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1.  Contratti pubblici tra chiarimenti ed istanze irrisolte

Tra le questioni più dibattute a seguito dell’introduzione del nuovo codice appalti vi è senz’altro quella riguardante la corretta applicazione delle disposizioni in materia di tutela dei lavoratori, ricondotte dall’articolo 11 del d.lgs. n.36 del 2023 nell’ambito dei (dieci) principi generali che ispirano la più recente ricostruzione del quadro legislativo regolante l’affidamento e l’esecuzione dei contratti pubblici, ripresa anche in altre previsioni che testimoniano la maggiore sensibilità che si registra sul tema rispetto alla codificazione precedente.

Numerosi interrogativi hanno, peraltro, avuto modo di porsi nel corso del primo anno di efficacia delle nuove disposizioni: in particolare sull’obbligo di applicazione dei congruenti contratti collettivi di lavoro, specie quelli sottoscritti in ambito nazionale dalle Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative ed i relativi limiti.

Ci si riferisce, tra gli altri, all’obbligo di espressa menzione, nella documentazione di gara, del CCNL applicabile, la cui mancanza, secondo alcuni, non determinerebbe l’illegittimità della procedura; alla facoltà dei concorrenti, generalmente ammessa, di indicarne in sede di offerta uno diverso, salva la necessità di affermarne e verificarne l’equivalenza sul piano delle tutele, con conseguenti implicazioni, anche di natura organizzativa e procedurale interna alle singole committenze; all’applicazione delle relative condizioni all’intera filiera, a valle dell’affidamento principale, lungo tutta la catena di subappalti e/o subcontratti; ecc.

Al di là delle interpretazioni rese ad opera della giurisprudenza amministrativa, dall’Anac e del Ministero delle Infrastrutture (MIT), significativa appare oggi la proposta che compare nello schema di decreto correttivo approvato in prima lettura dal Consiglio dei Ministri il 21 ottobre u.s. per l’inserimento di un nuovo allegato, il numero I.01, nel Codice dei contratti.

Al riguardo va infatti evidenziato che seppur vero che al momento trattasi di mera proposta,  peraltro in larghissima parte riproduttiva dei contenuti del punto 7 della nota illustrativa che accompagna il Bando tipo n.1/2023, riguardante gli affidamenti dei contratti di servizi e forniture nei settori ordinari di importo superiore alle soglie europee adottato dall’Anac, proposta peraltro suscettibile di modifiche nel corso dell’iter approvativo che ancora attende lo schema in parola, detti contenuti appaiono comunque utili per supportare l’operatività quotidiana delle stazioni appaltanti. Ciò anche in considerazione del fatto di costituire, a questo punto di elaborazione, il frutto di scelte ponderate e condivise a livello istituzionale che possono considerarsi come interpretazione autentica delle sovrastanti disposizioni di cui all’articolo 11, peraltro del tutto invariate nella formulazione attuale del correttivo.

In questo senso vanno lette anche le modifiche proposte al primo comma dell’articolo 57, che mirano al rinvio piatto all’articolo 11 in luogo delle meno chiare indicazioni attualmente previste.

D’altro canto, se è vero che il proposto allegato I.01 consolida le indicazioni già rese dall’Anac, integrandone alcuni profili, non tutte le questioni aperte sembrano trovare adeguata risposta nell’attuale formulazione che, quindi, potrebbe ancora venire utilmente integrata.

2. L’identificazione del CCNL da indicare in gara.

Tanto premesso, il nuovo allegato si occupa in primo luogo di ricapitolare come le stazioni appaltanti debbano procedere nell’identificazione del CCNL di riferimento, necessariamente da indicare, ai sensi dell’art.11, comma 2 del codice, nel bando di gara o nell’invito.

In linea con la legge e la nota illustrativa dell’Anac rileva anzitutto l’articolo 2 dell’allegato in parola, che conferma (comma 2) come le stazioni appaltanti e gli enti concedenti debbano individuare il contratto collettivo nazionale o territoriale di lavoro applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto o nella concessione previa valutazione della stretta connessione dell’ambito di applicazione del contratto stesso rispetto alle prestazioni oggetto dell’appalto o della concessione, valutazione da eseguire anche in termini di prevalenza.

L’individuazione del contratto collettivo applicabile è da compiersi in base a due specificati criteri:

  1. l’attività da eseguire, identificando – anche qui in linea con la predetta nota – il rispettivo codice ATECO, secondo la classificazione delle attività economiche adottata dall’ISTAT, eventualmente anche in raffronto con il codice per gli appalti pubblici (CPV) indicato nel bando o nell’invito, considerando i sottosettori con cui sono stati classificati i contratti collettivi nazionali depositati nell’ Archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro istituito presso il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro;
  2. la maggiore rappresentatività comparata delle associazioni sindacali e delle associazioni datoriali firmatarie del contratto collettivo applicabile.

Per la verifica di cosa debba intendersi per associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale il comma 4 riporta i seguenti parametri:

a) numero complessivo dei lavoratori associati;

b) numero complessivo delle imprese associate;

c) diffusione territoriale, con riferimento al numero di sedi presenti sul territorio a livello nazionale e agli ambiti settoriali;

d) numero dei contratti collettivi nazionali di lavoro sottoscritti.

Trattasi di parametri noti, già ricavabili dalla consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, e fissati dall’allora Ministero del lavoro e delle politiche sociali nella risposta ad un’istanza di interpello espressamente formulata sul punto, la n. 27 del 15 dicembre 2015. Da notare, come, con riferimento alla lettera a), mentre l’indicazione ministeriale parlava di lavoratori “occupati” la formula attualmente prevista parli di “associati”.

Il comma 5 conferma la possibilità di aggiungere ai predetti parametri di valutazione la presenza di rappresentanti delle associazioni firmatarie dei contratti collettivi di lavoro nel Consiglio del CNEL.

Il riferimento alle associazioni comparativamente più rappresentative, da individuarsi come detto, lo si ritrova anche relativamente all’aspetto, parzialmente diverso da quello delle tutele economiche e normative strettamente cui ci si è fin qui implicitamente riferiti, inerente il costo del lavoro (che lo schema di decreto correttivo intende peraltro definire “medio”), da indicarsi in modo autonomo e distinto dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti anch’esso nei documenti di gara, ai sensi dell’articolo 41 comma 14 del d.lgs. 36/2023, e da ricavarsi dalle apposite tabelle ministeriali.

Se non disponibili dette tabelle, dispone il comma 4 dell’articolo 2 che, in presenza di più contratti collettivi di lavoro strettamente connessi all’attività oggetto dell’appalto o della concessione cui potersi riferire ai fini della verifica delle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale le stazioni appaltanti e gli enti concedenti applicano i medesimi indicati parametri.

Resta, altresì, definitivamente stabilito che le stazioni appaltanti non possono imporre, a pena di esclusione, nel bando di gara o nell’invito, l’applicazione di un determinato contratto collettivo quale requisito di partecipazione (art.2, comma 2). In tal senso, ai fini dell’osservanza di quanto previsto dai commi 3 e 4 dell’articolo 11 del codice, il concorrente dovrà indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo che intende applicare, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente dichiarandone espressamente, in sede di offerta, l’equivalenza.

3. L’equivalenza tra contratti collettivi diversi.

Successivamente all’indicazione rileva, quindi il tema dell’equivalenza del CCNL diversamente prescelto rispetto alla committenza, ad opera dell’operatore economico aggiudicatario.

L’articolo 3 del proposto allegato I.01, considera anzitutto equivalenti i contratti collettivi nazionali e territoriali di lavoro sottoscritti dalle medesime organizzazioni sindacali con organizzazioni datoriali diverse in base alla dimensione o alla natura giuridica delle imprese; ciò a condizione che ai lavoratori dell’operatore economico sia applicato il contratto collettivo di lavoro corrispondente alla dimensione o alla natura giuridica dell’impresa.

Al di fuori del caso predetto, l’articolo 4 stabilisce che per la prescritta valutazione di equivalenza occorra procedere in modo specifico, considerando sia le tutele economiche che quelle normative.

In specie, la valutazione di equivalenza economicava effettuata in relazione alle componenti fisse della retribuzione globale annua, costituite dalle voci: a) retribuzione tabellare annuale; b) indennità di contingenza; c) elemento distinto della retribuzione (EDR); d) eventuali mensilità aggiuntive e) eventuali ulteriori indennità previste.

Per la valutazione di equivalenza delle tutele normative si procede considerando: a) la disciplina concernente il lavoro supplementare; b) le clausole relative al lavoro a tempo parziale; c) la disciplina del lavoro straordinario, con particolare riferimento ai limiti massimi; d) la disciplina compensativa relativa alle festività soppresse; e) la durata del periodo di prova; f) la durata del periodo di preavviso; g) la durata del periodo di comporto in caso di malattia e infortunio; h) la disciplina dei casi di malattia e infortunio, con particolare riferimento al riconoscimento di eventuali integrazioni delle relative indennità; i) la disciplina relativa alla maternità e alle indennità previste per l’astensione obbligatoria e facoltativa dei genitori; l) il monte ore di permessi retribuiti; m) la disciplina relativa alla bilateralità; n) la previdenza integrativa; o) la sanità integrativa.

Prevede inoltre l’allegato I.01 che le stazioni appaltanti possono ritenere sussistente l’equivalenza delle tutele quando il valore economico complessivo delle componenti fisse della retribuzione globale annua risulta almeno pari a quello del contratto collettivo di lavoro indicato nel bando di gara o nell’invito e quando gli scostamenti rispetto ai parametri rappresentativi delle tutele normative sono marginali. In quest’ottica si rammenta il suggerimento recato dalla relazione del l’Anac nel senso di procedere effettuando per prima la valutazione dell’equivalenza economica.

Al di là dei summenzionati riferimenti, in prospettiva è previsto che i criteri per la determinazione delle modalità di attestazione dell’equivalenza delle tutele siano definiti con un decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

4. Il procedimento per la verifica della congruità dell’offerta.

Rileva a questo punto riportare il procedimento che l’articolo 5 dell’allegato I.01 intende fissare per consentire alle stazioni appaltanti ed agli enti concedenti di verificare in modo corretto la congruità dell’offerta, ciò che per legge deve avvenire anche ai sensi dell’articolo 110 del codice.

Al riguardo risulta anzitutto confermato che gli operatori economici debbano trasmettere la dichiarazione di equivalenza di cui all’articolo 11, comma 4, del codice in sede di presentazione dell’offerta salvo poi provvedere alla verifica dei relativi contenuti prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione.

Per la valutazione di congruità dell’offerta, le stazioni appaltanti/enti concedenti devono verificare che il contratto collettivo oggetto della dichiarazione di equivalenza non preveda condizioni riconducibili alle ipotesi di cui all’articolo 110, comma 4, lettera a), che come è noto non ammette giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge.

La legge peraltro non chiarisce, tantomeno fin qui lo fanno le proposte modifiche al codice, chi debba operare la predetta verifica; l’articolo 7 dell’allegato I.2 sembra fissare la competenza in capo al RUP, ma non è chiaro come questa vada ripartita e possa operare nel caso in cui sia previsto un responsabile di fase per l’aggiudicazione della gara anche in rapporto alle attività da svolgersi dalle commissioni giudicatrici. Trattasi di un tema che involge l’intero contesto riguardante la valutazione di anomalia delle offerte, che neanche il nuovo comma 3 bis dell’articolo 99 sembra, al momento, definire in modo certo.

5. L’applicazione del CCNL lungo la filiera.

Anche sul fronte dell’applicazione del CCNL lungo la filiera lo schema di correttivo offre interessanti indicazioni a chiarimento.

La proposta di modifica del comma 12 dell’articolo 119, prevede infatti che il subappaltatore debba applicare il medesimo contratto collettivo di lavoro del contraente principale, oppure uno diverso purché quest’ultimo garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello applicato dall’appaltatore, qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto oppure riguardino le lavorazioni relative alla categoria prevalente e siano incluse nell’oggetto sociale del contraente principale.

6. Le questioni aperte

Nonostante l’evidente intendimento di chiarire la portata dell’obbligo di osservanza della contrattazione collettiva nazionale che il nuovo codice fissa all’articolo 11, alcune questioni al tema legate rimangono aperte.

La prima riguarda la possibilità di indicare nella documentazione di gara, da parte di stazioni appaltanti/enti concedenti, una pluralità di contratti collettivi ai quali i concorrenti siano ugualmente legittimati a riferirsi .

E’ quanto accaduto nel caso esaminato dal TAR Brescia, nell’ambito della decisione n.773, resa dalla sezione II, in data 1°ottobre 2024, dove un’Azienda sanitaria, per un appalto di adeguamento degli impianti di gas medicinali aveva individuato ben tre differenti contratti collettivi nazionali applicabili: quelli dell’Edilizia Artigianato, del Settore Elettrico e dei Frigoristi; il concorrente, in un primo tempo escluso per averne indicato un quarto, ritenuto all’esito di verifiche non congruo, è stato riammesso a seguito dell’esito positivo del ricorso dallo stesso intentato, avendo i giudici ritenute legittime le condizioni proposte, in quanto “mediane” tra le diverse alternative individuate a monte.

La stessa questione, anche se con connotazioni in parte diverse, risulta del resto alla base del quesito posto al servizio giuridico del MIT con riferimento ad un appalto di fornitura di beni con relativa attività di posa in opera, dove l’amministrazione si poneva il problema se indicare anche il CCNL riguardante la posa in opera, economicamente residuale, oltre a quello riferito alla fornitura.

Nel dare risposta, con parere n. 2389 reso in data 26 febbraio 2024, il supporto giuridico del MIT ha ritenuto essere necessario indicare entrambi i riferimenti, accedendo anche in questo caso, pur su differenti basi, alla tesi secondo la quale il CCNL da individuarsi a norma dell’art. 11 del nuovo codice nel bando di gara o nell’invito, può essere, anzi deve nel caso di specie, essere più d’uno.

Ancora aperto è, poi, il tema della sanabilità tramite soccorso istruttorio o, differentemente, a mezzo di soccorso procedimentale, dell’eventuale assoluta carenza di indicazione, da parte del concorrente, del CCNL da applicare: Tale possibilità è generalmente esclusa in base al doppio presupposto del riferimento all’offerta, quale necessaria sede in cui detta indicazione deve comparire, e del fatto che il soccorso istruttorio non può riferirsi alle componenti dell’offerta mentre quello procedimentale può solo chiarire elementi in essa già presenti.

In tal senso, il Tribunale Amministrativo Regionale di Perugia, con decisione n. 581 del 29 luglio 2024 ha ricordato l’impossibilità di far valere il soccorso istruttorio, in un caso di specie, stante la chiara formulazione dell’articolo 101, comma 1, d.lgs. n. 36 del 2023 oltre alla pacifica non soccorribilità, per acquisita giurisprudenza in materia (ex multis, C.d.S., sez. V, 21 agosto 2023, n. 7870), sia in termini integrativi sia in funzione sanante, degli elementi integranti, anche documentalmente, il contenuto dell’offerta tecnica od economica.

Al riguardo è peraltro da notare come nel caso esaminato dal MIT, dove in sede di verifica l’offerente aveva addirittura abbandonato l’opzione precedentemente da lui stesso dichiarata per aderire a quella indicata dall’amministrazione nel bando di gara, tale possibilità non sia stata esclusa a priori dal parere reso, pur restando condizionata al fatto che il cambiamento non (incida) modifichi in termini sostanziali l’offerta presentata.

In particolare, il parere n. 2518 del 21 giugno 2024 del MIT subordina detta possibilità al solo caso in cui le dichiarazioni già rese dall’operatore economico non abbiamo carattere strettamente circostanziato e l’offerta tecnica ed economica non subisca variazioni, rilevando che, comunque occorrerà procedere alle verifiche ai sensi degli artt. 57 (Clausole sociali del bando di gara e degli avvisi e criteri di sostenibilità energetica e ambientale), 102 (Impegni dell’operatore economico) e 110 (Offerte anormalmente basse) c. 4 e che saranno altresì necessarie verifiche in corso di esecuzione dell’appalto in rapporto al rispetto del CCNL dichiarato.

All’opposto, la questione si pone anche nell’ipotesi in cui vi sia completa omissione, nella documentazione di gara, dell’indicazione del CCNL applicabile, in diretto contrasto con quanto richiesto dal comma 4 dell’articolo 11.

L’illegittimità di un siffatto comportamento, con la conseguente possibilità di impugnare l’intera procedura resta al momento esclusa dalla giurisprudenza fin qui espressasi (TAR Catania, sez. III, 6 giugno 2024, n. 2137). Ciò sulla scorta della considerazione per la quale detta omissione non è preclusiva tout court della possibilità per gli operatori di formulare un’offerta adeguata ciò che si ricava, in primo luogo, dalla previsione contenuta nel comma 1 del citato art. 11 che con formulazione chiara prevede che “Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”, nonché dal successivo comma 3 che, ispirato alla tutela della libertà di iniziativa economica, consente comunque agli operatori economici – anche nel caso di individuazione da parte della stazione appaltante di uno specifico CCNL – di indicare il differente contratto che essi applicano, a condizione che questo assicuri un certo standard di tutela. Ne discende che la contestata omissione non preclude la formulazione di un’offerta demandando all’impresa partecipante la facoltà d’indicare un diverso contratto.

Sono quelli riportati solo alcuni dei profili dubbi afferenti la normativa qui trattata, che il proposto allegato I.01 potrebbe contribuire a chiarire arricchendosi di indicazioni decisive nell’ulteriore iter di approvazione che lo attende.

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Questo articolo è stato scritto da...

Stefano De Marinis
Avvocato, già vicepresidente FIEC
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