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Un recente studio pubblicato dalla Fondazione Anci “Istituto per la Finanza e l’Economia Locale” evidenzia che il partenariato pubblico privato ‒ tra le cui diverse fattispecie rientrano, per espressa previsione normativa, anche i contratti affidati mediante ricorso alla formula del project financing[1] ‒ risulta essere molto diffuso nel nostro Paese, e ciò anche nell’ambito dei comuni di piccole o piccolissime dimensioni: basti pensare, in questo senso, che almeno “il 50% dei comuni italiani, tra il 2012 e il 2016, ha attivato almeno una procedura di PPP” [2].
In tale contesto, per così dire, “espansivo” del ricorso a capitali privati per la realizzazione di opere pubbliche e per l’erogazione di servizi ai cittadini, il presente breve contributo rappresenta un primo sintetico approccio al tema della prevenzione delle possibili infiltrazioni mafiose nei contratti realizzati grazie ad investimenti privati, al fine di esaminare, con prime note, le cautele che possono essere apprestate dalle amministrazioni aggiudicatrici per prevenire il fenomeno delle infiltrazioni criminali in questa specifica e molto particolare tipologia contrattuale.
1) Quali controlli antimafia è necessario applicare alla finanza di progetto?
Anche agli affidamenti di contratti disciplinati all’art. 183 del codice dei contratti pubblici si applicano le disposizioni in tema di prevenzione antimafia dettate, in via generale, dal d.lgs. n. 159/2011: i controlli antimafia dovranno essere pertanto effettuati, così come avviene per la generalità dei contratti pubblici, in capo all’impresa risultata aggiudicataria della gara per la realizzazione delle opere o sei servizi (o di entrambi) affidati in project financing, in attuazione della previsione generale contenuta all’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016[3].
Su quali consorziati vanno effettuati i controlli antimafia?
È importante ricordare, per quanto concerne i soggetti da sottoporre alla verifica antimafia, che l’art. 85 del d.lgs. n. 159/2011 attualmente dispone che per le società di capitali consortili, per i consorzi di cooperative e per i consorzi, tali controlli debbono essere effettuati anche in relazione a ciascuno dei consorziati che detenga, anche indirettamente, una partecipazione pari almeno al 5 percento: si tratta di una importante innovazione rispetto alla previgente formulazione del d.lgs. n. 159/2011, che, originariamente, aveva previsto l’obbligo di effettuare i controlli antimafia in relazione alle imprese consorziate che detenevano una partecipazione al consorzio pari ad almeno il 10 percento. Con le modifiche apportata al Codice antimafia nell’ottobre 2017[4], la percentuale minima di partecipazione al consorzio che rendeva obbligatorio il controllo antimafia in capo alle consorziate era stata radicalmente eliminata, con la conseguenza che i controlli avrebbero dovuto essere effettuati in capo a tutte le imprese consorziate: all’esito di un rapidissimo ripensamento, tuttavia, nel dicembre dello stesso 2017 una percentuale minima di partecipazione al capitale consortile – pari al 5 percento, e, pertanto, una percentuale dimezzata rispetto all’originario 10 percento – è stata reintrodotta[5].
I consorzi stabili, i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro ed i consorzi tra imprese artigiane sono infatti tenuti ad indicare, in sede di offerta, per quali consorziate il consorzio concorre[6]: ai fini dell’affidamento della concessione, i controlli antimafia dovranno essere pertanto effettuati anche in capo alle consorziate che erano state indicate (da parte del consorzio che aveva partecipato alla gara) quali imprese che avrebbero eseguito il contratto, e ciò a prescindere dalla quota di partecipazione al capitale consortile. Nel caso in cui la consorziata perda, in corso di esecuzione, i requisiti di cui all’art. 80 d.lgs. n. 50/2016 dichiarati ai fini dell’ammissione alla gara, è ammessa la designazione di un’impresa consorziata diversa, sulla quale andranno pertanto ripetuti i controlli previsti dal predetto art. 80 – compresi i controlli antimafia – a prescindere, anche in questo caso, dalla quota di partecipazione al capitale consortile.
Le norme sulle white list si applicano anche ai contratti di project financing?
Va inoltre ricordato come alcune specifiche attività sono state definite, per espressa previsione normativa, come particolarmente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa[7]; si tratta, in particolare, delle attività relative a:
a) trasporto di materiali a discarica per conto di terzi;
b) trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti per conto di terzi;
c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;
d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;
e) noli a freddo di macchinari;
f) fornitura di ferro lavorato;
g) noli a caldo;
h) autotrasporti per conto di terzi;
i) guardiania dei cantieri.
In tali ipotesi, i controlli antimafia devono essere effettuati obbligatoriamente dai committenti a carico di qualunque operatore economico che eserciti una delle predette attività – attività che, di fatto, sono sempre presenti in caso di project financing aggiudicati per la realizzazione di opere – e ciò anche a prescindere dal valore del contratto o del subappalto affidato. Tali controlli andranno quindi effettuati, operativamente, attraverso la consultazione telematica dell’elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa (cc.dd. white list).
Le stazioni appaltanti hanno la possibilità di introdurre ulteriori forme di controllo?
L’art. 176 del d.lgs. n. 50/2016, dispone che, fermo restando l’esercizio dei poteri di autotutela, la concessione “può cessare”, in particolare, quando: “a) il concessionario avrebbe dovuto essere escluso ai sensi dell’articolo 80”.
Non è chiaro, in base alla pura lettura della norma, se la stessa si riferisca all’esclusione che avrebbe dovuto essere disposta, per carenza dei requisiti generali, al momento della partecipazione alla gara oppure se tale disposizione sia applicabile anche alla sopravvenuta carenza dei requisiti generali che si verifichi durante la successiva fase di esecuzione del contratto. In ogni caso, appare utile ricordare a tale proposito che, in attuazione del principio di “libera amministrazione delle autorità pubbliche” introdotto dal d.lgs. n. 50/2016 per le procedure indette ai fini dell’affidamento delle concessioni[8], le amministrazioni aggiudicatrici potrebbero ben introdurre speciali cautele volte a prevenire eventuali infiltrazioni criminali in corso di esecuzione.
In questo senso, una particolare rilevanza assumono le previsioni contenute all’interno del contratto-tipo di partenariato pubblico e privato il cui schema è stato recentemente sottoposto a consultazione pubblica da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze[9]: tra le clausole dedicate alla risoluzione del contratto, in particolare, all’interno del predetto schema di contratto-tipo viene previsto l’“obbligo”, per l’amministrazione concedente, di risolvere il contratto in presenza di un provvedimento definitivo che disponga l’applicazione al concessionario di una delle misure di prevenzione disciplinate dal d.lgs. n. 159/2011[10].
2) Quali controlli antimafia occorre effettuare in relazione alla costituzione di una “società di progetto”?
L’art. 184 del d.lgs. n. 50/2016 disciplina l’obbligo, per le amministrazioni concedenti, di prevedere all’interno del bando di gara che il concessionario abbia la facoltà – oppure l’obbligo, a scelta della medesima PA – di costituire, dopo l’aggiudicazione, una società di progetto, anche in forma consortile: il bando dovrà pertanto indicare l’ammontare minimo del capitale sociale di tale costituenda società e dovrà prevedere che, nel caso in cui alla procedura partecipino più operatori economici riuniti, nell’offerta di gara venga indicata la quota di partecipazione al capitale sociale da parte di ciascun singolo soggetto riunito.
La costituzione della società è collocata dal codice, sotto il profilo della sequenza procedimentale, dopo la fase di adozione dell’atto di aggiudicazione ma, a rigore, prima della sottoscrizione del contratto, posto che il medesimo art. 184 precisa che tale società diventa il vero e proprio soggetto concessionario, subentrando nel rapporto di concessione all’aggiudicatario senza necessità di approvazione o autorizzazione e che tale subentro non costituisce cessione di contratto[11].
Per quanto concerne la successiva fase di esecuzione contrattuale, è importante rilevare come il codice dei contratti abbia disposto che le prestazioni contrattuali delle società si intendono realizzate in proprio anche nel caso in cui tali prestazioni siano state affidate direttamente ai singoli soci, a condizione che gli stessi siano in possesso dei requisiti necessari per l’esecuzione di quella parte del contratto: è questa la ragione per cui il contratto dovrà indicare, con precisione, quali sono i soci (tra quelli che avevano partecipato alla gara) che debbono essere in possesso di specifici requisiti di qualificazione, sia per la realizzazione dell’opera, sia, eventualmente, per la sua successiva gestione[12].
Ciò appare di fondamentale importanza anche ai fini dell’eventuale uscita dalla società da parte degli originari concorrenti alla gara: i soci che hanno concorso a formare i requisiti per la qualificazione necessaria all’aggiudicazione, infatti, sono tenuti a partecipare alla società e a garantire il buon adempimento degli obblighi del concessionario fino alla data dell’emissione del certificato di collaudo dell’opera. Per converso, lo “smobilizzo delle partecipazioni” da parte di banche e altri “investitori istituzionali” – che, in quanto tali, non hanno concorso a formare i requisiti per la qualificazione ai fini della partecipazione alla gara – potrà avvenire in qualsiasi momento.
I controlli antimafia vanno effettuati anche sui finanziatori?
Particolarmente delicata è la questione dell’ingresso nella società degli eventuali nuovi soci, posto che, come appena evidenziato, l’ingresso di banche e altri investitori potrà avvenire, per espressa previsione contenuta all’art. 184, in qualsiasi momento.
Sulla circolazione delle quote sociali non vi è alcun obbligo normativo che imponga l’effettuazione dei controlli antimafia. L’amministrazione concedente potrebbe tuttavia imporre l’effettuazione preventiva di tali controlli sui nuovi soci in fase di stesura del contratto di concessione, tenuto conto del fatto che l’art. 184 del d.lgs. n. 50/2016 prevede che il predetto contratto stabilisce le modalità per l’eventuale cessione delle quote della società di progetto. A ciò va aggiunto che, in via più generale, l’art. 166 del medesimo decreto introduce il già richiamato principio di “libera amministrazione delle autorità pubbliche”, prevedendo che le amministrazioni aggiudicatrici sono libere di organizzare la procedura per la scelta del concessionario e di decidere il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire un elevato livello di qualità, sicurezza ed accessibilità, nonché la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici. Difficoltà operative potrebbero porsi, tuttavia, nel caso di project financing “ad iniziativa privata”, posto che in tal caso è il promotore a redigere e presentare, tra vari documenti, anche la bozza di convenzione, mentre l’amministrazione pubblica sembra essere legittimata a chiedere di apportare modifiche al progetto di fattibilità, ma – letteralmente – non anche ai contenuti dell’accordo contrattuale così proposto[13].
Nello schema di contratto-tipo posto in consultazione dal MEF[14] viene suggerito alle amministrazioni concedenti di prevedere che ogni eventuale operazione societaria straordinaria “che abbia l’effetto di mutare la compagine della società di progetto” debba essere subordinata all’autorizzazione preventiva da parte della medesima amministrazione; viene precisato, a tali fini, che:
- per i soci che hanno concorso a formare i requisiti di qualificazione, la sostituzione diviene efficace dopo l’autorizzazione rilasciata dal Concedente “finalizzata alla verifica dei requisiti del socio subentrante”. Va peraltro notato che, in tal caso, l’attenzione sembra rivolta non tanto ai requisiti generali quanto, piuttosto, ai requisiti speciali che hanno determinato la qualificazione dell’aggiudicatario ai fini dell’ammissione alla gara;
- le banche e gli altri investitori istituzionali che non hanno concorso a formare i requisiti per la qualificazione possono entrare ed uscire dalla compagine sociale della società di progetto in qualsiasi momento, fermo restando l’obbligo di fornirne una successiva comunicazione al concedente.
Il contratto-tipo predisposto dal MEF precisa che la cessione delle quote dei soci, così come il subentro di nuovi soci, è ammessa soltanto previa autorizzazione dell’amministrazione concedente, rilasciata sulla base della verifica dei requisiti di ordine generale[15]: all’interno della Relazione illustrativa che accompagna la Consultazione pubblica avviata dal MEF, viene inoltre sottolineato che il mutamento della compagine sociale della società di progetto è soggetta al rispetto della disciplina generale, tra cui l’articolo 86, comma 3 del d.lgs. n. 159/2011 relativamente alle verifiche antimafia sull’assetto societario e gestionale della società, con la conseguenza che la violazione delle clausole che impongono al concessionario di comunicare all’amministrazione le modifiche sociali può comportare la “facoltà” di risolvere il contratto.
Si tratta di prescrizioni importanti, per le quali va tuttavia sottolineata la necessità che, a tali previsioni di massima – ove auspicabilmente inserite nel contratto – faccia seguito un’effettiva realizzazione, da parte di ciascuna singola amministrazione concedente, dei controlli disciplinati all’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016, compresi i controlli antimafia: occorrerà infatti verificare se, alla prova dei fatti, le amministrazioni concedenti inseriranno realmente simili clausole all’interno dei contratti di project financing – e con quali specifiche prescrizioni – e verificare, soprattutto, se i predetti controlli verranno effettivamente realizzati in presenza della cessione delle quote sociali verificatasi durante l’intera vita della concessione che, come accennato, può essere anche di notevole durata.
3) Come si attua la tracciabilità dei flussi finanziari?
L’Autorità Anticorruzione ha chiarito che la disciplina sulla tracciabilità dei flussi finanziari trova applicazione anche ai contratti di concessione di lavori e servizi e, più in generale, ai contratti di partenariato pubblico privato[16]: è stato evidenziato, in particolare, che le norme sulla tracciabilità si applicano anche alle concessioni che non prevedono pagamenti diretti verso l’amministrazione concedente in favore del concessionario, in quanto, in questo caso, lo scopo è soprattutto quello di tracciare i pagamenti disposti direttamente dal concessionario a favore degli operatori economici facenti parte della filiera delle imprese che partecipano, a valle, alla realizzazione della concessione.
Sotto tale profilo, nello schema di contratto tipo predisposto dal MEF viene previsto[17] che il concessionario si obbliga:
- ad inserire nei contratti sottoscritti con gli appaltatori, i subappaltatori e i subcontraenti, a pena di nullità assoluta, un’apposita clausola in forza della quale ciascuno di essi assume gli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari;
- a dare immediata comunicazione, all’amministrazione concedente e alla prefettura competente per territorio, della notizia dell’inadempimento della propria controparte agli obblighi di tracciabilità finanziaria;
- a garantire che nei contratti sottoscritti con gli appaltatori, con i subappaltatori e con i subcontraenti (e, a ricaduta, nei contratti sottoscritti da questi ultimi con le altre imprese della filiera) le parti assumano sempre l’obbligazione specifica di risoluzione di diritto del relativo rapporto contrattuale in caso di mancato utilizzo del bonifico bancario o postale ovvero di strumenti idonei a consentire la piena tracciabilità dei flussi finanziari, ed altresì l’obbligazione di dare immediata comunicazione all’amministrazione concedente, al concessionario e alla Prefettura qualora si abbia notizia dell’inadempimento della propria controparte agli obblighi di tracciabilità.
Nel medesimo schema di contratto si legge che, dal proprio canto, l’amministrazione concedente è tenuta a verificare – “senza alcuna responsabilità a suo carico” – che nei contratti relativi all’ingresso dei soci non qualificanti nella società di progetto venga inserita, a pena di nullità assoluta, un’apposita clausola con la quale i predetti contraenti assumono gli obblighi di tracciabilità.
La tracciabilità si applica anche alle concessioni?
Non potendo nutrirsi, realisticamente, serie speranze circa il fatto che le imprese colluse con la criminalità organizzata effettuino realmente i predetti controlli sulla filiera delle imprese, l’unica vera “leva” può essere costituita dai controlli realizzati dalle amministrazioni concedenti: sarà pertanto essenziale verificare, anche in questo caso, se, alla prova dei fatti, le PA abbiano realmente verificato il rispetto della normativa che consente di “seguire il denaro” nello scorrere delle effettive dinamiche imprenditoriali poste alla base del project financing durante l’intero ciclo di vita della concessione.
4) Quali controlli vanno effettuati per il subappalto del project financing?
Un aspetto dirimente, ai fini dell’effettivo controllo delle possibili infiltrazioni criminali, è dato infine dalla capacità dell’amministrazione concedente di strutturare efficaci sistemi di conoscenza delle imprese che gravitano attorno all’esecuzione del project financing durante l’intera durata del contratto. Nel project financing, infatti, i soggetti che possono essere chiamati ad eseguire concretamente le prestazioni contrattuali possono essere estremamente numerosi, sino a giungere alla possibilità di eseguire la totalità delle prestazioni concesse dall’amministrazione: ciò comporta la necessità di una speciale attenzione, se si vuole realmente evitare il verificarsi di fenomeni di infiltrazioni criminali nella realizzazione e nella gestione dell’opera o del servizio dati in concessione. Ed infatti, la concessione affidata con il project potrebbe essere eseguita:
- dai concorrenti individuati dall’amministrazione in sede di gara; in tal caso, i controlli antimafia andranno effettuati, come già sopra rilevato, ai fini dell’aggiudicazione – e ripetuti in corso di esecuzione contrattuale – con la richiesta della documentazione prevista dal Codice antimafia (comunicazioni o informative), oppure, ove necessario, mediante la verifica dell’iscrizione dell’operatore economico nelle cc.dd. white list;
- dalle imprese “collegate” agli operatori economici concorrenti alla gara: in tal caso, i controlli antimafia andrebbero effettuati, opportunamente, anche in capo alle predette imprese collegate, ragione per cui sarebbe sempre opportuno inserire nel contratto l’obbligo per il concessionario di comunicare alla PA i dati identificativi delle imprese collegate;
- dai soci della società di progetto, anche sopravvenuti rispetto all’originaria compagine societaria: anche in tal caso, come accennato, i controlli antimafia dovrebbero essere effettuati, opportunamente, in relazione ai nuovi soci e sarebbe importante, a tali fini, inserire nel contratto l’obbligo di immediata notifica alla PA delle operazioni di modifica societaria;
- dai subappaltatori, per i quali, come vedremo, non è previsto né un limite quantitativo del contratto da subappaltare, né un obbligo di autorizzazione, da parte dell’amministrazione concedente; in questo caso, in difetto di necessità di una preventiva autorizzazione, il subappalto va soltanto notificato ex post all’amministrazione concedente – e non preventivamente autorizzato – ma appare assolutamente opportuna, anche in questo caso, l’effettuazione dei controlli previsti dall’art. 91 del codice delle leggi antimafia in relazione ai subappalti di importo superiore a 150.000 euro[18];
- dagli altri subcontraenti – che non rientrano nella nozione di subappaltatori – e dai fornitori.
Chi esegue davvero il contratto di project financing?
Il contratto affidato con il project financing può dunque essere eseguito, anche interamente, da parte di subappaltatori, per i quali non è previsto né un limite quantitativo del contratto da subappaltare, né un obbligo di preventiva autorizzazione da parte dell’amministrazione concedente. Ed infatti, per i contratti di concessione non vige il limite generale al subappalto fissato dal codice dei contratti pubblici nella percentuale del 30 percento dell’importo complessivo del contratto d’appalto ai sensi dell’art. 105, comma 2 del d.lgs. n. 50/2016[19]: l’art. 174 del medesimo decreto legislativo richiama, infatti, i commi 10, 11 e 17 ma non il comma 2 del citato art. 105, con la conseguenza che non sembrano sussistere limiti quantitativi alla quota del contratto di concessione subappaltabile a terzi. I concorrenti alla gara sono tenuti ad indicare, nella propria offerta, quali parti del contratto di concessione intenderanno subappaltare e, nel caso in cui il concessionario faccia ricorso al subappalto, sarà necessario comunicare alla stazione appaltante i dati anagrafici, i recapiti ed i rappresentanti legali dei subappaltatori (“in quanto noti al momento della richiesta”) e sarà anche necessario notificare qualunque modifica di tali informazioni che sia intercorsa durante la concessione, unitamente alle informazioni relative agli eventuali nuovi subappaltatori successivamente coinvolti.
Tali previsioni – precisa ancora l’art. 174, comma 4 – non si applicano, tuttavia, ai fornitori. Va tuttavia ricordato, a tale proposito, che la normativa dettata in tema di white list dovrà comunque sempre trovare applicazione – senza eccezioni ed a prescindere dal valore del contratto o del subcontratto stipulato per la realizzazione della concessione – in relazione a tutte le sopra ricordate attività considerate dal legislatore come di per sé particolarmente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa.
5)Chi controlla il cantiere per la realizzazione dell’opera aggiudicata con il project financing?
Un ruolo fondamentale, sotto il profilo del controllo della presenza delle imprese all’interno del cantiere, è notoriamente svolto dal direttore dei lavori. Per quanto riguarda, in particolare, la nomina del direttore dei lavori nei contratti di concessione, l’Autorità Anticorruzione aveva a suo tempo evidenziato che tale nomina spetta al concessionario ma che può essere previsto, nel contratto, che l’amministrazione concedente debba esprimere il proprio preventivo gradimento sulla relativa nomina[20].
Al contrario, nello schema di contratto di partenariato predisposto dal MEF viene affermato che spetterebbe all’amministrazione concedente il compito di nominare il direttore dei lavori, unitamente alla nomina del responsabile del procedimento, dell’eventuale ufficio di direzione dei lavori, dell’organismo di collaudo e del direttore dell’esecuzione[21]. Il medesimo contratto-tipo del MEF precisa che il direttore dei lavori esercita le funzioni e i compiti di coordinamento, direzione e controllo tecnico, contabile e amministrativo dell’esecuzione del contratto – secondo quanto previsto dal d.lgs. n. 50/2016 e dal correlativo decreto del Ministro delle Infrastrutture e Trasporti 7 marzo 2018, n. 49 – e che tali funzioni e compiti non possono essere mai attribuiti al concessionario[22]. Si tratta di clausole di assoluto buon senso, per le quali sembra tuttavia mancare, attualmente, una previsione normativa che le renda cogenti ed applicabili alla generalità dei contratti pubblici, come è stato invece opportunamente disposto per il contraente generale, in relazione al quale il d.lgs. n. 50/2016 prevede che il soggetto aggiudicatore provvede, tra i vari compiti, alla nomina del direttore dei lavori nonché all’alta sorveglianza sulla realizzazione delle opere, assicurando un costante monitoraggio dei lavori[23]. Sarebbe forse stata utile, a tale proposito, una specifica nuova presa di posizione dell’Autorità Anticorruzione che – a fronte delle già richiamate indicazioni a suo tempo fornite circa la nomina della direzione lavori da parte del concessionario[24] – nell’ambito delle recenti Linee guida n. 9 emanate in tema di monitoraggio dei contratti affidati in partenariato pubblico privato[25] avrebbe forse dovuto rimeditare tale aspetto, anche alla luce delle disposizioni normative in materia di contraente generale.
6) Il project financing può costituire un’elusione alla disciplina per il riaffidamento dell’appalto?
Un’ultima riflessione riguarda i partecipanti alle procedure per l’affidamento delle concessioni con la formula della finanza di progetto. Le norme del d.lgs. n. 50/2016 dispongono, infatti, che alla base di una gara per l’affidamento di una concessione da realizzare in project financing debba essere posto un progetto di fattibilità tecnica ed economica[26]: ai fini della partecipazione alla gara, i concorrenti sono pertanto tenuti a presentare un progetto definitivo, la cui redazione comporta un impegno tecnico ed un onere economico importanti, anche tenuto conto del diritto di prelazione che il d.lgs. n. 50/2016 riserva, in caso di project ad iniziativa privata, a favore dell’originario promotore. Ne consegue che, di fatto, le gare per l’affidamento in project financing non sono quasi mai caratterizzate dalla presenza di un numero molto elevato di concorrenti.
Potrebbe quindi verificarsi il rischio che – soprattutto per i contratti di servizi – il gestore “uscente” dell’appalto abbia a sua disposizione, di fatto, uno strumento che, con la “garanzia” del diritto di prelazione, gli consente di assicurarsi con buona probabilità (legalmente, ma surrettiziamente) la continuità nell’esecuzione della commessa pubblica già in precedenza gestita, per una durata anche di molto superiore rispetto all’ordinario termine di nove anni previsto, in via generale, per l’affidamento degli appalti pubblici[27].
[1] Art. 180, comma 8, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 s.m.i.
[2] Istituto per la Finanza e l’Economia Locale (IFEL), Dipartimento Studi Economia Territoriale, La dimensione comunale del Partenariato Pubblico Privato, ed. 2017. L’analisi si basa, in particolare, sulle gare aggiudicate e sulle gare in corso tra il 2002 e il 2016 esaminate dall’Osservatorio Nazionale del Partenariato Pubblico Privato promosso dal Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica.
[3] L’art. 183 d.lgs. n. 50/2016 dispone, infatti, che alla procedura per l’affidamento del contratto in finanza di progetto sono ammessi solo i soggetti in possesso dei requisiti per i concessionari, anche associando o consorziando altri soggetti, ferma restando l’assenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80 del medesimo decreto legislativo il quale, a sua volta, dispone, al comma 2, che costituisce motivo di esclusione dalla partecipazione alla gara la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto previste dall’articolo 67 del d.lgs. n. 159/2011 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4 del medesimo decreto.
[4] Art. 27, comma 1, legge 17 ottobre 2017, n. 161.
[5] Art. 1, comma 244, legge 27 dicembre 2017, n. 205, vigente a decorrere dal 1° gennaio 2018.
[6] Alle consorziate indicate come esecutrici è fatto divieto di partecipare, in qualsiasi altra forma, alla medesima gara alla quale partecipa il consorzio.
[7] Art. 1, commi 52 segg. della legge 6 novembre 2012, n. 190, recante Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione.
[8] L’art. 166 del d.lgs. n. 50/2016 dispone, infatti, che le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori sono liberi di organizzare la procedura per la scelta del concessionario, fatto salvo il rispetto delle specifiche norme applicabili ai contratti di concessione. Essi sono liberi di decidere il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza ed accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici.
[9] Ministero dell’Economia e delle Finanze, Consultazione pubblica RGS sullo schema di contratto standard di concessione per la progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche in Partenariato Pubblico Privato, consultabile in http://www.mef.gov.it/focus/article_0035.html.
[10] MEF, Consultazione pubblica cit., art. 40, che prevede, inoltre il medesimo obbligo di risoluzione contrattuale anche per il caso di mancato utilizzo del bonifico bancario o postale ovvero di altro strumento idoneo a consentire la piena tracciabilità delle operazioni di pagamento ai sensi dell’articolo 3, comma 9-bis della legge 13 agosto 2010 n. 136.
[11] MEF, Consultazione pubblica cit., punto n. 7 delle Premesse.
[12] In merito alla precisa indicazione del ruolo di socio qualificante o meno – con l’ulteriore distinzione della fase della concessione, se di costruzione oppure di gestione dell’opera – cfr. MEF, Consultazione pubblica cit., art. 6.
[13] Il problema si pone, soprattutto, per quanto concerne i possibili finanziatori “puri” e non per le banche e le società di investimento, sui quali sono previsti dalla normativa di settore, almeno formalmente, gli specifici controlli di onorabilità richiamati all’art. 83 del d.lgs. n. 159/2011.
[14] MEF, Consultazione pubblica cit., art. 7.
[15] MEF, Consultazione pubblica cit., art. 7.
[16] Autorità Nazionale Anticorruzione, Determinazione n. 4 del 7 luglio 2011 recante le Linee guida ai sensi dell’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, come modificate, da ultimo, con Determinazione n. 556 del 31 maggio 2017.
[17] MEF, Consultazione pubblica cit., art. 13.
[18] Ai sensi dell’art. 91 del d.lgs. n. 159/2011, le amministrazioni aggiudicatrici devono acquisire l’informazione antimafia prima di stipulare, approvare o autorizzare i subcontratti il cui valore sia superiore a 150.000 euro.
[19] In relazione al limite del 30 percento fissato per il subappalto del contratto di appalto – ma non per i contratti di concessione – va ricordato che il Tar Lombardia, Milano, con ordinanza n. 148 del 19 gennaio 2018, ha disposto la trasmissione alla Corte di giustizia dell’Unione europea il seguente quesito interpretativo: “se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, l’articolo 71 della direttiva 2014/24del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, il quale non contempla limitazioni quantitative al subappalto, e il principio eurounitario di proporzionalità, ostino all’applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell’articolo 105, comma 2, terzo periodo, del decreto legislativo18 aprile 2016, n. 50, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture”. Con ordinanza n. 3553 dell’11 giugno 2018, anche il Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di giustizia dell’Unione europea il seguente analogo quesito interpretativo: “se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, gli artt. 25 della Direttiva 2004/18 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 e 71 della Direttiva 2014//24 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, che non contemplano limitazioni per quanto concerne la quota subappaltatrice ed il ribasso da applicare ai subappaltatori, nonché il principio eurounitario di proporzionalità, ostino all’applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell’art. 118 commi 2 e 4 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del trenta per cento dell’importo complessivo del contratto e l’affidatario deve praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con un ribasso non superiore al venti per cento”.
[20] Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (oggi: Autorità Nazionale Anticorruzione), Determinazione n. 2 dell’11 Marzo 2010, relativa alle Problematiche relative alla disciplina applicabile all’esecuzione del contratto di concessione di lavori pubblici.
[21] MEF, Consultazione pubblica cit., art. 13.
[22] MEF, Consultazione pubblica cit., art. 16.
[23] Art. 194, comma 3, lett. b) d.lgs. n. 50/2016.
[24] ANAC, determinazione n. 2/2010 cit.
[25] Autorità Nazionale Anticorruzione, Delibera n. 318 del 28 marzo 2018, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 92 del 20 aprile 2018, in vigore dal 5 maggio 2018.
[26] Ai sensi dell’art. 216, comma 4, d.lgs. n. 50/2016, fino alla data di entrata in vigore del decreto con il quale saranno definiti i contenuti della progettazione nei tre livelli progettuali, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui agli articoli da 14 a 43 del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207. Dopo l’entrata in vigore del predetto decreto, nel caso di finanza di progetto ad iniziativa privata, il progetto di fattibilità tecnica-economica dovrà essere accompagnato da una bozza di convenzione e da un piano economico-finanziario asseverato.
[27] L’art. 12 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, ancora vigente, dispone infatti che i contratti debbono avere termini e durata certa e che per le spese ordinarie la durata non può oltrepassare i nove anni. Per le concessioni, tuttavia, l’art. 168 del d.lgs. n. 50/2016 prevede che la durata è determinata in funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario: in questo caso, la durata deve essere commisurata al valore della concessione nonché alla complessità organizzativa dell’oggetto della stessa e, per le concessioni ultraquinquennali, la durata massima è collegata al periodo di tempo necessario al recupero degli investimenti da parte del concessionario individuato sulla base di criteri di ragionevolezza, insieme ad una remunerazione del capitale investito, tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici come risultante dal piano economico-finanziario. Per quanto concerne la durata della concessione, lo schema di contratto predisposto dal MEF in Consultazione pubblica cit., art. 5, prevede la necessità di distinguere, con precisione, i tempi di durata necessari, rispettivamente, per la progettazione, per la costruzione e per la gestione dell’opera.