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( votes)1. Premessa
Il crescente utilizzo dell’avvalimento quale “escamotage legale” per consentire alle imprese non dotate di adeguate qualificazioni di poter validamente partecipare alle gare pubbliche, ha permesso, nel tempo, di devolvere alla cognizione del giudice amministrativo una copiosa e variegata casistica di applicazioni concrete e possibili interpretazioni delle norme che governano tale istituto.
Di recente il TAR Campania, spesso pioniere di evoluzioni interpretative in tema di avvalimento, è stato interrogato sul tema scottante del fallimento dell’ausiliaria.
Quid iuris, qualora il soggetto che presta i requisiti per l’ammissione alla gara fallisca durante l’esecuzione del contratto?
Quali dovrebbero essere le conseguenze che la stazione appaltante dovrebbe trarre da una tale circostanza?
Ed ancora, anticipando la soluzione prospettata dal TAR Campania adito, consentire la sostituzione dell’ausiliaria, alla stregua di una qualsiasi mandante fallita, rischia di scardinare l’impianto dell’istituto, il cui ricorso è consentito nella sola fase di ammissione alla gara, ma mai in fase di esecuzione?
Senza pretesa di esaustività, si tenterà qui di seguito, di ripercorre tali temi.
2. Il quadro normativo
Come già spiegato su questa Rivista[1], l’avvalimento è un istituto di origine giurisprudenziale, frutto dell’elaborazione ermeneutica della Corte di Giustizia Europea, attenta a consentire nel settore delle commesse pubbliche, la più ampia partecipazione degli operatori economici, con il fine di garantire la libertà di circolazione dei servizi, dei capitali e la tutela del mercato e che ha poi trovato consacrazione normativa con le Direttive Comunitarie n. 17 e 18 del 2004.
Oggi l’avvalimento è disciplinato dall’art. 49 del Codice dei Contratti pubblici (D.Lgs. 163/06 e s.m.i.), norma che detta le condizioni per potervi utilmente ricorrere.
L’avvalimento, occorre ricordare, si configura quale strumento che permette di ampliare la platea dei partecipanti alle procedure per l’affidamento di contratti pubblici, consentendo l’accesso al confronto concorrenziale non soltanto agli operatori economici che possiedono “in proprio” i requisiti di capacità economica, finanziaria, tecnica ed organizzativa prescritti dalla legge o richiesti dalla singola stazione appaltante, ma anche a quegli operatori che, pur non avendo di per sé i predetti requisiti, intendono utilizzare le capacità di altri soggetti, dando la prova di averne l’effettiva disponibilità per tutta la durata del contratto pubblico aggiudicato[2].
Pertanto, in deroga al principio generale che prevede il possesso personale dei requisiti di idoneità tecnico-economica-organizzativa da parte dell’impresa concorrente, un soggetto carente di un dato requisito, facendo ricorso all’avvalimento di un terzo soggetto che lo possiede, può validamente spendere presso la stazione appaltante detto requisito, al fine di conseguire la qualificazione per la partecipazione ad una gara pubblica, per la quale, a ben vedere, in assenza di tale prestito, non avrebbe mai potuto concorrere.
La facoltà di avvalimento costituisce una rilevante eccezione al principio generale, ai sensi del quale i concorrenti ad una gara pubblica devono possedere in proprio i requisiti di qualificazione, la prova circa l’effettiva disponibilità dei mezzi dell’impresa avvalsa deve essere fornita in modo rigoroso, mediante la presentazione di un apposito impegno da parte di quest’ultima, riferito allo specifico appalto e valido per tutta la durata della prestazione dedotta in gara.
Negli anni, la giurisprudenza ha rilevato nel tempo l’esigenza che la messa a disposizione del requisito prestato dovesse concretarsi in una chiara ed inequivoca disponibilità da parte dell’ausiliario a garantire in favore dell’ausiliato una specifica e ben identificata risorsa, processo produttivo, know-how, onde evitare che il prestito si estrinsecasse in una dichiarazione priva di sostanza.
Di recente sul punto è stato precisato che “Occorre, infatti, che l’impresa ausiliaria si impegni espressamente e chiaramente a fornire strutture, personale qualificato, tecniche operative, mezzi collegati alla qualità soggettiva “prestata”, al fine di garantire alla stazione appaltante l’effettività della messa a disposizione, in relazione all’esecuzione dell’appalto, delle sue risorse e del suo apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità (cfr. C.d.S., sez. III, n. 2343/11 cit.) ovvero, come nel caso di specie, del requisito di esperienza specifica nel settore, che parimenti è misura di capacità tecnica ed economica” (TAR Campania Napoli sez. II 13/9/2013 n. 4264).
In ordine al contenuto del contratto di avvalimento è stato poi sottolineato che “In fattispecie nelle quali alla generica dizione di impegno a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto non faceva seguito una specificazione delle risorse e dei mezzi effettivamente forniti dall’impresa ausiliaria per l’esecuzione del contratto, la giurisprudenza ha ritenuto che l’oggetto del contratto di avvalimento fosse indeterminato per violazione dell’art. 88 del D.P.R. n. 207 del 2010 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 ), che come è noto, al comma 1 prevede che “per la qualificazione in gara, il contratto di cui all’articolo 49, comma 2, lettera f), del codice deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente: a) oggetto: le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico; b) durata; c) ogni altro utile elemento ai fini dell’avvalimento” (cfr. Consiglio di Stato, Sezione III, n. 5512 del 29 ottobre 2012). Con la sentenza n. 5512 del 29 ottobre 2012 il Consiglio di Stato ha riconosciuto l’invalidità del contratto di avvalimento che prevedeva, quale proprio oggetto, l’impegno dell’ausiliaria “a fornire i requisiti ed a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto” oggetto della gara, rilevando che si trattava di “una dizione generica, non ulteriormente specificata in alcun altro punto, né del contratto, né della dichiarazione di obbligo prodotta dalla ausiliaria, in quanto da tali atti non era possibile evincere in modo determinato e specifico quali fossero le risorse e i mezzi che sarebbero stati prestati per l’esecuzione del contratto”. In tale pronuncia, è stato altresì “stigmatizzato che la messa a disposizione di requisiti, svincolata da qualsivoglia collegamento concreto con risorse materiali o immateriali, possa snaturare l’istituto dell’ avvalimento per piegarlo ad una logica di elusione dei requisiti stabiliti nel bando di gara (Cons. Stato, Sez. III, n. 2344 del 18.4.2011; cfr. anche V, n. 4510 del 6 agosto 2012)” (TAR Sicilia Catania sez. I 30/5/2013 n. 1578).
Dal breve excursus giurisprudenziale sopra rammentato, è agevole pertanto asserire che, nel corso di questi anni, durante i quali molteplice è stato il ricorso a tale istituto da parte degli operatori economici, l’indirizzo ermeneutico propugnato dalla giurisprudenza sia quello di abbandonare l’ottica dell’istituto quale meramente teso a colmare i requisiti mancanti in fase di gara, verso un approccio interpretativo “sostanziale” capace di rileggere l’istituto sotto la lente dell’esigenza ultima della p.a. di una corretta e tempestiva esecuzione dell’appalto.
4. La sentenza n. 5042 dell’11/11/2013 del TAR Campania
In tale solco sembra innestarsi la sentenza qui in commento emessa TAR Campania n. 5042/2013.
Il Tribunale campano, alla cui cognizione è stato devoluto il giudizio in merito alla diniego implicito alla sostituzione di un soggetto ausiliario medio tempore fallito con altro soggetto dotato di idonei requisiti, in ossequio al succitato approccio ermeneutico “sostanzialitico”, ha ritenuto doveroso estendere in via analogica il dettato normativo di cui all’art. 37 comma 19 del Codice dei Contratti in tema di sostituzione della mandante per fallimento, ritenendo illegittimo il diniego opposto, ordinando, per l’effetto, all’amministrazione di consentire il subentro all’ausiliario fallito.
A fondamento di tale soluzione, in estrema sintesi, il Tar Campania, pone un principio, prim’ancora che giuridico, di carattere strettamente logico: il c.d. principio della continenza.
Dove sta il più, sta il meno.
Afferma infatti il Tar Campania: “secondo la regola logica, prima ancora che giuridica, della continenza, per cui il più contiene il meno, non sussiste nessuna ragione giuridico-formale o pratico-operativa per impedire la sostituzione in un rapporto “minore” e meno intenso (quello di avvalimento tra ausiliata e ausiliaria) quando la legge ammette la sostituzione nel caso “maggiore” e più intenso (quello del raggruppamento temporaneo tra imprese, tutte pro quota direttamente obbligate alla prestazione principale)”.
Aggiunge poi il TAR: “Così stando le cose, non si comprende perché la sostituzione “sanante” della carenza successiva del requisito desunto dall’ausiliaria non debba essere ammesso quanto le volte che si ammette la sostituzione “sanante” della mandante, sol perché la norma non l’ha espressamente detto, apparendo, anzi, la minore intensità del legame che astringe l’ausiliaria all’ausiliata, rispetto a quello che lega la mandante alla mandataria, un motivo a favore (e non certo contro) l’estensione dell’eccezione al principio di immodificabilità della compagine delle imprese (a vario titolo) partecipanti”.
Quindi, non osta alla sostituzione dell’ausiliario fallito (come per ogni mandante che versi in tali condizioni) il principio di immodificabilità soggettiva, dovendo ritenersi in questo caso recessivo il rispetto del principio della par condicio rispetto all’esigenza della corretta e tempestiva acquisizione del bene della vita dedotto nel contratto pubblico già stipulato.
5. Conclusioni
Ad una prima occhiata, il ragionamento posto in essere dal TAR Campania appare assolutamente condivisibile poiché ancorato ad una logica stringente e difficilmente confutabile.
Non è intenzione del presente contributo andare infatti a confutare l’iter argomentativo utilizzato dai Giudici Amministrativi campani, quanto invece evidenziare in via di analisi conseguenziale, quali possano essere le ripercussioni sistematiche di tale pronuncia.
Ad avviso di chi scrive, non risulta infatti privo di conseguenze di carattere generale, l’estensione analogica al caso del fallimento dell’ausiliaria dell’art. 37 del Codice.
Così come evidenziato precedentemente, il percorso che la giurisprudenza sta dimostrando di seguire è quello di un approccio maggiormente attento alle ripercussioni fattuali dell’avvalimento sulla fase esecutiva dell’appalto, concretatosi nell’esigenza di specificare, chiarire inequivocabilmente quali siano le risorse che si prestano nei confronti del concorrete, paventando la sanzione della nullità contrattuale laddove, negli impegni scritti tra ausiliato ed ausiliante, si commerci di generici ovvero fantomatici mezzi e risorse messi a disposizione.
In effetti la responsabilità solidale stabilita dalla legge e l’obbligazione di garanzia nascente dal rapporto di avvalimento dell’ausiliario nei confronti dell’ausiliato, sono indici sintomatici importanti che dovrebbero indurre ad adeguare l’applicazione di tale istituto nelle varie ipotesi in cui esso viene in rilievo.
Orbene, la ratio che informa la decisione del TAR campano sembra essere la medesima anzi rammentata: quella di abbandonare una interpretazione dell’avvalimento quale istituto esclusivamente teso a colmare i requisiti di partecipazione ad una gara pubblica degli operatori economici che ne siano sprovvisti, nel cui ambito per anni è rimasto costretto, con conseguenti interpretazioni della relativa normativa assai formalistiche e poco aderenti al dato fattuale, per approdare verso lidi maggiormente pragmatici che consentano una interpretazione dell’istituto quale vero e proprio strumento di effettiva supplenza di talune carenze degli operatori economici.
Man mano che si comprende e si introietta nel comune sentire degli addetti ai lavori il concetto per cui i requisiti partecipazione sono, in definitiva, degli strumenti giuridici apprestati alle stazioni appaltanti utili a preselezionare una più ristretta platea di operatori economici, adeguatamente capaci sotto il profilo tecnico e organizzativo, al fine di individuarne uno davvero in grado di portare a termine con diligenza, correttezza e tempestività (possibilmente ad un prezzo concorrenziale) l’esecuzione di una commessa pubblica, tanto più l’interpretazione dell’avvalimento deve mutare, dovendo porsi l’accento, per una sua più perspicua applicazione, non già sui profili di par condicio in fase di ammissione alla gara, ma sulla funzione ultima cui lo stesso assolve sotto il profilo esecutivo, sotto il profilo del concreto ausilio di cui l’operatore economico beneficia ai fini dell’esecuzione della commessa acquisita.
Aver ritenuto non ostativo al ricorso dall’art. 37 comma 19 per il caso del fallimento dell’ausiliaria il principio di immodificabilità soggettiva che è – giova ribadire – espressione dei cardini comportamentali della p.a. di trasparenza e parità di trattamento in sede di aggiudicazione, consente di incardinare l’avvalimento, al pari del raggruppamento temporaneo di imprese, nell’alveo degli strumenti giuridici maturi per la migliore esecuzione dei contratti pubblici.
Maturazione che, una volta completata, secondo alcuni commentatori[3] dovrebbe condurre a scardinare l’assetto oggi vigente secondo cui l’avvalimento è utilmente ricorribile esclusivamente in fase di gara, non anche in fase di esecuzione.
Invero, l’estensione applicativa in via analogica dell’art. 37 c. 19 del Codice all’istituto de quo, seppur in via interpretativa, consta in una vera e propria deroga al principio anzi rammentato.
A bene vedere, sarebbero molteplici i casi in cui si potrebbe, seppur in via derogatoria, consentire l’esercizio dell’avvalimento durante l’esecuzione del contratto in ragione della preminenza dell’esigenza della buona esecuzione dell’appalto in bilanciamento col principio della par condicio, dalla cui pedissequa applicazione deriverebbe la necessità di una anticipata cessazione del contratto in essere, non sempre soluzione idonea a perseguire l’interesse pubblico.
Tanto più parrebbe percorribile tale ipotesi, qualora si ponga riguardo al dettato normativo contenuto nella Direttiva 18/2004 in tema di avvalimento, nel quale non viene affatto stabilito che lo stesso possa essere utilizzato nella sola fase di ammissione alla gara.
Alla luce delle superiori osservazioni, nell’ottica di un mutato bilanciamento di interessi, sarebbe pertanto auspicabile, che il legislatore nazionale si faccia carico di una analisi attenta e quanto mai esaustiva di quali possano essere i casi in cui sarebbe possibile eccezionalmente far ricorso all’avvalimento durante l’esecuzione dell’appalto, al fine di disciplinare ex ante una casistica che in assenza di regolazione puntuale potrebbe lasciare spazio ad interpretazioni eccessivamente divergenti, a scapito dell’agognata certezza del diritto, principio di diritto in Italia spesso bistrattato.
[1] Di G. Totino, Avvalimento: il meccanismo rischia di incepparsi, Rivista Mediappalti Anno II n. 1
[2] Cfr. AVPC – Parere di Precontenzioso n. 97 del 19/05/2011
[3] C. Bigi, L’Avvalimento nel corso di esecuzione del contratto (www.appaltiecontratti.it 3/9/2012)