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( votes)1. Inquadramento generale
A distanza di appena tre anni dalla sua entrata in vigore, il Codice dei contratti pubblici sembra non trovare pace. Il recentissimo D.L. n. 32 del 18 aprile 2019, c.d. decreto Sblocca Cantieri, ha introdotto nuove, profonde modifiche al D. Lgs. n. 50 del 2016, dopo che recenti provvedimenti legislativi, quale ad esempio, tanto per citarne uno, la legge di bilancio per il 2019[1], ne avevano già in parte stravolto diverse parti e introdotto disposizioni talvolta in deroga rispetto alle norme ordinarie, senza contare che, in tale sede si era anche annunciata una imminente, profonda revisione del Codice mediante l’approvazione di una nuova legge delega.
Certo è che il Codice del 2016 non ha riscosso un grande successo tra gli addetti ai lavori. Da ciò la necessità di molteplici, continui rimaneggiamenti, in parte anche su aspetti “di impianto” del Codice medesimo. E’ il caso, questo, di una delle novità introdotte dal Decreto Sblocca Cantieri, su cui ci soffermeremo nel presente contributo, ovvero il superamento – quantomeno in apparenza, come più avanti si dirà – delle Linee guida ANAC a favore della reintroduzione di un regolamento unico di attuazione, simile al vecchio D.P.R. n. 2017/2010, che, evidentemente, il coacervo confuso di Linee guida vincolanti e non vincolanti, decreti ministeriali approvati e da approvare, hanno fatto rimpiangere.
Il decreto Sblocca Cantieri introduce infatti all’art. 216 del Codice un comma 27-octies che così dispone: <<nelle more dell’adozione, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettere a) e b), della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni, di un regolamento unico recante disposizioni di esecuzione, attuazione e integrazione del presente codice, le linee guida e i decreti adottati in attuazione delle previgenti disposizioni di cui agli articoli 24, comma 2, 31, comma 5, 36, comma 7, 89, comma 11, 111, commi 1 e 2, 146, comma 4, 147, commi 1 e 2 e 150, comma 2, rimangono in vigore o restano efficaci fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al presente comma>>.
Se si tralasciano in questa sede i vari decreti ministeriali cui la norma fa riferimento e si focalizza l’attenzione sulle Linee guida ANAC, emerge come le Linee guida che saranno superate dal Regolamento unico saranno le due Linee guida, di natura vincolante, che rivestono forse maggiore importanza nell’attività amministrativa quotidiana delle stazioni appaltanti, cioè quelle sulle funzioni del RUP (in forza del richiamo dell’art. 31, comma 5) e quelle sulle procedure sotto soglia (previste dall’art. 36, comma 7). In particolare queste ultime sono le tanto discusse Linee guida n. 4, recentemente sottoposte ad un restyling, sulla cui proposta si è espresso anche il Consiglio di Stato.
La ratio del legislatore è chiara: si vuole da un lato riunire in un unico provvedimento, di più facile lettura evidentemente, un insieme eterogeneo di disposizioni di dettaglio fino ad ora sparse in tanti differenti provvedimenti, oppure non esistenti in quanto i decreti attuativi non sono stati ancora adottati. Dall’altro, emerge con chiarezza un giudizio negativo rispetto al sistema di soft law che il Codice del 2016 ha tentato di introdurre in sostituzione del vecchio regolamento di attuazione, mediante l’attribuzione all’Autorità anticorruzione del potere di adottare provvedimenti volti a dare attuazione al Codice, la cui natura di fonte normativa e la cui eventuale collocazione nella gerarchia delle fonti sono state e sono ancora tutte da discutere.
Non vengono tuttavia toccate dalla norma tutte le altre Linee guida, quali, ad esempio, quelle sull’offerta economicamente più vantaggiosa, sulle consultazioni preliminari di mercato, sui servizi infungibili, sui servizi di ingegneria e architettura, né una svariata serie di decreti ministeriali adottati o da adottare. Diciamo quindi che, se l’intento del legislatore era quello di semplificare raggruppando in un unico provvedimento tutte le disposizioni attuative di eterogenea origine in un unico atto, il risultato appare invero al di sotto delle aspettative. Sotto questo aspetto parrebbe che la montagna abbia partorito il topolino. Ma tant’è.
Il Decreto Sblocca Cantieri ha previsto il superamento delle Linee guida ANAC vincolanti e dei Decreti ministeriali attuativi del Codice, attraverso l’adozione di un regolamento unico di attuazione. Le Linee guida e i decreti ministeriali superati resteranno in vigore in via transitoria fino all’adozione del regolamento unico.
2. Le Linee guida ANAC e il loro superamento. Questioni problematiche
Quando il legislatore del 2016 ha previsto il potere in capo all’Autorità anticorruzione di adottare le Linee guida di natura vincolante, l’obiettivo perseguito era quello di semplificare e ridurre la normativa in materia, attraverso l’emanazione di un insieme snello di linee guida di carattere generale, di più rapida adozione, che consentisse l’aggiornamento costante dell’ordinamento per tenerlo al passo con i mutamenti del sistema, e che, al contempo, garantisse uniformità di comportamento tra le stazioni appaltanti.
Oltre a ciò, gli atti di regolazione dell’ANAC avrebbero dovuto perseguire lo scopo di assicurare trasparenza, omogeneità e speditezza delle procedure e di fornire criteri unitari di condotta agli operatori del settore, fornendo costante supporto nell’interpretazione e nell’applicazione pratica del Codice.
Occorre rammentare infatti che, in vigenza del vecchio Codice, gli atti dell’Autorità non erano giuridicamente vincolanti per le stazioni appaltanti: l’ANAC esercitava per così dire una moral suasion sugli operatori del settore appalti, condizionando ed orientando di fatto l’operato degli stessi ma senza che fosse riconosciuta una formale superiorità delle sue pronunce rispetto alle decisioni di ciascuna stazione appaltante. Con il D. Lgs. n. 50 del 2016, invece, il quadro dei rapporti tra Autorità ed operatori del settore è mutato radicalmente: le Linee guida a carattere vincolante hanno costituito una limitazione formale all’autonomia decisionale delle amministrazioni pubbliche committenti, entrando a far parte di fatto, seppure in modo “abusivo”, della gerarchia delle fonti. Infatti, il potere conferito all’ANAC, in quanto organismo pubblico indipendente, di prevalere con i propri provvedimenti amministrativi su altri provvedimenti amministrativi adottati dalle stazioni appaltanti ha sin dall’inizio destato molte perplessità sotto il profilo della compatibilità con l’assetto costituzionale vigente.
Fatta tale premessa, non si può non constatare che, alla luce dell’attuale novità legislativa in esame, gli obiettivi che il legislatore si era prefisso conferendo detti poteri all’ANAC, non sembrano tuttavia essere stati centrati, tanto è vero che ora si sta facendo un passo indietro[2].
Un sistema di regolazione flessibile, c.d. di soft law, probabilmente mal si attaglia all’ordinamento italiano e alla mentalità degli operatori del diritto che qui operano, ancorati come sono ad una concezione tradizionale di legalità e di certezza del diritto, che, a dire il vero, ha i suoi vantaggi in termini di riduzione dei dubbi interpretativi e del conseguente rischio di contenzioso. Non si contano infatti le discussioni – in dottrina e tra gli addetti ai lavori – sulla vincolatività o meno di tutta una serie di indicazioni fornite dall’ANAC oppure su come risolvere gli aspetti attuativi non trattati dall’Autorità. Lo stesso tenore discorsivo e poco prescrittivo impiegato dall’Autorità nei propri provvedimenti ha lasciato perplessi gli operatori del settore, poco abituati a tale tipo di linguaggio, spesso foriero di incertezze interpretative.
Occorre ribadire tuttavia che il superamento delle Linee guida ANAC riguarda, di fatto, solo quelle in tema di responsabile unico del procedimento e quelle in materia di procedure di affidamento sotto soglia. Il Decreto Sblocca Cantieri infatti nulla dice in relazione al potere dell’Autorità di predisporre linee guida, di natura non vincolante, mediante le quali continuare a perseguire lo scopo di garantire la promozione dell’efficienza, della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti, l’omogeneità dei procedimenti amministrativi e lo sviluppo delle migliori pratiche, ai sensi dell’art. 213, comma 2, del Codice. Ne consegue che il potere dell’ANAC di regolamentare, seppure mediante provvedimenti non vincolanti, alcuni settori ritenuti particolarmente sensibili rimane intatto e, a maggior ragione, rimangono valide le Linee guida non vincolanti già approvate.
Per quanto concerne il periodo transitorio, il Decreto Sblocca Cantieri si è preoccupato di dettare una disciplina ad hoc al fine di evitare vuoti normativi. Infatti, nelle more dell’adozione del decreto del Presidente della Repubblica, emanato ai sensi dell’art. 17, comma 1, lett. a) e b) della L. n. 400/1988, contenente un regolamento unico di tutte le disposizioni attuative ed esecutive del Codice appalti, delle linee guida già approvate e dei decreti attuativi già adottati, restano in vigore le Linee guida e i decreti attuativi già adottati.
Tale D.P.R. dovrebbe essere adottato entro 180 giorni dall’entrata in vigore del Decreto Legge.
Considerato, tuttavia, che il D.P.R. è un provvedimento dalla procedura di approvazione estremamente complessa, in cui occorre innanzitutto la proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, deve essere sentita la Conferenza Stato-Regioni, devono intervenire le competenti commissioni parlamentari ed occorre infine il parere del Consiglio di Stato, va da sé che 180 giorni per l’adozione di tale provvedimento appaiano piuttosto pochi.
E’ sin d’ora prevedibile che il regime transitorio si protrarrà oltre tale termine e che rimarranno pertanto in vigore le Linee guida indefinitamente, fino all’adozione del regolamento unico.
Sorge però un ulteriore problema, niente affatto trascurabile: alla luce delle profonde modifiche subite dall’art. 36 ad opera del Decreto Sblocca Cantieri, non può negarsi che le Linee guida n. 4 sulle procedure sotto soglia siano di fatto superate e per buona parte inapplicabili. Non è chiaro quindi se l’ANAC potrà procedere ad un loro, ennesimo, aggiornamento nelle more dell’adozione del regolamento unico.
Al fine di evitare vuoti normativi, il legislatore ha previsto che, nelle more dell’adozione del decreto del Presidente della Repubblica contenente un regolamento unico di tutte le disposizioni attuative ed esecutive del Codice appalti, delle Linee guida già approvate e dei decreti attuativi già adottati, restino in vigore le Linee guida e i decreti attuativi già adottati.
3. Le modifiche introdotte dal Decreto Sblocca Cantieri alle procedure sotto soglia
Il Decreto Sblocca Cantieri, come accennato in premessa, ha pesantemente rimaneggiato l’art. 36 del Codice appalti, già modificato in misura rilevante, seppure mediante una disciplina derogatoria di carattere temporaneo, dalla legge di bilancio 2019. In estrema sintesi, si rammenta che, a seguito della L. n. 145 del 2018, si erano delineate quattro diverse tipologie per gli affidamenti di lavori sotto soglia:
- gli affidamenti sotto i 40 mila euro, che possono essere disposti direttamente, senza neppure la consultazione di due o più operatori economici;
- gli affidamenti tra i 40 mila e i 150 mila euro, per i quali la L. n. 145 ha introdotto una procedura a metà strada tra quella prevista dalla lett. a) e quella prevista dalla lett. b) dell’art. 36 perché si parla di affidamento diretto previa consultazione, ove esistenti, di tre operatori economici;
- gli affidamenti tra i 150 mila euro e i 350 mila euro, per i quali si applicano le procedure di cui alla lett. b), ovvero la necessaria consultazione di almeno dieci operatori economici;
- gli affidamenti di cui alla lett. c), ovvero la consultazione di almeno quindici operatori economici, per l’affidamento dei lavori – per la durata della disciplina in deroga – di importo compreso tra i 350 mila euro (e non più 150 mila) e il milione di euro.
Ora, con il Decreto Sblocca Cantieri, tali tipologie – e soglie – vengono ulteriormente ritoccate, questa volta – è bene chiarirlo – in via definitiva e non temporanea. Contrariamente a quanto fatto dalla legge di bilancio 2019, il Decreto Legge n. 32 in esame interviene proprio sul dato letterale dell’art. 36 e ne modifica profondamente il contenuto.
La prima, importante, modifica riguarda la lett. b), in tema di c.d. procedure negoziate. L’attuale disposizione così recita: <<b) per affidamenti di importo pari o superiore a 40.000 euro e inferiore a 200.000 euro per i lavori, o alle soglie di cui all’articolo 35 per le forniture e i servizi, mediante procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno tre operatori economici per i lavori, per i servizi e le forniture di almeno cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti (…)>>.
La previgente lett. c), che prevedeva l’affidamento di lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 1.000.000 di euro, mediante procedura negoziata con consultazione di almeno quindici operatori economici, ove esistenti, scelti tramite indagini di mercato o elenchi di operatori economici, è stata abrogata e la lett. d) è stata così sostituita: <<d) per i lavori di importo pari o superiore a 200.00 euro e fino alle soglie di cui all’articolo 35 mediante ricorso alle procedure di cui all’articolo 60, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 97, comma 8>>.
In altre parole, la disciplina derogatoria introdotta dalla legge n. 145 è divenuta definitiva e ne è stato ampliato l’ambito di applicazione in quanto la soglia massima della procedura negoziata con invito di tre operatori è passata da 150 mila 200 mila euro.
Ora le nuove tipologie di affidamenti di lavori sono le seguenti:
- sotto i 40 mila euro è sempre vigente l’affidamento diretto ad un operatore economico;
- tra i 40 mila e i 200 mila (e non più 150 mila) mediante procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno tre operatori economici e non più dieci, come era in passato;
- Oltre i 200 mila e fino a 5 milioni e mezzo di euro (soglia di rilevanza comunitaria per i lavori) mediante procedure aperte.
Spariscono dunque le due tipologie intermedie venutesi a creare per effetto della disciplina in deroga introdotta dalla legge di bilancio 2019 ovvero la necessaria consultazione di almeno dieci operatori economici per gli affidamenti tra i 150 mila euro e i 350 mila euro e la consultazione di almeno quindici operatori economici, per l’affidamento dei lavori – per la durata della disciplina in deroga – di importo compreso tra i 350 mila euro (e non più 150 mila) e il milione di euro.
Il Decreto Sblocca Cantieri modifica profondamente l’art. 36 del Codice variando le modalità di espletamento delle procedure negoziate, il numero di operatori da invitare al confronto competitivo e la soglia di importo entro la quale operano tali regole semplificate. Viene inoltre generalizzata l’applicazione del criterio di aggiudicazione del minor prezzo.
Se da un lato, l’innalzamento della soglia entro cui procedere con la consultazione semplificata di tre operatori economici può contribuire ad accelerare le procedure di affidamento e a rilanciare il settore dei lavori pubblici, in crisi ormai da anni, non può non rilevarsi d’altro canto che la consultazione di tre operatori soltanto – numero effettivamente molto esiguo nel settore delle imprese edili – va certamente a discapito della concorrenza e dell’apertura al mercato, creando terreno fertile per favoritismi e scelte clientelari. Va da sé che il RUP dovrà operare con estrema attenzione cercando di selezionare gli operatori da invitare nel rigoroso rispetto del principio di rotazione degli affidamenti e degli inviti nonché verificare con attenzione quanto offre il mercato, al fine di reperire sempre e comunque – e non soltanto “ove esistenti” – almeno tre imprese da porre in confronto competitivo, per non cadere in affidamenti diretti evitabili.
Inoltre, va posto l’accento sul fatto che viene ampliata la fascia degli appalti di lavori per cui diventa obbligatoria la procedura aperta, ovvero dai 200 mila euro al milione, prima affidabili con procedura negoziata con invito di almeno quindici operatori, con conseguente aggravamento – e non semplificazione – del procedimento.
Altra rilevante modifica apportata all’art. 36, strettamente connessa alla modalità di espletamento delle procedure semplificate, è quella che introduce in coda all’articolo un comma 9-bis del seguente tenore: <<9-bis. Fatto salvo quanto previsto all’articolo 95, comma 3, le stazioni appaltanti procedono all’aggiudicazione dei contratti di cui al presente articolo sulla base del criterio del minor prezzo ovvero, previa motivazione, sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa>>.
In altre parole, la norma generale, che vedeva quale criterio di aggiudicazione principe quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, viene radicalmente ribaltata. Ora la regola è quella di aggiudicare al prezzo più basso, salva la possibilità per la stazione appaltante di prevedere il criterio dell’OEPV purché ne dia adeguata motivazione.
Il legislatore, evidentemente, ha smesso di vedere il criterio del minor prezzo come foriero di pericoli in termini di scarsa qualità delle prestazioni in fase esecutiva o di rischio di sfruttamento della forza lavoro. In fondo, si tratta di un criterio che garantisce in modo oggettivo la concorrenza; i rischi che possono scaturire da eccessivi ribassi devono essere affrontati attraverso una rigorosa vigilanza in fase di eventuale valutazione della anomalia dell’offerta e, soprattutto, in fase esecutiva.
Correlata con tale modifica è anche quella apportata all’art. 97, in tema di offerte anormalmente basse. In detta disposizione, per quanto ci interessa in questa sede, è stato modificato il comma 8 che ora prevede che <<per lavori, servizi e forniture, quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso e comunque per importi inferiori alle soglie di cui all’articolo 35, e che non presentano carattere transfrontaliero,la stazione appaltante prevede (è un obbligo e non più una facoltà, ndr)nel bando l’esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia (…). Comunque l’esclusione automatica non opera quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a dieci>>.
L’esclusione automatica delle offerte anomale – come obbligo e non più come mera facoltà della stazione appaltante a determinate condizioni – contribuirà certamente ad evitare ribassi troppo spregiudicati da parte dei concorrenti e mitigherà, si spera, i rischi insiti nell’impiego generalizzato del criterio di aggiudicazione del minor prezzo.
Ulteriori novità introdotte dal Decreto Sblocca cantieri sono: l’obbligo – e non più la facoltà – di escludere automaticamente le offerte anormalmente basse laddove il criterio di aggiudicazione sia quello – ora divenuto generale – del minor prezzo e il numero delle offerte presentate sia almeno pari a dieci, e la possibilità di invertire temporalmente le fasi di verifica della documentazione amministrativa e di valutazione delle offerte.
4. Le altre modifiche introdotte dal Decreto Sblocca Cantieri all’art. 36
Un’altra rilevante modifica apportata dal Decreto Sblocca Cantieri riguarda il comma 5 dell’art. 36, avente ad oggetto il momento in cui effettuare la verifica amministrativa sul possesso dei requisiti generali e speciali in capo ai concorrenti, ora interamente novellato.
Ante decreto, il Codice appalti prevedeva che, nell’ambito delle procedure negoziate sotto soglia, all’inizio della procedura di affidamento si verificasse la documentazione amministrativa contenente le dichiarazioni in merito al possesso dei requisiti di carattere generale e si procedesse a verificare gli eventuali requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali richiesti nella lettera di invito. La verifica sulla veridicità delle dichiarazioni relative al possesso dei requisiti di carattere generale era, di regola, limitata all’aggiudicatario e si svolgeva a conclusione della procedura.
Ora il comma 5 novellato così recita: <<5. Le stazioni appaltanti possono decidere che le offerte siano esaminate prima della verifica della documentazione relativa al possesso dei requisiti di carattere generale e di quelli di idoneità e di capacità degli offerenti. Tale facoltà può essere esercitata se specificamente prevista nel bando di gara o nell’avviso con cui si indice la procedura. Se si avvalgono di tale facoltà, le stazioni appaltanti verificano in maniera imparziale e trasparente che nei confronti del miglior offerente non ricorrano motivi di esclusione e che sussistano i requisiti e le capacità di cui all’articolo 83 stabiliti dalla stazione appaltante; tale controllo è esteso, a campione, anche sugli altri partecipanti, secondo le modalità indicate nei documenti di gara. Sulla base dell’esito di detta verifica, si procede eventualmente a ricalcolare la soglia di anomalia di cui all’articolo 97. Resta salva, dopo l’aggiudicazione, la verifica sul possesso dei requisiti richiesti ai fini della stipula del contratto>>.
Sostanzialmente, le stazioni appaltanti hanno facoltà – dandone espressa e preventiva comunicazione nella documentazione di gara – di invertire la fasi di valutazione dell’offerta economica (ed evidentemente, laddove la stazione abbia motivatamente deciso di applicare il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, anche dell’offerta tecnica) rispetto alla fase di verifica di regolarità della documentazione amministrativa nell’ambito della quale si procedeva, di regola, a controllare preventivamente il possesso dei requisiti speciali richiesti dal bando e ad escludere i concorrenti che presentassero qualche carenza, non sanabile mediante soccorso istruttorio, rilevata in tale fase.
Laddove le stazioni appaltanti optino per tale inversione, la verifica sul possesso dei requisiti avverrà solo sul miglior offerente, così da ridurre i tempi dell’affidamento.
Tale soluzione, appare, invero, un po’ rischiosa in quanto se, da un lato, avrebbe il merito di accelerare la procedura di affidamento nelle situazioni in cui il miglior offerente è in regola, dall’altro si rischia, in caso contrario, di perdere più tempo nel valutare offerte che avrebbero dovuto essere escluse sin dal principio per carenza dei requisiti generali o speciali, e di dover scorrere la graduatoria alla ricerca di un concorrente che, oltre ad aver presentato una buona offerta, sia anche in regola con il possesso dei requisiti, vanificando alla fine lo scopo del legislatore. Non solo: un appesantimento procedurale e un inutile dispendio di tempo si avrebbero anche nel caso in cui si rivelasse necessario procedere al ricalcolo della soglia di anomalia, senza contare che la previa conoscenza del contenuto delle offerte da parte della stazione appaltante potrebbe influire inopportunamente sulle decisioni di quest’ultima in merito all’ammissione dei concorrenti con riferimento alla verifica di requisiti per i quali la stazione appaltante ha un potere di appezzamento discrezionale, quali, ad esempio, gli illeciti professionali.
Una novità che sarà invece certamente accolta favorevolmente dagli addetti ai lavori è quella introdotta dal nuovo comma 6-bis, 6-ter e 6-quater dell’art. 36.
Ora, infatti, sarà il soggetto responsabile dell’ammissione degli operatori economici nei mercati elettronici ad avere l’onere di verificare l’assenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80 su un campione significativo di operatori economici. Nelle procedure di affidamento effettuate nell’ambito dei mercati elettronici, la stazione appaltante dovrà, d’ora in poi, verificare esclusivamente il possesso da parte dell’aggiudicatario dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali.
Un’altra positiva semplificazione riguarda l’impiego del DGUE. Ora, in luogo del documento di gara unico europeo, i soggetti che gestiscono mercati elettronici possono predisporre formulari standard mediante i quali richiedere e verificare il possesso dei requisiti di cui all’articolo 80 ed ogni eventuale ulteriore informazione necessaria all’abilitazione o all’ammissione. La stazione appaltante dovrà utilizzare il DGUE solo nell’eventualità in cui debba richiedere eventuali informazioni, afferenti la specifica procedura, ulteriori a quelle già acquisite in fase di abilitazione o ammissione dell’operatore nel mercato elettronico.
Il Decreto Sblocca Cantieri ha introdotto anche alcune semplificazioni in materia di impiego del DGUE e di verifica del possesso dei requisiti di partecipazione dei concorrenti, nell’ambito delle procedure svolte nei mercati elettronici.
5. Le ricadute sulle Linee guida n. 4 delle modifiche all’art. 36
Lo stravolgimento dell’art. 36 ha, come è facile intuire, forti ricadute sulla perdurante applicabilità delle Linee guida n. 4. Al di là della loro formale vigenza fino all’approvazione del regolamento unico di attuazione, si pone un problema pratico di concreta difficoltà ad applicarne il contenuto così come attualmente formulato, in quanto facente riferimento ad un insieme di disposizioni ormai non più vigenti.
Si pensi a tutta la disciplina dettata dal paragrafo 5 in tema di procedure negoziate per l’affidamento di lavori tra i 40 mila e i 150 mila euro e di servizi e forniture sopra i 40 mila euro. Occorrerebbe riscriverlo integralmente tenendo conto delle mutate soglie di importo per quanto concerne l’affidamento di lavori, del ridotto numero di operatori economici da invitare, del generalizzato impiego del criterio del minor prezzo, della mutata disciplina dell’esclusione automatica delle offerte anomale e, infine, della possibilità di anteporre la fase di valutazione delle offerta a quella di verifica della documentazione relativa al possesso dei requisiti di carattere generale e di quelli di idoneità e di capacità degli offerenti.
In altri termini, l’ANAC dovrebbe rimetterci completamente mano ma – ed è questo il nodo cruciale – non è chiaro se abbia ancora la possibilità di farlo.
Dal tenore letterale della disciplina transitoria di cui abbiamo parlato sopra, non emergerebbero apparentemente ostacoli a che l’Autorità adegui le Linee guida per consentirne l’applicazione nel periodo transitorio, sino, cioè, all’entrata in vigore del regolamento unico, che teoricamente dovrebbe recepirne i contenuti (anche aggiornati). Infatti, il richiamo alle Linee guida e ai decreti ministeriali adottati sembrerebbe, prima facie, un rinvio di tipo dinamico.
Non è tuttavia di questo parere l’ANAC che, in un documento di approfondimento sul Decreto Sblocca Cantieri elaborato e pubblicato a fini conoscitivi sul proprio sito[3], rileva una serie di criticità in merito.
In primo luogo, secondo l’ANAC, il continuo mutare delle norme del Codice, da ultimo ad opera del Decreto Sblocca Cantieri, non fa altro che rendere incerta e sempre più difficoltosa la loro interpretazione ed applicazione, con gravi ricadute in termini di allungamento dei tempi necessari allo svolgimento delle procedure di aggiudicazione, di aumento del contenzioso, nonché di creazione di un sistema farraginoso che non favorisce la concorrenza, scoraggia gli investimenti di imprese estere e può incentivare il proliferare di fenomeni corruttivi.
Ciò premesso, l’Autorità ribadisce che il regolamento “unico” di cui all’art. 27-octies dell’art. 216 di fatto unico non sarà perché non sostituirà tutte le linee guida e i decreti indicati nel Codice.
Inoltre, la previsione del regime transitorio, a tenore del quale le Linee guida già adottate “rimangono in vigore o restano efficaci fino alla data di entrata in vigore del regolamento”, viene interpretata dall’Autorità nel senso che tale previsione normativa <<cristallizza i contenuti delle Linee guida e non consente all’Autorità di apportare modifiche o integrazioni alle stesse, rendendole di fatto inapplicabili perché – in parte – non più coerenti con la fonte primaria di riferimento (ad esempio linee guida n. 4/2016, non più attuali rispetto all’art. 36 del Codice, modificato dal D.L. 32/2019, ma in vigore ai sensi dell’art. 216, comma 27-octies)>>.
A parere dell’Autorità, la norma transitoria introdotta dall’art. 216 dispone l’ultrattività delle Linee guida adottate e, pertanto, protrae la vigenza delle stesse nel testo esistente ora, non consentendone un adeguamento successivo alle novità legislative intervenute nel frattempo.
Se così fosse ci troveremmo dinanzi ad un quadro normativo decisamente confuso, con evidenti difficoltà applicative delle disposizioni del Codice e delle correlate Linee guida da parte degli operatori del settore, con ciò – per dirla con le parole dell’Autorità – <<vanificando di fatto le finalità di semplificazione e speditezza dell’azione amministrativa in tale settore, perseguite con il D.L. in esame, soprattutto per il rischio di contenzioso che ne può derivare>>.
La scelta di sostituire le Linee guida n. 3 e n. 4 con un regolamento unico non appare inoltre coerente – a parere dell’ANAC – con l’impegno di procedere ad una loro revisione che il Governo si era assunto al fine di superare i rilievi sollevati dalla Commissione europea nell’ambito di alcune procedure di infrazione per violazione delle direttive.
L’ANAC ha sollevato molte perplessità in merito alla concreta applicabilità delle Linee guida n. 4, di fatto superate dalle modifiche apportate all’art. 36, ma cristallizzate nel testo ora esistente – ormai non più coerente con l’art. 36 modificato dal Decreto Sblocca Cantieri- dalla previsione del loro superamento ad opera del regolamento unico di attuazione.
6. Conclusioni
Se si vogliono tirare le somme rispetto agli effetti del Decreto Legge n. 32, il risultato finale, almeno per quanto riguarda gli aspetti trattati nel presente contributo, sembra più negativo che positivo.
Il quadro normativo in materia di procedure di affidamento sotto soglia appare essersi complicato piuttosto che semplificato e, in tale situazione di incertezza del diritto, gli operatori del settore non possono neppure trovare conforto nelle tanto criticate ma spesso utili Linee guida ANAC, ormai palesemente inapplicabili e da aggiornare, sempre che l’ANAC ritenga di poterlo fare e decida di farlo.
Tale situazione di assoluta incertezza e variabilità è aggravata – non dimentichiamolo – dal fatto che il Decreto Legge è per sua natura un provvedimento provvisorio che deve essere convertito in legge per produrre effetti duraturi nel tempo. Non è ovviamente dato sapere al momento se e con quali modifiche avverrà la conversione in legge da parte delle Camere. La situazione appare quindi fluida e indefinita e tale indefinitezza rischia di rallentare anziché “sbloccare” i cantieri appaltabili.
Su un unico punto può probabilmente esserci convergenza di idee: da tale novella legislativa l’ANAC sembra uscire in qualche modo indebolita, non fosse altro perché è stato messo in discussione e, nella sostanza bocciato, il suo potere di intervenire nell’ordinamento mediante provvedimenti di soft law.
[1] La L. n. 145/2018.
[2] Lo stesso Presidente dell’ANAC, Raffaele Cantone, in un’intervista ha dichiarato che <<il “ritorno” al regolamento è una scelta politica che ad un certo punto è parsa quasi obbligata; la maggioranza degli operatori (dalle stazioni appaltanti agli imprenditori) non ha accettato il sistema di regolazione flessibile o forse non ne ha compreso lo spirito, ma si tratta di un fatto di cui era giusto prendere atto (…)>>.
[3] L’Autorità, nella prospettiva di un’eventuale segnalazione a Governo e Parlamento sulle possibili criticità contenute nel D.L. 32/19, ha istituito un gruppo di lavoro formato da dirigenti e funzionari, a cui ha richiesto di effettuare un primo approfondimento sulle principali novità introdotte dal decreto. Il documento che ne è scaturito è intitolato: <<Decreto Legge 18 aprile 2019 n. 32. Prime valutazioni di impatto sul sistema degli appalti pubblici>>.