativi ai pagamenti ne è soggetto (comma 1-bis). E’ parimenti sanzionata la violazione degli obblighi di pubblicazione dei dati riguardanti gli enti pubblici e privati, vigilati, finanziati e controllati e le società partecipate anche in misura minoritaria, che ciascuna pubblica amministrazione deve rendere conoscibili sul proprio sito (ai sensi dell’art. 22, commi 1 e 2). La sanzione, nella stessa misura di quella prevista al comma 1, è comminata nei confronti del responsabile della violazione (comma 2). Ulteriore fattispecie considerata rilevante è la mancata comunicazione, da parte degli amministratori societari, del proprio incarico e del relativo compenso nel termine di 30 giorni dal conferimento o dal percepimento dell’indennità di risultato, per la quale si applica la medesima sanzione.
Il soggetto competente all’irrogazione delle sanzioni nel caso di cui al comma 1 è per l’appunto l’Autorità nazionale anticorruzione (art. 47). Ma negli altri casi sorge il problema di individuare il soggetto che può irrogare le sanzioni, in particolare, per la violazione dell’obbligo di pubblicazione dei dati riguardanti gli enti controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni, previsto all’art. 47, comma 2. L’ANAC pertanto evidenzia l’urgenza – ai fini del corretto esercizio del potere sanzionatorio, nel rispetto dei principi dettati dalla L. 689/1981 – di identificare l’autorità cui lo stesso è attribuito, per non incorrere nel vizio di illegittimità dell’atto.
L’Autorità ha, inoltre, riscontrato difficoltà applicative, laddove non sembrano chiaramente specificate le diverse fattispecie di violazione previste dal comma 1 bis, che riguardano da un lato la mancata comunicazione dei dati a carico dei titolari degli organi e degli incarichi dirigenziali, dall’altro, la violazione di obblighi di pubblicazione posti in capo ai funzionari responsabili dell’amministrazione/ente.
La proposta è quindi quella di riformulare l’art. 47, distinguendo i diversi soggetti che possono incorrere nelle sanzioni in relazione alla specifica violazione degli obblighi di comunicazione dei dati o di pubblicazione. Sarebbe anche opportuno ridefinire le fattispecie rilevanti ai fini dell’applicazione del regime sanzionatorio speciale che comporta l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie. Al riguardo si dovrebbe chiarire che:
- tutti i titolari di incarichi tenuti a comunicare dati reddituali e patrimoniali possono incorrere nella violazione di tale obbligo e nella conseguente sanzione (e si tratta di dati sia reddituali sia patrimoniali);
- la violazione che si configura nel caso in cui il responsabile della pubblicazione, nell’amministrazione/ente, dei dati reddituali e patrimoniali – correttamente trasmessi dai titolari di incarichi – non provveda alla pubblicazione dovrebbe comportare una specifica sanzione pecuniaria, in misura ridotta rispetto a quella fissata per omessa comunicazione (ad esempio – riporta l’ANAC – da 250 a 5.000 euro), nei confronti del responsabile della mancata pubblicazione;
- la sanzione pecuniaria per quanto riguarda la violazione dell’art. 22, sempre in misura ridotta, è a carico del responsabile della mancata pubblicazione;
- andrebbe eliminato il riferimento alle violazioni degli obblighi di comunicazione al socio pubblico, da parte degli amministratori societari, del proprio incarico e dei relativi compensi, in quanto è già prevista la sanzione nei confronti dei componenti degli organi di amministrazione ai sensi del comma 1 dell’art. 47.
L’ANAC infine rivendica una maggiore incisività del proprio ruolo, chiedendo l’attribuzione alla stessa di un potere sanzionatorio nel caso di mancato rispetto del provvedimento di ordine adottato dall’ANAC stessa nell’ambito delle funzioni di vigilanza esercitate ai sensi dell’art. 45, co.1, del D.Lgs. 33/2013 in modo da rendere più efficace il controllo sul rispetto della disciplina sulla trasparenza. In tal caso si potrebbero eliminare le sanzioni previste all’art. 47, per omessa pubblicazione dei dati sugli emolumenti complessivi (art. 14, co. 1-ter) e sui pagamenti (art. 4-bis).
A consolidare il ruolo dell’ANAC come garante della applicazione e del rispetto della disciplina in tema di trasparenza è la proposta finale, con invito al legislatore ad attribuire alla Autorità stessa il potere di irrogare tutte le sanzioni disciplinate all’art. 47, e non solo quelle di cui al comma 1, potere da disciplinare con apposito regolamento per la disciplina del procedimento sanzionatorio, nel rispetto della L. n. 689/1981.
[1] Decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni (titolo così sostituito dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 97 del 2016).
[2] Determinazione n. 1309 del 28 dicembre 2016 («Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013»); Determinazione n. 1310 del 28 dicembre 2016 «Prime linee guida recanti indicazioni sull’attuazione degli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni contenute nel d.lgs. 33/2013, come modificato dal d.lgs. 97/2016»; n. 241 dell’8 marzo 2017, n. 1134 dell’8 novembre 2017
[3] Il sovrapporsi di diversi regimi in tema di accesso aveva peraltro indotto l’ANAC, da subito, a suggerire ai soggetti tenuti all’applicazione del Decreto l’adozione, anche nella forma di un regolamento interno sull’accesso, di una disciplina che fornisse un quadro organico e coordinato dei profili applicativi relativi alle tre tipologie di accesso, in modo da dare attuazione al nuovo principio di trasparenza introdotto dal legislatore e di evitare comportamenti disomogenei tra uffici della stessa amministrazione. Il suggerimento dell’ANAC implica dunque l’individuazione degli uffici competenti a decidere sulle richieste di accesso generalizzato e di la disciplina della procedura per la valutazione, caso per caso, delle richieste di accesso.
[4] Il SIOPE (Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici) è la piattaforma realizzata sulla base di una convenzione tra la Ragioneria Generale dello Stato e la Banca d’Italia, sulla quale ogni Tesoriere dell’Ente, cioè chi cura materialmente le operazioni, riporta ogni giorno i pagamenti effettuati, con l’obiettivo di rendere disponibile un archivio di informazioni riguardante gli incassi e i pagamenti delle Amministrazioni pubbliche.
[5] «1. La mancata o incompleta comunicazione delle informazioni e dei dati di cui all’articolo 14, concernenti la situazione patrimoniale complessiva del titolare dell’incarico al momento dell’assunzione in carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado, nonché tutti i compensi cui da diritto l’assunzione della carica, dà luogo a una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro a carico del responsabile della mancata comunicazione e il relativo provvedimento è pubblicato sul sito internet dell’amministrazione o organismo interessato. 1-bis. La sanzione di cui al comma 1 si applica anche nei confronti del dirigente che non effettua la comunicazione ai sensi dell’articolo 14, comma 1-ter, relativa agli emolumenti complessivi percepiti a carico della finanza pubblica, nonché nei confronti del responsabile della mancata pubblicazione dei dati di cui al medesimo articolo. La stessa sanzione si applica nei confronti del responsabile della mancata pubblicazione dei dati di cui all’articolo 4-bis, comma 2.».
[6] I destinatari degli obblighi di trasparenza sono ora ricondotti a tre categorie di soggetti: 1) pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2 del D.Lgs. 165/2000, ivi comprese le autorità portuali nonché le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, destinatarie dirette della disciplina contenuta nel decreto (art. 2-bis, comma 1); 2) enti pubblici economici, ordini professionali, società in controllo pubblico, associazioni, fondazioni ed enti di diritto privato, sottoposti alla medesima disciplina prevista per le p.a. «in quanto compatibile» (art. 2-bis, comma 2); 3) società a partecipazione pubblica, associazioni, fondazioni ed enti di diritto privato soggetti alla medesima disciplina in materia di trasparenza prevista per le p.a. «in quanto compatibile» e «limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all’attività̀ di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea» (art. 2-bis, comma 3).
[7] L’Allegato B, cui si riferisce il comma 1, contiene l’elenco in forma di tabella delle Banche dati e delle Amministrazioni che le detengono, delle norme che le hanno istituite nonché dei singoli obblighi di pubblicazione previsti dal d.lgs. 33/2013 che dovrebbero essere coincidenti con quelli contenuti nelle stesse banche dati.
Per visionare l’Allegato B v. http://www.funzionepubblica.gov.it/sites/funzionepubblica.gov.it/files/Decreto_legislativo_trasparenza.pdf
[8] «Con riferimento ai titolari di incarichi politici, anche se non di carattere elettivo, di livello statale regionale e locale, lo Stato, le regioni e gli enti locali pubblicano con riferimento a tutti i propri componenti, i seguenti documenti ed informazioni:
a) l’atto di nomina o di proclamazione, con l’indicazione della durata dell’incarico o del mandato elettivo; b) il curriculum; c) i compensi di qualsiasi natura connessi all’assunzione della carica; gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici; d) i dati relativi all’assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti; e) gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l’indicazione dei compensi spettanti; f) le dichiarazioni di cui all’articolo 2, della legge 5 luglio 1982, n. 441, nonché le attestazioni e dichiarazioni di cui agli articoli 3 e 4 della medesima legge, come modificata dal presente decreto, limitatamente al soggetto, al coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano. Viene in ogni caso data evidenza al mancato consenso. Alle informazioni di cui alla presente lettera concernenti soggetti diversi dal titolare dell’organo di indirizzo politico non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 7».
[9]V. anche «Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati» (Gazzetta Ufficiale n. 134 del 12 giugno 2014) in http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/3134436
[10] V. delibera n. 382 del 12 aprile 2017.
[11] In particolare, il TAR, nell’ordinanza del 19 settembre 2017, n. 9828, oltre a rimettere alla Corte le questioni individuate dai ricorrenti con l’originario ricorso, ha sollevato, d’ufficio, la questione di legittimità costituzionale della norma (art. 14, comma 1 ter) che prevede la pubblicazione dei complessivi emolumenti dei dirigenti a carico della finanza pubblica. Ciò in quanto «l’oggetto della pubblicazione prevista all’ultimo periodo dal predetto comma 1-ter costituisce un dato aggregato che contiene quello di cui al comma 1, lett. c) dello stesso articolo e può anzi corrispondere del tutto a quest’ultimo, laddove il dirigente non percepisca altro emolumento se non quello corrispondente alla retribuzione per l’incarico assegnato».
[12] Trattasi dei seguenti soggetti:
1) pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2 del D.Lgs. 165/2000, ivi comprese le autorità portuali nonché le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, destinatarie dirette della disciplina contenuta nel decreto (art. 2-bis, comma 1);
2) enti pubblici economici, ordini professionali, società in controllo pubblico, associazioni, fondazioni ed enti di diritto privato, sottoposti alla medesima disciplina prevista per le p.a. «in quanto compatibile» (art. 2-bis, comma 2).
[13] Trattasi delle dichiarazioni di cui all’articolo 2, L. 5 luglio 1982, n. 441, nonché delle attestazioni e dichiarazioni di cui agli articoli 3 e 4 della medesima legge, come modificata dal presente decreto, limitatamente al soggetto, al coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano. Viene in ogni caso data evidenza al mancato consenso.
[14] Per «dirigenza sanitaria» – come specificato dalla norma – si intendono i dirigenti che ricoprono le posizioni di direttore generale, direttore sanitario, direttore amministrativo, responsabile di dipartimento, di strutture complesse e di strutture semplice.