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( votes)1. Requisiti di partecipazione e meccanismi premiali nelle gare di appalto ai sensi degli articoli 57, 61 e 108 e dell’Allegato II.3 del D.lgs. 36/2023. Gli obblighi in fase di gara ed in fase di esecuzione
Nel d.lgs. 36/2023 sono previste diverse disposizioni che definiscono gli adempimenti finalizzati al raggiungimento dell’inclusione sociale secondo le relative norme di riferimento (per l’inclusione giovanile, femminile, di soggetti svantaggiati). In particolare l’art. 57 del d.lgs. 36/2023 prevede che per gli affidamenti dei contratti di appalto di lavori e servizi, diversi da quelli aventi natura intellettuale, e per i contratti di concessione, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti, riportino specifiche clausole sociali con le quali siano richieste misure, come requisiti necessari dell’offerta, volte a garantire le pari opportunità generazionali, di genere, di inclusione lavorativa per le persone con disabilità e svantaggiate e la stabilità occupazionale del personale impiegato, nel rispetto dei principi dell’Unione europea.
Le misure devono riguardare inoltre, come previsto già nel D.lgs. 50/2016, l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, tenendo conto “di quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e di quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività”.
Nell’offerta economica l’operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale.
Il previgente articolo 50 del D.lgs. 50/2016 stabiliva, con riferimento alle clausole sociali, l’obbligo dell’imprenditore subentrante di salvaguardare i livelli retributivi dei lavoratori riassorbiti in modo adeguato e congruo e tra i principi generali l’indicazione che gli operatori economici dovessero rispettare gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale. Con il D.lgs. 36/2023 è indicato che sia l’Amministrazione a richiedere misure specifiche – requisiti necessari dell’offerta – finalizzate al rendere concreta l’applicazione della clausola sociale tenuto conto della tipologia di intervento, con riguardo, in particolare, al settore dei beni culturali e del paesaggio. L’articolo in argomento presenta le clausole sociali come ampi obiettivi finalizzati all’inclusione ed alle pari opportunità (esistono quindi diverse e specifiche clausole sociali nel D.lgs. 36/2023), non riferendosi unicamente all’obiettivo della stabilità occupazionale.
Con il d.lgs. 36/2023 è indicato che sia l’Amministrazione a richiedere misure specifiche – requisiti necessari dell’offerta – finalizzate al rendere concreta l’applicazione della clausola sociale, tenuto conto della tipologia di intervento. Le clausole sociali non si riferiscono sono all’obiettivo della stabilità occupazionale, come nel previgente d.lgs. 50/2016.
L’art. 61 del D.lgs. 36/2023 che regola i contratti “riservati” dispone che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti prevedano nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, come requisiti necessari o come ulteriori requisiti premiali dell’offerta, meccanismi e strumenti idonei a realizzare le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate, come definite dalle relative disposizioni (articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68; articolo 4 della legge 8 novembre 1991, n. 381 e per le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all’esterno, ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354).
Secondo l’art. 61 possono essere richiesti come requisiti premiali dell’offerta (al fine dell’aggiudicazione) e non solo come requisiti necessari alla partecipazione, clausole sociali nel rispetto dei principi di libera concorrenza, proporzionalità e non discriminazione anche in relazione alla natura del singolo progetto. I meccanismi per realizzare le pari opportunità generazionali, sono rappresentate, ad esempio, con l’assunzione di giovani di età inferiore a trentasei anni.
L’articolo 50 del d.lgs. n. 50/2016 disciplinava la clausola sociale richiedendo che: “Per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono, nel rispetto dei principi dell’Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l’applicazione da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore”. Con il d.lgs. 36/2023 è previsto invece l’inserimento di clausole sociali, finalizzate anche alla stabilità occupazionale, in tutti gli appalti di lavori e servizi, diversi da quelli aventi natura intellettuale, e nei contratti di concessione, indipendentemente dalla condizione di essere o meno, contratti ad alta intensità di manodopera. Con il nuovo codice le clausole sociali non si riferiscono unicamente alla garanzia della stabilità occupazionale, ma anche, in una visione più ampia, alle pari opportunità in una logica di non discriminazione, a tutela dell’accesso al lavoro delle diverse categorie di lavoratori.
Con il d.lgs. 36/2023 è previsto l’inserimento di clausole sociali finalizzate anche alla stabilità occupazionale, in tutti gli appalti di lavori e servizi, diversi da quelli aventi natura intellettuale, e nei contratti di concessione, indipendentemente dalla condizione di essere o meno contratti ad alta intensità di manodopera, a differenza del previgente d.lgs. 50/2016.
Inoltre l’Allegato II.3 del D.lgs. 36/2023 prevede, in attuazione ed a completamento dell’art. 61, ulteriori strumenti premiali per realizzare le pari opportunità, di genere e per promuovere l’inclusione lavorativa delle persone disabili, oltre a stabilire obblighi specifici al fine della partecipazione alle procedure, anche a pena di esclusione.
Per gli operatori economici, aventi più di 50 dipendenti, infatti costituisce un obbligo specifico, a pena di esclusione, di presentare, all’atto della presentazione dell’offerta, copia dell’ultimo rapporto redatto sulla situazione del personale, ai sensi dell’articolo 46 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198; in caso di inosservanza dei termini previsti, è possibile attestare la trasmissione alle rappresentanze sindacali aziendali e alla consigliera e al consigliere regionale di parità. È quindi introdotta una clausola di esclusione in relazione alla tutela dei lavoratori in termini di parità di genere, di promozione professionale e di altre tutele costituzionali (cfr. Allegato II.3). È requisito necessario l’aver assolto, al momento della presentazione dell’offerta stessa, agli obblighi di cui alla legge n. 68 del 1999.
Agli operatori economici le cui unità occupate siano costituite da meno di 50 dipendenti o da un numero pari o superiore a quindici dipendenti, è richiesto, invece, entro sei mesi dalla conclusione del contratto, di consegnare alla stazione appaltante una relazione di genere sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni. Agli stessi operatori economici è inoltre richiesto di consegnare alla stazione appaltante, entro sei mesi dalla conclusione del contratto, la certificazione di cui all’articolo 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68 e una relazione relativa all’assolvimento degli obblighi di cui alla medesima legge (cfr. Allegato II.3).
Inoltre è previsto che l’operatore economico si impegni con la partecipazione alla gara a destinare il 30 per cento delle assunzioni sia all’occupazione giovanile, sia all’occupazione femminile (cfr. Allegato II.3, comma 4). Una soglia percentuale maggiore può essere considerata invece un elemento premiale, al fine dell’aggiudicazione, rivolta all’assunzione di persone disabili, di giovani, con età inferiore a trentasei anni, di donne per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività a esso connesse o strumentali. Tuttavia le stazioni appaltanti possono stabilire una quota inferiore a quella prevista nel comma 4 dell’Allegato, oppure non inserire specifiche clausole sociali dandone, in ogni caso, adeguata e specifica motivazione, che rilevi che l’oggetto del contratto, la tipologia, la natura del progetto o altri elementi puntualmente indicati, ne rendano l’inserimento impossibile “o contrastante con obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.
Inoltre è previsto che l’operatore economico si impegni con la partecipazione alla gara a destinare il 30 per cento delle assunzioni sia all’occupazione giovanile, sia all’occupazione femminile (cfr. Allegato II.3, comma 4). Una soglia percentuale maggiore può essere considerata un elemento premiale, al fine dell’aggiudicazione. La stazione appaltante qualora invece decida di non inserire clausole sociali deve darne motivazione specifica ed adeguata con riferimento ad obiettivi, ad esempio, di efficienza ed economicità.
Le Stazioni appaltanti richiedono, negli atti di gara, in sintesi, il rispetto degli obblighi di cui alla legge n. 68 del 1999, misure, come requisiti necessari alla partecipazione, volte a garantire le pari opportunità, la stabilità occupazionale, l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore.
Ne sono espressione il dover produrre, a pena di esclusione, al momento della presentazione della domanda di partecipazione o dell’offerta, copia dell’ultimo rapporto redatto, come prevede l’articolo 46 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 e l’impegno ad assumere una quota pari almeno al 30 per cento al fine di garantire sia all’occupazione giovanile sia all’occupazione femminile.
È inoltre prevista la possibilità, da parte della Stazione appaltante, di inserire criteri premiali aventi finalità di inclusione giovanile, femminile e per categorie svantaggiate, nel mondo del lavoro, come tra l’altro prevede l’art. 108, comma 7 del D.lgs. 36/2023:
“Al fine di promuovere la parità di genere, le stazioni appaltanti prevedono, nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese per l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso della certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 19”.
L’allegato II. 3 contiene anche indicazioni di ulteriori misure premiali che possono prevedere l’assegnazione di un punteggio aggiuntivo all’offerente o al candidato che, ad esempio, non è risultato nei tre anni antecedenti la data di scadenza del termine di presentazione delle offerte, destinatario di accertamenti relativi ad atti o comportamenti discriminatori secondo la disciplina dell’immigrazione, secondo le norme che tutelano la parità di trattamento senza distinzione di religione, di convinzioni personali, di handicap, di età e di orientamento sessuale, garantendo l’accesso all’occupazione e al lavoro, ovvero, in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
Un ulteriore elemento di valutazione può essere dato dall’utilizzo o impegno a utilizzare specifici strumenti di conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro per i propri dipendenti, nonché modalità innovative di organizzazione del lavoro. Inoltre, può essere considerato un elemento premiale aver, nell’ultimo triennio, rispettato i principi della parità di genere e adottato specifiche misure per promuovere le pari opportunità generazionali e di genere anche tenendo conto del rapporto tra uomini e donne nelle assunzioni, nei livelli retributivi.
L’allegato II. 3 contiene anche indicazioni di ulteriori misure premiali che possono prevedere l’assegnazione di un punteggio aggiuntivo all’offerente o al candidato che, ad esempio, non è risultato nei tre anni antecedenti la data di scadenza del termine di presentazione delle offerte, destinatario di accertamenti relativi ad atti o comportamenti discriminatori secondo la disciplina dell’immigrazione, o secondo le norme a sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
2. L’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore
L’art. 30 c. 4 D.lgs. 50/2016 stabiliva che “Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”. Tale obbligo, prima stabilito solo per il settore dei lavori, con il decreto correttivo n. 56/2017, è stato esteso anche ai servizi ed alle forniture. L’articolo 11 del D.lgs. 36/2023 dedica un articolo alle clausole sociali inquadrando le medesime come principi generali e stabilisce, tra l’altro, che al personale impiegato nell’appalto siano applicati i contratti collettivi nazionali di settore.
Il comma 1 dell’art. 11 del nuovo codice, dispone, come previsione generale, l’obbligo di applicare il contratto collettivo nazionale di lavoro in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni oggetto del contratto. E’ previsto, per esigenze di certezza, disposizione non prevista nel precedente codice, che le stazioni appaltanti indichino il contratto collettivo applicabile al personale impiegato nell’appalto oggetto di gara; agli operatori economici è concesso, al fine di garantire la libertà imprenditoriale, di indicare, nella propria offerta, un differente contratto collettivo da essi applicato, purché esso garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente.
L’operatore economico, al fine di garantire all’Amministrazione pubblica l’affidabilità, deve, prima dell’affidamento o aggiudicazione, fornire alla stazione appaltante una dichiarazione in cui si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele qualora adotti un contratto differente da quello individuato dall’ente.
Con nota prot. n. 687 del 19 aprile 2023 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro d’intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, hanno chiarito che le imprese che impiegano personale nell’ambito di appalti pubblici e concessioni devono necessariamente applicare il contratto collettivo stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente.
L’operatore economico dovrebbe garantire, quale presupposto minimo, almeno il trattamento stabilito dalla disciplina contrattuale individuata nel bando di gara e rispetto al giudizio di identità che deve operare la stazione appaltante è richiesta una perfetta coincidenza in termini di tutele. Alternativamente la disciplina richiamata, in caso di applicazione di un diverso contratto, al fine della tutela della libertà di iniziativa economica, richiede che vengano applicate le medesime tutele normative ed economiche oggetto della dichiarazione di equivalenza di cui al comma 4 del medesimo art. 11.
La giurisprudenza sul tema della individuazione da parte della stazione appaltante del contratto collettivo da applicarsi all’appalto (anche rispetto all’attività oggetto dell’appalto) nel tempo si è espressa affermando che rientrasse nella discrezionalità della stazione appaltante fissare i contenuti dei servizi da affidare mediante gara, ma non l’imporre od esigere un determinato contratto collettivo nazionale di lavoro, anche in considerazione che una o più tipologie di contratti potrebbero solo astrattamente adattarsi alle prestazioni oggetto del servizio da affidare (cfr. Cds 2198/2021).
Con il nuovo codice è valorizzata la previsione posta dall’art. 1, comma 2, lettera h), n. 2, della legge delega, adottando una funzione della clausola non semplicemente incentivante, ma volta ad un effettivo risultato applicativo con norme maggiormente pregnanti e vincolanti anche al fine di chiarire gli ambiti dell’istituto. Come è riportato nella relazione illustrativa al D.lgs. 36/2023:
“Rimane tuttavia aperta la questione, altrettanto centrale, della possibile sovrapposizione tra settori di attività e quindi della possibile applicabilità di più contratti collettivi conformi, con ambiti di applicazione compatibili con l’attività oggetto dell’appalto. La norma proposta – di cui ai commi 1 e 2 – intende compiere un ulteriore passo in questa direzione, restringendo anche le ipotesi in cui, per la frammentazione dei contratti collettivi nell’ambito del medesimo settore, l’operatore economico finisca con l’optare per un CCNL che non garantisce al lavoratore le migliori tutele sotto il profilo normativo ed economico. La previsione non pare in contrasto con l’art. 39 Cost. in quanto non è diretta a estendere ex lege ed erga omnes l’efficacia del contratto collettivo, ma si limita a indicare le condizioni contrattuali che l’aggiudicatario deve applicare al personale impiegato, qualora, sulla base di una propria e autonoma scelta imprenditoriale, intenda conseguire l’appalto pubblico, restando libero di applicare condizioni contrattuali diverse nello svolgimento dell’attività imprenditoriale diversa; e restando libero di accettare o non la clausola dell’appalto pubblico oggetto dell’aggiudicazione (accettando, quindi, anche l’esclusione dalla procedura).
I medesimi argomenti possono essere utilizzati per affermare la compatibilità anche rispetto all’art. 41 Cost., tenuto conto altresì che la libera iniziativa economica “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale”. Il consentire alla p.a. la scelta di indicare il CCNL applicabile alle prestazioni oggetto di gara sembra trovare giustificazione proprio sotto questo profilo (Art. 41, secondo comma, Cost.)”.
3. Il contenuto dell’offerta economica. I costi della manodopera
L’art. 41, co. 13, d.lgs. 36/2023, da ultimo, riproduce lo stesso contenuto del citato art. 23, co. 16, D.lgs. 50/2016, ovvero “per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali.”
Ai sensi del vigente art. 110, co. 4, D.lgs. 36/2023, poi, in sede di verifica dell’anomalia non sono ammesse giustificazioni, tra le altre, “in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge”.
A sua volta nell’offerta economica l’operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale (art. 108, comma 9 del d.lgs. 36/2023). Le nuove disposizioni prevedono che l’assenza dei citati costi ed oneri comporti l’esclusione dell’offerente, come giurisprudenza nel tempo aveva peraltro già affermato, tanto da consolidare l’orientamento che la mancata indicazione comportava necessariamente l’esclusione dalla gara, trattandosi di lacuna non suscettibile di soccorso istruttorio.
Le nuove disposizioni prevedono che l’assenza dei costi della manodopera e degli oneri di sicurezza comporti l’esclusione dell’offerente, come giurisprudenza nel tempo aveva peraltro già affermato, tanto da consolidare l’orientamento che la mancata indicazione comportava necessariamente l’esclusione dalla gara, trattandosi di lacuna non suscettibile di soccorso istruttorio.
Per quanto riguarda la ragione della prevista indicazione separata del costo del lavoro, la medesima è rivolta all’esigenza di consentire alla Stazione appaltante una puntuale verifica della congruità del prezzo offerto con particolare riguardo al rispetto delle tabelle previste dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali.
Nel caso di scostamento dalle citate tabelle, l’orientamento prevalente ritiene possibile giustificare il valore indicato in offerta rispetto a quello risultante dalle tabelle ministeriali, qualora, però, si dimostri il rispetto dei minimi salariali previsti dai contratti collettivi (TAR Campania, IV, 15 aprile 2019, n. 2136). I costi della manodopera sono quindi isolati, con loro separata evidenziazione all’interno dell’offerta, demandando alla Stazione appaltante il compito di verificare, prima di procedere alla aggiudicazione definitiva, la congruità dei costi ed il rispetto delle tabelle ministeriali (CdS, V, 12 settembre 2018, n. 5332).
L’operatore economico non deve fare riferimento ad un costo medio del lavoro, ma ai propri costi effettivi, che ritiene di dover sostenere in caso di aggiudicazione della commessa, conseguentemente il costo della manodopera quantificato dall’operatore economico può discostarsi da quello stimato dalla Stazione appaltante, in quanto i reali valori aziendali possono ben risultare inferiori a causa di agevolazioni, sgravi fiscali o contributivi, detrazioni varie, etc. (Tar Lecce Luglio n. 911/2023).
Qualora sussistano consistenti scostamenti tra i valori indicati dall’offerente e quelli medi rivenienti dalle tabelle (nonché rispetto a quelli ipotizzati nel progetto posto a base di gara e quelli “mediamente” indicati dagli altri concorrenti) idonei ad ingenerare ragionevoli dubbi circa la congruità, serietà e sostenibilità della offerta, è necessario procedere alla verifica in concreto della “ragionevolezza” della offerta, fatta salva l’inammissibilità di giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge.
Si rileva come la giurisprudenza amministrativa – formatasi in relazione al previgente Codice dei contratti pubblici – abbia affermato che “i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali sono un semplice parametro di valutazione della congruità dell’offerta, perciò l’eventuale scostamento delle voci di costo da quelle riassunte nelle tabelle ministeriali non legittima un giudizio di anomalia o di incongruità e occorre, perché possa dubitarsi della congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata, alla luce di una valutazione globale e sintetica, espressione di un potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza non renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta” (Cons. Stato, n. 5332/2023 e n. 6307/2020).
L’operatore economico non deve fare riferimento ad un costo medio del lavoro, ma ai propri costi effettivi, qualora sussistano consistenti scostamenti tra i valori indicati dall’offerente e quelli medi rivenienti dalle tabelle idonei ad ingenerare ragionevoli dubbi circa la congruità della offerta, è necessario procedere alla verifica in concreto della “ragionevolezza” della offerta.
Quindi, l’eventuale scostamento delle voci di costo del lavoro rispetto a quello risultante dalle tabelle ministeriali determina, in capo alla stazione appaltante, l’avvio della procedura finalizzata alla verifica di congruità della singola offerta solo se essa sia considerevole e palesemente ingiustificata (ex multis, Cons. Stato, n. 5332/2018 e n. 5084/2018), a favore della sostenibilità e serietà dell’offerta anche rispetto alle tutele dei lavoratori.