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Con la sentenza del 30/1/2014 n. 7 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato risolve l’annoso contrasto giurisprudenziale sorto in merito alla applicabilità agli appalti e alle concessioni di servizi del principio di corrispondenza fra quote di qualificazione e quote di partecipazione al raggruppamento e tra quote di partecipazione e quote di esecuzione del servizio. Il principio, sancito all’art. 37, comma 13, del Codice dei Contratti Pubblici, è, secondo la recentissima decisione del supremo consesso della magistratura amministrativa, applicabile ai soli appalti di lavori.
2. Il “principio di corrispondenza”
L’art. 37, comma 13, del Codice dei Contratti Pubblici, disciplinante i “Raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di concorrenti”, impone ai concorrenti riuniti, già in sede di predisposizione dell’offerta, l’indicazione della corrispondenza fra quota di partecipazione al raggruppamento e quota di esecuzione delle prestazioni: “Nel caso di lavori, i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento.”.
Il principio di corrispondenza affonda le proprie radici nella disciplina degli appalti pubblici di lavori. La ratio del principio riposa nella necessità di assicurare alle Amministrazioni aggiudicatrici la conoscenza preventiva del soggetto che in concreto eseguirà il servizio e di garantirne l’affidabilità. Il fine è quindi quello di evitare l’aggiramento delle norme d’ammissione alle gare attraverso il fenomeno delle partecipazioni “fittizie” o “di comodo” nelle ATI o raggruppamenti temporanei da parte di imprese particolarmente qualificate, le quali, di fatto, tuttavia, non intendono eseguire concretamente i lavori.
Le attestazioni e le qualifiche del singolo membro del raggruppamento devono dunque essere sufficienti a legittimare lo stesso all’esecuzione della propria quota di lavori, come specificata nell’accordo di raggruppamento e risultante dall’offerta.
La disposizione in commento è stata dalla giurisprudenza e dalla prassi interpretata nel senso di ritenere che è “… sussistente un principio di «stretta consequenzialità» fra quota di partecipazione della singola impresa al raggruppamento temporaneo, percentuale di esecuzione dei lavori in appalto e qualificazione dell’impresa”(T.A.R. Lombardia Milano, Sez. I, 6 aprile 2009, n. 3173; AVCP Parere n. 142 del 22/07/2010) e che “i singoli partecipanti ad un raggruppamento temporaneo sono tenuti ad indicare espressamente la rispettiva quota di partecipazione, sì che possa essere colto il rapporto esistente tra quote di qualificazione e quote di partecipazione (di cui all’art. 37, D.Lgs. n. 163 del 2006) e quello tra quote di partecipazione e quote di esecuzione (di cui all’art. 93 comma 4, D.P.R. n. 554 del 1999” (Consiglio Stato, Sez. VI, 25 novembre 2008, n. 5787).
La giurisprudenza ha da tempo configurato un principio di «stretta consequenzialità» fra requisiti di qualificazione dell’impresa, quota di partecipazione impresa all’ATI e percentuale di esecuzione dei lavori
E’ stato, altresì, richiesto che la dichiarazione relativa alle quote di partecipazione ai lavori da parte delle imprese facenti parti del raggruppamento temporaneo sia resa già in sede di formulazione dell’offerta. Non rileva al riguardo il fatto che la lex specialis non espliciti, con espressa clausola, l’obbligo di anticipata dichiarazione delle quote, essendo pacifico che le quote di partecipazione al raggruppamento non possono essere evidenziate ex post, in sede di esecuzione del contratto, costituendo un requisito di ammissione la cui inosservanza determina l’esclusione dalla gara (Consiglio di Stato Sez. III, 28.11.2013).
2. I precedenti orientamenti giurisprudenziali
2.1. L’orientamento estensivo
L’ambito del principio di corrispondenza, espresso dall’art. 37, comma 13, cit. è stato progressivamente ampliato per via giurisprudenziale, fino a ricomprendervi anche il settore degli appalti dei servizi.
Anche per gli appalti di servizi si è quindi in vari casi richiesto agli operatori riuniti una corrispondenza tra quota di qualificazione delle imprese associate o associande, quota di partecipazione all’ATI e quota di esecuzione[1].
Secondo tale approccio ermeneutico infatti quello in esame è un “principio generale”, valevole a prescindere dal settore d’appalto e senza distinzione di sorta tra ATI orizzontali e ATI verticali (cfr. Cons. St., Sez. V, 8 novembre 2011, n. 5892).
A supporto di tale tesi si invoca il combinato disposto dei commi 4[2] e 13 dell’art. 37 del Codice, fino a ritenere che “…quale che sia il settore dell’appalto lavori, servizi, forniture, l’a.t.i. offerente deve indicare sia le quote di partecipazione all’a.t.i. di ciascun componente, sia le quote di esecuzione dell’appalto, e vi deve essere corrispondenza tra quota di partecipazione e quota di esecuzione. Tale obbligo di duplice indicazione è espressione di un principio generale che prescinde dall’assoggettamento della gara alla disciplina comunitaria e non consente distinzioni legate alla morfologia del raggruppamento verticale ovvero orizzontale, o ancora alla tipologia delle prestazioni, principali o secondarie, scorporabili o unitarie.” (Consiglio di Stato n. 5892/2011)
Con l’entrata in vigore del Codice dei Contratti Pubblici il principio di corrispondenza è stato esteso anche agli appalti di servizi e forniture
2.2. L’orientamento restrittivo
L’orientamento sopra descritto ha subito un significativo arresto con l’intervento del legislatore: la Legge 8 agosto 2012, n. 135 ha infatti modificato il testo dell’art. 37, comma 13, anteponendo alla disposizione normativa la locuzione “Nel caso di lavori …“.
La giurisprudenza successiva ha quindi in prevalenza interpretato la specificazione legislativa in oggetto come chiaro indice di una volontà legislativa volta all’esclusione – dall’ambito applicativo del comma 13 e quindi del principio di corrispondenza – dell’intero settore degli appalti pubblici di servizi con la conseguente limitazione del principio ai soli appalti pubblici di lavori.
Il risultato è stato senza dubbio un alleggerimento dei vincoli per gli appalti di servizi e, conseguentemente, la garanzia di una più ampia partecipazione alle gare. La finalità in altri termini è quella di semplificare gli oneri di dichiarazione incombenti sulle imprese raggruppate che operano nel mercato dei contratti pubblici.
Più in particolare, secondo l’approccio in esame:“il principio di corrispondenza sostanziale, già in fase di offerta, tra quote di qualificazione e quote di partecipazione all’a.t.i. e tra quote di partecipazione e quote di esecuzione, da tempo affermatosi in materia di lavori e sancito nell’art. 37 comma 6, d.lg. n. 163 del 2006 non è estendibile agli appalti di servizi (per i quali, come è noto, il nostro ordinamento non contempla un rigido sistema normativo di qualificazione dei soggetti esecutori) in cui è riconosciuta alle amministrazioni aggiudicatrici una più ampia discrezionalità nell’individuazione dei requisiti di capacità tecnica e nella correlazione di questi con l’istituto del raggruppamento d’imprese (l’art. 37 comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006 si limita a stabilire che le a.t.i. devono specificare le parti del servizio che saranno eseguite da ciascun singolo operatore, mentre il successivo art. 42 nulla dispone in merito al rapporto tra requisiti di capacità tecnica e quota di partecipazione all’associazione temporanea). Ne consegue che solo una clausola inequivoca della lex specialis di gara potrebbe legittimamente estendere agli appalti di servizi il su richiamato principio di corrispondenza tra requisiti soggettivi e quote di partecipazione.” (v. TAR Lombardia 2037/2011; TAR Puglia, Bari, sezione I, 7 maggio 2008, n. 1092).
La legge 135/2012 ha manifestato l’intenzione del legislatore di limitare l’applicazione del principio ai soli appalti di lavori
3. La soluzione dell’Adunanza Plenaria
3.1. Dinanzi al Consiglio di Stato il ricorrente sostiene l’inapplicabilità della norma sancita dall’art. 37, co. 13, cit., in quanto non posta a presidio dei principi di trasparenza e par condicio, contrariamente a quanto affermato dal primo giudice, secondo cui la norma in questione, nella parte in cui impone alle imprese riunite in a.t.i. la corrispondenza fra quote di partecipazione e quote di esecuzione, sia espressione di un principio generale di trasparenza e dunque, in virtù del rinvio operato dal menzionato art. 27, co. 1, cit. (nonché dall’art. 30 codice dei contratti pubblici), applicabile alla procedura di gara in contestazione.
Con la sentenza in commento (30/1/2014 n. 7[3]), il Supremo Giudice amministrativo, aderendo al filone giurisprudenziale ormai prevalente, si interroga sulla natura giuridica e sulla portata applicativa della norma di cui all’art. 37, comma 13, del Codice.
La sentenza quindi chiarisce che il principio di corrispondenza tra quota di partecipazione al raggruppamento e quota di esecuzione dell’appalto, “pur integrando un precetto imperativo capace di imporsi anche nel silenzio della legge di gara come requisito di ammissione dell’offerta a pena di esclusione”, non esprime un principio generale desumibile dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e, come tale, a mente dell’art. 30, comma 3, del Codice dei Contratti Pubblici, non può trovare applicazione nel caso di procedura di selezione del concessionario di un pubblico servizio.
In particolare, secondo il Consiglio di Stato:
a) l’obbligo di corrispondenza fra quote di partecipazione e quote di esecuzione sancito dal comma 13 è rimasto circoscritto ai soli appalti di lavori;
b) per gli appalti di servizi e forniture continua a trovare applicazione unicamente la norma sancita dal comma 4 dell’art. 37, che impone alle imprese raggruppate il più modesto obbligo di indicare le parti del servizio o della fornitura facenti capo a ciascuna di esse, senza pretendere anche l’obbligo della corrispondenza fra quote di partecipazione e quote di esecuzione, fermo restando, però, che ciascuna impresa deve essere qualificata per la parte di prestazioni che si impegna ad eseguire, nel rispetto delle speciali prescrizioni e modalità contenute nella legge di gara;
c) rimane inteso, in entrambi i casi, che le norme in questione continuano ad esprimere un precetto imperativo da rispettarsi a pena di esclusione e sono dunque capaci di eterointegrare i bandi silenti.
Il principio di corrispondenza non esprime un principio generale desumibile dal Trattato UE: pertanto, secondo la legge italiana, non può che applicarsi unicamente agli appalti di lavori
L’Adunanza Plenaria pertanto accoglie pienamente l’orientamento restrittivo consolidatosi negli ultimi anni, articolato nei seguenti principi, da cui quindi non è allo stato dato di discostarsi:
a) corrispondenza sostanziale, già nella fase dell’offerta, tra le quote di partecipazione all’a.t.i. e le quote di esecuzione delle prestazioni, costituendo la relativa dichiarazione requisito di ammissione alla gara, e non contenuto di obbligazione da far valere solo in sede di esecuzione del contratto;
b) funzione dell’obbligo di corrispondenza fra quote di partecipazione ed esecuzione ravvisata nelle seguenti esigenze:
- conoscenza preventiva, da parte della stazione appaltante, del soggetto incaricato di eseguire le prestazioni e della misura percentuale, al fine di rendere più spedita l’esecuzione del rapporto individuando ciascun responsabile;
- agevolare la verifica della competenza dell’esecutore in relazione alla documentazione di gara;
- prevenire la partecipazione alla gara di imprese non qualificate;
c) trattandosi di un precetto imperativo che introduce un requisito di ammissione, quand’anche non esplicitato dalla lex specialis, la eterointegra ai sensi dell’art. 1339 c.c. sicché la sua inosservanza determina l’esclusione dalla gara[4];
d) tale obbligo di dichiarazione in sede di offerta si impone per tutte le tipologie di a.t.i. (costituite, costituende, verticali, orizzontali), per tutte le tipologie di prestazioni (scorporabili o unitarie, principali o secondarie), e per tutti i tipi di appalti (lavori, servizi e forniture), indipendentemente dall’assoggettamento della gara alla disciplina comunitaria;
e) poiché l’obbligo di simmetria tra quota di esecuzione e quota di effettiva partecipazione all’a.t.i. scaturisce e si impone ex lege, è necessaria e sufficiente, in sede di formulazione dell’offerta, la dichiarazione delle quote di partecipazione a cui la legge attribuisce un valore predeterminato che è quello della assunzione dell’impegno da parte delle imprese di eseguire le prestazioni in misura corrispondente.
Agli appalti di servizi e forniture continua ad applicarsi l’art. 37 c. 4 del Codice, che impone alle imprese raggruppate l’obbligo di indicare le parti del servizio o della fornitura, senza obbligo di corrispondenza fra quote di partecipazione e quote di esecuzione
L’orientamento “estensivo” sopra descritto è quindi bocciato dal Consiglio di Stato, in quanto:
a) in contrasto con il tenore testuale delle disposizioni del codice dei contratti pubblici (e segnatamente, i commi 4 e 13 dell’art. 37), che non consentono di avallare una siffatta opzione interpretativa;
b) in contrasto con la sistematica del Codice (e del regolamento attuativo), che disciplina in maniera completa e nella sede propria il regime della qualificazione delle imprese anche riunite in a.t.i., per i lavori, mentre affida alla legge di gara ogni determinazione in materia per gli appalti di servizi e forniture, salvi i limiti sanciti dagli artt. 41 – 45.
Il diverso orientamento, oltre che contrastare con l’impianto codicistico, inoltre, “determinerebbe in molti casi l’effetto di escludere dalle pubbliche gare raggruppamenti ai cui partecipanti sarebbe ascritto null’altro se non una sorta di eccesso di qualificazione”.
L’approccio in questione si porrebbe invero in contrasto con i principi del favor partecipationis e della libertà giuridica di impresa, negando in radice la possibilità per taluni operatori economici (in particolare quelli maggiormente qualificati), di individuare in modo autonomo la configurazione organizzativa ottimale per partecipare alle pubbliche gare.
3.2. La pronuncia in esame si sofferma da ultimo sugli indici qualificanti una concessione di servizio pubblico locale[5], di rilievo economico e a domanda individuale, disciplinate dall’art. 30 del Codice, nella cornice esegetica delineata nel tempo dalla Adunanza Plenaria, quali:
a) la presenza di un servizio di interesse economico generale;
b) la prestazione a carico degli utenti, che si riscontra tipicamente nei servizi a domanda individuale;
c) l’assunzione a carico del concessionario del rischio economico relativo alla gestione del servizio; sul punto, deve reputarsi irrilevante che la legge di gara abbia previsto un parziale corrispettivo a carico dell’ente concedente, ove lo stesso abbia carattere meramente eventuale e sia frutto della scelta dell’offerente finalizzata alla garanzia dell’equilibrio finanziario dell’impresa, (“… la subordinazione al pagamento di un corrispettivo — rilevante nella prospettiva europea e nazionale in sede di distinzione tra la figura dell’appalto e quella della concessione — dipende dalle caratteristiche tecniche del servizio e dalla volontà «politica» dell’ente ma non incide, ex se, sulla sua qualifica di servizio pubblico e non può essere pertanto sopravalutata”).
d) la preordinazione dell’attività a soddisfare esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti, tendenzialmente a tempo indeterminato o comunque per un periodo di lunga durata;
e) la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari;
f) la “delega traslativa” di poteri organizzatori dall’ente al privato;
g) la struttura trilaterale delle prestazioni dei soggetti coinvolti (P.A., gestore e utenti), mentre nel contratto d’appalto il rapporto ha carattere bilaterale.
Definita la fattispecie, il Giudice amministrativo ne individua la disciplina:
a) ai sensi dell’art. 30, comma 1, alle concessioni di servizio pubblico, di regola, non si applicano le disposizioni specifiche del Codice (e quindi neppure il principio di cui all’art. 37, comma 13, del Codice);
b) in linea teorica tutte le norme di dettaglio del Codice costituiscono una derivazione, più o meno diretta, di principi (o più semplicemente di esigenze) generali;
c) costituiscono principi generali applicabili alle concessioni di servizio, non solo i c.d. super principi o valori di sistema, di solito espressamente indicati nelle parti iniziali dei codici di settore (nella specie l’art. 2 del Codice), ma anche quelli che si traggono da talune specifiche norme;
d) l’applicabilità di talune disposizioni specifiche di tali codici è possibile solo quando esse superino “uno scrutinio rigoroso di indagine basato sull’accertamento della natura dell’interesse presidiato dal precetto e della sua ampiezza applicativa, trovando la propria ratio immediata e diretta nella tutela di valori immanenti al sistema (nella specie dei contratti pubblici di appalto di lavori, servizi e forniture), in funzione nomo genetica rispetto alle singole norme costitutive delle codificazioni di settore”;
e) non è di ostacolo alla qualificazione della procedura in esame quale concessione di servizio pubblico, la circostanza che, nel caso di specie, il concessionario prescelto debba realizzare anche cospicui lavori laddove l’esecuzione di questi ultimi sia legata da un “nesso di strumentalità” con la gestione del servizio sì da porsi come servente rispetto alla medesima gestione.
[1] Cfr. Cons. St., V Sez., 7 maggio 2008, n. 2079, Cons. St., Sez. III, 10 agosto 2001, n. 4760; Cons. St. Sez. III, 11 maggio 2011, n. 2805; Cons. St. Sez. V, 8 novembre 2011, n. 5892; Cons. St., Sez. IV, 1 agosto 2012, n. 4406.
[2] Ai sensi del citato comma 4 “Nel caso di forniture o servizi nell’offerta devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati.”.
[3] Il caso di specie riguardava l’impugnazione dell’aggiudicazione in una procedura competitiva indetta da Roma Capitale (cfr. determinazione n. 660 dell’11 agosto 2010, bando di gara ed annesso disciplinare pubblicati il successivo 19 novembre 2010), per la realizzazione del programma di housing sociale nell’area F del Comprensorio direzionale di Pietralata.
[4] Sulla non necessità, ai sensi dell’art. 46, co. 1 bis, codice dei contratti pubblici, che la sanzione della esclusione sia espressamente prevista dalla norma di legge allorquando sia certo il carattere imperativo del precetto che impone un determinato adempimento ai partecipanti ad una gara, cfr. Ad. plen. 16 ottobre 2013, n. 23; 7 giugno 2012, n. 21.
[5] L’art. 3, co. 12, del Codice dei Contratti Pubblici, definisce la concessione di servizi come “un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo”.