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Premesse

Il tema dell’affidamento degli incarichi professionali a personalità esterne alla Pubblica Amministrazione è di frequente oggetto di discussione in ambito giurisprudenziale oltrechè di prassi, con particolare attenzione agli incarichi legali conferiti ad avvocati del libero foro.

Prima di passare ad approfondire la normativa in materia, è opportuno richiamare i principi alla base di detto dibattito interpretativo.

Il conferimento di incarichi legali in favore di Pubblica Amministrazione vede da sempre, infatti, contrapposte due anime: da una parte la necessità di privilegiare il risparmio di spesa in osservanza dei principi costituzionali di buon andamento e trasparenza e dall’altra parte l’esigenza di instaurare con il professionista un rapporto fiduciario, tenendo conto della complessità della causa e della dovuta esperienza richiesta.

In termini generali, giova qui richiamare l’art. 7 del D.Lgs. n. 165/2001 s.m.i. (“Testo Unico sul Pubblico Impiego”) che al comma 6[1] consente alle Pubbliche Amministrazioni, in caso di carenza di risorse interne adeguate, di far ricorso a professionalità esterne per fronteggiare necessità temporanee relative ad attività non ordinarie.

Più specificamente, le Pubbliche Amministrazioni, al fine di affrontare situazioni per le quali le risorse al momento in servizio non dispongono delle adeguate tecnicalità e professionalità, possono conferire incarichi individuali a soggetti con comprovata esperienza e specializzazione.

In particolare, la giurisprudenza della Corte dei Conti (cfr. Corte dei Conti, Sezioni riunite in sede di controllo, deliberazione n. 6 del 15 febbraio 2005 – Relazione allegata), al fine di valutare la legittimità degli incarichi e delle consulenze esterne, ha elaborato i seguenti criteri:

  1. rispondenza dell’incarico agli obiettivi dell’Amministrazione;
  2. inesistenza, all’interno della propria organizzazione, della figura professionale idonea allo svolgimento dell’incarico, da accertare per mezzo di una reale ricognizione;
  3. indicazione specifica dei contenuti e dei criteri per lo svolgimento dell’incarico;
  4. indicazione della durata dell’incarico;
  5. proporzione fra il compenso corrisposto all’incaricato e l’utilità conseguita dall’amministrazione.

Come ha osservato sempre la giurisprudenza contabile, qualora manchino i suddetti requisiti, il relativo atto ci conferimento di incarico deve essere ritenuto antigiuridico e, quindi, produttivo di danno erariale (cfr. da ultimo Corte dei Conti, Sez. Regionale per il Controllo del Piemonte, 21 maggio 2012, n. 89).

In termini generali si anticipa che, con riferimento alle procedure per l’affidamento di detti incarichi, il legislatore nel comma 6-bis dell’art. 7 del Testo Unico sul Pubblico Impiego, data la necessità di assicurare l’attuazione del principio di trasparenza nel conferimento degli incarichi a soggetti estranei alle Pubbliche Amministrazioni, prevede l’obbligo per queste stesse di rendere pubbliche, secondo le formalità previste dai propri ordinamenti (nella forma del regolamento interno), le “procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione”.

BOX: Le PA, qualora le risorse in servizio non dispongano delle adeguate tecnicalità e professionalità, possono conferire incarichi individuali a soggetti con comprovata esperienza e specializzazione

1. I servizi legali

Data la possibilità per le Pubbliche Amministrazioni di ricorrere a professionisti esterni nei limiti indicati, il dibattito si è incentrato sulla distinzione tra incarichi professionali di consulenza e appalto di servizi: ancorchè nella pratica entrambe le fattispecie contrattuali possano sovrapporsi, in quanto hanno in comune l’esecuzione di servizi, sotto il profilo ordinamentale integrano istituti giuridici differenti nei presupposti, nell’esecuzione e nei limiti.

La questione della corretta individuazione della fattispecie di riferimento rileva, quindi, circa il regime da applicare ai fini dell’affidamento da parte dell’Amministrazione.

In termini generali la consulenza è assimilata al contratto d’opera intellettuale, artistica o artigiana, disciplinato dagli artt. 2222 e seguenti del codice civile, che si manifesta nell’esecuzione di un’obbligazione di mezzi o di risultato, frutto dell’elaborazione concettuale e professionale di un soggetto competente nello specifico settore di riferimento, senza vincolo di subordinazione e in condizioni di assoluta indipendenza; nel contratto di appalto, invece, l’esecutore si obbliga nei confronti del committente al compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro, con organizzazione dei mezzi necessari (di tipo imprenditoriale) e con assunzione di un’obbligazione di risultato, nonché del rischio in proprio dell’esecuzione della prestazione (cfr. Corte dei Conti, Sezione Lombardia n. 236/2013/PAR; Corte dei Conti, Sezione Puglia n. 63/2014).

Particolare rilievo ha assunto la tematica relativa all’affidamento dei servizi legali la cui disciplina nel D.Lgs. n. 163/2006 era collocata fra cd. contratti esclusi (appalti di servizi elencati nell’allegato II B), in tutto o in parte, dall’applicazione delle procedure a evidenza pubblica, da affidarsi secondo gli articoli 20 e 27 dello stesso D.Lgs. n.163/2006, ovvero «… nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. L’affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto. …».

Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016 (“Codice Appalti”), l’art. 17, comma 1, lettera d) con una portata innovativa elenca tra i settori esclusi i servizi legali e specifica l’esatta portata della categoria.

Fra i servizi legali sono infatti inclusi sia la rappresentanza legale sia la consulenza fornita in vista di un procedimento giurisdizionale, a prescindere dalla natura isolata ovvero sistematica dell’attività difensiva svolta in favore dell’Amministrazione.

Testualmente, il Codice Appalti all’articolo 17, comma 1 lettera d)in applicazione dell’articolo 10, lettera d) della direttiva 2014/24/UE elenca le fattispecie espressamente escluse dall’ambito di applicazione della disciplina codicistica ovvero:

1) rappresentanza legale di un cliente da parte di un avvocato ai sensi dell’articolo 1 della legge 9 febbraio 1982, n. 31, e successive modificazioni:

     1.1) in un arbitrato o in una conciliazione tenuti in uno Stato membro dell’Unione europea, un paese terzo o dinanzi a un’istanza arbitrale o conciliativa internazionale;

1.2) in procedimenti giudiziari dinanzi a organi giurisdizionali o autorità pubbliche di uno Stato membro dell’Unione europea o un Paese terzo o dinanzi a organi giurisdizionali o istituzioni internazionali;

2) consulenza legale fornita in preparazione di uno dei procedimenti di cui al punto 1), o qualora vi sia un indizio concreto e una probabilità elevata che la questione su cui verte la consulenza divenga oggetto del procedimento, sempre che la consulenza sia fornita da un avvocato ai sensi dell’articolo 1 della legge 9 febbraio 1982, n. 31, e successive modificazioni;

3) servizi di certificazione e autenticazione di documenti che devono essere prestati da notai;

4) servizi legali prestati da fiduciari o tutori designati o altri servizi legali i cui fornitori sono designati da un organo giurisdizionale dello Stato o sono designati per legge per svolgere specifici compiti sotto la vigilanza di detti organi giurisdizionali;

5) altri servizi legali che sono connessi, anche occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri”.

Ferma restando la portata dell’articolo 17, occorre richiamare l’articolo 4 del Codice Appalti il quale espressamente stabilisce che anche l’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, dei contratti attivi, esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del Codice Appalti «avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica».

Di qui la necessità del rispetto, anche in sede di conferimento del singolo incarico legale, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità e pubblicità che devono informare l’affidamento dei contratti pubblici, per quanto “esclusi.

In ordine alla tematica dell’affidamento dei servizi legali di cui all’articolo 17 del Codice Appalti l’ANAC con la Delibera n. 907 del 24 ottobre 2018 ha approvato le Linee Guida n. 12 le quali forniscono chiarimenti sulle procedure da seguire per l’affidamento dei servizi legali alla luce della nuova disciplina contenuta nel Codice Appalti, quale l’atto di regolazione non vincolante.

L’ANAC nelle citate Linee Guida aderisce all’impostazione da ultimo registrata dal Consiglio di Stato nel parere n. 2017 del 3 agosto 2018 secondo cui

  • l’affidamento dei servizi legali costituisce appalto, qualora la stazione appaltante affidi la gestione del contenzioso in modo continuativo o periodico al professionista nell’unità di tempo considerata (di regola il triennio);
  • l’incarico conferito ad hoc, collegato ad una specifica lite, costituisce invece un contratto d’opera professionale ai sensi degli articoli 2229 e seguenti del codice civile, consistendo nella trattazione della singola controversia o questione, ed è sottoposto al regime di cui all’articolo 17 comma 1, lettera d) del Codice Appalti. Detti servizi legali sono quindi da considerare come contratti esclusi dal campo di applicazione del Codice Appalti ma non estranei: dunque, tali affidamenti devono rispettare i principi posti dall’articolo 4 del Codice Appalti, non assumendo rilevanza il valore economico del contratto e l’eventuale superamento della soglia di rilevanza comunitaria.

Tale inquadramento deriva dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, n. 2730 dell’11 maggio 2012, sotto la vigenza del D.Lgs. n. 163/2006, secondo cui perché ci sia un appalto, deve esserci un quid pluris rispetto a un singolo incarico di patrocinio o di assistenza. Si è in presenza di un appalto quando l’oggetto è un servizio legale prestato per un determinato arco temporale e per un determinato corrispettivo: il quid pluris risiede nel fatto che la prestazione di patrocinio o di assistenza si inserisce in un quadro più ampio, divenendo modalità di un servizio più complesso e articolato da prestare all’Amministrazione.

In particolare il Consiglio di Stato, dopo aver affermato che «diversamente dall’incarico di consulenza e di assistenza a contenuto complesso, inserito in un quadro articolato di attività professionali organizzate sulla base dei bisogni dell’ente, il conferimento del singolo incarico episodico, legato alla necessità contingente, non costituisca appalto di servizi legali ma integri un contatto d’opera intellettuale che esula dalla disciplina codicistica in materia di procedure di evidenza pubblica”, precisa che “le norme di tema di appalti di servizi vengono, in definitiva, in rilievo quando il professionista sia chiamato a organizzare e strutturare una prestazione, altrimenti atteggiantesi a mera prestazione di lavoro autonomo in un servizio (nella fattispecie, legale), da adeguare alle utilità indicate dall’ente, per un determinato arco temporale e per un corrispettivo determinato» (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 2730 dell’11 maggio 2012).

In particolare, il Consiglio di Stato nella citata pronuncia ha chiarito “la differenza ontologica […], ai fini della qualificazione giuridica delle fattispecie e delle ricadute a essa conseguenti in materia di soggezione alla disciplina recata dal codice dei contratti pubblici”: l’attività di assistenza e di consulenza giuridica si caratterizza, infatti, per la sussistenza di una specifica organizzazione, dalla complessità dell’oggetto e dalla predeterminazione della durata. Pertanto affinché si possa configurare un “servizio legale” è necessario che la prestazione del professionista si caratterizzi per un quid pluris rispetto al singolo incarico occasionale.

Già sotto la vigenza del D.Lgs. n. 163/2006 il Consiglio di Stato, dunque, non riteneva l’incarico di difesa legale nell’ambito delle consulenze ex art. 7 del Testo Unico sul Pubblico Impiego, bensì come “una semplice obbligazione di mezzi ovvero quella di porre in essere un comportamento teso al risultato ma non necessariamente, ovviamente, a garantirlo/assicurarlo” configurandolo come “una sorta di tertium genus (quasi) innestato tra il contratto d’appalto e la specifica consulenza”.

  BOX: L’incarico legale conferito ad hoc, collegato ad una specifica lite, costituisce un contratto d’opera professionale ed è sottoposto al regime dell’art. 17 comma 1, lettera d) del Codice Appalti Detti come contratti esclusi (ma non estranei ai sensi dell’art. 4)

2. Sugli incarichi di difesa in giudizio della PA

La questione della corretta individuazione della fattispecie di riferimento e quindi del relativo regime da applicare riveste particolare rilievo in relazione alle procedure per l’affidamento ad avvocati del libero foro dell’incarico di difesa in giudizio delle Pubbliche Amministrazioni.

Il dibattito apertosi su detta fattispecie è caratterizzata dalle incertezze dovute alla coesistenza di posizioni favorevoli alla scelta fiduciaria del difensore e altre invece orientate a richiedere una procedura selettiva, in applicazione delle norme sugli appalti pubblici e dei principi generali (parità di trattamento, trasparenza, libera prestazione di servizi, libertà di stabilimento) affermati dalle direttive europee.

Detto contrasto si è acuito con l’adozione da parte dell’ANAC delle richiamate Linee Guida n. 12 secondo cui – come visto – occorre un confronto concorrenziale, seppure semplificato, anche per l’affidamento dei servizi legali esclusi dall’applicazione del Codice Appalti ai sensi del relativo articolo 17, comma 1 lettera d), ivi compresa la difesa in giudizio della Pubblica Amministrazione.

La domanda è una: vige o meno l’obbligo di esperire una “gara” – genericamente intesa, ricomprendendovi ogni confronto comparativo – quando un’Amministrazione affida un singolo incarico legale, al di fuori dei casi di appalto?

Circa la questione delle modalità di affidamento degli incarichi di difesa della Pubblica Amministrazione è di recente intervenuta la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 6 giugno 2019 (C-264/2018) secondo cui gli incarichi legali sono esclusi dalla normativa degli appalti ai sensi dell’art. 10, lettera d), I e II) della direttiva 24/2014 (corrispondente alle ipotesi dell’articolo 17 lettera d) del Codice Appalti) in quanto diversi da ogni altro contratto, perché le relative prestazioni possono essere rese «solo nell’ambito di un rapporto intuitu personae tra l’avvocato e il suo cliente, caratterizzato dalla massima riservatezza». All’intuitus personae la Corte ricollega la libera scelta del difensore e la fiducia che si instaura tra cliente e avvocato.

In particolare, la Corte ha disposto che «per quanto riguarda i servizi forniti da avvocati, di cui all’articolo 10, lettera d), i) e ii), della direttiva 2014/24, dal considerando 25 di tale direttiva risulta che il legislatore dell’Unione ha tenuto conto del fatto che tali servizi legali sono di solito prestati da organismi o persone designati o selezionati secondo modalità che non possono essere disciplinate da norme di aggiudicazione degli appalti pubblici in determinati Stati membri, cosicché occorreva escludere tali servizi legali dall’ambito di applicazione della direttiva in parola. A tale riguardo, occorre rilevare che l’articolo 10, lettera d), i) e ii), della direttiva 2014/24 non esclude dall’ambito di applicazione di detta direttiva tutti i servizi che possono essere forniti da un avvocato a un’amministrazione aggiudicatrice, ma unicamente la rappresentanza legale del suo cliente nell’ambito di un procedimento dinanzi a un organo internazionale di arbitrato o di conciliazione, dinanzi ai giudici o alle autorità pubbliche di uno Stato membro o di un paese terzo, nonché dinanzi ai giudici o alle istituzioni internazionali, ma anche la consulenza legale fornita nell’ambito della preparazione o dell’eventualità di un siffatto procedimento. Simili prestazioni di servizi fornite da un avvocato si configurano solo nell’ambito di un rapporto intuitu personae tra l’avvocato e il suo cliente, caratterizzato dalla massima riservatezza. Orbene, da un lato, un siffatto rapporto intuitu personae tra l’avvocato e il suo cliente, caratterizzato dalla libera scelta del suo difensore e dalla fiducia che unisce il cliente al suo avvocato, rende difficile la descrizione oggettiva della qualità che si attende dai servizi da prestare… Ne consegue che, alla luce delle loro caratteristiche oggettive, i servizi di cui all’articolo 10, lettera d), i) e ii), della direttiva 2014/24, non sono comparabili agli altri servizi inclusi nell’ambito di applicazione della direttiva medesima. Tenuto conto di tale differenza oggettiva, è altresì senza violare il principio della parità di trattamento che il legislatore dell’Unione ha potuto, nell’ambito del suo potere discrezionale, escludere tali servizi dall’ambito di applicazione di detta direttiva…».

BOX: Circa l’affidamento di incarichi di difesa della PA coesistono posizioni favorevoli alla scelta fiduciaria del difensore e altre orientate a richiedere una procedura selettiva ai sensi delle norme sugli appalti pubblici

3. L’ultima pronuncia della Corte dei Conti

Nel solco della citata sentenza della Corte di Giustizia, la Corte dei Conti, Sezione Regione Lazio, chiamata a pronunciarsi sull’eventuale danno erariale circa l’affidamento di incarichi di patrocinio legale in via fiduciaria da parte di CONSIP, con la sentenza n. 509 dell’8 giugno 2021 è giunta ad alcune conclusioni sulla natura e modalità di conferimento dei citati incarichi.

Nel giudizio in questione la Corte dei Conti ha ritenuto infondata la richiesta della procura regionale la quale aveva contestato ai convenuti (alte cariche di CONSIP) un danno erariale conseguente alla presunta illegittimità dell’affidamento di incarichi professionali a quattro legali esterni ex art. 7, comma 6 del Testo Unico Pubblico Impiego per non aver verificato all’interno di CONSIP la presenza di risorse idonee a svolgere le medesime attività e per non aver esperito una procedura selettiva tale da garantire trasparenza, imparzialità e economicità della scelta.

Ad avviso dei magistrati contabili non si configura la responsabilità amministrativa e il consequenziale danno erariale qualora l’ente pubblico conferisca incarichi di patrocinio legale a legali esterni all’Amministrazione senza avvalersi di una procedura concorsuale in quanto i predetti incarichi, connotati da un prevalente elemento fiduciario, non sono equiparabili alle c.d. “consulenze esterne” alle quali si applica il procedimento di cui all’art. 7, comma sesto del D.Lgs. n. 165/2001, pur dovendosi rispettare il principio di trasparenza ed economicità.

In particolare, i magistrati contabili nella recentissima pronuncia hanno rilevato che gli incarichi legali non sono equiparabili alle c.d. consulenze esterne, alle quali si applica il regime degli artt. 7 comma 6 del D.Lgs 165/2001 ma «in linea con la giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. V, n. 2730 del 2012; Comm. Speciale n. 2109 del

2017 e n. 22017 del 2018) e con gli indirizzi dell’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici, sono stati inquadrati tra le prestazioni di lavoro autonomo professionale il cui affidamento, sia pur rispettoso dei principi generali in tema di trasparenza ed economicità, è caratterizzato da un preminente elemento fiduciario. La fattispecie negoziale dell’appalto di servizi potrebbe configurarsi solo ove la prestazione richiesta al professionista non si esaurisca, come nei casi in esame, nel solo patrocinio legale a favore dell’ente, configurandosi quale modalità organizzativa di un servizio più complesso e articolato (C. Conti sez. contro. Basilicata de. 19/2009/par.; C. Conti sez. contr. Umbria del 137/2013/Par.). In definitiva, il Collegio è dell’avviso che i mandati di patrocinio in giudizio affidati dalla Consip, di cui si discute, non erano soggetti ad una procedura di evidenza pubblica. La contraria tesi, sostenuta dal requirente, si basa su una controversa interpretazione della disciplina riguardante l’affidamento di incarichi di patrocinio legale da parte della pubblica amministrazione, inquadrati nell’ambito di veri e propri appalti di servizi; interpretazione sicuramente minoritaria durante il previgente d.lgs. n. 163 del 2006, solo in parte rivista dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 50 del 2016 ed, attualmente, del tutto superata alla luce della più recente giurisprudenza comunitaria».

La Corte dei Conti, a fondamento della decisione, ha quindi richiamato la giurisprudenza attestatasi dopo l’entrata in vigore del Codice Appalti la quale «ha confermato la distinzione tra contratti di opera intellettuale di cui all’art. 2229 e ss del cod.civ. (rientranti nell’ambito dei contratti esclusi di cui all’art. 17, comma 1 del d.lgs. 50 del 2016) – per i quali era stata ribadita l’importanza dell’elemento fiduciario nell’affidamento dell’incarico di patrocinio – e gli incarichi legali di consulenza ed assistenza a contenuto complesso inseriti in un quadro articolato di attività professionali organizzate, cui si applicano le norme del codice dei contratti sia pur semplificate. Con riguardo ai primi, se è vero che sia il Consiglio di Stato che l’Anac avevano osservato che il rispetto dei principi posti dall’art. 4 del codice dei contratti suggerisca la procedimentalizzazione nella scelta del professionista cui affidare l’incarico di patrocinio legale attraverso, preferibilmente, la costituzione di elenchi, ciò non esclude la possibilità di effettuare un affidamento diretto ad un professionista determinato, subordinato, secondo le Linee guida dell’Anac, alla presenza di specifiche ragioni espresse dalla stazione appaltante tra le quali si annoverano i casi di conseguenzialità di incarichi o di complementarietà con altri incarichi attinenti alla medesima materia che siano stati positivamente conclusi nonchè i casi di assoluta particolarità della controversia».

Conclude sul punto il Collegio dando atto che «In ogni caso, una lettura sistematica delle disposizioni del d.lgs. n. 50 del 2016, consente di rilevare come il legislatore della riforma, con il richiamo all’art. 4, più che delineare una vera e propria procedura comparativa, abbia inteso invocare il rispetto generale dei principi generali che regolano l’azione amministrativa in materia di imparzialità, trasparenza e adeguata motivazione, non escludendo la possibilità di un affidamento diretto e fiduciario dei servizi legali. Si rileva, infine, che sulla materia degli incarichi di patrocinio legale, è intervenuto da ultimo il giudice comunitario che, con la sentenza nella causa C-264/18 del 6 giugno 2019, confermando i prevalenti orientamenti giurisprudenziali …».

BOX: Con sentenza n. 509/2021 la Corte dei Conti-Lazio ha stabilito che i mandati di patrocini in giudizio, caratterizzati dall’elemento fiduciario, non sono soggetti ad una procedura di evidenza pubblica

4. Conclusioni

Come visto, l’esenzione dall’esperimento di una gara pubblica per l’affidamento di un servizio legale che consiste in un incarico fiduciario dipende proprio dalla natura di detto incarico, non certamente dal valore economico come avviene per i contratti cd. sottosoglia. Rimane comunque fermo l’obbligo per l’Amministrazione affidante di rispettare i principi generali che regolano l’azione amministrativa (imparzialità, trasparenza e adeguata motivazione).

È proprio l’incarico di patrocinio legale, poi, che è contrassegnato – a differenza dell’incarico consulenziale tout court – dall’intuitu personae: la prestazione attesa non può in ogni modo, per definizione, incompatibile con una valutazione economicamente più vantaggiosa. L’Amministrazione, infatti, con il conferimento di un incarico di patrocinio legale non si rivolge a un mercato su cui reperire un bene fungibile ma, al contrario, sceglie il professionista sulla base della fiducia che ripone in quest’ultimo, anche in ragione dell’esperienza dallo stesso maturata con riferimento allo specifico oggetto del contenzioso instaurato.


[1]6. …  per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:

  1. l’oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione conferente;
  2. l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
  3. la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo; l’eventuale proroga dell’incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell’incarico;
  4. devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

… Il ricorso a contratti di cui al presente comma per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l’utilizzo dei soggetti incaricati ai sensi del medesimo comma come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti. Il secondo periodo dell’articolo 1, comma 9, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, è soppresso. Si applicano le disposizioni previste dall’articolo 36, comma 3, del presente decreto e, in caso di violazione delle disposizioni di cui al presente comma, fermo restando il divieto di costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, si applica quanto previsto dal citato articolo 36, comma 5-quater.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Paola Cartolano
Esperta in materia di appalti pubblici
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