Questo articolo è valutato
( votes)Il rilievo del decreto 76 e la manovra del Governo ad esso associata
La conversione del decreto legge 16 luglio 2020, n.76, noto anche come decreto semplificazioni, conferma buona parte delle previsioni anticipate nell’intervento pubblicato in questa rivista nel mese di luglio, considerati i contenuti del testo approvato in questi giorni dal Senato con voto di fiducia, che la Camera potrà solo ratificare, data la necessità di concludere tutto l’iter parlamentare entro il 14 settembre.
Per quanto riguarda i contratti pubblici, ambito al quale si intende limitare questa prima analisi a caldo, il senso della manovra del Governo, pur con alcune limature che rischiano di non rivelarsi secondarie, resta infatti riconducibile a tre principali linee di intervento: sveltire gli affidamenti in genere; sbloccare gli appalti di lavori, specie se di importo significativo, sospesi; supportare in modo deciso un approccio diverso e proattivo di quanti sono chiamati ad operare sul fronte della spesa pubblica, onde superare il problema della cosiddetta amministrazione difensiva, definito anche blocco della firma.
Il tutto, principalmente tramite la previsione di modalità di intervento in deroga al vigente Codice dei contratti pubblici – di cui peraltro tuttora nulla si dice circa la sua futura sorte – giustificate con il protrarsi di un regime di emergenza che, profili sanitari a parte, pare ormai doversi certamente leggere anche in senso economico, visto il dichiarato obiettivo di chiudere il 2020 con un calo del PIL contenuto entro il 9%, cosa peraltro non facile da realizzare senza un forte rimbalzo della spesa pubblica nell’ultimo trimestre dell’anno.
Durata dei regimi in deroga allungata a tutto il 2021 per sostenere la ripresa economica con la domanda pubblica
Al riguardo, va rilevato in premessa come la versione finale del testo in conversione posponga l’arco temporale di durata dei diversi regimi in deroga disposti dal decreto, dal 31 luglio a tutto il 2021; allo stesso modo rileva, per gli enti locali, il parallelo intervento operato dal cosidetto decreto agosto (14 agosto 2020, n. 104) che assegna ulteriori fondi per progettazioni e lavori (art. 45 e 46), da utilizzarsi nell’ambito del programma di pronta spesa avviato con la legge di bilancio per il 2019, e già rifinanziato quest’anno, che potrebbe dare buoni risultati in termini di rapido assorbimento ed utilizzo delle risorse da tradurre in cantieri e relativo indotto.
Le logiche originarie del decreto semplificazioni
Tornando, peraltro, al senso complessivo della manovra alla base del decreto semplificazioni, alla prima delle logiche sopra individuate si ascrivono: i) gli affidamenti diretti fino a 150.000 euro, con un sub limite a 75.000 introdotto in sede di conversione per forniture e servizi, inclusi gli incarichi tecnici che ad essi risultano, a questo punto, del tutto equiparati; ii) la generalizzazione del ricorso alle procedure negoziate, ancorché con alcune modifiche da analizzare con attenzione apportate anche qui dalla legge di conversione, per importi pari o superiori a detti valori e fino alla soglia di operatività delle normative comunitarie; iii) la generalizzazione della gestione di tutte le procedure di affidamento a termini abbreviati; iv) l’introduzione di tempistiche massime per giungere all’individuazione degli affidatari delle commesse, unitamente all’obbligo di procedere alla stipula dei contratti anche in presenza di ricorsi giurisdizionali, laddove i giudici aditi non abbiano ritenuto, in base a parametri più restrittivi rispetto al passato, ancorchè addolciti in sede di conversione, di sospendere la procedura; v) la previsione di responsabilità specifiche, per la parte pubblica oltre che per quella privata, in caso di tardivo avvio delle attività esecutive.
Alla seconda è possibile ricondurre: i) la nuova restrittiva disciplina, peraltro riferita ai soli lavori di importo comunitario, riguardante i casi di sospensione delle attività esecutive, con conseguente risoluzione del contratto laddove una rapida ripresa degli interventi bloccati risulti non percorribile, incluso quando ciò dipenda da difficoltà finanziarie dell’appaltatore; ii) la possibilità di affidare il completamento delle opere sospese utilizzando la graduatoria di gara alle condizioni da ciascun concorrente offerte; iii) l’utilizzo, nei casi più rilevanti ed urgenti, dei poteri commissariali già previsti dal decreto “sbloccacantieri” 2019 (legge 14 giugno 2019, n.55), peraltro nell’occasione rivisitati.
Nel terzo si inquadrano: i) le novità in tema di responsabilità per danno erariale, che la escludono nel caso di colpa grave, ma solo relativamente a comportamenti di matrice attiva, non già per quelli omissivi; ii) la riscrittura della fattispecie riguardante il reato di abuso d’ufficio; iii) per i lavori, la rivisitazione dell’istituto del Collegio Consultivo Tecnico, destinato a dare pratico supporto alle amministrazioni chiamate a decidere, con indicazioni che, se applicate, escludono la responsabilità per danno erariale, altrimenti oggetto di valutazione, fatto salvo beninteso il caso di dolo.
Una manovra del Governo che non si esaurisce con il decreto 76
Il senso della manovra si completa con le misure di sostegno economico già disposte da precedenti decreti legge, Cura Italia e Rilancio in particolare, che relativamente alla materia che qui riguarda erano intervenuti sull’istituto dell’anticipazione contrattuale, portandola dal 20 al 30% dell’importo contrattuale, rendendola peraltro concedibile anche laddove in passato esclusa o di fatto non utilizzata; ciò con l’ulteriore possibilità di fruirne da subito, anche in presenza della sola consegna in via d’urgenza, ai sensi dell’articolo 32, comma 8, del Codice, altro istituto reso di applicazione generale, superando il suo tradizionale carattere di eccezionalità. Va, infine, aggiunto il cosiddetto SAL istantaneo, da corrispondersi entro 35 giorni dalla pubblicazione del decreto legge 76, adempimento questo da ritenersi peraltro già attuato.
Questioni aperte dalla conversione in legge
Venendo alle modifiche apportate dalla legge di conversione agli originari contenuti del decreto, va anzitutto osservato come alcuni di essi non fossero andati esenti da osservazioni critiche.
- Le osservazioni sorte nell’iter di conversione
In particolare sotto il profilo delle possibili distorsioni che un approccio spiccatamente ispirato al fare, ed al far presto, avrebbe potuto generare sulle modalità di accesso al mercato, oltre al tema della non organicità di molte delle nuove regole rispetto a quanto fin qui recato dal Codice dei contratti.
A queste, devono aggiungersi le osservazioni riguardanti il regime delle responsabilità e, anche per quanto personalmente attiene, il totale silenzio sul tema del subappalto che, come è ai più noto, tuttora rappresenta l’elemento di maggiore distacco della disciplina nazionale rispetto ai testi comunitari, come testimoniano le tre condanne che la Corte di Giustizia ha inferto all’Italia tra settembre 2019 e gennaio 2020, di cui anche il Consiglio di Stato ha preso di recente atto (decisione 4832 del 29 luglio 2020), ed alle quali tuttora non sembra volersi dare risposta diversa dal mantenimento dello status quo ante.
Le modifiche riguardanti l’affidamento dei contratti sottosoglia comunitaria
Procedendo con ordine, la disciplina degli affidamenti dei contratti di importo inferiore alla soglia comunitaria è quella che necessita di più approfondito commento.
A fronte di un’originaria impostazione che prevedeva chiaramente due casi: il primo, relativo ai contratti d’importo inferiore a 150.000 euro, dove era possibile indistintamente procedere tramite affidamenti diretti; il secondo, riferito ai contratti di valore pari o superiore a tale importo, valevole fino al limite di operatività della disciplina comunitaria fissata per ciascuna tipologia di contratti, dove valeva la procedura negoziata senza bando, con invito ad un numero minimo di operatori fissato per legge in misura crescente a seconda dell’importo del contratto da affidare e conseguente pubblicizzazione ex post dei nominativi degli operatori invitati oltre all’aggiudicatario; la disciplina fissata dalla legge di conversione al comma 2 dell’articolo 1 appare diversa e più complessa.
Il caso dell’affidamento diretto (lett. a) risulta circoscritto, per le forniture ed i servizi, ad importi inferiori ai 75.000 euro, mentre per l’utilizzo della procedura negoziata (lett. b) si introduce una previsione non del tutto chiara nella relativa portata, concernente l’obbligo di dare evidenza dell’avvio delle procedure negoziate di cui alla presente lettera tramite pubblicazione di un avviso nei rispettivi siti internet istituzionali.
Il ritorno della procedura negoziata con bando ?
Orbene, la lettura più semplice sembrerebbe esser quella della avvenuta sostituzione della procedura negoziata ordinaria, oggi disciplinata dall’articolo 63 del Codice, con ciò che in passato era la procedura negoziata previa pubblicazione di un bando di gara, di cui al d.lgs. n.163 del 2006 (articolo 56), peraltro nel frattempo scomparsa anche dalle Direttive europee.
Se, infatti da un lato possono intendersi le ragioni di ciò che rappresenterebbe una sostanziale inversione di marcia della legge di conversione rispetto al decreto, legata all’esigenza di introdurre la pubblicità preventiva della singola gara anche per tali valori di affidamento onde ampliare le possibilità di concorso da parte degli operatori interessati, dall’altro non possono sfuggire i limiti, sotto il profilo squisitamente tecnico, che la soluzione legislativa adottata per perseguire l’ipotizzato obiettivo reca.
Appare infatti evidente che, se l’opzione bando/avviso può essere congruente con il caso in cui gli operatori da invitare siano quelli che lo stesso articolo 1, comma 2, lettera b) del decreto considera come da individuarsi in base ad indagini di mercato, la previsione risulta incongrua laddove trovi applicazioni l’altra opzione prevista dalla legge per individuare gli operatori economici da invitare, e cioè la possibilità di attingendoli da elenchi, evidentemente precostituiti.
Se ne deve dedurre, oltre all’oggettiva incertezza del dettato legislativo che andrà in qualche modo sanata, che a meno di non vanificare la ragion d’essere di una disciplina speciale e semplificatoria per gli appalti di minor importo, la pubblicazione dell’avviso possa esser letta in modo generico, quale mera informativa dell’intento della singola stazione appaltante di procedere all’affidamento di un contratto tramite procedura negoziata, senza che da ciò discenda diritto alcuno ai fini dell’invito.
Procedure aperte a termini abbreviati un’alternativa per accelerare gli affidamenti sottosoglia ?
Diversamente, ovvero nell’attesa degli auspicati chiarimenti, ai fini della semplificazione e della possibilità di rispettare l’obbligo di concludere l’aggiudicazione entro due mesi, potrebbe esser più utile ricorrere ad un’ordinaria procedura aperta a termini abbreviati, peraltro già consentiti in via generale dall’articolo 8, comma 2, del decreto, non modificato sul punto in sede di conversione, posponendo l’apertura della documentazione amministrativa all’aggiudicazione, come consentito dall’articolo 1, comma 3, dello “sbloccacantieri” 2019 già evocato.
Le scelte operate in sede di conversione nel sottosoglia appaiono foriere di dubbi anche con riferimento al caso degli affidamenti diretti, il cui ambito di pratico utilizzo rischia di tornare al di sotto del valore dei 40.000 euro, per altro con domande ulteriori che a questo punto si aprono.
In tal senso va infatti osservato che una previsione secondo la quale l’avviso sui risultati della procedura di affidamento, la cui pubblicazione nel caso di cui alla lettera a) non è obbligatoria per affidamenti inferiori ad euro 40.000, contiene anche l’indicazione dei soggetti invitati, non fa che riproporre i dubbi, peraltro superati dall’originaria formulazione del DL 76, in rapporto ai quali gli operatori richiesti della presentazione di preventivi allo scopo di confrontare condizioni diverse per l’affidamento diretto verrebbero considerati “invitati”, quindi assoggettati a tutti gli effetti al regime di rotazione che anche agli inviti si riferisce, con conseguenze preclusive ai fini del possibile coinvolgimento in procedimenti futuri.
Si ripropone il tema degli operatori da consultare ai fini degli affidamenti diretti: sono da considerarsi invitati ?
La questione rileva sopratutto per quanti subiscono esiti infruttuosi dalle consultazioni, con tutti i problemi in grado di riverberarsi sulla attività delle stazioni appaltanti, a cominciare dalla mancata risposta di operatori economici in numero sufficiente ai fini degli affidamenti, per il rischio di non essere successivamente coinvolti, a prescindere dall’esito della procedura.
Ancora, aver previsto come non obbligatoria la pubblicità sotto soglia, peraltro da effettuarsi con le medesime modalità (indicazione dei soggetti “invitati”) fissate nei casi d’obbligo, ripropone il problema appena evidenziato anche nella fascia dei cosiddetti micro appalti, limitando anche qui la partecipazione specie nel caso di forniture e servizi non particolarmente diffusi sul territorio.
Ciò senza considerare il fatto che la definizione di invitato, che di regola implica l’esistenza di una gara formale, mal si concilia con procedure definite dalla legge come affidamenti diretti.
In sintesi, una delle principali innovazioni che il decreto semplificazioni aveva apportato alla disciplina del Codice dei contratti, quella riguardante gli affidamenti di importo inferiore alla soglia comunitaria, particolarmente utile per la pronta mobilitazione delle risorse (che come già detto ancora il decreto agosto mette a diretta disposizione degli enti locali per realizzare interventi di rapida attuazione), rischia di perdersi.
Le possibili distorsioni, ipotizzate a margine degli originari contenuti del decreto legge 76 potevano forse prevenirsi senza alterare il quadro delle semplificazioni apportate, semplicemente estendendo la certificazione antimafia sotto l’attuale limite dei 150.000 euro e prevedendo l’obbligo di applicare modalità di notarizzazione informatica dello svolgimento delle procedure adottate, onde permettere il successivo oggettivo controllo.
Le ulteriori innovazioni riferibili alla legge di conversione
Per quel che riguarda le altre modifiche apportate al decreto 76 in sede di conversione, è da rilevare l’innovazione alla disciplina dei ricorsi giurisdizionali (nuovo comma 4, lettera a), dell’articolo 4) che, ai fini della definizione del giudizio in sede cautelare, introduce una distinzione tra il caso in cui le parti richiedano congiuntamente di limitare la decisione all’esame di un’unica questione, e gli altri, dove occorre considerare le esigenze di difesa di tutte le parti in relazione alla complessità della causa.
Le altre modifiche non toccano i profili maggiormente caratterizzanti l’originario testo, di cui si è brevemente riferito in apertura, limitandosi, sugli aspetti generali, a disporre in prevalenza ritocchi.
- Alcuni chiarimenti
Tra i principali chiarimenti viene ribadito l’obbligo di utilizzo dell’OEPV anche nei regimi in deroga (nuovo comma 3, dell’articolo 1), per affidare contratti di importo pari o superiore a 40.000 euro aventi ad oggetto servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, servizi ad alta intensità di manodopera, servizi di ingegneria e architettura, gli altri servizi di natura tecnica e intellettuale, servizi e le forniture caratterizzati da notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo (casistica di cui all’articolo 95, comma 3, del Codice dei contratti).
Viene altresì confermato (nuovo articolo 2 bis) che gli operatori economici possono partecipare agli affidamenti gestiti con procedura in deroga, anche in forma di raggruppamento temporaneo di cui all’articolo 3, comma 1, lettera u), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, previsione da considerarsi forse già implicita, se non, all’opposto, limitante.
Compongono l’ambito dei principali chiarimenti, anche la possibilità di deroga rispetto all’obbligo di sottoporre a dibattito pubblico determinate opere (nuovo comma 6 bis, dell’articolo 8), l’aggiunta del dialogo competitivo tra le procedure utilizzabili, sempre nel regime in deroga, in questo caso applicabile per affidamenti di contratti al di sopra della soglia comunitaria (nuovo comma 2, dell’articolo 2), la precisazione di alcuni poteri commissariali già regolati dallo “sbloccacantieri” del 2019 (nuovo comma 1 bis, dell’articolo 9) e la scelta di riportare da 30 a 60 giorni i termini per il rilascio della informativa liberatoria provvisoria, in materia di antimafia (nuovo comma 2, dell’articolo 3).
Altri interventi riguardano integrazioni dell’originario decreto su questioni di rilievo specifico.
Ulteriori modifiche apportate al Codice dei contratti “a regime” su clausola sociale e consorzi d’imprese
Si rileva, infine, un più diffuso ambito di intervento del decreto, direttamente a modifica di alcuni contenuti del Codice dei contratti (nuovo comma 5, dell’articolo 8), con prescrizioni che, quindi, costituiscono aggiornamenti destinati ad operare a regime, non già in un arco temporalmente circoscritto.
Tra queste, si segnala quanto destinato ad incidere sull’articolo 36, sempre in tema di disciplina dei contratti sotto soglia comunitaria, peraltro qui considerata nella sua applicazione generale che prescinde da regimi in deroga, dove viene disposto: a) l’obbligo, in luogo della precedente facoltà, di prevedere anche in tale contesto, l’applicabilità della normativa riguardante la cosiddetta clausola sociale, regolata dall’articolo 50 dello stesso Codice; b) la non obbligatorietà della pubblicazione dell’avviso sui risultati della procedura di affidamento per contratti di importo inferiore ai 40.000 euro.
Ai fini della partecipazione alle gare dei consorzi d’imprese, l’articolo 48 del Codice viene modificato disponendo che, qualora il consorziato designato per l’esecuzione del contratto sia, a sua volta, un consorzio di cui all’articolo 45, comma 2, lettera b), sia tenuto anch’esso a indicare, in sede di offerta, i consorziati per i quali concorre.
Conclusioni
Rispetto al quadro che emerge dal testo che complessivamente ci viene restituito dall’iter di conversione del decreto 76, sembra potersi dire, in prima approssimazione, che l’originaria azione del Governo potrebbe risultare in qualche modo appannata da disposizioni che non figuravano nella logica originaria dell’intervento (ad esempio l’allungamento delle tempistiche per la conclusione del processo di VIA, disposta dal nuovo comma 1, lettera f), dell’articolo 50).
Le indicazioni operative che seguiranno potranno senz’altro contribuire a fugare il dubbio, o a renderlo certo, ed in questo senso occorrerà attendere, per lo meno, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge.