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E’ legittimo l’avvalimento frazionato? In una recente sentenza il Consiglio di Stato analizza la portata del divieto previsto al comma 7 dell’art. 89 del d.lgs. 50/2016, norma che introduce ben precisi limiti al ricorso all’istituto dell’avvalimento, pena l’esclusione dalla gara del concorrente che non rispetti tali limitazioni.
Il legislatore vieta, infatti, da un lato, che più di un concorrente si avvalga della stessa impresa ausiliaria in relazione alla medesima gara; dall’altro, che partecipino alla medesima procedura sia l’impresa ausiliaria che quella ausiliata.
Il divieto non si estende, tuttavia, alla diversa fattispecie dell’avvalimento frazionato, di cui la giurisprudenza riconosce la legittimità, sia pure con alcune precisazioni per quanto attiene alla fattispecie dell’avvalimento frazionato «inverso» interno al raggruppamento temporaneo di imprese («RTI»): tale istituto deve ritenersi consentito come evidenziato dalla sentenza in commento che ricerca un punto di equilibrio tra il principio della più ampia partecipazione alle gare e la necessaria garanzia, per la stazione appaltante, circa la corretta esecuzione dell’appalto.
1. Il caso di specie
La sentenza del 10/4/2018 n. 2183 del Consiglio di Stato origina dai ricorsi proposti da ciascuno dei due raggruppamenti temporanei di imprese, unici partecipanti alla gara di appalto, contro l’altrui ammissione alla procedura di gara. Il giudice di primo grado, per quanto qui di interesse, ha ritenuto illegittima l’ammissione alla gara di uno dei due raggruppamenti perché:
- la mandataria del raggruppamento in questione, in asserita violazione dell’art. 89, comma 7, del d.lgs. 50/2016 («Codice»), aveva assunto il ruolo di ausiliaria per le due referenze bancarie richieste quali requisiti economico-finanziari necessari ai fini della partecipazione alla gara nei confronti di più di una mandante;
- la stazione appaltante aveva quindi illegittimamente consentito di sanare questo vizio, attraverso l’invito a presentare distinte referenze bancarie per ciascuna delle imprese raggruppate.
Le imprese facenti parte del detto raggruppamento hanno quindi proposto appello contro la sentenza che ne confermava l’esclusione dalla gara.
2. I divieti posti dall’art. 89 del Codice
L’articolo 89, in recepimento dell’articolo 63 della direttiva 2014/24/UE, disciplina l’istituto dell’avvalimento con riferimento all’operatore economico sia singolo sia riunito in raggruppamento di imprese, ponendosi in linea con la normativa previgente. La ratio dell’istituto è, come noto, quella di consentire a tale soggetto di soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale – necessari per partecipare ad una procedura di gara – avvalendosi delle capacità di altri soggetti, anche partecipanti al raggruppamento, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi.
In via generale il ricorso all’avvalimento comporta, come sostanziale conseguenza, la responsabilità solidale del concorrente e dell’impresa ausiliaria nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto.
Ma il ricorso al detto istituto non è scevro da limiti e condizioni di ammissibilità.
In primo luogo, il soggetto ausiliario non può avvalersi a sua volta di altro soggetto. E’, cioè, vietato il cd. avvalimento «a cascata» per espresso disposto dell’art. 89 comma 6 del Codice. Come più volte osservato in giurisprudenza, infatti, tale tipologia di avvalimento elide il necessario rapporto tra ausiliaria ed ausiliata. La deroga al principio di personalità dei requisiti di partecipazione alla gara è strettamente collegata alla possibilità di avere un rapporto diretto e immediato con l’ausiliaria, da cui l’ausiliata è legata in virtù della dichiarazione di responsabilità resa dalla prima, cui consegue la responsabilità solidale delle due imprese per l’intera prestazione dedotta nel contratto da aggiudicare[1].
La giurisprudenza sul punto è chiara: «… la possibilità̀ di ricorrere a soggetti ausiliari presuppone che i requisiti mancanti siano da questi integralmente e autonomamente posseduti, senza poter estendere teoricamente all’infinito la catena dei possibili sub-ausiliari e va pertanto escluso dalla gara chi si avvale di impresa ausiliaria a sua volta priva del requisito richiesto dal bando nella misura sufficiente ad integrare il proprio requisito di qualificazione mancante»[2].
Ciò in quanto «pur essendo pacifico in giurisprudenza il carattere generalizzato dell’istituto dell’avvalimento, finalizzato a favorire la massima partecipazione nelle gare di appalto e la effettività della concorrenza secondo i principi di rilievo comunitario, tale istituto deve essere pur sempre contemperato con la esigenza di assicurare idonee garanzie alla stazione appaltante per la corretta esecuzione degli appalti»[3].
«L’ausiliario non può avvalersi a sua volta di altro soggetto: è vietato il cd. avvalimento «a cascata» (art. 89, comma 6, del Codice)»
Il comma 7 dell’art. 89 introduce poi un ulteriore divieto: se, da un lato, il legislatore consente il ricorso a più imprese ausiliare, dall’altro, lo stesso vieta, a pena di esclusione del concorrente, che in relazione ad una stessa gara più concorrenti si avvalgano della stessa impresa ausiliaria così come vieta che ad una stessa gara partecipino sia l’impresa ausiliaria che quella che si avvale dei requisiti.
La norma disciplina il c.d. avvalimento frazionato «inverso», che si perfeziona quando l’impresa ausiliaria si determina a prestare, nell’ambito della medesima gara, i suoi requisiti a più imprese ausiliate. La prassi dell’avvalimento frazionato «inverso» era già preclusa dal previgente art. 49 del D.lgs. n. 163/2006. La ratio del divieto risiede nell’intento di «evitare che dell’avvalimento si faccia un uso smodato, visto il suo carattere eccezionale, nonché per evitare di vulnerare il principio della par condicio tra i concorrenti» (cfr. ANAC, determinazione del 27/9/2012, n. 150).
È di tutta evidenza infatti che consentire ad uno stesso operatore economico di prestare i suoi requisiti a più imprese, all’interno della medesima procedura di gara, significherebbe giustificare delle spregiudicate operazioni commerciali idonee a ledere l’interesse dell’amministrazione ad ottenere una corretta esecuzione del contratto messo a bando; l’impresa ausiliaria potrebbe infatti essere indotta ad una spasmodica commercializzazione dei suoi requisiti (perché allettata dai corrispettivi dovutigli dalle imprese ausiliate), nonostante questo possa implicare la verosimile inidoneità di onorare l’impegno di essere responsabile in solido con l’impresa ausiliata.
Con il citato comma 7 peraltro il nuovo Codice supera ed elimina la precedente previsione che consentiva alle stazioni appaltanti di prevedere nella lex sepcialis che – in caso di requisiti tecnici connessi con il possesso di particolari attrezzature possedute da poche imprese operanti sul mercato – queste ultime potevano prestare l’avvalimento nei confronti di più di un concorrente, sino ad un massimo indicato nel bando stesso, impegnandosi a fornire la particolare attrezzatura tecnica, alle medesime condizioni, all’aggiudicatario (v. art. 49 comma 9 del vecchio codice).
«In relazione a ciascuna gara non è consentito, a pena di esclusione, che della stessa impresa ausiliaria si avvalga più di un concorrente, né è consentito che partecipino ad una stessa gara sia l’impresa ausiliaria che quella che si avvale dei requisiti (art. 89, comma 7, del Codice).»
3. L’avvalimento frazionato
Fermo restando il divieto di cui al comma 7 sopra ricordato, il Codice ammette espressamente l’avvalimento di più imprese ausiliarie, l’avvalimento cioè per mezzo del quale l’aspirante all’aggiudicazione di un contratto di appalto raggiunge un determinato requisito di partecipazione avvalendosi anche di più soggetti (l’avvalimento cd. «plurimo» o «frazionato» o «cumulativo»). Il comma 6 dell’art. 89 cit. recita infatti: «E’ ammesso l’avvalimento di più imprese ausiliarie.».
La legittimità dell’avvalimento frazionato è stata sancita dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nel vigore del previgente codice (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), con la sentenza 10 ottobre 2013, C-94/12 Swm Costruzioni e nuovamente affermata con la sentenza 2 giugno 2016, C-27/15[4]. La finalità così perseguita era quella dell’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile.
«Il Codice ammette espressamente l’avvalimento di più imprese ausiliarie (cd. avvalimento «plurimo» o avvalimento «frazionato»)»
E, difatti, la disciplina dell’avvalimento trae la sua origine nella elaborazione giurisprudenziale della Corte di Giustizia con la storica sentenza relativa alla causa Ballast (causa C-389/92) e la successiva (ed altrettanto storica) sentenza relativa al caso Holst Italia SpA: da lì in poi il Giudice europeo ampliò l’ambito di applicazione di tale principio. Non sorprende pertanto il fatto che, chiamata a pronunciarsi sugli artt. 47 e 48 della previgente direttiva 2004/18/CE, la Corte di Giustizia abbia ripetutamente affermato che il diritto dell’Unione non impone che l’impresa concorrente sia in grado di realizzare direttamente, con mezzi propri, la prestazione convenuta (sentenza 23 dicembre 2009, C‑305/08, Conisma). La direttiva 2004/18/CE, per tale aspetto non contraddetta dalla successiva direttiva 2014/24/UE, non vieta che un concorrente possa avvalersi delle capacità di una o più imprese ausiliarie, in aggiunta alle proprie capacità, al fine di soddisfare i criteri di qualificazione posti dal bando di gara, secondo lo schema del cosiddetto avvalimento frazionato (sentenza 10 ottobre 2013 cit.).
Secondo questa stessa giurisprudenza, le direttive europee riconoscono il diritto di ogni operatore economico di fare affidamento, per un determinato appalto, sulle capacità di altri soggetti «a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi» e purché sia dimostrato all’amministrazione aggiudicatrice che l’offerente disporrà dei mezzi di tali soggetti necessari per l’esecuzione della prestazione (sentenza 14 gennaio 2016, C-234/14, Ostas Celtnieks).
In quest’ottica la direttiva 2004/18/CE e la successiva direttiva 2014/24/UE hanno consentito senza riserve, ed in sostanziale continuità tra loro, il cumulo delle capacità di più operatori economici per soddisfare i requisiti minimi di qualificazione imposti dall’amministrazione aggiudicatrice, purché alla stessa si dimostri che l’appaltatore che si avvale delle capacità di uno o di svariati altri soggetti ausiliari disporrà effettivamente dei mezzi di questi ultimi che sono necessari all’esecuzione dell’appalto.
Tale interpretazione – come ha peraltro osservato di recente anche il TAR Piemonte (sentenza 2/1/2018 n. 1) – risponde all’obiettivo dell’apertura del mercato degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile, a vantaggio non soltanto degli operatori economici stabiliti negli Stati membri, ma parimenti delle amministrazioni aggiudicatrici. In tal modo inoltre si agevola l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, principio enunciato dalla direttiva 2004/18/CE e rafforzato, come noto, dalla citata direttiva 2014/24/UE.
Deve tuttavia rilevarsi come, in taluni casi, la lex specialis vieti tale forma di avvalimento. Sul punto, da ultimo, si è affermato che la eventuale decisione della stazione appaltante di escludere l’avvalimento frazionato è da ritenersi frutto di una «valutazione discrezionale tecnica, riferita alla tipologia di lavori da appaltare, che emerge dalla determina a contrarre, nella parte in cui enfatizza la necessità che un solo operatore debba essere in possesso dei requisiti» e che «tale opzione del bando è quindi … sindacabile – come ogni esercizio di discrezionalità tecnica – solo nei limiti ristretti del controllo “estrinseco”, volto a veri care che la scelta non sia evidentemente illogica o irrazionale, o basata su elementi di valutazione evidentemente insussistenti»[5].
4. L’avvalimento nel raggruppamento di imprese
La disciplina dei raggruppamenti temporanei di imprese, in quanto espressione del principio generale di neutralità̀ della forma dell’operatore economico (e quindi della necessità di garantire l’accesso agli appalti pubblici favorendo la cooperazione tra imprese) non può̀ essere intesa come un limite all’avvalimento. Come riconosciuto in giurisprudenza, infatti, una simile interpretazione sarebbe contraria al diritto comunitario, che non pone limitazioni quantitative né qualitative all’avvalimento; in secondo luogo perché́ lo stesso diritto europeo lo consente espressamente anche nell’ambito dei raggruppamenti, sia mediante avvalimento interno che mediante avvalimento esterno. La disciplina nazionale va quindi intesa nel senso che anche la quota minima di requisiti che ciascun componente di un raggruppamento deve possedere può̀ essere dimostrata mediante ricorso all’avvalimento[6].
In questo senso può dirsi che l’articolo 89, comma 1, del nuovo Codice introduca nella disciplina positiva nazionale un principio di portata generale già̀ consolidato in giurisprudenza e a livello comunitario, ossia quello dell’espressa irrilevanza della natura giuridica dei legami intercorrenti tra concorrente e impresa ausiliaria.
«La disciplina dei raggruppamenti temporanei di imprese, espressione dei principi generali di neutralità̀ della forma dell’operatore economico e della massima partecipazione alle gare, non può̀ essere intesa come un limite all’avvalimento.»
Con specifico riguardo alla ipotesi di avvalimento nel RTI, giurisprudenza e prassi hanno chiarito che il divieto di cui all’art. 89 comma 7 non ricorre quando:
- il soggetto ausiliario sia esterno al RTI che se ne avvale e non partecipi alla medesima gara;
- soggetto ausiliato e soggetto ausiliario appartengano allo stesso raggruppamento e quindi presentino un’unica offerta facente capo al medesimo centro di interessi[7].
In queste ipotesi infatti le imprese non risultano in concorrenza tra loro, non risultando portatrici di autonome e contrapposte offerte.
Pertanto, nel caso in cui il bando o il disciplinare, nell’ambito di un appalto di servizi o forniture, stabiliscano requisiti minimi di partecipazione per la capogruppo o per le mandanti all’interno di un RTI, queste possono tutte ricorrere all’istituto dell’avvalimento per provare la capacità prescritta. In tale prospettiva, non esistono limitazioni all’applicazione dell’istituto, con la conseguenza che deve essere ritenuto possibile l’utilizzo dell’avvalimento «esterno» (da parte di un’impresa ausiliaria esterna al RTI ed in favore di un suo membro) o «interno» o «infragruppo» (nel caso in cui l’ausiliaria sia anche mandante o mandataria del raggruppamento dell’impresa avvalsa).
« E’ consentito l’utilizzo dell’avvalimento «esterno» (da parte di un’impresa ausiliaria esterna al RTI ed in favore di un suo membro) o «interno» o «infragruppo» (nel caso in cui l’ausiliaria sia anche mandante o mandataria del raggruppamento dell’impresa avvalsa).»
Nel caso di avvalimento «interno», tuttavia, si è registrata, sia in giurisprudenza che in dottrina, una certa riflessione che ha condotto ad alcune precisazioni.
Nella vigenza dell’abrogato Codice degli appalti, pur in mancanza di esplicita previsione (che invece si rinviene nell’art. 89 del nuovo Codice) tale avvalimento era certamente consentito, in conformità all’interpretazione dell’art. 48, commi 3 e 4, dir. 31 marzo 2004, n. 2004/18/CE, data dalla giurisprudenza del giudice amministrativo[8].
Tuttavia la giurisprudenza oggi esclude che si possa aversi avvalimento interno prescindendo dalle formalità̀ previste dalla disciplina in materia intendendolo alla stregua di un «avvalimento implicito». È quindi richiesta l’osservanza delle formalità̀ previste dal Codice in materia per cui l’impresa ausiliata dovrà̀ «far constare con la necessaria chiarezza, all’atto di partecipazione alla singola gara, tale volontà̀ con indicazione del soggetto sulla cui capacità intende fare affidamento, come pure specificando i requisiti che di siffatto affidamento formeranno oggetto e, soprattutto, dovrà̀ rendere di tutto ciò̀ necessariamente edotta l’amministrazione interessata al singolo appalto»[9].
La giurisprudenza ha quindi chiarito, con particolare riguardo all’avvalimento cd. di garanzia – avente cioè ad oggetto il requisito di capacità economica finanziaria, rappresentato dal fatturato sia globale che specifico – proprio ad evitare il rischio, particolarmente rilevante in tale sottogenere di avvalimento, che il prestito dei requisiti rimanga soltanto su un piano astratto e cartolare e l’impresa ausiliaria si trasformi in una semplice cartiera produttiva di schemi contrattuali privi di sostanza, occorre che dalla dichiarazione dell’ausiliaria emerga con certezza ed in modo circostanziato l’impegno contrattuale a prestare e a mettere a disposizione dell’ausiliata la complessiva solidità finanziaria e il patrimonio esperienziale della prima, così garantendo una determinata affidabilità e un concreto supplemento di responsabilità (Cons. St., sez. V, 22 novembre 2017, n. 5429; id. 22 dicembre 2016, n. 5423).
Inoltre è necessario accertare che i requisiti di partecipazione siano posseduti dall’impresa avvalsa in misura sufficiente a consentirle sia la partecipazione alla gara come concorrente in RTI sia la partecipazione alla stessa gara in veste di impresa ausiliaria nell’ambito del medesimo RTI. Principio fermo in tema di raggruppamenti, infatti, è quello secondo il quale l’impresa raggruppata che svolga, nella stessa gara, sia il ruolo di soggetto qualificato in proprio sia quello di impresa ausiliaria di un’altra partecipante al raggruppamento, possieda i requisiti nella misura tale da consentirgli una duplice imputazione, essendo escluso che, nella stessa gara, il medesimo requisito possa essere impiegato più di una volta[10].
Più in particolare si è precisato che nel caso in cui il bando preveda una percentuale massima di requisiti con i quali è consentito alla mandataria la partecipazione alla procedura, l’avvalimento interno è ammesso a favore delle mandanti purché non comporti il superamento del suddetto limite[11].
4. L’analisi del Consiglio di Stato sull’avvalimento frazionato
Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato ritiene fondato l’appello volto a contestare l’esclusione dalla gara per presunta violazione dell’art. 89 comma 7 del Codice. Il Supremo Collegio cioè condivide le censure avverso il capo della sentenza di primo grado che riteneva illegittimo l’avvalimento plurimo inverso all’interno del raggruppamento temporaneo, avente ad oggetto il prestito delle referenze bancarie, richieste dal disciplinare di gara sulla base delle seguenti argomentazioni.
L’avvalimento «plurimo» inverso all’interno di uno stesso RTI è, nel caso di specie, da ritenersi legittimo non violando la previsione di cui all’art. 89, comma 7, del Codice. A supporto di tale assunto, il Supremo Collegio richiama i precedenti giurisprudenziali della Corte di Giustizia sopra menzionati nonché, in linea con tali pronunce, la stessa giurisprudenza nazionale secondo cui, in caso di avvalimento frazionato o «plurimo», ciò che rileva è la dimostrazione da parte del concorrente – che si avvale delle capacità di più imprese – di potere disporre effettivamente dei mezzi di questi ultimi necessari all’esecuzione dell’appalto[12].
La Corte di Giustizia, nella citata sentenza 10 ottobre 2013, ha, al contempo, precisato che l’applicazione dell’avvalimento frazionato o «plurimo» non è illimitato e che, in particolare, questa forma di prestito può legittimamente essere vietata quando l’appalto da affidare presenti caratteristiche «tali da richiedere una determinata capacità che non si ottiene associando capacità inferiori di più operatori» (§ 35 della citata sentenza). Da tali statuizioni il Consiglio di Stato desume il principio di fondo secondo cui le finalità di massima partecipazione sottese all’istituto dell’avvalimento non devono, in altri termini, andare a discapito dell’interesse che ha la Stazione appaltante nel contrarre con operatori economici affidabili ed effettivamente in possesso dei requisiti di qualificazione previsti dalla normativa di gara.
Del resto, come già osservato dallo stesso Consiglio di Stato in precedenti sentenze sul tema, l’orientamento della Corte di giustizia è vincolante per il Giudice nazionale.
Altra è l’ipotesi – osserva il Consiglio di Stato – che ricorre quando alla stessa gara della stessa impresa ausiliaria si avvalga più di un concorrente o quando partecipino ad una stessa gara sia l’impresa ausiliaria che quella che si avvale dei requisiti (art. 89, comma 7, del Codice): il divieto in questione ha la funzione di assicurare la lealtà del confronto concorrenziale e di impedire che della stessa capacità tecnico-organizzativa o economico-finanziaria si avvalgano più partecipanti alla medesima gara, oltre che di prevenire che anche le offerte possano essere alterate. Per ragioni analoghe, nella seconda parte della norma, il legislatore vieta all’impresa ausiliaria di assumere la veste del concorrente nella medesima procedura di affidamento.
Il Codice invece lascia aperta la possibilità:
(i) per i raggruppamenti, di utilizzare l’avvalimento tra i loro partecipanti (art. 89, comma 11);
(ii) di utilizzare «più imprese ausiliarie» (comma 6).
«L’avvalimento frazionato o «plurimo» a favore di più mandanti dello stesso raggruppamento temporaneo è consentito, secondo il Consiglio di Stato, «se e nella misura in cui questa modalità di prestito plurimo non si risolva in una elusione dei requisiti previsti, e si consenta quindi ad imprese non qualificate di essere ammesse alla procedura di affidamento oppure si privi l’ausiliaria del requisito stesso.»
Ciò precisato, con riferimento al caso di specie, il Supremo Collegio osserva che a venire in rilievo è un requisito di capacità economico-finanziaria che è finalizzato ad assicurare la Stazione appaltante circa la solidità economica e l’idoneità del concorrente a sostenere le obbligazioni derivanti dal contratto.
Sotto questo profilo – prosegue il
Consiglio di Stato – deve quindi ritenersi consentito l’avvalimento del
requisito in questione a favore di più mandanti dello stesso raggruppamento
temporaneo in quanto lo stesso non è di per sé ostativo alla partecipazione
alla gara, «se e nella misura in cui
questa modalità di prestito plurimo non si risolva in una elusione dei
requisiti previsti, e si consenta quindi ad imprese non qualificate di essere
ammesse alla procedura di affidamento oppure si privi l’ausiliaria del
requisito stesso.».
[1] Sull’avvalimento «a cascata» v. Consiglio di Stato, sez. IV, 24 maggio 2013 n. 2832 e sez. VI 19/6/2017 n. 2977.
[2] TAR Toscana, sez. I, 26 ottobre 2015, n. 1446.
[3] Consiglio di Stato, sez. III, 7 marzo 2014, n. 1072.
[4] Con le sentenze richiamate la Corte europea ha sancito la contrarietà rispetto alle norme comunitarie della disposizione nazionale che vieti, in via generale, agli operatori economici che partecipano ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di avvalersi, per una stessa categoria di qualificazione, delle capacità di più imprese: «È pertanto d’uopo considerare che la direttiva 2004/18 consente il cumulo delle capacità di più operatori economici per soddisfare i requisiti minimi di capacità imposti dall’amministrazione aggiudicatrice, purché alla stessa si dimostri che il candidato o l’offerente che si avvale delle capacità di uno o di svariati altri soggetti disporrà effettivamente dei mezzi di questi ultimi che sono necessari all’esecuzione dell’appalto. 34. Un’interpretazione del genere è conforme all’obiettivo dell’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile, obiettivo perseguito dalle direttive in materia a vantaggio non soltanto degli operatori economici, ma parimenti delle amministrazioni aggiudicatrici (v., in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2009, CoNISMa, C‑305/08, Racc. pag. I‑12129, punto 37 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 33 e 37 delle sue conclusioni, essa è anche idonea a facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, cui tende altresì la direttiva 2004/18, come posto in rilievo dal considerando 32.».
[5] Si veda TAR Catania, 7 aprile 2016, n. 984.
[6] Cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 29 dicembre 2010, n. 9577.
[7] AVCP, Determinazione n. 2 del 1/8/2012.
[8] Consiglio di Stato, sez. IV, 4/12 2017, n. 5687; id., sez. VI, 5/1/2015, n. 18; id., sez. V, 18/2/2013, n. 965.
[9] Consiglio di Stato, sez. V, 18/2/2013, n. 965. V. anche L. Tringali, L’avvalimento nel nuovo Codice dei contratti pubblici in www.appaltiecontratti.it
[10] Cfr. sul punto Consiglio di Stato, sez. V, 20 giugno 2011, n. 3698; TAR Lazio, Roma, sez. II, 22 maggio 2008, n. 4820; Parere AVCP dell’11/11/2009 n. 34.
[11] Consiglio di Stato sez. III 5/3/2018 n. 1339.
[12] Consiglio di Stato, V, 28 aprile 2014, n. 2200, 17 marzo 2014, n. 1327.