Sending
Questo articolo è valutato
0 (0 votes)

Premessa

L’art. 6, comma 4, del D.L. n. 145/2013[1], convertito in legge proprio nelle ore in cui il presente contributo veniva chiuso[2], prevede un ben strano rinvio, con effetto retroattivo, all’entrata in vigore della tanto discussa norma sancita dall’art. 11, comma 13 del D. Lgs. n. 163/2006, come novellata nel 2012[3], in base alla quale sono nulli i contratti pubblici stipulati in forma differente rispetto a quelle ivi elencate, riconducibili sostanzialmente alla modalità elettronica.

Come si ricorderà, la modifica all’art. 11 ha letteralmente suscitato un vespaio di opinioni in totale contrasto tra loro, il che ha reso difficilissima la vita degli operatori del settore in quest’ultimo anno e mezzo.

Il rinvio “postumo” dell’entrata in vigore della citata norma, intervenuto abbondantemente dopo la sua “prima” entrata in vigore, se da un lato evidentemente non favorisce la certezza del diritto né il perseguimento delle finalità che il legislatore si prefiggeva con tale novella, dall’altro può sicuramente contribuire a chiarire alcuni, almeno, dei punti oscuri dell’art. 11 modificato, che tanto hanno afflitto gli studiosi della materia.

Problematiche interpretative dell’art. 11, comma 13 del Codice

Può essere utile ricordare i termini della diatriba sorta attorno all’art. 11, comma 13 del Codice dei contratti pubblici.

L’art. 6 del D.L. n. 179/2012 modificava il citato comma 13 nel seguente modo: “il contratto è stipulato, a pena di nullità, con atto pubblico notarile informatico, ovvero, in modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, in forma pubblica amministrativa a cura dell’Ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice o mediante scrittura privata”[4]. La norma in questione è entrata in vigore il 1° gennaio 2013.

Se nel testo previgente veniva fatto un mero elenco delle possibili forme in cui stipulare un contratto di appalto di lavori, servizi o forniture, tra le quali vi era anche l’innovativa “forma elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante”, il testo novellato introduce, intanto, la sanzione della nullità in caso di mancato rispetto delle forme ivi indicate e, in secondo luogo, individua la modalità elettronica, non semplicemente come una delle possibili forme utilizzabili ma come l’unica modalità possibile attraverso la quale stipulare – dinanzi ad un notaio o ad un ufficiale rogante della pubblica amministrazione – un contratto pubblico e, secondo un’interpretazione più ampia, anche una scrittura privata.

Le diverse posizioni a confronto. La tesi dell’AVCP

Sulla formulazione della novella normativa, effettivamente piuttosto infelice, si sono susseguite innumerevoli interpretazioni differenti, provenienti in taluni casi da fonti autorevoli, come ad esempio l’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici.

Con determinazione n. 1 del 13 febbraio 2013, infatti l’AVCP chiarisce, innanzitutto, l’intento del legislatore quando afferma che “la ratio della novella è agevolmente rinvenibile nell’intento di estendere al settore dei contratti pubblici, soggetti alla disciplina del Codice, l’utilizzo delle modalità elettroniche di stipulazione in linea con le misure di informatizzazione pubblica e progressiva dematerializzazione dei procedimenti amministrativi adottate nel più ampio quadro dell’Agenda Digitale.”

L’Autorità implicitamente riconosce l’infelicità della formulazione della norma e cerca di porvi rimedio dettando alcune indicazioni interpretative “in attesa di un pur auspicabile chiarimento normativo”. L’AVCP parte da un presupposto già chiarito in precedenza[5], ossia che la disciplina generale della forma dei contratti pubblici è contenuta nella legge generale di contabilità dello Stato[6], agli articoli 16, 17 e 18, tuttora in vigore, i quali, pertanto, in quanto norme generali, disegnano un sistema applicabile a tutti i contratti pubblici. Di conseguenza, l’art. 11 del Codice dei Contratti, configurabile come disposizione a carattere speciale perché riferita all’ambito oggettivo di applicazione del Codice medesimo, si limita ad elencare tutte le possibili forme del contratto di appalto.

L’Autorità, entrando nel merito dell’interpretazione della norma novellata ed applicando il criterio interpretativo letterale, ritiene che l’obbligo di stipula in forma elettronica parrebbe circoscritto alla stipulazione in forma pubblica amministrativa, non essendovi una analoga specificazione con riguardo all’utilizzo della scrittura privata, nei casi in cui detto utilizzo è consentito. Si legge infatti nella determinazione: “la presenza della congiunzione avversativa “o”, prima dell’espressione “mediante scrittura privata”, non depone nel senso di poter ritenere estendibile l’inciso “in modalità elettronica” anche alla stipulazione per scrittura privata. A corroborare tale interpretazione concorre il fatto che la modalità elettronica debba avvenire “secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante”: detta specificazione sembra logicamente riferita alla sola forma pubblica amministrativa, per la quale l’intervento dell’Ufficiale rogante della stazione appaltante lascia presupporre una specifica disciplina di dettaglio, prevista da ciascuna amministrazione, per la stipula dei contratti allo stesso demandata”.
Tale posizione, ad avviso dell’AVCP, sarebbe confermata dal fatto che, in caso di scrittura privata, non interviene alcun pubblico ufficiale rogante in grado di accertare la validità dei certificati di firma digitale o la provenienza dalle parti della sottoscrizione autografa scansionata ed allegata all’eventuale file del contratto e troverebbe anche conferma nella lettura dei lavori preparatori della legge di conversione del D.L. 179/2012[7].

In sintesi, secondo l’Autorità di vigilanza, la stipulazione del contratto rientrante nell’ambito di applicazione del Codice può assumere una delle seguenti forme: 1) atto pubblico notarile informatico, ai sensi della legge sull’ordinamento del notariato e degli archivi notarili[8]; 2) forma pubblica amministrativa, con modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, a cura dell’Ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice; 3) scrittura privata, per la quale resta ammissibile la forma cartacea.

La posizione del Ministero delle Infrastrutture

Il Ministero delle Infrastrutture, Servizio Contratti, con parere rilasciato in risposta al quesito n. 4185 richiesto il 17.01.2013, lapidariamente ed in barba alla posizione dell’AVCP, sentenzia invece che “solo l’atto pubblico notarile deve essere redatto in forma informatica a pena di nullità. L’atto pubblico amministrativo deve essere predisposto in modalità elettronica ‘secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante’; ove tali norme lo prevedano, è dunque possibile utilizzare il supporto cartaceo in luogo della forma elettronica”.

Il Ministero dà quindi primario rilievo all’autoregolamentazione di ciascuna stazione appaltante, la quale, in ipotesi, potrebbe anche prevedere il generalizzato e perdurante impiego della forma cartacea, facoltizzando l’obbligo della forma elettronica previsto dalla norma ed, in concreto, vanificando la sanzione di nullità introdotta con la novella.

Tale interpretazione non convince proprio perché renderebbe di fatto priva di reale forza precettiva l’introdotta sanzione di nullità e lascerebbe priva di senso la stessa modifica normativa.

Il parere della Presidenza del Consiglio dei Ministri

Il 28 febbraio 2013, ossia poco dopo la determinazione dell’AVCP, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in risposta ad un quesito formulato dall’ANCE, si è così espressa: “la norma in esame prescrive l’utilizzo del documento informatico non solo per la validità dei contratti rogati con atto pubblico notarile, ma anche di quelli stipulati con atto pubblico amministrativo o con scrittura privata. Pertanto, la forma elettronica del contratto non va considerata come modalità alternativa rispetto all’atto pubblico amministrativo o alla scrittura privata redatti in forma cartacea, ma indica l’unica forma scritta richiesta a pena di nullità per tutti i contratti pubblici in questione”.

In altri termini, la Presidenza accoglie l’interpretazione più innovativa ed ampia della norma, affermando altresì che un’interpretazione differente si baserebbe su una lettura meramente formalistica della disposizione, che trascura del tutto l’inequivocabile elemento di novità rappresentato dall’introduzione della sanzione della nullità per tutti i contratti non stipulati in forma elettronica.

Rispetto alla posizione dell’AVCP, la Presidenza include tra i contratti da stipularsi obbligatoriamente in forma elettronica anche la scrittura privata.

L’intervento della Corte dei Conti

Con la deliberazione n. 91 del 18 marzo 2013, la Corte del Conti, sezione di controllo per la Lombardia, ha mescolato nuovamente le carte in tavola offrendo una differente – ancora! – interpretazione alla disposizione in esame.

Innanzitutto i giudici contabili ripercorrono la storia della normativa in tema di contratti pubblici ribadendo quanto già affermato dall’Autorità di vigilanza in tema di ambito di applicazione dell’art. 11 del Codice dei contratti. Detto ciò, la Corte afferma che la novella normativa introduce nuove modalità di stipula, che si aggiungono, senza eliminarla, alla già prevista forma scritta cartacea.

“Accanto alla forma scritta – si legge nella deliberazione – tipica della forma pubblica amministrativa e della scrittura privata, la legge prescrive la forma digitale per l’atto pubblico notarile (informatico), nonché la modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante”. Sono quindi introdotte nuove forme di stipula ad substantiam che si aggiungono a quella scritta cartacea che non deve – ad avviso della Corte – considerarsi soppressa. Di più: la Corte ritiene che la stipulazione in modalità elettronica debba avvenire solo se essa è prevista quale metodologia esclusiva da specifiche norme di legge o di regolamento applicabili alla stazione appaltante.

Anche tale interpretazione non convince. In particolare, parrebbe che l’applicazione in via obbligatoria della modalità elettronica sia rinviata all’introduzione di nuove ed ulteriori “specifiche norme di legge o di regolamento”, ancora da venire, applicabili alle stazioni appaltanti. In realtà, la normativa sul tema esiste da tempo ed è il Codice dell’amministrazione digitale, già immediatamente applicabile a tutte le stazioni appaltanti, le quali potranno poi darsi una propria disciplina di dettaglio per regolamentare in concreto il funzionamento dell’impiego della modalità elettronica. Tuttavia, l’attesa di tale disciplina di dettaglio non può tradursi in un rinvio (sine die) dell’applicazione del già vigente obbligo di stipula in forma elettronica.  

Il rinvio dell’entrata in vigore introdotto dal Decreto n. 145/2013

Come accennato in premessa, il decreto legge n. 145/2013 sposta in avanti la data di entrata in vigore (già superata perché era stata originariamente fissata al 1° gennaio 2013!) della nuova disposizione in tema di forma della stipula dei contratti pubblici. Più precisamente, i contratti da stipularsi in forma pubblica amministrativa devono obbligatoriamente avere forma elettronica a partire dal 30 giugno 2014, mentre le scritture private a partire dal 1° gennaio 2015.

Pur se non si parla espressamente di obbligo di stipula nella forma prevista dall’art. 11, comma 13 novellato, il legislatore, con tale rinvio, ha voluto implicitamente dire che tale obbligo sussisteva e che, a fronte del disagio dallo stesso causato alle stazioni appaltanti, molte delle quali non erano ancora sufficientemente attrezzate per gestire tali novità, si è ritenuto necessario spostare in avanti la data a partire dalla quale tale obbligo sarà nuovamente operante. 

Alcune considerazioni sorgono spontanee.

In primo luogo, il fatto che si faccia riferimento espresso all’entrata in vigore della norma (con data differenziata) per le scritture private avvalla con decisione l’interpretazione più estensiva ed innovativa dell’art. 11 novellato data dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, secondo cui la modalità elettronica diventa l’unica forma di stipula valida, a pena di nullità, per tutti i contratti rientranti nell’ambito di applicazione del Codice, sia quelli in forma pubblica amministrativa che le scritture private.

Ancora, il rinvio dell’entrata in vigore di tale obbligo intervenuto in un momento in cui l’obbligo medesimo era già scattato comporta necessariamente che tutti i contratti stipulati in forma cartacea dal 1° gennaio 2013 sino al 24 dicembre 2013, momento dell’entrata in vigore del D.L. n. 145, siano fatti salvi. In altre parole, anche se il legislatore non ne fa espressa menzione è stata, in tal modo, approvata una sanatoria di tutti gli atti stipulati in difformità al precetto normativo, superando così la grave sanzione di nullità che, nell’incertezza interpretativa dei mesi scorsi, ha tanto preoccupato le stazioni appaltanti ed, in molti casi, ne ha paralizzato a lungo l’azione.

Il problema delle stazioni appaltanti è stato infatti per lo più di ordine pratico. Molte di esse, in particolare quelle di piccole dimensioni – si pensi ai piccoli Comuni – non erano, ed in alcuni casi, non sono ancora attrezzate per impiegare la modalità elettronica nella stipula dei contratti, il che non significa soltanto dotare i propri rappresentanti e i propri ufficiali roganti degli appositi dispositivi per la firma digitale ma comporta, anche e soprattutto, l’allestire un sistema di conservazione sostitutiva a norma dei documenti in formato digitale che sia in grado di permetterne la lettura anche tra svariati anni, quando presumibilmente saranno totalmente differenti sia i software in uso che i supporti hardware[9]. Tali difficoltà hanno spinto molte stazioni appaltanti e le loro organizzazioni rappresentative ad insistere perché venisse approvata la proroga e, soprattutto, la sanatoria ai contratti già stipulati a partire dalla prima entrata in vigore della novella.

Un’ultima considerazione riguarda la ratio della modifica normativa all’art. 11. Viene – a parere di chi scrive – confermato che l’originaria volontà del legislatore fosse proprio quella di spingere sull’acceleratore della informatizzazione della pubblica amministrazione e sulla dematerializzazione dei documenti amministrativi, che sono le finalità da lungo tempo perseguite attraverso una molteplicità di interventi normativi. Introdurre l’obbligo per le stazioni appaltanti di usare la modalità elettronica di stipula dei contratti era in linea con tale finalità posto che quantomeno gli enti pubblici dovevano essere i primi a dare il buon esempio e garantire la concreta attuazione di tali disposizioni. Le interpretazioni “conservatrici” date alla novella hanno di fatto vanificato la volontà del legislatore.

Le novità in tema di accordi tra pubbliche amministrazioni

Il D.L. n. 145/2013 ha, per la verità, introdotto un’altra proroga riguardante, questa volta, gli accordi tra le pubbliche amministrazioni disciplinati dall’art. 15 della L. 241/1990.

Anche tali accordi erano stati interessati dall’introduzione dell’obbligo di stipula in forma elettronica a pena di nullità. In questo caso però la norma era stata formulata in modo chiaro e non erano sorti tutti i dubbi interpretativi intervenuti invece per l’art. 11, comma 13 del Codice.

Con un riferimento piuttosto contorto al rinvio operato per i contratti dell’art. 11, il legislatore ha ora previsto uno slittamento al 30 giugno 2014 dell’entrata in vigore del suddetto obbligo anche per gli accordi in esame.

Conclusioni

In tale complicata vicenda emerge sicuramente il dato incontestabile della scarsa qualità della legislazione italiana sotto il profilo della tecnica legislativa. Lo dimostra, da un lato, l’incapacità di scrivere norme chiare. Si pensi a quante interpretazioni differenti sono proliferate su una norma di poche righe. Secondariamente, l’impiego della decretazione di urgenza per risolvere, o meglio per spostare in avanti la soluzione di un problema applicativo, mediante, tra l’altro, un rinvio del tutto irrituale che interviene dopo che la norma ha già prodotto effetti per un anno, è espressione della nota cattiva abitudine del legislatore italiano di intervenire con questo strumento pur in assenza dei presupposti richiesti dalla Costituzione, con tutti i rischi che ne conseguono in termini di provvisorietà della vigenza delle norme così introdotte, vigenza che potrebbe venir meno in caso di mancata conversione in legge del decreto o di modifica radicale dei suoi contenuti in sede di conversione.     


[1] L’art. 6, comma 6 del D.L. 145/2013 sostituisce il comma 4 dell’art. 6 del D.L. n. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221/2012, il quale a sua volta modificava l’art. 11, comma 13 del D. lgs. n. 163/2006: “All’articolo 6  del  decreto-legge  18  ottobre  2012,  n.  179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n.  221, il comma 4 e’ sostituito dal seguente:  «4. Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano  a  fare  data dal 30 giugno 2014  per  i  contratti  stipulati  in  forma  pubblica  amministrativa e a far data dal  1°  gennaio  2015  per  i  contratti stipulati mediante scrittura privata.».

[2] Il 27 febbraio 2014 il Senato ha approvato definitivamente la conversione in legge del decreto.

[3] A opera del citato art 6 del D.L. n. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221/2012 (vedi nota n. 1).

[4] Il testo prima della novella era il seguente: “Il contratto è stipulato mediante atto pubblico notarile, o mediante forma pubblica amministrativa a cura dell’ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice, ovvero mediante scrittura privata, nonché in forma elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante.

[5] Parere n. 43/2010 del 27.01.2011.

[6] R.D. 18 novembre 1923, n. 2440.

[7] Disegno di legge A.S. n. 3533 “Conversione in legge  del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante ulteriori misure urgenti per  la crescita del Paese” Vol. II – Sintesi e schede di lettura, ottobre 2012, n.  397/II, pagg. 85-86.

[8] L. 16 febbraio 1913, n. 89 e s.m.i..

[9] Si pensi, banalmente al floppy disk, che fino a dieci anni fa era il supporto più diffuso per la conservazione dei dati. Ora i computer non hanno più neppure il dispositivo per consentirne la lettura.

Sending
Questo articolo è valutato
0 (0 votes)

Questo articolo è stato scritto da...

Dott.ssa Alessandra Verde
Referendaria consiliare presso il Consiglio regionale della Sardegna
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.