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Analisi di pareri e pronunce su questioni attinenti all’attività contrattuale  ed in genere all’azione amministrativa delle stazioni appaltanti

Sul passaggio dalla gestione in economia ad una gestione (con commistione) tramite appalto del servizio di raccolta, smaltimento rifiuti solidi urbani

(sezione regionale di controllo per la Basilicata, deliberazione n. 47/2016)


Indice

  1. Il quesito
  2. La ricostruzione delle competenze in materia ed i limiti rispetto al richiesto parere  
  3. Il riscontro alla richiesta
  4. Costo del servizio e clausola sociale

1. Il quesito

Il Sindaco di un comune lucano si rivolge al Collegio prospettando una peculiare situazione in cui pur assicurando in economia (con gestione diretta) il servizio di raccolta, trasporto e conferimento in discarica dei rifiuti solidi urbani -, compresi il servizio di giardinaggio e i servizi manutentivi del patrimonio comunale, con proprio personale assunto a tempo pieno e indeterminato -, avendo carenza di attrezzature per la raccolta differenziata dei rifiuti anche  per il loro conferimento presso centri autorizzati di recupero chiede lumi circa la possibilità di esternalizzare il servizio con assorbimento del proprio personale, utilizzo dei propri beni con oneri retributivi e connessi a carico del bilancio comunale.

A fondamento di tale richiesta nel parere si puntualizzava che “il servizio finora assicurato presenta (…) criticità sul piano qualitativo e quantitativo e, d’altra parte, è sorta la necessità di provvedere alla raccolta differenziata dei rifiuti”.

Pertanto, il comune ipotizzava di abbandonare il modello della gestione diretta in economia per conferire il servizio a ditte specializzate mediante appalto. Tale soluzione, tuttavia, presentava il problema che il personale adibito per la raccolta rifiuti, pulizia e giardinaggio e manutenzione,  risultava eccedente rispetto ai mutati fabbisogni dell’Ente istante.

Il quesito, pertanto, si sostanziava nella richiesta se fosse o meno possibile affidare i servizi della raccolta rifiuti e connessi “mediante appalto, prevedendo che l’appaltatore, oltre ai mezzi, alle attrezzature e al personale aziendale, utilizzi anche le attrezzature, i mezzi e il personale già nella disponibilità del Comune, che si farebbe carico degli oneri retributivi, assistenziali e assicurativi del proprio personale impiegato, delle spese di conferimento in discarica, nonché delle spese di bollo e di assicurazione dei mezzi propri forniti, oltre ad altre voci di spesa”.

A carico dell’appaltatore sarebbero residuati – si evidenzia nel parere – tutti  “gli altri costi per la raccolta e il trasporto dei rifiuti, gli oneri per i dispositivi di protezione individuale, ed altre spese relative al funzionamento e alla manutenzione ordinaria dei mezzi di trasporto comunali”. 

2. La ricostruzione delle competenze in materia ed i limiti rispetto al richiesto parere   

Trattandosi di scelte gestionali, la sezione avverte che nella fattispecie, l’istanza poteva essere esaminata solo in quanto volta a ottenere un chiarimento, da un punto di vista astratto, “circa l’utilizzo delle risorse pubbliche necessarie all’espletamento di funzioni istituzionali/fondamentali dell’Ente, modalità che possono incidere sulla sana gestione finanziaria dell’Ente nel settore dei rifiuti solidi urbani”.

In definitiva, con il quesito si chiedevano elementi a sostegno della correttezza del passaggio di  gestione (da un servizio gestito in economia ad uno esternalizzato) ma con oneri a carico della stazione appaltante relativamente alle “tre unità di personale di categoria A, assunte a tempo indeterminato, adibite al servizio di raccolta e trasporto rifiuti, al servizio di spazzamento strade, ai servizi di giardinaggio e manutentivi e di pulizia del patrimonio comunale”.

La sezione, prima del riscontro  vero e proprio, si sofferma sulla configurazione giuridica del servizio (anche per individuare la normativa primaria di riferimento). 

Per “gestione” dei rifiuti solidi urbani, si legge nel parere, si deve intendere:

i) per “gestione” la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compresi il controllo di tali operazioni;

ii) per “raccolta”, il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito preliminare alla raccolta, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta, ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento;

iii) per “raccolta differenziata”, la raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al tipo ed alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico;

iv) per “gestione integrata dei rifiuti”, il complesso delle attività, ivi compresa quella di spazzamento delle strade volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti;

v) per “spazzamento delle strade”, le modalità di raccolta dei rifiuti mediante operazione di pulizia delle strade, aree pubbliche e aree private ad uso pubblico escluse le operazioni di sgombero della neve dalla sede stradale e sue pertinenze, effettuate al solo scopo di garantire la loro fruibilità e la sicurezza del transito (art. 183, D.Lgs. n. 152/2006).

Tali attività, ai sensi dell’art. 177 del D.Lgs. ult. cit., costituiscono “attività di pubblico interesse” (comma 2) e per conseguire le finalità e gli obiettivi previsti dalla normativa, “lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali esercitano i poteri e le funzioni di rispettiva competenza in materia di gestione dei rifiuti in conformità alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, adottando ogni opportuna azione ed avvalendosi, ove opportuno, mediante accordi, contratti di programma o protocolli d’intesa anche sperimentali, di soggetti pubblici o privati (comma 5)”.

Più nello specifico, ai comuni è attribuito, tra gli altri, il compito di concorrere, “nell’ambito delle attività svolte a livello degli ambiti territoriali ottimali di cui all’articolo 200 e con le modalità ivi previste, alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati.

Quindi, per prima cosa, il Comune istante – secondo la Corte – deve procedere con la verifica, per il rispetto dei principi di legittimità e di sana gestione, se il modello di servizio e di affidamento della raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani, di trasporto e di spazzamento, che intende adottare sul proprio territorio, sia conforme e coerente con le prescrizioni – eventualmente esistenti – assunte dall’Ente di gestione attuale o da quelli che l’hanno preceduto e ai quali è subentrato.

3. Il riscontro alla richiesta

Con riguardo all’intenzione di affidare a ditta privata il servizio di racconta (differenziata) dei rifiuti, di spazzamento e di trasporto, la sezione ricorda che l’appalto evidentemente deve seguire in ogni caso le regole della evidenza pubblica contenute nelle vigenti disposizioni, anche con riferimento alle soglie di rilevanza del valore dell’appalto.

La raccolta, lo spazzamento e il trasporto dei rifiuti solidi urbani è un servizio ad alta intensità di manodopera, dove cioè è maggiore la spesa per il personale impiegato rispetto agli investimenti richiesti in mezzi e infrastrutture.

Pertanto l’intenzione del comune committente di mantenere a proprio carico la spesa del personale dipendente già adibito al servizio, unitamente al costo del materiale, agli oneri di manutenzione straordinaria dei mezzi dati in comodato gratuito all’appaltatore, manifesta alcuni aspetti critici che la sezione evidenzia immediatamente.

In primo luogo, se il valore dell’appalto viene determinato soltanto dal corrispettivo pattuito, al netto delle spese che restano a carico del committente, il rischio è quello di distorcere artificiosamente il valore complessivo dell’appalto ai fini di determinarne la soglia di rilevanza. A questo proposito la sezione richiama l’attenzione del comune istante sulla disposizione di cui al comma 6 dell’art. 35 del D.Lgs. n. 50/2016, per il quale “la scelta del metodo per il calcolo del valore stimato di un appalto o concessione non può essere fatta con l’intenzione di escluderlo dall’ambito di applicazione delle disposizioni del presente codice relative alle soglie europee”.

Inoltre, il conferimento da parte del committente, con oneri a proprio carico, di risorse di personale e di mezzi destinati ad essere impiegati dall’impresa appaltatrice nel servizio, ingenera il dubbio che si possa in realtà simulare una “sorta di società di fatto tra il comune e l’impresa affidataria” o, quanto meno, che anche il committente partecipi all’esercizio dell’impresa nella misura in cui ne sopporta una parte dei costi di esercizio o, ancora, che vi sia, più in generale, una qualche cointeressenza.

In questo senso, la circostanza che il comune denunci che in caso contrario si troverebbe a gestire personale in esubero, rende – secondo la sezione – condivisibilmente “ancora più evidente l’esistenza di un interesse concorrente e convergente della stazione appaltante al modello si affidamento che si vorrebbe utilizzare “che, tuttavia, di per sé non si qualifica senz’altro come conforme alla sana gestione”.

In ogni caso non risulta chiaro, rileva il collegio come l’impresa affidataria possa utilizzare personale alle dipendenze altrui, non solo economicamente, ma anche in termini contrattuali e di disciplina, senza poter esercitare i poteri propri del datore di lavoro. Neppure è apparso chiaro, altresì come l’impresa, in una situazione così ibrida, possa organizzare autonomamente il lavoro per adempiere gli obblighi contrattuali assunti, rispondendone per l’inadempimento.  

In termini più generali, l’art. 6-bis del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, “consente alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, tra cui gli Enti Locali, purché nel rispetto dei principi di concorrenza e di trasparenza, di acquistare sul mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione e di adottare le necessarie misure in materia di personale e di dotazione organica”.

Rimane ferma però la competenza dei  collegi dei revisori dei conti e agli organi di controllo interno delle amministrazioni nel caso di attivazione dei processi di esternalizzazione, vigilare sull’applicazione dell’articolo appena citato, “dando evidenza, nei propri verbali, dei risparmi derivanti dall’adozione dei provvedimenti in materia di organizzazione e di personale, anche ai fini della valutazione del personale con incarico dirigenziale di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286”.

4. Costo del servizio e clausola sociale

L’attenta esposizione, in delibera, delle questioni principale – a sommesso avviso – omette alcune rilevanti considerazioni. In primo luogo, la circostanza per cui il costo del servizio raccolta e smaltimento rifiuti deve essere coperto integralmente dal cittadino, compreso anche il costo del personale. Rimangono fuori da questo concetto, evidentemente, aspetti relativi a servizi collaterali di tipo manutentivo e/o altri servizi che non sono riconducibili al servizio principale.

Altra questione di rilievo è che anche nell’ipotesi specifica, probabilmente, può  essere utilizzata la clausola sociale che prevede il riassorbimento del personale precedentemente utilizzato e,  pertanto, non con oneri a carico del bilancio comunale che, a parere di chi scrive – come anche si evidenzia nel parere – pare problematica difficilmente superabile.      

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott. Stefano Usai
Vice segretario del Comune di Terralba (Or)
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