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Premesse

Una delle questioni di delicate implicazioni pratiche in tema di appalti, ritornata di attualità grazie alla recente sentenza del Tar Umbria, Perugia, sez. I, n. 581/2018, è quella relativa alla necessità di una chiara individuazione – da parte del RUP della stazione appaltante – dei criteri oggettivi da utilizzare per la valutazione delle offerte tecnico/economiche nel caso, evidentemente, dell’appalto da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Criteri, che come si dirà più avanti, devono avere un riferimento oggettivo e trasparente evitando delle pericolose commistioni tra (valutazione del) prezzo e (valutazione della) qualità dell’offerta.

La questione posta, infatti, al collegio umbro ha riguardato la legittimità o meno dell’impegno  dall’appaltatore di offrire ore/lavoro in più rispetto a quelle stabilite dalla stazione appaltante con la base di gara e sulla correlata pretesa di far considerare tale proposta come offerta migliorativa.

La questione può essere posta in modo simmetrico nel senso che occorre porsi il problema della legittimità anche nel caso in cui sia la stessa stazione appaltante a richiedere, appunto come proposta migliorativa, la concessione di ore/lavoro in più. Già si anticipa che questo modus operandi non può essere ritenuto legittimo in quanto tende a “violare” la ratio dell’aggiudicazione con il multi-criterio per ricondurre l’assegnazione solo dando prevalenza ad un aspetto economico. In ogni caso, poi, sono evidenti tantissime problematiche, a mero titolo esemplificativo si può rammentare il fatto che nel caso in caso vengano fornite ore/lavoro in più rispetto a quelle richieste dalla stazione appaltante per la gestione del servizio appaltato viene in essere anche una questione di verifica della congruità dell’offerta. Non è possibile e non è neppure credibile che l’appaltatore fornisca un maggior numero di ore in modo gratuito. Ciò inciderebbe sul margine di utile, azzerandolo, determinando sicuramente una offerta anomala ed  in quanto tale inaccettabile.  

La questione posta, infatti, al collegio umbro ha riguardato la legittimità o meno dell’impegno dall’appaltatore di offrire ore/lavoro in più rispetto a quelle stabilite dalla stazione appaltante con la base di gara e la correlata pretesa di far considerare tale proposta come offerta migliorativa.

1. I criteri di aggiudicazione dell’offerta

Il codice dei contratti, come noto, non stabilisce più una equiordinazione (non attribuisce pari valore) tra i criteri di aggiudicazione dell’appalto. Nonostante alcuni ripensamenti, oggi si può riaffermare che il criterio del minor prezzo rispetto alla base d’asta ha sicuramente un ambito di applicazione contingentato (art. 95, comma 4 del codice) mentre la previsione principale (a pena di illegittimità degli atti di gara) è quella di utilizzare il criterio quanti/qualitativo ed a tal riguardo con il comma 6 dell’articolo citato, il legislatore fornisce già una prima indicazione – una sorta di norma quadro – dei criteri che il RUP può predisporre ai fini dell’assegnazione dell’appalto.

La chiara previsione dei criteri nel bando di gara o nella lettera di invito (o finanche nell’avviso pubblico) nel caso di appalto da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa è imposta non solo dalla norma ma anche come principio di carattere generale. E’ del tutto evidente che non conoscendo su quali basi verrà valutata la propria proposta tecnico/economica all’appaltatore non sarà possibile neppure predisporre una proposta di partecipazione alla competizione.

In tema ed in questo senso deve essere letta la pronuncia della Corte di Giustizia Europea del 14 luglio 2016 n. C-6/15

In cui si precisa che “L’articolo 53, paragrafo 2, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, letto alla luce del principio di parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza che ne deriva, dev’essere interpretato nel senso che, nel caso di un appalto di servizi che debba essere attribuito secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa dal punto di vista dell’amministrazione aggiudicatrice, quest’ultima non è tenuta a portare a conoscenza dei potenziali offerenti, nel bando di gara o nel capitolato d’oneri relativi all’appalto in questione, il metodo di valutazione da essa applicato al fine di valutare e di classificare concretamente le offerte. Per contro, detto metodo non può avere l’effetto di modificare i criteri di attribuzione e la loro ponderazione relativa”. Pertanto, ciò che devono essere resi noti fin dall’avvio della procedura sono proprio i criteri ed i punteggi da assegnare. Il comma 6 dell’articolo 95 dopo aver premesso che i “documenti di gara stabiliscono i criteri di aggiudicazione dell’offerta”, puntualizza che questi devono essere “pertinenti”:

a) alla natura,

b) all’oggetto,

c) alle caratteristiche del contratto (si intende all’appalto o al contratto da aggiudicare).

Nel caso specifico, l’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, è valutata sulla base di criteri oggettivi, quali gli aspetti qualitativi, gli aspetti ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto.

Secondo il legislatore, nell’ambito di tali criteri possono rientrare:

a) la qualità, che comprende pregio tecnico, caratteristiche estetiche e funzionali, accessibilità per le persone con disabilità, progettazione adeguata per tutti gli utenti, certificazioni e attestazioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, quali OSHAS 18001, caratteristiche sociali, ambientali, contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell’opera o del prodotto, caratteristiche innovative, commercializzazione e relative condizioni;

b) il possesso di un marchio di qualità ecologica dell’Unione europea (Ecolabel UE) in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto, in misura pari o superiore al 30 per cento del valore delle forniture o prestazioni oggetto del contratto stesso;

c) il costo di utilizzazione e manutenzione avuto anche riguardo ai consumi di energia e delle risorse naturali, alle emissioni inquinanti e ai costi complessivi, inclusi quelli esterni e di mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici, riferiti all’intero ciclo di vita dell’opera, bene o servizio, con l’obiettivo strategico di un uso più efficiente delle risorse e di un’economia circolare che promuova ambiente e occupazione;

d) la compensazione delle emissioni di gas ad effetto serra associate alle attività dell’azienda calcolate secondo i metodi stabiliti in base alla raccomandazione n. 2013/179/UE della Commissione del 9 aprile 2013, relativa all’uso di metodologie comuni per misurare e comunicare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti e delle organizzazioni;

e) l’organizzazione, le qualifiche e l’esperienza del personale effettivamente utilizzato nell’appalto, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un’influenza significativa sul livello dell’esecuzione dell’appalto;

f) il servizio successivo alla vendita e assistenza tecnica;

g) le condizioni di consegna quali la data di consegna, il processo di consegna e il termine di consegna o di esecuzione.

Già dalla declaratoria, indicata a mero titolo esemplificativo, ma guida importante per il RUP, non viene citata la possibilità di offrire un maggior numero di ore/lavoro rispetto alla richiesta della stazione appaltante.

2. Onere di immediata impugnazione e la questione della commistione 

L’obbligo della previa (ed ovvia) indicazione già nel bando di gara o nell’atto omologo dei criteri predetti,  ha dei riflessi anche sotto il profilo della tutela dell’appaltatore e della necessità che questi proceda in modo responsabile. A tal proposito, in giurisprudenza si è evidenziato che criteri incongrui o tali da non poter consentire la presentazione di una offerta consapevole e meditata impongono l’immediata impugnazione del bando da parte dell’interessato. L’appaltatore, pertanto, non potrebbe impugnare l’aggiudicazione se non ha partecipato alla gara assumendo l’impossibilità di parteciparvi per incongruità/illegittimità dei criteri. Ciò, tra l’altro, verrebbe immediatamente sconfessato dalla circostanza che altri appaltatori hanno partecipato alla competizione. In tema, tra gli altri, ha avuto modo di esprimersi il Tar Umbria, Perugia, sez. I con la sentenza n. 192/2018 che ha chiarito come le “contestazioni inerenti i criteri di aggiudicazione previsti dall’art. 95 D.lgs. 50/2016 in quanto ritenuti non idonei a consentire la formulazione di offerta consapevole, dovrebbero in quanto direttamente lesive essere immediatamente dirette nei confronti del bando e non già dell’aggiudicazione, secondo recente condivisibile orientamento giurisprudenziale (Consiglio di Stato sez. III, 2 maggio 2017 n. 2014) fermo restando l’esigenza di chiarire definitivamente da parte dell’Adunanza Plenaria le concrete fattispecie in cui sussiste l’onere di impugnazione immediata in seguito all’entrata in vigore del D.lgs. 50/2016 (Cons. St., sez. III, ordinanza 7 novembre 2017, n. 5138”).

Altra questione, oggetto di frequente dibattito giurisprudenziale – ed ora si deve ritenere comunque superata con il nuovo codice – è quella della commistione tra criteri soggettivi, che dovrebbero essere oggetto di considerazione nella sola fase di qualificazione dell’appalto (di partecipazione) ed aspetti oggettivi che vengono in rilievo per la valutazione dell’offerta. In tema, il Tar Campania, Napoli sez. VIII con la sentenza n. 5596/2017 ha puntualizzato che costituisce un principio generale regolatore delle gare pubbliche “quello che vieta la commistione fra i criteri soggettivi di prequalificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta ai fini dell’aggiudicazione”. Questo discrimine, secondo il giudice campano, “affonda le sue radici nell’esigenza di aprire il mercato premiando le offerte più competitive ove presentate da imprese comunque affidabili, unitamente al canone di par condicio che osta ad asimmetrie pregiudiziali di tipo meramente soggettivo, e trova il suo sostanziale supporto logico nel bisogno di tenere separati i requisiti richiesti per la partecipazione alla gara da quelli che invece attengono all’offerta e all’aggiudicazione (T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, 25-02-2016, n. 355; T.A.R. Lazio Roma Sez. II, 04-01-2016, n. 1)“. Sempre in sentenza, inoltre, si precisa che la normativa comunitaria e nazionale pongono una chiara e ragionevole distinzione tra requisiti soggettivi di partecipazione alle gare pubbliche e criteri oggettivi di valutazione dell’offerta, cosicché la stazione appaltante non può confondere gli stessi in fase di individuazione dei punteggi da attribuire alle offerte (T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, 23-08-2017, n. 799).

Non è, infatti, ammessa alcuna commistione tra i criteri soggettivi di prequalificazione e quelli oggettivi attinenti all’aggiudicazione (Cons. Stato Sez. V, 20-03-2006, n. 1446). Ovviamente, tale divieto di tipo generale non deve essere inteso in senso assoluto in quanto sono ammissibili delle giustificate eccezioni. Il divieto di commistione, pertanto, dovrebbe non ritenersi eluso o violato quando “gli aspetti organizzativi o le professionalità risultanti dal curriculum personale sono destinati a essere apprezzati quale garanzia della migliore prestazione del servizio, come elementi, cioè, incidenti sulle modalità esecutive dello specifico servizio e, quindi, come parametri afferenti alle caratteristiche oggettive dell’offerta (T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, 25-02-2016, n. 355), così che il divieto di commistione tra requisiti di qualificazione e criteri di valutazione dell’offerta non può essere inteso in termini assoluti, escludendo quindi che qualunque elemento che faccia riferimento al profilo soggettivo dei concorrenti possa essere preso in considerazione ai fini della valutazione dei contenuti qualitativi dell’offerta; occorre infatti procedere ad un’analisi specifica della singola fattispecie per verificare se vi sia un’effettiva e coerente corrispondenza tra il criterio di valutazione individuato, ancorché di natura soggettiva, e il contenuto qualitativo dell’offerta, e quale sia l’effettiva incidenza di tale criterio rispetto alla scelta della miglior offerta. (Consiglio di Stato Sez. III 27 settembre 2016 n.2611)”.

Già in questo senso, del resto, il Consiglio di Stato sez. III, con la sentenza 3970/2016.

Il giudice di Palazzo Spada ha infatti chiarito che la giurisprudenza (tra l’altro proprio quella richiamata dal TAR Veneto, ossia Cons. Stato Sez. V, Sent., 20/08/2013, n. 4191) ha da ultimo riconosciuto, pur dando continuità e riconfermando il fondamento del principio del divieto di commistione tra requisiti soggettivi dell’offerente e requisiti oggettivi dell’offerta, che la soluzione della questione teorica in esame “non può essere elaborata indulgendo a principi assoluti, quanto piuttosto verificando l’eventuale correlazione tra l’elemento di valutazione contestato rispetto alla qualità dell’offerta, al fine di stabilire se vi sia diretta proporzionalità tra la grandezza del primo e la grandezza della seconda”. In particolare, nella decisione citata è precisato che solo i riferimenti all’impresa, e non quelli all’esperienza di singoli dipendenti o del team di lavoro, sono in contrasto con il principio. Siffatto approccio è quello che meglio assicura l’equilibrio tra le esigenze di garanzia di qualità ed efficienza proprie della stazione appaltante con quelle di protezione della concorrenza ed in particolare delle capacità competitive delle piccole e medie imprese che presentano un profilo esperienziale meno marcato. E, difatti, è quello da ultimo prescelto dal legislatore che, all’art. 95 comma 6 lett. e) del recente d.lgs. 50/2016, contempla fra i criteri di selezione utilizzabili, proprio “l’organizzazione, le qualifiche e l’esperienza del personale effettivamente utilizzato nell’appalto, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un’influenza significativa sul livello dell’esecuzione dell’appalto”. Ed in questo senso, come si annotava, ovvero nel senso che oggi è possibile apprezzare (valutare) alcuni aspetti soggettivi – come chiarito direttamente dalla  norma  citata alla lettera e), in tempi recenti, il Tar Sicilia Palermo sez. I, con la sentenza n. 136/2018  ha statuito che “l’individuazione dei criteri di attribuzione dei punteggi è espressione di discrezionalità tecnica, che non sembra essere stata esercitata in maniera illogica, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 95, comma 6, del codice dei contratti, ovverosia che l’offerta economicamente più vantaggiosa va valutata sulla base di criteri oggettivi, quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto, tra cui possono rientrare l’organizzazione, le qualifiche e l’esperienza del personale effettivamente utilizzato nell’appalto, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un’influenza significativa sul livello dell’esecuzione dell’appalto”. Che il superamento della rigida distinzione tra aspetti soggettivi e aspetti oggettivi sia dovuto al nuovo codice dei contratti – con conseguente adattamento alla ispirazione comunitaria – emerge in modo chiaro dalla sentenza del Tar Emilia Romagna, Parma sez. I, sentenza n. 80/2018.  19/3/2018 n. 80. Secondo il giudice l’art. 95, comma 6, lett. e) e g) del d.lgs. 50/2016, prevede che “tra i criteri oggettivi sulla cui base possono essere valutate le offerte economicamente più vantaggiose”, menzionando “l’organizzazione, le qualifiche e l’esperienza del personale effettivamente utilizzato qualora la qualità del personale incaricato possa avere un’influenza significativa sul livello dell’esecuzione dell’appalto” (lett. e) e “le condizioni di consegna o di esecuzione”, per effetto di quanto, “nella valutazione delle offerte possono essere valutati profili di carattere soggettivo introdotti qualora consentano di apprezzare meglio il contenuto e l’affidabilità dell’offerta e di valorizzare caratteristiche (…) ritenute particolarmente meritevoli”.

Altra questione, oggetto di frequente dibattito giurisprudenziale – ed ora si deve ritenere comunque superata con il nuovo codice – è quella della commistione tra criteri soggettivi, che dovrebbero essere oggetto di considerazione nella sola fase di qualificazione dell’appalto (di partecipazione) ed aspetti oggettivi che vengono in rilievo per la valutazione dell’offerta.

Il divieto di commistione tra requisiti di qualificazione e criteri di valutazione dell’offerta non può essere inteso in termini assoluti, escludendo quindi che qualunque elemento che faccia riferimento al profilo soggettivo dei concorrenti possa essere preso

3. La questione del punteggio massimo assegnabile (al dato economico) e la soglia di sbarramento

Ulteriore questione da affrontare è quella del punteggio massimo assegnabile al dato economico proprio per evitare una facile elusione del criterio quali/quantitativo. Il decreto correttivo del codice dei contratti (decreto legislativo 56/2017) ha innestato nell’articolo  95 il comma 10-bis a memoria del quale “la stazione appaltante, al fine di assicurare l’effettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo, valorizza gli elementi qualitativi dell’offerta e individua criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici. A tal fine la stazione appaltante stabilisce un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 30 per cento”.

La violazione della norma determina, evidentemente, illegittimità dell’assegnazione salvo una adeguata motivazione che, in ogni caso, dovrà essere scrutinata dal giudice (pertanto il contenzioso appare aspetto inevitabile).

Aspetto diverso da quello appena trattato è quello relativo alla possibilità o meno di fissare una soglia di sbarramento al di sotto della quale l’offerta dell’appaltatore non è “proseguibile” verso l’aggiudicazione.

La soglia deve essere, evidentemente, proporzionata ed equilibrata  a tal proposito il Consiglio di Stato sez. III, con la sentenza n. 31/2017 ha ritenuto, ad esempio, non “irragionevole né contraria alla ratio dell’art. 83, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006, la previsione di uno sbarramento complessivo, rispetto ai principali sottocriteri di selezione, di una soglia di sbarramento pari al 60% – secondo il criterio di proporzione matematica costantemente seguito dalla giurisprudenza – del punteggio massimo previsto per ogni sottocriterio”.

Non solo, la sentenza ritiene ammissibile anche la possibilità di fissare soglie di sbarramento per ogni singolo sottocriterio di valutazione. Né deve ritenersi irragionevole una previsione secondo cui non si consentirà “l’aggiudicazione dell’appalto a chi non avesse raggiunto almeno la sufficienza, in alcuni dei parametri di valutazione ritenuti evidentemente più significativi con riferimento all’oggetto dell’appalto» (Cons. St., sez. III, 28 agosto 2014, n. 4430), poiché, in base all’art. 83, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006, lo scarto tra il punteggio soglia e il massimo punteggio dell’elemento «(di ciascun elemento rispetto al quale una soglia venga prevista) deve essere “appropriato”, con riferimento alla rilevanza che l’elemento assume nel contesto complessivo» (Cons. St., sez. III, 23 luglio 2015, n. 3649)”.

In definitiva, rientra insomma nella piena discrezionalità della stazione appaltante il potere di fissare soglie di sbarramento anche per i singoli criteri di valutazione dell’offerta tecnica, “valorizzando peraltro sul piano qualitativo taluni di questi criteri rispetto ad altri, e l’appropriatezza dello scarto, al fine di valutare la ragionevolezza dell’elevato standard qualitativo privilegiato dalla stazione appaltante in ogni singolo criterio, non può che essere valutata, secondo un criterio di proporzione matematica, rispetto al punteggio massimo assegnato ad ogni singolo criterio”.

Secondo la giurisprudenza è possibile anche fissare soglie di sbarramento per ogni singolo sottocriterio di valutazione

4. L’offerta di un surplus di ore/lavoro

Come si rilevava in premessa il Tar Umbria, Perugia, sez. I, n. 581/2018 ha affrontato la questione della legittimità della valutazione (attribuzione punteggio che ha determinato l’aggiudicazione) di ore/lavoro offerte come proposta migliorativa da parte dell’appaltatore. Già si anticipa che gli atti della stazione appaltante sono stati ritenuti illegittimi con annullamento dell’aggiudicazione. Nel caso di specie, la stazione appaltante indiceva una gara per l’appalto di pulizia prevedendo, nell’ambito dei parametri da valutare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la possibilità di offrire ore/lavoro come offerta migliorativa. In un primo momento, per le ore di lavoro offerte in più il bando prevedeva l’attribuzione di 30 punti (ovvero la metà del punteggio massimo previsto per gli aspetti qualitativi dell’offerta).  In seguito all’adeguamento del bando – per la modifica intervenuta con il decreto legislativo correttivo 56/2017 ed innesto del comma 10-bis nell’articolo 95 (che ha portato il punteggio massimo attribuibile per l’offerta economica a 30 punti) – il punteggio per il surplus di ore di lavoro saliva, addirittura, a 40 punti. Gli atti di gara  sono stati prontamente impugnati ed in particolare – tra gli altri – la seconda classificata ha chiesto l’annullamento della procedura per la violazione dell’art. 95, commi 10 bis e 14 bis, del d.lgs. n. 50 del 2016, contestando proprio l’attribuzione del detto punteggio visto che non poteva essere considerato alla stregua di un elemento qualitativo. La censura veniva contestata dalla stazione appaltante con la considerazione che, trattandosi di appalto ad alta intensità di manodopera l’offerta di un servizio di pulizia poteva essere migliorata solamente “attraverso la implementazione dell’orario di attività aventi natura manuale, essendo sostanzialmente collegabile all’intensità e frequenza dell’uso del personale dedicato al servizio”.  Il giudice ha respinto il ragionamento della stazione appaltante ritenendo corrette le argomentazioni del ricorrente.

In particolare, in sentenza si evidenzia che l’elemento valutativo dell’offerta tecnica, “laddove si riferisce esclusivamente al surplus di ore di lavoro messo a disposizione e liberamente utilizzabile dall’Amministrazione in base alle proprie esigenze, appare estraneo a qualsivoglia aspetto qualitativo della prestazione offerta”. In una simile fattispecie, nell’articolazione dei parametri da valutare si inserisce una “indiretta forma di ribasso economico attraverso il mero riconoscimento di ore di servizio aggiuntive” rispetto a quelle previste negli atti del procedimento e nella stessa base di gara. Questo criterio di valutazione finisce per appiattire quindi la valutazione dell’offerta tecnica e, “per attribuire un peso determinante al valore dell’offerta economica, snaturando il criterio di aggiudicazione previsto in tutti i documenti di gara e imposto, prima ancora, dal legislatore nazionale e comunitario per gli appalti ad alta intensità di manodopera, risultando conseguentemente illegittima”. Inoltre, l’attribuzione di un punteggio all’offerta di ore aggiuntive contrasta anche con la ratio del comma 3, lett. a), dell’art. 95 d.lgs. n. 50 del 2016 che, nel caso di appalti di servizi ad “alta intensità di manodopera”, prevede che l’aggiudicazione debba avvenire esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, escludendo l’applicazione del solo criterio di aggiudicazione del prezzo più basso o del massimo ribasso d’asta. Infine, si legge in sentenza, una simile tecnica di predisposizione dei criteri determina anche “un inammissibile aggiramento delle disposizioni che mirano alla salvaguardia dei lavoratori”. In effetti, l’offerta di ore di servizio ulteriori rispetto a quelle considerate nell’offerta economica finisce per incidere in modo occulto sul costo della manodopera “modificando in modo significativo l’incidenza del prezzo finale sul rispetto dei costi contrattuali del personale”.

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott. Stefano Usai
Vice segretario del Comune di Terralba (Or)
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