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Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 recante “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155” sono state apportate anche alcune modifiche al Codice dei Contratti pubblici, la cui entrata in vigore è stata differita al 2020. Il Legislatore, poi, ha cercato di anticipare alcune di esse, riproducendole nello Sblocca-cantieri – a testimonianza di quanto tali norme siano essenziali per la ricrescita del “Sistema Paese”.
1. Il Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 38 del 14 febbraio 2019 è stato pubblicato il Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 recante il “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155” che, nell’ambito della delle norme di coordinamento, in particolare all’art. 372 (rubricato, appunto “Modifiche al codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”), apporta alcune modifiche al Codice dei Contratti pubblici (sostanzialmente: riformulando le norme sulla modalità di partecipazione alle gare pubbliche per gli operatori in concordato preventivo, consentendo la prosecuzione del contratto già avviato e sostituendo il termine”fallimento” con il neologismo “liquidazione giudiziale”).
La formulazione dell’art. 372 è quella consueta adottata dal Legislatore allorché – ad esempio per motivi finanziari o di coordinamento comunitario – intende novellare singole disposizioni di un corpus normativo già definito. Nel caso di specie, infatti, anche l’art. 372 si caratterizza per “modificare” gli articoli 48, commi 17 e 18, 80, comma 5 lett. b) e 110 del D.Lgs. n. 50/2016, aggiungendo anche un rinvio a “Linee guida ANAC” che dovranno essere emanate per disciplinare “… la partecipazione, l’affidamento di subappalti e la stipulazione dei relativi contratti” per le imprese che versino in stato di concordato e che “si avvalga di un altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica, nonché di certificazione, richiesti per l’affidamento dell’appalto, che si impegni nei confronti dell’impresa concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all’esecuzione dell’appalto e a subentrare all’impresa ausiliata nel caso in cui questa nel corso della gara, ovvero dopo la stipulazione del contratto, non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all’appalto o alla concessione quando l’impresa non è in possesso dei requisiti aggiuntivi che l’ANAC individua con apposite linee guida.”.
Le nuove disposizioni in materia di contratti pubblici entreranno in vigore – come la maggior parte del “Codice della crisi e dell’insolvenza” – a decorrere dal 15 agosto 2020 e si applicheranno, quindi, alle procedure di gara indette successivamente a tale data.
Tuttavia, occorre registrare il particolare interesse del Legislatore per tale materia – ovvero lo stato emergenziale in cui versa l’intero settore dei lavori pubblici -, che ha condotto il Governo a riprodurre nell’art. 2 del c.d. “Sblocca-cantieri” le modifiche apportate dal “Codice della crisi e dell’insolvenza” all’art. 110 D.Lgs. n. 50/2016 – che costituiscono il nucleo fondamentale della novella apportata al predetto “Codice dei Contratti pubblici”.
La norma in questione, tuttavia, lascia aperti alcuni interrogativi che, con l’occasione, si sarebbero potuti affrontare e dipanare: in primis, proprio per la sua importanza pratica, il coordinamento fra le norme in materia di crisi di impresa ed insolvenza e quelle relative alla responsabilità solidale nell’ambito dell’A.T.I. o quelle sulla responsabilità solidale fra committente e appaltatore nei confronti dei subappaltatori. Tali norme, infatti, nell’ambito del corpus del Codice dei Contratti pubblici sono disciplinate come norma eccezionale, distinta da quelle sulla crisi di impresa e che – attraverso il D.Lgs. n. 14/2019 – ben avrebbero potuto trovare armonia d’insieme.
Invece, il paradigma della dicotomia in tema di appalti, fra codice della crisi e dell’insolvenza e Codice dei Contratti pubblici è ben visibile raffrontando l’art. 186 e l’art. 372, laddove quest’ultimo va a modificare l’art. 110 D.Lgs. n. 50/2016: infatti, se per gli appalti privati la regola generale è quella della risoluzione, in conseguenza della crisi [1], diametralmente opposta è la disciplina in materia di contratti pubblici, ove è l’ANAC a decidere se l’appaltatore può o meno partecipare alla gara e/o stipulare il contratto[2] (in particolare, poi, nei casi di concordato preventivo) – tramite avvalimento – verificando l’affidabilità dell’appaltatore tramite l’ausilio di criteri indicati in apposite Linee guida (il che, considerando che il Decreto Sblocca-cantieri comprime questa tipologia di soft law a favore del “ritorno” al Regolamento attuativo, potrebbe creare qualche dubbio sul coordinamento di questi strumenti normativi sotto-ordinati), mentre in fase esecutiva il rapporto contrattuale prosegue, salvo motivato dissenso del curatore.
2. Le singole modifiche apportate dal D.Lgs. n. 14/2019 al Codice dei Contratti pubblici: il problema della concreta applicazione
Nell’intento del Legislatore del codice della crisi e dell’insolvenza, dunque, l’obiettivo primario è quello di tutelare sia l’imprenditore in stato di crisi (e le sue maestranze), sia i suoi creditori o partner contrattuali: per ottenere tale effetto, innanzitutto si abolisce il termine “fallimento”, sostituendolo con quello di “liquidazione giudiziale”, di nuova creazione, ma soprattutto si amplia l’effetto della fase di “liquidazione” giungendo – da un lato – a cercare di prevenirla monitorando indicatori finanziari dell’impresa e – dall’altro – privilegiando strumenti quali il “concordato con continuità” e, più in generale, la funzionalità dell’impresa, con l’intento di soddisfare i creditori e, se possibile, ripristinarla rimettendola in bonis.
Naturalmente, il rapporto con il committente pubblico necessita di tutele più stringenti, giacché in tale contesto devono essere privilegiati altri criteri: in primis, economicità e tempestività delle commesse pubbliche e, immediatamente a seguire, la trasparenza nella contrattazione pubblica, garantendo il “buon fine” dei pagamenti e la soddisfazione di tutta la filiera dei fornitori e subappaltatori.
La novella trova il suo incipit – ma anche la sintesi del nuovo impianto normativo – nell’art. 95 D.Lgs. n. 14/2019, recante “Disposizioni speciali per i contratti con le pubbliche amministrazioni”, che sostituisce l’attuale art. 186 bis R.D. n. 267/1942 e prevede: “(1.) Fermo quanto previsto nell’articolo 97, i contratti in corso di esecuzione, stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto del deposito della domanda di concordato. Sono inefficaci eventuali patti contrari. (2.) Il deposito della domanda di accesso al concordato preventivo non impedisce la continuazione di contratti con le pubbliche amministrazioni, se il professionista indipendente ha attestato la conformità al piano, ove predisposto, e la ragionevole capacità di adempimento. Di tale continuazione può beneficiare, in presenza dei requisiti di legge, anche la società cessionaria o conferita ria d’azienda o di rami d’azienda cui i contratti siano trasferiti, purché in possesso dei requisiti per la partecipazione alla gara e per l’esecuzione del contratto. Il giudice delegato, all’atto della cessione o del conferimento, dispone la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni. Le disposizioni del presente comma si applicano anche nell’ipotesi in cui l’impresa sia stata ammessa al concordato liquidatorio quando il professionista indipendente attesta che la continuazione e’ necessaria per la migliore liquidazione dell’azienda in esercizio. (3.) Successivamente al deposito della domanda di cui all’articolo 40, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, e, dopo il decreto di apertura, dal giudice delegato, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato. (4.) L’autorizzazione consente la partecipazione alla gara previo deposito di una relazione del professionista indipendente che attesta la conformità al piano, ove predisposto, e la ragionevole capacità di adempimento del contratto. (5.) Fermo quanto previsto dal comma 4, l’impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria e sempre che nessuna delle altre imprese aderenti al raggruppamento sia assoggettata ad una procedura concorsuale.”.
Questa norma – che attiene alla disciplina del concordato –, per essere apprezzata appieno nella sua portata innovativa, necessita di essere esaminata in coordinamento con le modifiche recate dalla novella al corpus del Codice dei Contratti pubblici: in particolare con la “nuova” versione dell’art. 110, che disciplina lo stadio avanzato dello stato di crisi, anzi, per dirla con il dovuto termine, lo stato di “liquidazione giudiziale”.
Per quanto concerne la fase vera e propria di crisi dell’impresa, il Codice dei Contratti pubblici, all’art. 110, reca già delle disposizioni in materia di “procedure di affidamento in caso di fallimento dell’esecutore o di risoluzione del contratto e misure straordinarie di gestione”, e proprio su queste la novella interviene con le modifiche più incisive.
Proprio per la sua centralità nel nuovo sistema di gestione della crisi di impresa, dunque, l’art. 110 D.Lgs. n. 50/2016 viene completamente riscritto, salvo i primi due commi, ove comunque le modifiche attengono la definizione lessicale, con l’introduzione della “liquidazione giudiziale” al posto del “fallimento” (nello stesso senso, meramente formali sono anche le modifiche all’art. 48, commi 17 e 18, nei casi in cui – rispettivamente – la “liquidazione giudiziale” riguardi la mandataria o la mandante, in corso di esecuzione del contratto).
Nel resto della norma, invece, si apprezzano le novità di cui si è brevemente anticipato nel precedente capitolo.
Innanzitutto, infatti, si prevede che il Curatore della liquidazione giudiziale autorizzato all’esercizio dell’impresa possa eseguire i contratti già stipulati antecedentemente alla fase di liquidazione – previa autorizzazione del Giudice delegato -; rispetto alla versione attualmente vigente della norma, è sparito il riferimento alla partecipazione alle gare pubbliche, ma anche all’esecuzione dei contratti di subappalto (e, si presume, anche dei contratti di mera fornitura).
Questa disposizione, però, appare di difficile attuazione: come potrebbe, un appaltatore, eseguire le prestazioni derivanti da un contratto pubblico senza ricorrere a subappaltatori e fornitori, ove necessario? E, ancor più, come può proseguire le attività senza garanzie nei confronti delle maestranze e degli enti previdenziali?
Tale disposizione, peraltro, potrebbe offrire una risposta – assai drastica – rispetto ai dubbi già sopra indicati, sul coordinamento delle norme in materia di crisi, con quelle inerenti la responsabilità solidale nell’ambito dell’A.T.I., generando, però, ancora dubbi sulla concreta modalità di soddisfazione del credito nella filiera del subappalto e fornitura pubblici.
Si prevede, inoltre, al comma 5, che l’impresa che si trovi in stato di concordato preventivo possa eseguire gli appalti pubblici e partecipare alle gare, senza necessità di ricorrere all’avvalimento di altri soggetti.
Anche su questa norma, però, possono sorgere dubbi sulla sua attuazione concreta, in particolare giacché il legislatore equipara sostanzialmente lo strumento del concordato con continuità aziendale con quello liquidatorio; ciò avviene nel caso in cui il professionista incaricato della verifica della conformità al piano liquidatorio, attesti anche che la continuazione è necessaria per la migliore liquidazione dell’azienda in esercizio. In questo caso, per effetto del novellato (per effetto del D.Lgs. n. n. 14/2019) art. 80, comma 5, lett. g) D.Lgs. n. 50/2016 le due forme di concordato vengono unificate in un’unica disciplina – che tuttavia sembra quasi contraddire la funzione del concordato liquidatorio e, soprattutto, demandare ad un giudizio del privato (sebbene professionista esterno, incaricato ex officio) di decidere se l’impresa possa o debba proseguire l’attività al solo scopo liquidatorio -.
Quanto al ruolo dell’ANAC, poi, nel sesto comma, si può verificare che l’Autorità avrà innanzitutto il compito di decidere sulla partecipazione dell’impresa alle gare pubbliche o sulla stipula dei contratti di subappalto – decisione che attualmente è devoluta al Giudice Delegato -, ma senza precisare le modalità con cui essa possa concretamente intervenire; forse, le modalità di esternazione dei poteri dell’ANAC verrà regolata dalle Linee Guida, evocate dal Legislatore a chiusura del medesimo comma 6. La norma, però, precisa che tale partecipazione possa essere subordinata all’avvalimento da parte “di un altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica, nonché di certificazione, richiesti per l’affidamento dell’appalto, che si impegni nei confronti dell’impresa concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all’esecuzione dell’appalto e a subentrare all’impresa ausiliata nel caso in cui questa nel corso della gara, ovvero dopo la stipulazione del contratto, non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all’appalto o alla concessione quando l’impresa non e’ in possesso dei requisiti aggiuntivi che l’ANAC individua con apposite linee guida.”.
Infine, si stabilisce che per la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici tra il momento del deposito della domanda di concordato e il momento del deposito del Decreto di apertura del concordato, il concorrente ha sempre necessità di avvalersi dei requisiti di un altro operatore – avvalimento di cui non necessita più dopo l’ammissione al concordato preventivo -.
Si può verificare, dalla complessa novella dell’art. 110, una contraddizione: l’obiettivo di certezza delle ragioni del committente e dei creditori dell’impresa non appare raggiunto. Infatti, non solo viene lasciato alla soft law il compito di disciplinare i poteri (e criteri) dell’ANAC – oggettivandoli e, quindi, non consentendo una analisi caso per caso dello stato di crisi e delle possibilità di ripresa delle singole imprese -, ma non si prevedono nemmeno garanzie volte a consentire la continuità dei rapporti contrattuali (per consentire il completamento nei termini del contratto pubblico) e la soddisfazione di creditori, fornitori e subappaltatori.
E ancora, per completezza del quadro normativo della novella, è necessario esaminare le modifiche apportate all’art. 80 del Codice dei Contratti pubblici.
Sostanzialmente, la novella sostituisce l’intero comma 5, lett. b) dell’art. 80 e “trasporta” nel Codice dei Contratti pubblici la disciplina – estremamente favorevole – riservata dal Legislatore allo strumento del concordato preventivo; in parte, si è già detto, commentando la sostanziale parificazione del concordato preventivo con quello liquidatorio, in merito all’esecuzione dei contratti pubblici.
La novellata versione dell’art. 80, comma 5, lett. b), pertanto, recita: “5. Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’articolo 105, comma 6, qualora: … b) l’operatore economico sia stato sottoposto a liquidazione giudiziale o si trovi in stato di liquidazione coatta o di concordato preventivo o sia in corso nei suoi confronti un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni, fermo restando quanto previsto dall’articolo 95 del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza adottato in attuazione della delega di cui all’articolo 1 della legge 19 ottobre 2017, n.155 e dall’articolo 110;” – ricordando che le richiamate norme del Codice della crisi e dell’insolvenza prevedono che il deposito della domanda di concordato (preventivo o liquidatorio, indifferentemente, grazie al rinvio operato dall’art. 95, comma 2, ultima parte del D.Lgs. n. 14/2019) da parte del concorrente non gli preclude l’accesso ai contratti pubblici, previa autorizzazione giudiziale accompagnata dalla relazione di un professionista che attesti (in caso di concordato liquidatorio) che tale partecipazione è conforme al piano concordatario e che l’impresa ha “la ragionevole capacità di adempimento” del contratto oggetto di gara -. Detta norma – che chiaramente beneficia del favor del Legislatore perché riunisce l’esigenza di continuità dell’attività imprenditoriale, ma anche di quella della commessa pubblica – è rafforzata (art. 95, comma 1, parte finale) dalla previsione di inefficacia di ogni patto contrario.
Dunque, l’impresa in crisi che attinge lo strumento concordatario non è ex se destinataria di un provvedimento di risoluzione contrattuale da parte della committenza pubblica, ma – anche in caso di concordato liquidatorio – può proseguire l’esecuzione del contratto (con tutte le riserve, in termini di concreta attuazione, che tale previsione comporta e di cui si è già fatto cenno).
Ma l’art. 95, comma 2 D.Lgs. n. 14/2019 va oltre e prevede che ”Di tale continuazione può beneficiare, in presenza dei requisiti di legge, anche la società cessionaria o conferitaria d’azienda o di rami d’azienda cui i contratti siano trasferiti, purché in possesso dei requisiti per la partecipazione alla gara e per l’esecuzione del contratto. Il giudice delegato, all’atto della cessione o del conferimento, dispone la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni.”.
Per poter fruire di tale continuità, è sufficiente che l’esperto indipendente certifichi che la prosecuzione delle attività contrattuali è necessaria per la “corretta liquidazione” dell’impresa, il che rende auspicabile che il certificatore spieghi in concreto le modalità con le quali l’impresa può proseguire le attività, nonostante lo stato di crisi (e, si presume, lo stato di insolvenza e crisi di liquidità, nei rapporti con le maestranze, i terzi e fornitori); diversamente, tale norma resterebbe priva di concreta attuazione, oppure al contrario verrebbe utilizzata senza riuscire a pianificare correttamente il flusso dei pagamenti alla filiera dei creditori, a tutto discapito della trasparenza (e della celerità di esecuzione) dei contratti pubblici.
Infine, l’art. 95, commi 3 e ss. D.Lgs. n. 14/2019, si occupa anche della crisi di impresa dopo il deposito della domanda di concordato, stabilendo che essa non impedisce la partecipazione alle gare pubbliche, purché – sulla falsariga dei commi precedenti – si acquisisca l’autorizzazione “(3.) dal tribunale, e, dopo il decreto di apertura, dal giudice delegato, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato.”.
Anche in tal caso, poi, ”(4.) L’autorizzazione consente la partecipazione alla gara previo deposito di una relazione del professionista indipendente che attesta la conformità al piano, ove predisposto, e la ragionevole capacità di adempimento del contratto.”.
3. Conclusioni
In tal modo, il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza accompagna idealmente il percorso degli operatori economici verso l’auspicata ripresa e rimessione in bonis, ovvero verso le conseguenze indicate dal novellato art. 110 D.Lgs. n. 50/2016, esaltando la funzione “economico sociale” degli appalti pubblici.
In altri termini, il Legislatore ben esprime il suo intento di favorire la ripresa economica anche utilizzando la “leva” degli appalti pubblici, sostenendo le imprese che, vittime della crisi economica generalizzata, tentano comunque di riprendersi, offrendo al mercato prodotti e servizi spesso assai competitivi sotto il profilo qualitativo.
La novella, in tali casi, non preclude agli operatori economici l’accesso agli appalti pubblici – né l’esecuzione degli stessi –, purché questi offrano garanzia di continuità nella gestione dell’impresa: in tal senso, dunque, il public procurement si pone quale strumento di valorizzazione dell’imprenditoria, al fine di incrementare l’accesso agli appalti pubblici e la concorrenza.
La funzione nodale di tale garanzia, come si è notato, è affidata alla attestazione giudiziale o del professionista indipendente – il che spesso comporta tempistiche piuttosto lunghe e l’alta probabilità di contenziosi (con maestranze e terzi fornitori/subappaltatori) che sbarrino la strada ad eventuali piani di ripianamento della crisi -: il che potrebbe compromettere l’obiettivo pratico che la norma si propone.
E’ prevista anche una disposizione di contenimento: infatti, l’art. 95, comma 5 dispone che l’Impresa in concordato può concorrere anche sotto forma di R.T.I., ma in tal caso non può essere mandataria e, nell’ambito del raggruppamento non può esserci un’altra impresa in stato di crisi.
La formulazione delle norme sulla crisi di impresa nell’ambito degli appalti pubblici, dunque, si snoda lungo un percorso diplomaticamente in equilibrio fra le esigenze di certezza della continuità ed economicità delle commesse e quelle di favor dell’imprenditoria e della concorrenza. Si tratta di un terreno “sdrucciolevole”, ove si consideri che le imprese coinvolte spesso sono “la punta dell’iceberg” di una filiera compromessa dalla crisi e che, pertanto, le misure dettate a favore della continuità devono necessariamente prevedere il concreto risanamento del contesto generale in cui l’impresa coinvolta sta operando.
Un’occasione (per ora, mancata) di mettere alla prova il novellato art. 110 D.Lgs. n. 50/2016 è attesa dal Decreto c.d. “Sblocca-cantieri”, che all’art. 2 ne anticipa parte degli effetti: ma la “tenuta pratica” della norma in esame si avrà soltanto con l’applicazione generalizzata alle procedure avviate dopo il 15 agosto 2020. Solo allora – magari in combinazione con altre norme intervenute medio tempore in materia di sostegno alla ripresa economica – sarà possibile valutare se l’obiettivo del Codice della crisi e dell’insolvenza, calato nel mondo dei contratti pubblici, abbia effettivamente attinto l’obiettivo prefissato.
[1] Così, l’art. 186 D.Lgs. n. 14/2019: “Art. 186 – Contratto di appalto. (1.) Il contratto di appalto si scioglie per effetto dell’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti di una delle parti, se il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, non dichiara di voler subentrare nel rapporto dandone comunicazione all’altra parte nel termine di sessanta giorni dall’apertura della procedura ed offrendo idonee garanzie. (2.) Nel caso di apertura della liquidazione giudiziale nei confronti dell’appaltatore, il rapporto contrattuale si scioglie se la considerazione della qualità soggettiva dello stesso appaltatore è stata un motivo determinante del contratto, salvo che il committente non consenta, comunque, la prosecuzione del rapporto.”.
[2] Così, i commi 3, 4, 5, 6 e 7 dell’art.180 D.Ls. n. 50/2016, come modificati per effetto dell’art. 372 D.Lgs. n. 14/2019: “(3.) Il curatore della procedura di liquidazione giudiziale, autorizzato all’esercizio dell’impresa, può eseguire i contratti già stipulati dall’impresa assoggettata alla liquidazione giudiziale su autorizzazione del giudice delegato. (4.) Alle imprese che hanno depositato la domanda di cui all’articolo 40 del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza adottato in attuazione della delega di cui all’articolo 1 della legge 19 ottobre 2017, n.155, si applica l’art.95 del medesimo codice. Per la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici tra il momento del deposito della domanda di cui al primo periodo ed il momento del deposito del decreto previsto dall’articolo 47 del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza è sempre necessario l’avvalimento dei requisiti di un altro soggetto. (5.) L’impresa ammessa al concordato preventivo non necessita di avvalimento di requisiti di altro soggetto. (6.) L’ANAC può subordinare la partecipazione, l’affidamento di subappalti e la stipulazione dei relativi contratti alla necessità che l’impresa in concordato si avvalga di un altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica, nonché di certificazione, richiesti per l’affidamento dell’appalto, che si impegni nei confronti dell’impresa concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all’esecuzione dell’appalto e a subentrare all’impresa ausiliata nel caso in cui questa nel corso della gara, ovvero dopo la stipulazione del contratto, non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all’appalto o alla concessione quando l’impresa non è in possesso dei requisiti aggiuntivi che l’ANAC individua con apposite linee guida. (7.) Restano ferme le disposizioni previste dall’articolo 32 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, in materia di misure straordinarie di gestione di imprese nell’ambito della prevenzione della corruzione.”.