Questo articolo è valutato
( votes)Premesse
Il delicato rapporto tra accesso e riservatezza in materia di documentazione prodotta in sede di partecipazione a procedure ad evidenza pubbliche per l’affidamento di contratti di lavori, servizi e forniture continua ad essere un nodo centrale anche dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 50/2016 (“Nuovo Codice Appalti“).
Anche nel nuovo impianto normativo è confermato il rapporto di specialità che lega la lex specialis di cui all’art. 53 dello stesso Nuovo Codice Appalti alla lex generalis di cui alla Legge n. 241/1990 sull’accesso agli atti: ciò comporta, di conseguenza, la prevalenza della prima sulla seconda. Il comma 1 dell’art. 53 del Nuovo Codice Appalti dispone, infatti, che «Salvo quanto espressamente previsto nel presente codice, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241».
Detta “specialità”[1] della disciplina di cui all’art. 53 del Nuovo Codice Appalti è ammessa poiché in termini generali il diritto di accesso, quale «principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurare l’imparzialità e la trasparenza» (art. 22, comma 2, Legge n. 241/1990), può subire limitazioni nei soli casi indicati dalla legge – costituenti eccezione in attuazione di un bilanciamento di valori tutti costituzionalmente tutelati – e non già sulla base di unilaterali valutazioni dell’amministrazione in ordine alla maggiore o minore utilità dell’accesso ai fini di una proficua tutela giurisdizionale delle posizioni soggettive dell’istante.
Il comma 3 dell’art. 22 della Legge n. 241/1990 dispone infatti che «Tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all’articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6».
Qui rileva, in particolare, l’art. 24 comma 6 lett. d), a mente del quale, il diritto d’accesso può essere escluso «quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitari o, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono».
Per il legislatore l’esigenza di riservatezza delle imprese in ordine all’interesse commerciale è dunque idoneo, in astratto, a giustificare esclusioni o limitazioni del diritto d’accesso. E’ evidente che deve trattarsi di esigenza oggettivamente apprezzabile, lecita e meritevole di tutela in quanto collegata a potenziali pregiudizi derivanti dalla divulgazione.
Un punto di equilibrio tra esigenze di riservatezza e trasparenza nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica finalizzata alla stipula di contratti di appalto si rinviene nella disciplina di settore dettata dall’art. 53 del Nuovo Codice Appalti. Il riferimento al “segreto” commerciale, contenuto nell’art. 53 del Nuovo Codice Appalti, più rigoroso e stringente dell’art. 24 della Legge n. 241/1990 che invece parla di “riservatezza” commerciale, si spiega in relazione allo specifico contesto dell’evidenza pubblica.
Come vedremo nel prosieguo, l’ordinamento conosce una specifica disciplina dell’accesso per i casi in cui l’attività dell’amministrazione si sostanzi nell’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica, caratterizzata da un rigida inaccessibilità in pendenza della procedura, strumentale alla garanzia della leale competizione, e da una tendenziale accessibilità di tutti gli atti della serie negoziale, ad aggiudicazione avvenuta, salvo che in relazione ad alcuni specifici aspetti per i quali vengano in rilievo, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, “segreti tecnici o commerciali”.
Vige un rapporto di specialità tra la lex specialis di cui all’art. 53 del D.Lgs. n. 50/2016 e la lex generalis di cui alla Legge n. 241/1990 sull’accesso agli atti
1. Vecchia e nuova disciplina in materia di accesso agli atti nelle gare pubbliche
Nel previgente codice degli appalti, l’art. 13 del D. Lgs n. 163/2006, stabiliva che
– fatti salvi i casi di appalti segretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, vige un generale principio di accessibilità agli atti di gara, accesso che, nelle ipotesi di cui al comma 2, può essere differito ma non escluso;
– nei casi di cui al comma 5, in via di eccezione, l’accesso può essere escluso;
– in particolare, nel caso di informazioni fornite dagli offerenti che costituiscono «segreti tecnici e commerciali», l’accesso può essere escluso sempre che il concorrente, in sede di offerta, dichiari preventivamente che talune informazioni costituiscano i detti segreti tecnici e commerciali, e sempre che l’amministrazione, cui pervenga una istanza di accesso, ritenga fondatamente motivata e comprovata tale dichiarazione in precedenza resa[2];
– infine, la tutela del segreto tecnico o commerciale è tuttavia esclusa in presenza del diritto alla tutela giurisdizionale cui l’istanza di accesso inerisce, ma – giova precisare – solo per il diritto alla tutela giurisdizionale «in relazione alla procedura di affidamento del contratto»[3].
La giurisprudenza formatasi sulla citata disposizione era orientata a ritenere che:
a) la tutela del segreto tecnico o commerciale non può essere, per la prima volta, in sede di opposizione all’istanza di accesso, dovendo essere tale indicazione oggetto di esplicita dichiarazione resa in sede di offerta,
b) compete all’amministrazione aggiudicataria, in sede di valutazione dell’istanza di accesso eventualmente pervenuta, valutare, sulla base della dichiarazione in precedenza resa dalla offerente poi risultata aggiudicataria, se l’inerenza del documento al segreto tecnico o commerciale si fondi su una “motivata e comprovata dichiarazione”.
Nel Nuovo Codice Appalti, l’art. 53, di recepimento dell’art. 21 della direttiva 2014/24/UE, è sostanzialmente riprodotta la disciplina dell’art. 13 del D.Lgs. n. 163/2006: dopo aver previsto che il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della Legge n. 241/1990, contiene una serie di prescrizioni specifiche in materia di procedure di aggiudicazione, sovrapponibili – per quanto qui interessa – a quelle di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 163/2006. Pertanto, anche nel nuovo contesto normativo risultano utilizzabili le precedenti acquisizioni giurisprudenziali (cfr. TAR Puglia – Bari, sez. III, sentenza 27 giugno 2017 n. 741).
Più precisamente l’art. 53 sancisce che, in relazione alle offerte, il diritto di accesso è differito fino all’aggiudicazione.
I commi 2 e 3 dell’art. 53 del Nuovo Codice Appalti dispongono testualmente che:
«2. Fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, il diritto di accesso è differito:
a) nelle procedure aperte, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime;
b) nelle procedure ristrette e negoziate e nelle gare informali, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, e in relazione all’elenco dei soggetti che sono stati invitati a presentare offerte e all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte medesime; ai soggetti la cui richiesta di invito sia stata respinta, è consentito l’accesso all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, dopo la comunicazione ufficiale, da parte delle stazioni appaltanti, dei nominativi dei candidati da invitare;
c) in relazione alle offerte, fino all’aggiudicazione;
d) in relazione al procedimento di verifica della anomalia dell’offerta, fino all’aggiudicazione.
3. Gli atti di cui al comma 2, fino alla scadenza dei termini ivi previsti, non possono essere comunicati a terzi o resi in qualsiasi altro modo noti».
Il legislatore ha inoltre previsto alcune ipotesi di in cui l’accesso può essere negato. Ai sensi del comma 5 dell’art, 53 infatti è disposto che:
«5. Fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione:
a) alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali;
b) ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all’applicazione del presente codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici;
c) alle relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell’esecuzione e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto;
d) alle soluzioni tecniche e ai programmi per elaboratore utilizzati dalla stazione appaltante o dal gestore del sistema informatico per le aste elettroniche, ove coperti da diritti di privativa intellettuale».
Tuttavia, il successivo comma 6 consente l’accesso al concorrente, ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento, con riferimento «alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali». Testualmente infatti il comma 6 dell’art. 53 prevede che «6. In relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a), è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto».
La nuova disciplina di cui all’art. 53 del D.Lg. n. 50/2016, di recepimento dell’art. 21 della direttiva 2014/24/UE, riproduce sostanzialmente quella prevista dall’art. 13 del D.Lgs. n. 163/2006
2. L’accesso differito in relazione alle offerte ma non per la documentazione amministrativa
Come ha avuto modo di chiarire l’ANAC, il differimento riconosciuto dall’art. 13 del D.Lgs. n. 163/2006 all’epoca e dall’art. 53 del Nuovo Codice Appalti fino al momento dell’aggiudicazione (definitiva) risponde all’esigenza di «impedire la conoscenza del contenuto delle offerte da parte dei concorrenti in un momento in cui non è ancora divenuta definitiva la scelta della migliore offerta, con il più precipuo fine di impedire turbative delle operazioni di gara e delle valutazioni di competenza della commissione aggiudicatrice» (cfr. ANAC, Delibera n. 317 del 29 marzo 2017).
La giurisprudenza si è però soffermata nel chiarire come non possa accedersi all’interpretazione secondo cui l’accesso alla documentazione amministrativa di gara, ai sensi dell’art. 53, comma 2, lett. c), del Nuovo Codice Appalti, è differito fino al momento dell’aggiudicazione.
Come visto, la norma citata – che prevede il differimento dell’accesso «in relazione alle offerte fino all’aggiudicazione» – concerne esclusivamente il contenuto delle offerte, ed è chiaramente posta a presidio della segretezza delle offerte tecnico-economiche, ma non impedisce l’accesso alla documentazione amministrativa contenuta normalmente nella busta A, relativa ai requisiti soggettivi dei concorrenti, essendo peraltro la conoscenza di tale documentazione elemento imprescindibile per l’esercizio del diritto di difesa in relazione al nuovo sistema delineato dall’art. 120, comma 2-bis, c.p.a., che onera i concorrenti dell’impugnazione immediata delle ammissioni e delle esclusioni (sul punto cfr. TAR Veneto–Venezia, ordinanza 26 maggio 2017 n. 512; TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 28 marzo 2017 n. 3971; TAR Lazio-Roma, sez. I-ter, sentenza 27 luglio 2017 n. 8944).
Proprio il nuovo regime diversificato di impugnazione previsto dal citato art. 120, comma 2-bis del c.p.a., introdotto nel 2016, infatti, impone una tale interpretazione, nel senso cioè che l’operatore economico possa accedere alla documentazione amministrativa e ai verbali di gara relativi alla fase di ammissione dei concorrenti, già nella fase iniziale della procedura selettiva (senza attendere cioè quella finale di aggiudicazione, come era previsto nel vecchio regime di cui al D.Lgs n. 163/2006) e che il differimento previsto dall’art. 53, comma 2, lett. c), del Nuovo Codice Appalti sia ormai limitato alle buste della proposta che contengono le offerte tecniche e economiche.
Il differimento dell’accesso in relazione alle offerte fino all’aggiudicazione è chiaramente posta a presidio della segretezza delle offerte tecnico-economiche ma non impedisce l’accesso alla documentazione amministrativa
3. Riservatezza dell’offerta tecnica: limiti all’esclusione dell’accesso
La partecipazione ad una gara pubblica comporta che l’offerta tecnico-progettuale fuoriesca dalla sfera di dominio riservata dell’impresa per porsi sul piano della valutazione comparativa rispetto alle offerte degli altri concorrenti, con la conseguenza che in termini generali la concorrente non aggiudicataria che vi abbia interesse può accedere alla documentazione afferente le offerte presentate in vista della tutela dei propri interessi.
L’accesso può essere inibito, come visto, solo in presenza di dati «che costituiscono, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali»: ciò significa che sarà da considerarsi illegittimo il rifiuto opposto sulla base di una mera dichiarazione del controinteressato o della stazione appaltante che non faccia alcun puntuale riferimento a tali esigenze.
In altre parole, occorrerà che la documentazione sia oggetto di una dimostrata necessità di preservazione e deve contenere «un’indicazione concreta, comprovata e comprensibile di quale possa essere il danno da divulgazione dei dati tecnici richiesti, pertinendo gli stessi a caratteristiche dei prodotti che devono poter essere oggetto di valutazione oggettiva nel quadro istruttorio di una gara pubblica. La deroga all’accesso costituisce eccezione che va debitamente comprovata dall’interessato e indubbiamente non è idonea motivazione la circostanza che trattasi di elaborati costituenti opera dell’ingegno e contenenti informazioni e dati frutto del patrimonio di conoscenze ed esperienze aziendali. Questi caratteri, infatti, sono propri dell’offerta tecnica di qualunque impresa e non giustificano di per sé il divieto di divulgazione» (cfr. TAR, Calabria-Catanzaro, sez. II, sentenza 11 settembre 2015 n. 1467).
Il legislatore, pertanto, se ha inteso escludere dal raggio di azionabilità del diritto di ostensione la documentazione suscettibile di rivelare il know-how industriale e commerciale contenuto nelle offerte delle imprese partecipanti, così da evitare che operatori economici in diretta concorrenza tra loro possano utilizzare l’accesso non già per prendere visione della stessa allorché utile a coltivare la legittima aspettativa al conseguimento dell’appalto, quanto piuttosto per giovarsi delle specifiche conoscenze possedute da altri al fine di conseguire un indebito vantaggio commerciale all’interno del mercato, in pari tempo, tuttavia, ha subordinato il funzionamento dell’indicata causa di esclusione all’adempimento, da parte dell’impresa cui si riferiscono i documenti, dello specifico onere di fornire motivata dichiarazione comprovante che effettivamente siano in questione informazioni integranti segreti tecnici o commerciali (cfr. Consiglio Giustizia Amministrativa Regione Sicilia, 23 settembre 2016 n. 324).
Potrà quindi essere la stessa stazione appaltante a limitare, legittimamente, l’ostensione delle offerte tecniche alle sole parti che ricadono nella previsione in parola, previo giudizio che essa dovrà espletare (cfr. TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 20 aprile 2015 n. 963; TAR Marche-Ancona, Sez. I, sentenza 6 febbraio 2015 n. 116, ove si legge «spetta all’Amministrazione investita della richiesta valutare, nella decisione finale se e come la presenza di segreti tecnici e commerciali incida sulla richiesta di accesso e se sia comunque possibile, nel bilanciamento degli interessi in conflitto, concedere l’accesso agli atti» e TAR Campania-Napoli, Sez. VI, sentenza 27 maggio 2015 n. 2934, secondo cui «nella fattispecie l’esistenza di segreti tecnici e industriali è genericamente affermata dall’amministrazione come pure dalla difesa della controinteressata. Secondo condivisibile giurisprudenza (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 26.2.2013, n. 2106) l’amministrazione richiesta ha l’onere di rappresentare quali sono le specifiche ragioni di tutela del segreto industriale e commerciale custoditi negli atti di gara, in riferimento a precisi dati tecnici. Sicchè in assenza di tale dimostrazione, l’accesso deve essere consentito»).
L’accesso può essere inibito solo in presenza di dati «che costituiscono, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali»
Ciò detto, la domanda corretta da porsi è: quali sono i “segreti tecnici o commerciali” che possono effettivamente motivare un corretto diniego d’accesso?
Non qualsiasi dato aziendale può essere secretato, ma solo quelle informazioni che effettivamente rappresentano quel quid pluris in grado di differenziare un operatore economico rispetto agli altri e, solo qualora sia dimostrata l’effettiva sussistenza di tale differenza, la pubblica amministrazione potrà allora legittimamente negare l’accesso, in tutti gli altri casi dovendo diversamente sempre consentirlo.
Sul punto, è stato chiarito come «La qualifica di segreto tecnico o commerciale deve essere riservata a elaborazioni e studi ulteriori, di carattere specialistico […] in grado di differenziare il valore del servizio offerto, solo a condizione che i concorrenti non ne vengano a conoscenza» (cfr. TAR Lombardia – Brescia, Sez. I, sentenza 7 gennaio 2015 n. 2).
Non qualsiasi dato aziendale può essere secretato, ma solo quelle informazioni che effettivamente rappresentano quel quid pluris in grado di differenziare un operatore economico rispetto agli altri
Con riferimento alla “finalità” di detto accesso, già in ordine all’art. 13, comma 6 del D.Lgs. n. 163/2006, oggi art. 53, comma 6 del Nuovo Codice Appalti, la giurisprudenza aveva chiarito che l’accesso cd. difensivo prevale sulle contrapposte esigenze di tutela del segreto tecnico e commerciale (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 19 ottobre 2009 n. 6993), ma ciò solo laddove l’accesso sia azionato «in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell’ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso».
L’accesso eccezionalmente consentito è strettamente collegato alla sola esigenza di difesa in giudizio e «presuppone un accurato controllo in ordine alla effettiva utilità della documentazione richiesta, alla stregua di una prova di resistenza, e non può prescindere dalle eventuali preclusioni processuali in cui sia incorso il richiedente» (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 9 gennaio 2008, n. 6121; Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 30 dicembre 2011, n. 6969).
Sempre in ambito giurisprudenziale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 28 luglio 2016 n. 3431) è stato inoltre chiarito che – alla luce della formulazione letterale della norma e della interpretazione sistematica del bilanciamento di valori attuata dall’art. 13 del D.Lgs. n. 163/2006, oggi art. 53 del Nuovo Codice Appalti – la prevalenza dell’accesso deve essere individuata nei soli casi in cui si impugnino atti della procedura di affidamento, ai fini di ottenerne l’annullamento e, comunque, il risarcimento del danno, anche in via autonoma (artt. 29, 30 e 120 c.p.a.).
Da ciò consegue che l’accesso cd. defensionale non può prevalere “ex se” sulla tutela del segreto tecnico o commerciale nelle ipotesi in cui:
– esso inerisce ad interessi diversi, quali il diritto di azione in sede civile nei confronti di soggetti privati per risarcimento danno da concorrenza sleale o per illecito extracontrattuale ovvero anche per sollecitare meramente l’intervento del giudice penale (essendo ciò escluso dal riferimento normativo ai casi relativi «alla procedura di affidamento del contratto»);
– ovvero per sollecitare poteri di autotutela dell’amministrazione (essendo ciò escluso dal riferimento alla «difesa in giudizio»).
La giurisprudenza ha avuto inoltre modo di affermare che il soggetto ricorrente quale secondo classificato in graduatoria riveste «una posizione particolarmente qualificata nell’ambito della procedura di gara» e solo per questo «il diritto di accesso dal medesimo esercitato si configura strumentale ad un’eventuale azione giudiziaria, così da dover essere in ogni caso assentito» (TAR Lombardia – Milano, Sez. III, 15 gennaio 2013, n. 116; TAR Puglia – Bari, Sez. III, 20 giugno 2017 n. 679).
La prevalenza dell’accesso è strettamente collegato alla sola esigenza di difesa in giudizio
4. Conclusioni
Da quanto sopra, emerge che il legislatore ha negato l’esercizio del diritto di accesso nei confronti della documentazione suscettibile di rivelare il know-how industriale e commerciale contenuto nelle offerte delle imprese partecipanti, così sì da evitare che operatori economici in diretta concorrenza tra loro possano utilizzare l’accesso per giovarsi delle specifiche conoscenze possedute da altri, al fine di conseguire un indebito vantaggio commerciale all’interno del mercato. Resta, tuttavia, consentito l’accesso per detta documentazione in vista della difesa in giudizio degli interessi del richiedente.
Il legislatore ha pertanto individuato un punto di equilibrio tra due configgenti, e cioè quello della trasparenza dei procedimenti e degli atti della pubblica amministrazione e quello della segretezza delle informazioni tecniche e commerciali fornite a corredo delle offerte, principi che devono poi essere coniugati con un altro principio di rango costituzionale, ovvero la difesa in giudizio degli interessi dei soggetti coinvolti.
Considerate le difficoltà e le incertezze che tanto i concorrenti alle procedure di gara quanto gli operatori della pubblica amministrazione spesso incontrano rispettivamente nel predisporre le istanze di accesso riguardanti le offerte tecniche acquisite e nel curarne le relative istruttorie, sempre più spesso il Giudice Amministrativo è stato chiamato per chiarire sia la portata delle predette istanze sia i principi da seguire nelle relative istruttorie della pubblica amministrazione di volta in volta interessata, alla quale dunque è bene far riferimento onde garantire la piena tutela dei suddetti principi alla base delle disciplina dell’accesso nelle procedure di gara.
[1] Sul punto si evidenzia il principio secondo cui «il rapporto tra la normativa generale in tema di accesso e quella particolare dettata in materia di contratti pubblici non va posto in termini di accentuata differenziazione, ma piuttosto di complementarietà, nel senso che le disposizioni (di carattere generale e speciale) contenute nella disciplina della legge n. 241 del 1990 devono trovare applicazione tutte le volte in cui non si rinvengono disposizioni derogatorie (…) nel Codice dei contratti (…). A tale conclusione si perviene d’altronde da un’analisi testuale, prima che sistematica, delle disposizioni normative delle quali qui si discorre, atteso che l’art. 13 d.lgs. 163/06 esordisce appunto specificando che “salvo quanto espressamente previsto nel presente codice, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dalla legge 7 agosto 1990 n. 241 e successive modificazioni” (cfr. Cons. St., VI, 30 luglio 2010, n. 5062). Analoga disposizione si rinviene ora nell’art.53 del D.Lgs. 50/2016» (cfr. TAR Sicilia – Palermo, Sez. III, sentenza 23 marzo 2017 n. 831)
[2] Testualmente, l’art. 13, comma 5, lett. a) del D.Lgs. n. 163/2006 stabiliva che erano sottratti all’accesso e ad ogni forma di divulgazione, tra gli altri documenti, «le informazioni fornite dagli offerenti nell’ambito delle offerte ovvero a giustificazione delle medesime, che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici e commerciali»
[3] Testualmente, l’art. 13, comma 6 del D.Lgs. n. 163/2006 prevedeva che l’accesso è comunque consentito al «concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell’ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso».