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La giurisprudenza amministrativa è costante nel ritenere che i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali costituiscono un semplice parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che l’eventuale scostamento delle voci di costo da quelle riassunte nelle tabelle ministeriali non legittima di per sé un giudizio di anomalia o di incongruità, occorrendo, perché possa dubitarsi della sua congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata (Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 31 marzo 2017, n. 1495). Anche l’Anac, nell’Atto di segnalazione n. 2 del 19 marzo 2014 sottolineava la necessità di salvaguardare, anche, il principio dell’autonomia imprenditoriale, ammettendo giustificazioni in relazione ad elementi che influenzano il costo “complessivo” del personale. Infatti l’Autorità ha evidenziato che il costo complessivo del personale, per ciascun concorrente, è da ritenere che si determini in base alla reale capacità organizzativa d’impresa che è funzione della libera iniziativa economica ed imprenditoriale (art. 41 Cost.) e come tale non dovrebbe essere compressa mediante predeterminazioni operate ex ante.

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Avv. Maria Teresa Colamorea
Avvocato esperto in materia di appalti pubblici
Dott.ssa Liliana Simeone
Consulente in materia di appalti pubblici
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