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“Per ampliare la prospettiva su ciò che sta accadendo nel mondo, a volte è utile mettersi nei panni di extraterrestri intelligenti che osservino le stranezze di noi terrestri. Questi E.T. resterebbero allibiti nel vedere il paese più ricco e potente della storia del mondo mettersi alla testa dell’esercito che marcia verso l’abisso”. Questa fantasiosa, quanto significativa visione della realtà contemporanea vista dall’esterno, con gli occhi imparziali di chi non ci vive dentro e che invece ne è assuefatto, è opera di Noam Chomsky ed è stata pubblicata tempo fa sulla rivista Internazionale. L’insegnante di linguistica del Mit di Boston si riferiva a quanto accade negli Stati Uniti, ma è evidente che la responsabilità dell’inquinamento terrestre e degli effetti dei gas serra è da suddividere tra tutti, o quasi, i governi del pianeta.

Sono gli stessi che si incontrano, affrontano le emergenze, provano ad assumere impegni. In concreto però poco viene fatto per cambiare rotta, per promuovere leggi che sappiano davvero introdurre una strada alternativa a quella della produzione e dei consumi senza limiti. Leggi che dovrebbero impegnare i cittadini, i privati, ma soprattutto gli stessi governi, le pubbliche amministrazioni.

In questo senso è orientata l’Unione Europea. Con la Direttiva 2014/24 si impone agli stati membri di adeguare il codice degli appalti pubblici secondo un’impostazione eco sostenibile. Si interviene sul principio di assegnazione dell’appalto. L’offerta economicamente più vantaggiosa dovrà essere valutata non solo in termini di rapporto qualità/prezzo ma anche in relazione a criteri di tipo ambientale e/o sociale connessi al tipo di appalto. Nella procedure di assegnazione di lavori, forniture e servizi si dovrà tener conto dei costi del ciclo di vita dei beni oggetto dello stesso appalto. In questi costi, l’articolo 68 della Direttiva fa rientrare quelli connessi al consumo di energia o di altre risorse, costi di manutenzione, costi relativi al fine di vita e quindi di raccolta e di riciclaggio. Ma non basta perché alla lettera B dello stesso articolo si parla di “costi imputati a esternalità ambientali legate ai prodotti, servizi o lavori nel corso del ciclo di vita, a condizione che il loro valore monetario possa essere determinato e verificato; tali costi possono includere i costi delle emissioni di gas a effetto serra e di altre sostanze inquinanti nonché altri costi legati all’attenuazione dei cambiamenti climatici”.

Si va verso l’eco sostenibilità degli appalti pubblici, verso una maggiore responsabilizzazione delle Pubbliche Amministrazioni che per l’opinione pubblica, agli occhi dei cittadini devono apparire come fonti di benessere e risparmio e non di inutili sprechi.

Magari partendo da una Pubblica Amministrazione più ecologica riusciremo a creare i presupposti perché gli E.T. di Chomsky possano cambiare idea.

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Dott. Enzo de Gennaro
Direttore Responsabile
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.