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( votes)Il concerto è finito. Le ultime parole del frontman. I saluti. Un inchino. La band lascia il palco. Restano accese delle lucine tra gli strumenti. I tecnici restano ai bordi della scena. La speranza che non sia tutto davvero finito. Dalla platea si leva, sempre più incalzante, la richiesta del bis. Il palco si illumina. I musicisti tornano davanti al loro pubblico e regalano qualche minuto in più di spettacolo.
Che si stia radicando anche in politica il rito dei concerti? Sergio Mattarella concede il bis. Come aveva fatto prima di lui Giorgio Napoletano. Napolitano aveva accettato il secondo mandato per salvaguardare la continuità istituzionale; Mattarella parla di senso di responsabilità necessario in un momento di emergenza sul versante sanitario, economico e sociale.
Le ragioni per le quali si è resa necessaria la conferma delle due cariche più importanti dello Stato (evitando che al Quirinale ci andasse proprio Draghi) sono maturate in un contesto di profonda incertezza. La coppia Draghi/Mattarella ha ottenuto, sul fronte internazionale, un riconoscimento unanime come garanti della stabilità e affidabilità del Paese. L’applicazione del PNRR nei prossimi anni esige che nella cabina di regia ci siano nomi che ispirino competenza e fiducia. Capaci di tenere insieme le varie correnti per incanalarle verso l’unica strada possibile: la ripresa economica e sociale; la gestione della crisi sanitaria.
Segnali tangibili della bontà del lavoro compiuto in questi ultimi mesi arrivano dai dati ISTAT; l’economia italiana è cresciuta del 6,5% nel 2021, mettendo a segno un risultato che mancava dal +6,6% del lontano 1976. Un risultato che appare ancora più straordinario se si pensa al -8,9% con il quale si era chiuso il 2020.
Ma, nel giorno in cui si esaltano i numeri della crescita, un altro dato viene proposto dai giornali: le difficoltà delle aziende di reperire manodopera specializzata. I pilastri del PNRR (digitalizzazione ed economia ecologica) rischiano di essere minati dalla scarsa reperibilità di lavoratori che siano in grado di gestire macchinari e processi produttivi in cui tanti imprenditori hanno investito nel 2021.
Lo si legge sulle pagine del Bollettino annuale 2021 del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal. La ricerca è focalizzata sul settore privato. Ma sono le imprese private che partecipano alle gare pubbliche. Si tratta, dunque, di una lettura che deve interessare anche chi si occupa di lavori pubblici. Se le aziende sono in difficoltà nella gestione dei propri processi produttivi o nell’elargire i propri servizi, tali difficoltà si ripercuoteranno sul settore degli appalti pubblici. Potrebbero esserci conseguenze in via indiretta se le aziende appaltatrici che si sono dotate di strumentazioni di ultima generazione non hanno addetti in grado di farle funzionare. Conseguenze dirette per le Pubbliche Amministrazioni si registrerebbero se, ad esempio, un ente che ha investito in digitalizzazione non abbia personale con le competenze giuste per sfruttare tutte le opportunità del digitale.
Se, come abbiamo detto, privato e pubblico restano strettamente connessi quando il privato entra nell’orbita delle PPAA nell’ambito dell’esecuzione dei lavori pubblici, il campanello d’allarme che fa suonare il Bollettino deve essere preso in seria considerazione da chi sta programmando bandi pubblici. I dati espressi da Unioncamere e Anpal riguardano un numero considerevole di realtà produttive: il 71% delle imprese nel 2021 ha investito in trasformazione digitale; il 53% in competenze green. Mancano operai specializzati nell’industria e nei servizi con un mismatch che supera il 50%.
La differenza tra offerta e domanda di lavoro risiede nei carenti programmi formativi. “Per i profili più qualificati – afferma il Presidente di Unioncamere, Andrea Prete – c’è indubbiamente una carenza numerica ed è fondamentale per questo lavorare sull’orientamento all’interno dei percorsi scolastici. Per i profili meno qualificati, invece, un tema chiave è quello dell’esperienza e occorre insistere sulla utilità per i giovani di avere, già dalla scuola, un primo contatto con il mondo del lavoro e di sperimentare sul campo le proprie inclinazioni e abilità”. Nulla di nuovo. Parliamo di una lacuna nota ormai da anni ma che evidentemente il sistema alternanza scuola/lavoro non riesce a rimarginare. Un’opportunità che non si riesce a far mettere a frutto. Scuola e lavoro, escludendo poche realtà imprenditoriali che vedono gli istituti come il vivaio dal quale attingere nuovi talenti, restano due mondi separati. Molti non si accorgono di questa risorsa. Un albero colmo di frutti che non vengono preparati per il raccolto, che a fine maturazione finiscono sul terreno a marcire. Ragazze e ragazzi che, dopo un percorso formativo che non li prepara al lavoro, finiscono per essere catapultati in un mondo nel quale diventa difficile trovare collocazione.
“I giovani sono portatori della loro originalità, della loro libertà. Sono diversi da chi li ha preceduti. E chiedono che il testimone non venga negato alle loro mani”. Aveva detto Mattarella nel discorso di fine anno.
Tra loro, ne siamo certi, ce ne sono tantissimi a cui un giorno sarà chiesto un bis.