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CENNI INTRODUTTIVI

L’art. 2 della L. n. 136/2010 ha delegato al Governo l’emanazione di nuove disposizioni in tema di documentazione antimafia e di divieto di contrarre con la pubblica amministrazione.

La delega è stata attuata con il D.Lgs. n. 159/2011, recante il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché, per l’appunto, nuove norme in tema di documentazione antimafia.

Poiché la disciplina sulla prevenzione della delinquenza di stampo mafioso ha portata più ampia rispetto al D.Lgs. n. 163/2006, inerendo a qualsiasi contratto con la pubblica amministrazione ed anche ad atti non contrattuali (quali concessioni, licenze, autorizzazioni, etc.), la riforma introdotta in materia verrà esaminata limitatamente alle disposizioni che assumono rilevanza nei pubblici appalti.

Così inquadrato l’argomento, giova premettere che il corpo normativo del D.Lgs. n. 159/2011 si articola in due “libri”.

Il libro I, dedicato alle misure di prevenzione ed agli effetti che ne derivano sotto il profilo della capacità a contrarre con la p.a., è entrato in vigore il 13 ottobre 2011.

Il libro II, che detta norme sulla documentazione antimafia (artt. 82-95), entrerà in vigore decorsi ventiquattro mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del regolamento (ovvero, quando più di uno, dell’ultimo dei regolamenti) di disciplina della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia. Poiché tali regolamenti dovranno essere adottati entro sei mesi dalla vigenza del D.Lgs. n. 159/2011 (13 ottobre 2011), la disciplina contenuta nel libro II non diverrà efficace prima di trenra mesi dall’entrata in vigore dello stesso D.Lgs. n. 159/2011. Nel frattempo, continueranno ad applicarsi le disposizioni anteriori.[1]

Il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione

La nuova disciplina degli effetti conseguenti alla pendenza del procedimento di prevenzione, oppure all’applicazione, da parte dell’autorità giudiziaria, delle misure di prevenzione personale definitiva, è contenuta nell’art. 67 del D.Lgs. n. 159/2011.[2]

Per quanto rileva ai fini dei pubblici appalti, occorre distinguere tra effetti discendenti dalla misura di prevenzione irrogata con provvedimento definitivo del giudice ed effetti correlati alla mera pendenza del procedimento di prevenzione.

Quanto al primo profilo, le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo del giudice una delle misure di prevenzione personale previste dal libro I, titolo I, capo II (ovvero la sorveglianza speciale, l’obbligo e divieto di soggiorno) non possono conseguire:

– concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici;

– iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione;

– attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici.[3]

Quanto all’ulteriore aspetto, viene in evidenza l’art. 38, comma 1, lett. b), codice appalti, secondo cui la pendenza del procedimento di prevenzione (per misura di prevenzione personale irrogata dal giudice) comporta l’esclusione dalla partecipazione alle gare d’appalto.

Sin qui, la nuova disciplina si limita a riprodurre quella previgente.[4]

E’ innovativa, invece, l’estensione del divieto a contrarre con le p.a. a persone conviventi con il prevenuto e a imprese, associazioni, società o consorzi di cui il prevenuto sia amministratore o comunque soggetto determinante di scelte ed indirizzi. Detta estensione, infatti, non è più automatica, come in passato, essendo stata prevista la possibilità di un contradditorio con gli interessati, che potrebbe anche sfociare in una non estensione.[5]

Resta fermo che, come in base alla precedente regolamentazione il divieto a contrarre con le p.a. si estendeva alle categorie di soggetti sopra indicate in forza di un provvedimento vincolato adottato dal tribunale[6], anche la nuova disciplina prevede che il tribunale disponga che detto divieto operi nei confronti di chiunque conviva con la persona sottoposta alla misura di prevenzione, nonché nei confronti di imprese, associazioni, società o consorzi di cui la persona sottoposta alla misura di prevenzione sia amministratore o sia comunque determinante nelle scelte e negli indirizzi. La novità, come detto, riguarda la circostanza che il tribunale ora decide in ordine alla suddetta estensione solo all’esito del contradditorio con gli interessati.

Innovativa è anche la previsione che istituisce l’elenco generale degli enti e delle amministrazioni, da costituirsi con D.P.C.M. d’intesa con tutti i Ministri interessati, al fine di consentire alle amministrazioni abilitate al rilascio di concessioni, iscrizioni e attestazioni, di conoscere l’esistenza delle misura di prevenzione e dei connessi procedimenti.[7]

La documentazione antimafia

La nuova disciplina in materia di informazioni e comunicazioni antimafia, come già osservato, è destinata ad entrare in vigore decorsi 24 mesi dalla pubblicazione del regolamento relativo alla banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, a sua volta da adottarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 159/2011.

Come nel regime anteriore, per documentazione antimafia s’intende sia la comunicazione antimafia che l’informazione antimafia.[8]

La prima, consiste nell’attestazione in ordine alla sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, sospensione o divieto di cui all’art. 67 del D.Lgs. n. 159/2011: si tratta, in altre parole, dell’attestazione dalla quale risulti che è stata irrogata con provvedimento definitivo una misura di prevenzione personale di competenza del giudice, oppure che pende il relativo procedimento.[9]

L’informativa antimafia differisce dalla prima perché si traduce non solo nell’attestazione circa la sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, sospensione o divieto di cui all’art. 67 del D.Lgs. n. 159/2011, ma anche in quella vertente sulla sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate.[10] [11]

Ulteriori tratti distintivi delle due tipologie di documentazione antimafia afferiscono all’ambito oggettivo di applicazione e al requisito di validità temporale.

Infatti, mentre l’informazione antimafia riguarda – come nella disciplina previgente – solo i contratti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria, per quelli di importo inferiore è richiesta unicamente la comunicazione antimafia. Ne consegue che l’informazione relativa ai tentativi di infiltrazione mafiosa non occorre per i contratti di importo inferiore alla soglia di rilevanza europea.[12]

Per quanto attiene alla validità temporale, essa è circoscritta ad un periodo di sei mesi dalla data del rilascio per la comunicazione antimafia, mentre è estesa innovativamente ad un anno per la informazione antimafia.

In linea, ancora una volta, con quanto stabilito dalla precedente disciplina, la documentazione antimafia deve essere acquisita prima di stipulare, approvare o autorizzare contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare (o consentire) iscrizioni in albi di appaltatori, attestazioni di qualificazione, concessioni di costruzione e gestione di opere pubbliche, concessioni di servizi pubblici.[13]

Venendo ai soggetti tenuti ad acquisire la documentazione antimafia, essi, come per il passato, sono le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico, nonché i concessionari di opera pubblica. A tale elencazione, il D.Lgs. n. 159/2011 (art. 83, commi 1 e 2) aggiunge le p.a. costituite in stazioni uniche appaltanti e i contraenti generali.

In definitiva, e a completamento della sintetica ricognizione del quadro normativo, si richiamano i seguenti principi fondamentali:

  • la documentazione antimafia è condizione necessaria per la stipulazione del contratto o del subcontratto e, dunque, deve essere acquisita nei confronti non di tutti i concorrenti, bensì solo dell’aggiudicatario e dei subappaltatori;
  • l’aver riportato una misura di prevenzione personale irrogata dal giudice o l’essere sottoposto al relativo procedimento configura – come già ricordato – motivo ostativo alla partecipazione alle gare pubbliche.

La banca dati nazionale unica della documentazione antimafia

La banca dati nazionale unica della documentazione antimafia è consultabile al fine di verificare la sussistenza o meno di un provvedimento giudiziale di applicazione definitiva di una misura di prevenzione personale, la pendenza del relativo procedimento, oppure la sussistenza o meno di un tentativo di infiltrazione mafiosa.

A tal fine, la banca dati contiene le comunicazioni e le informazioni antimafia ed è collegata telematicamente con il Centro elaborazione dati di cui all’art. 8, L. n. 121/1981.[14]

La banca dati in questione non è ancora operativa, essendo demandato ad uno o più regolamenti, da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 159/2011 (termine peraltro non perentorio), di disciplinarne le modalità di funzionamento, accesso e consultazione.


[1] D.Lgs. n. 490/1994, D.P.R. n. 252/1998, D.P.R. n. 150/2010.

[2] Detta disciplina, tuttavia, non opera con riguardo ai procedimenti per i quali, alla data del 13 ottobre 2011, sia già stata formulata proposta applicativa della misura di prevenzione. In tali casi, continuano ad applicarsi le norme previgenti, ovvero quelle compendiate nella L. n. 575/1965.

[3] Art. 67, comma 1, lett. c), d), e), D.Lgs. n. 159/2011.

[4] Si rammenta, per esigenze di completezza, che il divieto di contrarre con le p.a. costituisce anche pena accessoria conseguente a determinate condanne penali, tra cui, oltre quelle per delitti contro la pubblica amministrazione e per delitti inerenti le gare di appalto, anche quelle per delitti di associazione per delinquere, associazione per delinquere di stampo mafioso, commessi in danno o in vantaggio di un’attività imprenditoriale o comunque in relazione ad essa (artt. 32 ter e 32 quater c.p.). A ciò l’art. 67, comma 8, D.Lgs. n. 159/2011 ha aggiunto che il divieto a contrarre con le p.a. si applica anche nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in grado di appello, per uno dei delitti di cui all’art. 51, comma 3 bis, c.p.p. La condanna per reati inerenti la criminalità organizzata o l’applicazione delle relative misure di prevenzione è anche causa di risoluzione del contratto in corso, come previsto dall’art. 67, comma 32, D.Lgs. n. 159/2011 e ribadito dall’art. 135, codice appalti.

[5] L’ art. 67, comma 4, D.Lgs. n. 159/2011, invero, fa salvo il disposto di  cui all’art. 68, il quale, a sua volta, dispone che: a) Il tribunale, prima di adottare alcuno dei provvedimenti di estensione, chiama, con decreto motivato, ad intervenire nel procedimento le parti interessate, le quali possono, anche con l’assistenza di un difensore, svolgere in camera di consiglio le loro deduzioni e chiedere l’acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione; b) i provvedimenti di estensione possono essere adottati, su richiesta del procuratore della Repubblica, del direttore della Direzione investigativa antimafia o dal questore, quando ne ricorrano le condizioni, anche dopo l’applicazione della misura di prevenzione. Sulla richiesta provvede lo stesso tribunale che ha disposto la misura di prevenzione, con le forme previste per il relativo procedimento e rispettando il contradditorio con gli interessati.

[6] Art. 10, comma 4, L. n. 575/1965.

[7] Art. 69, D.Lgs. n. 159/2011.

[8] Art. 84, comma 1, D.Lgs. n. 159/2011.

[9] Art. 84, comma 2, D.Lgs. n. 159/2011.

[10] Art. 84, comma 3, D.Lgs. n. 159/2011.

[11] Il D.Lgs. n. 159/2011 indica in dettaglio gli elementi valutativi da cui trarre l’informazione prefettizia (artt. 84, comma 4, 91, comma 6). Innovative, al riguardo, sono sia l’introduzione di elementi indiziari diversi ed ulteriori rispetto a quelli prefigurati nel regime antecedente (cfr. lett. c, f dell’art. 84, comma 4, art. 91, commi 5 e 6), sia la previsione di altri titoli di reato rilevanti, dai quali cioè desumere l’informativa, in particolare quelli puniti dagli artt. 353, 353 bis, 640 bis c.p., 12 quinques D.L. n. 306/1982.

[12] La documentazione antimafia non è in ogni caso richiesta per i contratti il cui valore complessivo non superi 150.000 euro (art. 83, comma 3, D.Lgs. n. 159/2011).

[13] Art. 83, comma 1, D.Lgs. n. 159/2011.

[14] Artt. 96, comma 2, 98, comma1, D.Lgs. n. 159/2011.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Giangiuseppe Baj
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica.
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