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( votes)Il mercato europeo UE: principi e garanzie
L’apertura dei mercati europei e dei mercati oltre frontiera ha provocato un sempre più crescente scambio internazionale di beni con conseguente crescita del PIL in ogni paese. Lo scambio delle imprese e l’insediamento in diversi territori porta di fatto ad una notevole circolazione di ricchezza.
La comunità europea in primis, per favorire questo flusso ed in un certo senso per proteggerlo, ha emanato diverse direttive che sono state, successivamente, recepite da ciascuno ordinamento. Scopo comune delle direttive è quello di assicurare che l’aggiudicazione degli appalti negli stati membri per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e di altri organismi di diritto pubblico, sia subordinata al rispetto dei principi del trattato ed in particolare ai principi della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, nonché ai principi che ne derivano, quali quello di parità di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalità e trasparenza.
Gli appalti, svolgendo un ruolo fondamentale nell’economia pubblica, permettono la creazione di un mercato tenace e multiforme, costituiscono uno degli strumenti necessari per la realizzazione degli obiettivi prefissati dalla Comunità Europea, pertanto la politica in materia di appalti deve garantire il più efficiente uso dei fondi pubblici e l’apertura a livello UE dei mercati degli appalti. Nonostante la “crisi economica mondiale” che ha portato alcuni stati a “rettificare” il loro bilancio e a superare momenti di grave difficoltà, gli stati membri sfidano ambiziosamente tale momento cercando di realizzare un mercato europeo di appalti funzionale ed efficiente.
L’attuale generazione delle direttive rappresenta l’ultima fase di un excursus evolutivo iniziato nel 1971: attraverso queste procedure trasparenti e non discriminatorie le direttive hanno avuto l’intento di assicurare che gli operatori economici beneficiassero appieno delle libertà fondamentali nel campo degli appalti pubblici.
Le direttive vigenti contengono inoltre una serie di obiettivi precisi (quali la tutela dell’ambiente, la lotta contro la corruzione e contro la discriminazione) che vengono perseguiti a livello comunitario creando un mercato facilmente accessibile da parte degli offerenti. Ad essi si deve dare la possibilità di competere in condizioni di parità, evitando distorsioni di concorrenza, creando anzi, diverse situazioni di forte competizione nelle gare pubbliche.
Allo stesso modo è necessario semplificare normativamente e burocraticamente le procedure di appalto, rendendole più flessibili con misure di semplificazione specifiche.
Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero evitare di indire gare per le quali è prevista una partecipazione limitata a pochi operatori di mercato.
In questo si provocherebbe il consolidamento di strutture oligopolistiche che renderebbero quasi impossibili i nuovi accessi al mercato con la grave conseguenza che, l’amministrazione aggiudicatrice, si ritroverebbe con un fornitore assolutista in grado di dettare condizioni e prezzi dell’appalto. Ne consegue che per una leale concorrenza, l’amministrazione dovrebbe conoscere perfettamente il mercato sul quale effettuare il proprio acquisto, dovrebbe impegnarsi a studiare in maniera analitica la struttura e la conformazione dello stesso.
Un così oneroso impegno dovrebbe trovare impiego solo per appalti di valore elevato, capaci di apportare un notevole potenziale economico sulla struttura del mercato stesso.
L’art. 47 del Codice degli appalti: la partecipazione delle imprese straniere
Le direttive sui contratti pubblici 2004/17/CE e 2004/18/CE sono state recepite dal nostro ordinamento attraverso il D.lgs 163/2006 e l’art. 47[1] nello specifico, disciplina la possibile partecipazione alle gare di appalto indette in Italia degli economic operators.
Il succitato articolo, al comma 1, stabilisce che ad appalti pubblici indetti in Italia possano partecipare imprese stabilite in altri stati aderenti all’UE; imprese degli stati firmatari dell’accordo concluso a Marrakech il 15 Aprile del 1994 che istituisce l’organizzazione mondiale del commercio e stati che, in base a norme di diritto internazionale o in base ad accordi bilaterali siglati con l’UE o con l’Italia consentano alle imprese italiane la partecipazione ad appalti pubblici in condizioni di reciprocità.
Il secondo comma dell’art. 47 recita che la qualificazione non è condizione obbligatoria per la partecipazione alla gara per gli operatori economici di cui al comma 1. Dette imprese si qualificano alla singola gara producendo documentazione fedele alle normative vigenti nei rispettivi paesi, idonea a dimostrare il possesso di tutti i requisiti prescritti per la qualificazione e partecipazione alle gare. Tuttavia devono essere fornite tutte le garanzie all’amministrazione relative al possesso delle competenze e capacità richieste per una conduzione e realizzazione a regola d’arte del lavori, servizi e forniture.
Diversamente accade per l’impresa extracomunitaria non destinataria del comma 1 dell’art. 47 D.lgs. 163/2006, la quale non può partecipare agli appalti pubblici comunitari né direttamente nè in qualità di impresa ausiliaria di ditta comunitaria concorrente. Non sussiste nemmeno per tale impresa il diritto di avvalersi della norma “automaticamente” che esiste invece nei riguardi dell’operatore comunitario, con la quale si può chiedere la disapplicazione della normativa nazionale contrastante con quella comunitaria e l’applicazione diretta della norma comunitaria c.d. “direttamente esecutiva”.
Proprio in virtù di quanto stabilito dal comma 2 dell’articolo succitato, la comunità europea in cooperazione con l’Autorità di Vigilanza ha creato un nuovo sistema informativo europeo denominato e-Certis, messo a disposizione per tutti gli stati membri. In questo sistema sono presenti tutte le informazioni relative ai documenti richiesti da ogni stato membro per la partecipazione alle gare di appalto. Il sistema è idoneo sia per gli operatori economici che facilmente vengono a conoscenza della documentazione obbligatoria per la partecipazione alle gare, sia per le amministrazioni aggiudicatrici che verificano agevolmente la conformità della documentazione presentata dalle imprese.
L’accordo di Marrakech: la disciplina per le imprese extracomunitarie
Diversa disciplina si attua per le imprese straniere non facenti parte della comunità europea (ma comprese nell’elenco WTO Members) per le quali la normativa di riferimento è l’accordo sugli appalti pubblici[2] concluso a Marrakech nel 1994. Tale accordo nasce dall’esigenza di creare un quadro dai molteplici aspetti che accolga diritti e obblighi nascenti da leggi, regolamenti e direttive, per creare una notevole espansione del mercato mondiale abbattendo qualsiasi frontiera limitativa. E’cristallizzato nell’accordo lo stesso obiettivo delle direttive comunitarie: garantire massima trasparenza delle operazioni e non creare nessuna discriminazione nel mercato. Per far fronte a questo obiettivo, è stato ravvisato il bisogno di designare le procedure internazionali di notifica, consultazione, sorveglianza e composizione delle controversie, in questo modo risulterebbe meno complesso attuare efficacemente le disposizioni internazionali concernenti gli appalti pubblici e si manterrebbe il maggior equilibrio possibile tra diritti e obblighi.
L’accordo non ha omesso di tener presente le esigenze di sviluppo dei territori e i bisogni finanziari dei Paesi in via di sviluppo, agevolando normativamente gli stati meno progrediti.
Gli “economic operators” appartenenti alla black list: brevi cenni sul decreto 14.12.2010 del MEF.
Novità normativa di recente introduzione riguarda proprio la partecipazione di imprese transfrontaliere aventi sede in paesi black list. L’esigenza di disciplinare questa “particolare” partecipazione alle gare in Italia nasce dal fatto che le società concorrenti appartengono a paesi le cui legislazioni non garantiscono trasparenza normativa rispetto alla legge italiana.
Per proteggere il mercato, il decreto 14.12.2010 del Ministero dell’economia e delle finanze[3] ha previsto che gli economic operators dei paesi le cui legislazioni non garantiscono adeguata trasparenza societaria, per poter rivaleggiare in Italia, dovranno consegnare una serie di documenti integrativi a quelli normalmente richiesti. Dovranno fornire una documentazione suppletiva per ricevere il “nulla osta”, una sorta di autorizzazione che ha validità annuale ed è assoggettata a controlli “a campione” da parte del ministero vigilante.
In concreto le aziende, site nei paesi appartenenti alla black list, qualora decidessero di concorrere alle gare indette in Italia dovranno “palesarsi” indicando: atto costitutivo e autorizzazioni, generalità e ragione sociale, sedi e sede amministrativa, oggetto sociale, scritture contabili etc.
Questa documentazione dovrà essere allegata alla domanda di partecipazione presentata direttamente al Mef.
Il fine ultimo di questa procedura è quello di non discriminare le altre imprese che appartengono invece ai paesi così detti white list per i quali è comunque richiesta specifica documentazione che dovrebbe configurarsi come una sorta di “radiografia” della società.
Articolo 47 (Operatori economici stabiliti in Stati diversi dall’Italia)
(art. 20 septies, d.lgs. n. 190/2002)
1. Agli operatori economici stabiliti stabilite negli altri Stati aderenti all’Unione Europea, nonché a quelle stabilite nei Paesi firmatari dell’accordo sugli appalti pubblici che figura nell’allegato 4 dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, o in Paesi che, in base ad altre norme di diritto internazionale, o in base ad accordi
bilaterali siglati con l’Unione Europea o con l’Italia che consentano la partecipazione ad appalti pubblici a condizioni di reciprocità, la qualificazione è consentita alle medesime condizioni richieste alle imprese italiane.
2. Per gli operatori economici di cui al comma 1, la qualificazione di cui al presente codice non è condizione obbligatoria per la partecipazione alla gara. Essi si qualificano alla singola gara producendo documentazione conforme alle normative vigenti nei rispettivi Paesi, idonea a dimostrare il possesso di tutti i requisiti prescritti per la qualificazione e la partecipazione degli operatori economici italiani alle gare. E’ salvo il disposto dell’articolo 38, comma 5.
[2] Concluso a Marrakech il 15 aprile 1994
Approvato dall’Assemblea federale l’8 dicembre 19942
Ratificato con strumento depositato dalla Svizzera il 19 dicembre 1995
Entrato in vigore per la Svizzera il 1° gennaio 1996
[3] Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze recante “Disposizioni concernenti i criteri di rilascio dell’autorizzazione prevista dall’articolo 37 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ai fini della partecipazione alla procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modificazioni” (pubblicato in GURI 25 febbraio 2011, n. 46).