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Premesse

La Commissione Europea ha di recente avviato una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano, ritenendo alcune disposizioni del D.Lgs. 50/2016 («Codice») non conformi alle direttive del 2014 in materia di contratti pubblici (direttive 2014/23/UE sulle concessioni, 2014/24/UE sugli appalti pubblici e 2014/25/UE sugli appalti degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali[1]).

A finire nel mirino della Commissione non solo è l’art. 80 del Codice, ma anche, e in particolar modo, la disciplina del subappalto, già esaminata negli stessi termini dalla Commissione nel 2017, e quella dell’avvalimento.

Come previsto dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea e ribadito nella lettera di costituzione in mora inviata alle Autorità italiane, lo Stato italiano ha un termine di due mesi per formulare osservazioni utili affinché la Commissione chiuda il procedimento; quindi, nel caso in cui i chiarimenti non soddisfino le richieste, la Commissione proseguirà la procedura di infrazione mediante l’adozione di un parere motivato con cui chiede allo Stato membro di conformarsi al diritto dell’Unione e l’eventuale proposizione del ricorso dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

1. Violazione delle norme europee sul calcolo del valore stimato degli appalti

Una delle prime censure mosse dalla Commissione riguarda l’art. 35, commi 9 e 10, del Codice relativi al calcolo del valore stimato degli appalti[2]. A parere della Commissione tali norme violerebbero l’art. 5, par. 8, primo comma, e l’art. 5, par. 9, primo comma, della direttiva 2014/24/UE nonché l’art. 16, par. 8, primo comma, e l’art. 16, par. 9, primo comma, della direttiva 2014/25/UE. Le citate direttive europee stabiliscono che: «Quando un’opera prevista o una prestazione di servizi prevista può̀ dar luogo ad appalti aggiudicati per lotti separati, è computato il valore stimato complessivo della totalità̀ di tali lotti. Quando il valore aggregato dei lotti è pari o superiore alla soglia di cui all’articolo 4, la presente direttiva si applica all’aggiudicazione di ciascun lotto. 9. Quando un progetto volto ad ottenere forniture omogenee può̀ dar luogo ad appalti aggiudicati per lotti separati, nell’applicazione dell’articolo 4, lettere b) e c), si tiene conto del valore stimato della totalità̀ di tali lotti. Quando il valore cumulato dei lotti è pari o superiore alla soglia di cui all’articolo 4, la presente direttiva si applica all’aggiudicazione di ciascun lotto.». La Commissione in proposito rileva che – laddove le direttive prevedono che sia computato il valore complessivo stimato della totalità̀ dei lotti quando vi è la possibilità̀ di «appalti aggiudicati per lotti separati» – le corrispondenti disposizioni nazionali di cui all’art. 35 del Codice prevedono che sia computato il valore complessivo stimato della totalità̀ dei lotti qualora vi sia la possibilità̀ di «appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti separati». La Commissione osserva in proposito che, aggiungendo la precisazione «contemporaneamente», la normativa italiana sembrerebbe aver ristretto l’applicabilità̀ dell’obbligo di computare il valore complessivo stimato della totalità̀ dei lotti. Per tale ragione la Commissione ritiene che l’art. 35, ai commi 9, lettera a), e 10, lettera a), del Codice violi le direttive europee citate.

2. Violazione delle norme europee sui motivi di esclusione

Un secondo rilievo della Commissione riguarda l’art. 80, comma 4, del Codice. La disposizione, come noto, prevede l’esclusione dell’impresa dalla procedura di gara qualora abbia commesso gravi violazioni degli obblighi relativi al pagamento di imposte, tasse o contributi previdenziali secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui si è stabilita. La ratio della norma si sostanzia nell’evitare alla stazione appaltante di trattare con operatori economici che non diano sufficienti garanzie in ordine alla propria affidabilità morale e professionale. Tali inadempienze, per assumere rilevanza escludente ai fini della norma, devono essere state accertate in via definitiva, ossia «contenute in sentenze o atti amministrativi non soggetti a impugnazione». La norma codicistica si riferisce infatti tout court a sentenze ed ad atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione. Tale circostanza ha peraltro creato dubbi, sul piano operativo, circa l’individuazione dei presupporti per l’acquisizione della definitività dell’atto (la questione si è posta soprattutto con riguardo alle pretese tributarie[3]).

La precisazione per cui le violazioni devono essere «contenute in sentenze o atti amministrativi non soggetti a impugnazione» – a parere della Commissione – contrasterebbe con quanto stabilito dalle direttive europee nella parte in cui consentono alle amministrazioni aggiudicatrici di escludere i concorrenti «anche prima che sia adottata una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori» e indipendentemente dalla sussistenza di accertamenti con valore definitivo; quindi anche nell’ipotesi in cui le stesse siano in grado di «dimostrare con qualunque mezzo adeguato che l’operatore economico non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali»[4].

« La stazione appaltante – secondo la Commissione – deve poter escludere un operatore economico che ha violato gli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali (art. 80 comma 4 del Codice) anche se tale violazione non è stata stabilita da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo ma può essere comunque adeguatamente dimostrata dalla stessa stazione appaltante.» 

La normativa europea, in altri termini, attribuisce alla stazione appaltante maggiori autonomia e discrezionalità nelle valutazioni relative al possesso in capo ai concorrenti dei necessari requisiti di moralità e professionalità. Tale autonomia sarebbe, invece, ristretta illegittimamente dal Codice italiano. In conclusione, secondo la Commissione, l’art. 80, comma 4, è conforme alle direttive comunitarie nella misura in cui impone di escludere un operatore economico che non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali se ciò̀ è stato stabilito da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo. L’articolo in questione non è invece conforme alle suddette disposizioni laddove non consente di escludere un operatore economico che ha violato gli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali qualora tale violazione non sia stata stabilita da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo ma possa essere comunque adeguatamente dimostrata dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore.

Un’ulteriore censura riguarda il successivo comma 5, lett. c), dell’art. 80 in oggetto, che prevedeva l’esclusione del concorrente in caso di inadempienze contrattuali pregresse tra cui rientrano: «… le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; …». Tale previsione, non essendo contemplata nelle direttive sugli appalti pubblici, ha creato vari problemi interpretativi in quanto sembrava precludere alla stazione appaltante ogni valutazione circa l’affidabilità degli offerenti in caso di risoluzione contrattuale soggetta ancora a giudizio al momento della gara o confermata in sede giurisdizionale[5].

Secondo la Commissione, la disposizione italiana precluderebbe alle stazioni appaltanti, nel caso di offerenti che abbiano contestato in giudizio la risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto o concessione, ogni valutazione circa l’affidabilità̀ di tali offerenti sino a quando il giudizio non abbia confermato la risoluzione anticipata[6]. Con il D.L. n. 135/18 cd. «Decreto semplificazioni» il Legislatore italiano anticipa la soluzione della questione, eliminando il riferimento all’insussistenza di un contenzioso pendente relativo alla risoluzione e riallineando così la normativa interna alla corrispondente disciplina europea.

3. Violazione delle direttive in materia di limiti al subappalto

I rilievi più significativi della Commissione si rivolgono alla disciplina nazionale in tema di subappalto. Sul punto la lettera di costituzione in mora elenca ben sei violazioni del diritto europeo quali, sinteticamente:

– il divieto di subappaltare più del 30% di un contratto pubblico;

– l’obbligo di indicare la terna di subappaltatori proposti;

– divieto per l’offerente in una determinata gara di essere subappaltatore di un altro offerente nella stessa gara;

– divieto per un subappaltatore di fare a sua volta ricorso ad un altro subappaltatore (c.d. subappalto «a cascata»).

Con riferimento al limite obbligatorio dell’importo del contratto che l’appaltatore può affidare a terzi, corrispondente al 30 % dell’importo complessivo del contratto medesimo (art. 105, commi 2 e 5 del Codice)[7], la volontà del Legislatore italiano sarebbe quella di assicurare l’integrità dei contratti pubblici e la loro immunità da infiltrazioni della criminalità; scopi questi che potrebbero giustificare l’istituzione di una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi.

Secondo la Commissione europea, tuttavia, tale limitazione quantitativa, fissata in maniera del tutto astratta, prescindendo dalle reali capacità dei subappaltatori e dal carattere essenziale o meno delle prestazioni, non risulta compatibile con i principi fondamentali della materia che impongono di facilitare la partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici anche attraverso lo strumento del subappalto. Inoltre, anche in questo caso si assisterebbe ad una restrizione dei poteri delle stazioni appaltanti, notevolmente ampliati dalle direttive del 2014 anche in tale ambito mediante il riconoscimento espresso della facoltà di imporre agli operatori economici la sostituzione dei subappaltatori privi dei requisiti richiesti, in presenza di cause di esclusione obbligatorie o facoltative.

«Il divieto di subappaltare più del 30% di un contratto pubblico (art. 105 del Codice) non è conforme alle direttive europee in materia di subappalto».

La questione dei limiti al subappalto è peraltro attualmente soggetta a giudizio pendente dinanzi alla Corte di Giustizia: il Consiglio di Stato – nel disporre il rinvio pregiudiziale della questione alla Corte – ha infatti evidenziato come il limite del 30% renda più difficoltoso l’accesso delle imprese, in particolar modo di quelle di piccole e medie dimensioni, agli appalti pubblici, ostacolando l’esercizio della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi e precludendo, peraltro, agli stessi acquirenti pubblici l’opportunità di ricevere offerte più numerose e diversificate. Il limite in questione, non previsto dalle direttive, imporrebbe una restrizione alla facoltà di ricorrere al subappalto per una parte del contratto fissata in maniera astratta in una determinata percentuale dello stesso, e ciò a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità di eventuali subappaltatori e senza menzione alcuna del carattere essenziale degli incarichi di cui si tratterebbe, in contrasto con gli obiettivi di apertura alla concorrenza e di favore per l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici[8]. La Corte di giustizia in realtà si era già pronunciata sul punto, nel senso di escludere la compatibilità con il diritto dell’Unione di limitazioni quantitative imposte dagli Stati membri (v. sentenza sez. III, 14 luglio 2016, causa c- 406/14, secondo cui il diritto europeo in materia di appalti pubblici, «prevedendo la facoltà per gli offerenti di provare che, facendo affidamento sulle capacità di soggetti terzi, essi soddisfano i livelli minimi di capacità tecniche e professionali stabiliti dall’amministrazione aggiudicatrice, a condizione di dimostrare che, qualora l’appalto venga loro aggiudicato, disporranno effettivamente delle risorse necessarie per la sua esecuzione, risorse che non appartengono loro personalmente – sancisce la possibilità per gli offerenti di ricorrere al subappalto per l’esecuzione di un appalto, e ciò, in linea di principio, in modo illimitato»).

Sul punto si era già espressa anche la Commissione Europea con la lettera di costituzione in mora n. 1572232 del 23/03/2017. Nella lettera trasmessa alle Autorità italiane, la Commissione osservava che l’art. 105 del Codice, a differenza di quanto previsto a livello europeo, ove si consente espressamente il subappalto senza particolari limiti, sembrerebbe creare un sistema in cui il subappalto è in linea generale vietato poiché consentito solo con autorizzazione della stazione appaltante e nel limite massimo del 30% dell’importo dell’opera.

Appare poi in contrasto con la normativa europea l’art. 105, comma 6, del Codice che prevede l’obbligo di indicazione in sede di offerta della terna dei subappaltatori. E ciò non solo perché l’articolo impone agli offerenti di indicare sempre tre subappaltatori anche qualora all’offerente ne occorrano meno di tre, ma anche perché tale obbligo opera anche nel caso in cui i concorrenti non intendano fare ricorso a nessun subappaltatore[9].

«Secondo la Commissione, gli Stati membri non possono imporre ai subappaltatori un divieto generale e universale di fare a loro volta ricorso ad altri subappaltatori.».

Infine, ad essere censurato è il divieto generale per i subappaltatori di fare a loro volta ricorso ad altri soggetti (art. 105, comma 19, del Codice), non previsto dalla normativa europea dei contratti pubblici e ritenuto in contrasto con i principi di proporzionalità e parità di trattamento[10].

4. Violazione delle direttive europee in tema di limiti all’avvalimento

Quanto alla disciplina riguardante l’avvalimento, la Commissione evidenzia, in primo luogo, aspetti di incompatibilità fra il divieto di c.d. avvalimento «a cascata », contenuto nell’art. 89, comma 6 del Codice, che impedisce all’impresa ausiliaria di affidarsi a sua volta alle capacità di un altro soggetto, e le direttive europee che non contemplano tale limitazione. Il tema era stato affrontato dal Consiglio di Stato, che aveva giustificato il divieto alla luce del fatto che la deroga che l’istituto in parola reca al principio di personalità dei requisiti di partecipazione alla gara è condizionata alla possibilità di configurare un rapporto diretto ed immediato tra ausiliaria e ausiliata, da cui discenda una responsabilità solidale delle due imprese, in relazione alla prestazione da eseguire. In questo quadro, l’innesto di un ulteriore passaggio, tra l’impresa che partecipa alla gara e quella che possiede i requisiti, infrangerebbe l’ineludibile vincolo di responsabilità che giustifica il ricorso all’istituto dell’avvalimento e la deroga al principio del possesso in proprio dei requisiti di gara[11].

Le ulteriori violazioni delle Direttive rilevate dalla Commissione riguardano il divieto posto dall’art. 89, comma 7, il quale recita «in relazione a ciascuna gara non è consentito, a pena di esclusione, che della stessa impresa ausiliaria si avvalga più di un concorrente, ovvero che partecipino sia l’impresa ausiliaria che quella che si avvale dei requisiti». Il divieto in parola era già passato al vaglio del Consiglio di Stato, che ne aveva individuato la ratio nella esigenza di assicurare la lealtà del confronto concorrenziale ed impedire che della stessa capacità tecnico-organizzativa o economico-finanziaria si avvalgano più partecipanti alla medesima gara, oltre che di prevenire che anche le offerte possano essere alterate. Per ragioni analoghe la disposizione in esame vieta all’impresa ausiliaria di assumere la veste del concorrente nella medesima procedura di affidamento[12]. In altri termini, secondo i precedenti giurisprudenziali citati, le finalità di massima partecipazione sottese all’istituto dell’avvalimento non devono andare a discapito dell’interesse della stazione appaltante a contrarre con operatori economici affidabili ed effettivamente in possesso dei requisiti di qualificazione previsti dalla normativa di gara. Analoghe considerazioni circa la contrarietà ai principi comunitari vengono formulate dalla Commissione con riferimento all’art. 105, comma 4 del Codice che applica la medesima regola all’ipotesi del subappalto[13]. Tali divieti «incondizionati», già più volte contestati dalla Corte di Giustizia[14], sarebbero incompatibili con il fondamentale principio di proporzionalità precludendo agli operatori economici di poter dimostrare che il fatto di essere collegati ad altri partecipanti alla gara non abbia influito sul loro comportamento, né sulla capacità di rispettare gli obblighi contrattuali.

Infine, alla Commissione appare lesivo degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione anche l’art. 89, comma 11, del Codice che rappresenta una novità rispetto alla disciplina previgente e non consente agli operatori economici di avvalersi delle capacità di altri soggetti qualora l’appalto comprenda opere che richiedono lavori di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, impedendo così l’avvalimento in relazione all’intero appalto («opere complesse», comunemente definite «super specialistiche»  o S.I.O.S. la cui concreta individuazione è stata operata con il Decreto del MIT 248/2016[15]). La Corte di giustizia, nei vari precedenti sull’istituto, non ha escluso in assoluto che la stazione appaltante possa introdurre limitazioni nell’utilizzo dell’istituto, ma ha sottolineato come tali limitazioni debbano essere valutate ed eventualmente inserite in relazione alla singola fattispecie. Ora è la Commissione a ritenere tale disposizione codicistica sproporzionata perché́, invece di proibire l’avvalimento in relazione agli specifici lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità̀ tecnica compresi nell’appalto, essa proibisce l’avvalimento in relazione all’intero appalto.

«Alcuni divieti previsti dal Codice il tema di avvalimento (l’avvalimento «a cascata» o per opere «super specialistiche») contrastano con le norme europee».

5.  Violazione delle norme europee in tema di opere di urbanizzazione

Ampio spazio della lettera di costituzione in mora riguarda la disciplina delle opere di urbanizzazione. La disciplina è oggetto di esame da parte dell’ANAC, che, di recente, ha avviato una consultazione pubblica (chiusa il 21/2/2019[16]) per aggiornare le proprie Linee guida n. 4 recanti «Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici». Le modifiche che si intende apportare riguardano i seguenti aspetti:

– le modalità di calcolo del valore degli affidamenti per le opere di urbanizzazione e le procedure da seguire;

– l’applicabilità dell’esclusione automatica dell’offerta anomala;

– il periodo transitorio per le soglie relative ai lavori;

– la revisione della soglia di rilevanza per il criterio di rotazione;

– le modalità di superamento delle criticità rilevate.

In ossequio alla normativa europea, in materia di opere di urbanizzazione, le amministrazioni aggiudicatrici possono aggiudicare ciascun lotto senza applicare il Codice solo qualora abbiano prima verificato che il valore cumulato dei lotti è inferiore alla soglia europea. Tale interpretazione non risulta però pacifica nell’ordinamento nazionale, ragion per cui la Commissione – in sede di procedura di infrazione – chiede all’Italia di conformarsi alla suddetta impostazione.

6. Violazioni riguardanti le offerte anormalmente basse

La Commissione osserva che la disposizione di cui all’art. 97, comma 8, del Codice, contrariamente alle direttive, consente alle stazioni appaltanti di escludere offerte anormalmente basse senza prima chiedere agli offerenti di fornire spiegazioni[17].

7. I decreti di riforma «in cantiere»

L’avvio della procedura di infrazione, ai sensi degli articoli 258 e 259 del Trattato dell’Unione Europea[18], ha posto in primo piano l’esigenza e l’urgenza di provvedere ad una riforma del Codice.

Il testo di disegno di legge oggi approvato dal Consiglio dei Ministri delega il Governo ad adottare entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni in materia dei contratti pubblici, nel rispetto delle direttive europee, anche al fine di coordinare le predette disposizioni con la L. n. 241/90 e con il codice civile, adottando un nuovo codice dei contratti pubblici[19].

Verrà inoltre adottato un unico regolamento per disciplinare: nomina, ruolo e compiti del responsabile del procedimento; progettazione di lavori, servizi e forniture, sistema di qualificazione e requisiti degli esecutori di lavori e dei contraenti generali; direzione dei lavori e esecuzione; collaudo e verifica di conformità; tutela dei lavoratori e regolarità contributiva; affidamento dei contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria; requisiti degli operatori economici per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria e, infine, lavori sui beni culturali.

Quanto ai principi e criteri direttivi cui dovrà attenersi il Governo nell’esercizio della delega, oltre ad alcune precisazioni circa la chiarezza, semplicità e coerenza sistematica che dovrà avere il nuovo impianto codicistico, la riforma del codice dovrà:

  • assicurare l’efficienza e la tempestività delle procedure di programmazione, di affidamento, di gestione, e di esecuzione degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, al fine di ridurre e rendere certi i tempi di realizzazione delle opere pubbliche, compresi le infrastrutture e gli insediamenti prioritari per lo sviluppo del paese, nonché di esecuzione dei servizi e delle forniture, limitando i livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive europee;
  •   prevedere discipline opportunamente differenziate applicabili ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, nonché ai contratti da svolgersi fuori dall’Unione europea, ispirate alla massima semplificazione e rapidità, e una disciplina specifica per i contratti attivi;
  • promuovere la discrezionalità e la responsabilità delle stazioni appaltanti, anche nell’ottica di assicurare maggiore flessibilità nell’utilizzo delle procedure di scelta del contraente, fornendo alle medesime stazioni appaltanti misure e strumenti di supporto attraverso il potenziamento dell’attività di vigilanza collaborativa e consultiva delle competenti autorità amministrative indipendenti nonché delle altre amministrazioni pubbliche;
  • razionalizzare i metodi di risoluzione delle controversie, anche alternativi ai rimedi giurisdizionali, riducendo gli oneri di impugnazione degli atti delle procedure di affidamento;
  • rafforzare la certezza e la prevedibilità delle decisioni delle stazioni appaltanti nell’applicazione della disciplina attraverso atti interpretativi dell’ANAC di natura non regolamentare e non vincolante, volti a chiarire la portata e le ricadute organizzative degli adempimenti stabiliti;
  • rafforzare la vigilanza collaborativa e l’attività consultiva su istanza delle singole stazioni appaltanti o degli operatori economici;
  • riordinare e riorganizzare l’attuale disciplina concernente le centrali di committenza e i soggetti aggregatori, con riferimento agli obblighi e alle facoltà inerenti al ricorso agli strumenti di acquisto e negoziazione messi a disposizione dagli stessi e provvedere all’introduzione di strumenti di controllo sul rispetto della disciplina in materia di razionalizzazione della spesa per gli acquisti delle pubbliche amministrazioni;
  • promuovere lo sviluppo di forme di acquisto di beni, servizi e lavori gestite attraverso i sistemi informatici di negoziazione, anche in modalità ASP messi a disposizione da Consip e dai soggetti aggregatori;
  • prevedere l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di rendere facilmente conoscibili e accessibili le informazioni, i dati da fornire e la relativa modulistica, anche adeguando, aggiornando e semplificando il linguaggio, nonché adottando moduli unificati e standardizzati che definiscono esaustivamente, per tipologia di procedimento, i contenuti tipici e la relativa organizzazione dei dati;
  • assicurare, per tipologie omogenee di procedimento, l’uniformità delle modalità di presentazione delle comunicazioni, delle dichiarazioni e delle istanze degli interessati, nonché le modalità di svolgimento della procedura;
  • armonizzare, semplificare e razionalizzare la disciplina dei controlli, ad eccezione di quelli fiscali, sulle imprese e i professionisti;
  • prevedere l’obbligo, per le pubbliche amministrazioni, di procedere al monitoraggio e al controllo telematico a consuntivo del rispetto dei tempi di conclusione dei procedimenti amministrativi di competenza;
  • semplificare e accelerare le procedure di spesa e contabili nel rispetto dei principi e delle regole stabiliti dalla L. n. 196/2009, eliminando gli adempimenti meramente formali e favorendo la tempestività dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni;
  • prevedere, nel rispetto della disciplina in materia di protezione dei dati personali, che ogni dato o informazione necessaria alla PA sia fornita una sola volta da parte di cittadini e imprese e che, in seguito, il dato possa essere richiesto da ciascuna amministrazione soltanto a quella che lo abbia già acquisito, anche attraverso una gestione uniforme delle banche dati pubbliche.

[1] Commissione Europea, lettera di costituzione in mora – infrazione n. 2018/2273.

[2] Cfr. art. 35: «9. Per i contratti relativi a lavori e servizi: a) quando un’opera prevista o una prestazione di servizi può̀ dare luogo ad appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti distinti, è computato il valore complessivo stimato della totalità̀ di tali lotti; b) quando il valore cumulato dei lotti è pari o superiore alle soglie di cui ai commi 1 e 2, le disposizioni del presente codice si applicano all’aggiudicazione di ciascun lotto.

10. Per gli appalti di forniture: a) quando un progetto volto ad ottenere forniture omogenee può dare luogo ad appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti distinti, nell’applicazione delle soglie di cui ai commi 1 e 2 è computato il valore complessivo stimato della totalità di tali lotti; b) quando il valore cumulato dei lotti è pari o superiore alle soglie di cui ai commi 1 e 2, le disposizioni del presente codice si applicano all’aggiudicazione di ciascun lotto.».

[3] Cfr. TAR Campania Napoli sez. I 28/12/2018 n. 7365, secondo cui «la definitività dell’accertamento tributario decorre non dalla notifica della cartella esattoriale – in sé, semplice atto con cui l’agente della riscossione chiede il pagamento di una somma di denaro per conto di un ente creditore, dopo aver informato il debitore che il detto ente ha provveduto all’iscrizione a ruolo di quanto indicato in un precedente avviso di accertamento – bensì dalla comunicazione di quest’ultimo» (v. Consiglio di Stato, Sez. V, 21/6/2012, n. 3663; Sez. V, 18/1/2011, n. 789).

[4] In particolare l’art. 38, par. 5, commi 1 e 2, della direttiva 2014/23/UE stabilisce quanto segue: «Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), escludono un operatore economico dalla partecipazione a una procedura di aggiudicazione di una concessione qualora siano a conoscenza del fatto che l’operatore economico non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali e se ciò̀ è stato stabilito da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo e vincolante secondo la legislazione del paese in cui è stabilito o dello Stato membro dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore. Inoltre, le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), possono escludere o possono essere obbligati dagli Stati membri a escludere dalla partecipazione a una procedura di aggiudicazione di una concessione un operatore economico se l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore può̀ dimostrare con qualunque mezzo adeguato che l’operatore economico non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali.».

[5] Le direttive europee (art. 57, paragrafo 4, lettere c) e g), della direttiva 2014/24/UE; art. 38, paragrafo 7, lettere c) e f), della direttiva 2014/23/UE) prevedono in proposito che:

«Le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere, oppure gli Stati membri possono chiedere alle amministrazioni aggiudicatrici di escludere dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni: …

c) se l’amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità;

g) se l’operatore economico ha evidenziato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un requisito sostanziale nel quadro di un precedente contratto di appalto pubblico, di un precedente contratto di appalto con un ente aggiudicatore o di un precedente contratto di concessione che hanno causato la cessazione anticipata di tale contratto precedente, un risarcimento danni o altre sanzioni comparabili;».

[6] La Commissione ha assunto una posizione analoga nella causa C-41/18 pendente innanzi alla Corte di Giustizia.

[7] Il comma 2 dispone che «Fatto salvo quanto previsto dal comma 5, l’eventuale subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture», a differenza dell’art. 118 del D.Lgs. 163/2006 che prevedeva tale tetto per la sola «categoria prevalente». Il successivo comma 5 recita: «Per le opere di cui all’articolo 89, comma 11, e fermi restando i limiti previsti dal medesimo comma, l’eventuale subappalto non può̀ superare il trenta per cento dell’importo delle opere e non può essere, senza ragioni obiettive, suddiviso».

[8] V. Consiglio di Stato, Sez. VI, ordinanza 11/6/2018, n. 3553 – Corte di Giustizia, Causa C-402/18; T.A.R. Lombardia, Sez. I, ordinanza n. 148, 19/1/2018 – Corte di Giustizia, Causa C-63/18. Un’ulteriore causa allo stato pende dinanzi alla Corte di giustizia e riguarda la possibilità di escludere un operatore economico per la sussistenza del venir meno dei requisiti di cui all’art. 80, comma 5 D.lgs. n. 50/2016 in capo al subappaltatore (T.A.R. Lazio – Roma, Sez. II, ordinanza 29/5/2018, n. 6010; Corte di giustizia, Causa C-395/18).

[9] La questione è stata sottoposta alla Corte di giustizia, causa C-395/18, e il relativo giudizio è pendente.

[10] Le direttive infatti in proposito prevedono: «Le amministrazioni aggiudicatrici possono estendere o possono essere obbligate dagli Stati membri a estendere gli obblighi previsti al primo comma, [cioè l’obbligo di indicare alle amministrazioni aggiudicatrici nome, recapito e rappresentanti legali dei subappaltatori] ad esempio: […] b) ai subappaltatori dei subappaltatori del contraente principale o ai subappaltatori successivi nella catena dei subappalti.». Secondo la Commissione, gli Stati membri non possono imporre ai subappaltatori un divieto generale e universale di fare a loro volta ricorso ad altri subappaltatori.

[11] Consiglio di Stato, V, 26/7/2016 n. 3347; VI, 19/6/2017, n. 2977.

[12] Consiglio di Stato sez. V 10/4/2018 n. 2183.

[13] «4. I soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice possono affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto, previa autorizzazione della stazione appaltante purché:

a) l’affidatario del subappalto non abbia partecipato alla procedura per l’affidamento dell’appalto;

b) il subappaltatore sia qualificato nella relativa categoria;

c) all’atto dell’offerta siano stati indicati i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che si intende subappaltare;

d) il concorrente dimostri l’assenza in capo ai subappaltatori dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80».

[14] V. Corte di giustizia UE, causa C-425/14, causa C-376/08, causa C-538/07.

[15] In tema si veda il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 10 novembre 2016, n. 248 – Gazzetta Ufficiale n. 3 del 4 gennaio 2017 «Regolamento recante individuazione delle opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica e dei requisiti di specializzazione richiesti per la loro esecuzione, ai sensi dell’articolo 89, comma 11, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50».

[16]Per il documento in consultazione v.  http://www.anticorruzione.it/portal/rest/jcr/repository/collaboration/Digital%20Assets/anacdocs/Attivita/ConsultazioniOnline/20190211/documento%20di%20consultazione.pdf  Tra le soluzione prospettate dall’ANAC vi sono i) l’obbligo di richiesta di almeno tre preventivi per l’affidamento diretto di lavori fino a 150 mila euro; ii) divieto di selezionare le imprese in base all’ordine cronologico di arrivo delle domande o in base alla prossimità della sede legale rispetto al luogo di esecuzione dei lavori; iii) l’obbligo di applicare il principio della rotazione negli affidamenti diretti vale oltre i 5mila euro; iv) l’applicazione del Codice per l’affidamento delle opere di urbanizzazione scatta anche quando i lotti dei lavori sono sotto soglia, ma il loro importo totale supera la soglia Ue dei 5,2 milioni.

[17] Dalla sentenza della Corte di giustizia UE nelle cause riunite C-147/06 e C-148/06 emerge in contrario 1) che, in caso di appalti con un valore inferiore alla soglia UE, le offerte anormalmente basse possono essere escluse automaticamente (ossia senza prima chiedere agli offerenti di fornire spiegazioni) purché l’amministrazione aggiudicatrice abbia verificato che l’appalto non ha un interesse transfrontaliero certo, e 2) che è consentito fissare una soglia (un numero minimo di offerte ammesse) oltre la quale le offerte anormalmente basse sono escluse automaticamente (ossia senza prima chiedere agli offerenti di fornire spiegazioni) purché́ tale soglia sia sufficientemente elevata da giustificare l’argomento secondo cui un numero di offerte pari o superiore a tale soglia potrebbe obbligare le amministrazioni aggiudicatrici a procedere alla verifica in contraddittorio di un numero di offerte talmente alto da eccedere la loro capacità amministrativa o da poter compromettere la realizzazione del progetto a causa del ritardo che tale verifica potrebbe comportare.

[18] La procedura di infrazione, regolata dagli articoli 258 e 259 del Trattato dell’Unione Europea, ha il fine di sanzionare gli Stati membri responsabili della violazione degli obblighi derivanti dal diritto comunitario. La procedura è attualmente nella sua fase preliminare, tipicamente di carattere pre-contenzioso, affidata alla competenza della Commissione europea. Ove lo Stato non risponda entro il termine di due mesi, ovvero non fornisca chiarimenti soddisfacenti, la Commissione emette un parere motivato che ha il valore di formale diffida ad adempiere nei confronti dello Stato sottoposto alla procedura.  Qualora lo Stato non si conformi al detto parere nel termine fissato dalla Commissione, questa, ovvero lo Stato membro che abbia eventualmente avviato la procedura, sono legittimati a proporre ricorso per inadempimento alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Lo Stato ha l’obbligo di eseguire la sentenza della Corte che accerti la violazione del diritto comunitario a suo carico, ponendo immediatamente rimedio alla stessa e provvedendo al pagamento delle sanzioni ivi previste.

[19] Disegno di legge delega recante «Delega al governo per la semplificazione, la razionalizzazione, il riordino, il coordinamento e l’integrazione della normativa in materia di contratti pubblici», approvato dal Consiglio dei Ministri in data 28/2/2019 ; v. www.governo.it. Al contempo, il Governo avrebbe intenzione di varare in tempi brevi un decreto legge di riforma urgente del Codice degli appalti.

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Francesca Scura
Avv. Francesca Scura
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica
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