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1. Il caso

Con sentenza n. 23 del 4 novembre 2016 l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato fornisce importanti chiarimenti in ordine all’oggetto del contratto di avvalimento, alle modalità per la sua esplicitazione e alle forme di invalidità conseguenti alle violazioni che vi si possano riferire.

La vicenda, oggetto della decisione, concerne una gara indetta, sotto il vigore del Codice del 2006, per la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori di adeguamento statico e miglioramento sismico di un viadotto siciliano.

La seconda classificata impugnava gli atti conclusivi della gara e nell’ambito di tale impugnazione, l’aggiudicataria, con ricorso incidentale, denunciava la mancata esclusione della ricorrente, la quale avrebbe dovuto essere disposta in quanto, in relazione alla qualificazione nella categoria prevalente, era stato prodotto un contratto di avvalimento privo della specificità richiesta dall’art. 88 del d.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207, quanto meno con riferimento al personale ed allo stabilimento necessario dell’ausiliaria.

Il TAR adito, in accoglimento del ricorso incidentale, riteneva il contratto di avvalimento non valido ai fini della qualificazione dell’operatore economico atteso che:

  1. il contratto di avvalimento riguardava il “prestito” del requisito nella categoria relativa alla produzione in stabilimento ed il montaggio in opera di strutture in acciaio;
  2. l’autorità di vigilanza, con una sua determinazione, ha chiarito che “l’elemento di novità introdotto dal legislatore nella categoria specializzata OS18 di cui all’allegato A del D.P.R. n. 34/2000 e s.m., mediante l’introduzione della locuzione “produzione in stabilimento”, …è stato quello di riservare la qualificazione in detta categoria alle imprese che abbiano una effettiva capacità aziendale di produrre in proprio e mettere in opera gli elementi previsti dalla declaratoria della suddetta categoria OS18”;
  3. tale precisazione sarebbe stata dettata dall’esigenza di individuare in capo allo stesso soggetto la titolarità della produzione e della messa in opera e conseguentemente non si potrebbe prescindere dalla verifica dell’effettiva disponibilità dello stabilimento di produzione;
  4. il contratto di avvalimento prodotto, pur contenendo all’allegato 1 l’analitica indicazione dei mezzi e delle attrezzature messi a disposizione dall’ausiliaria, non era sufficiente perché non recava alcun riferimento allo stabilimento industriale, laddove sarebbe stato essenziale indicarlo in ragione dell’importanza che lo stabilimento ha per questa particolare categoria;
  5. la circostanza che i mezzi e le attrezzature fossero ubicati all’interno dello stabilimento, non era sufficiente;
  6. l’insufficienza del contratto di avvalimento non potrebbe essere neppure oggetto di soccorso istruttorio perché sarebbe possibile solo la regolarizzazione della documentazione e non anche la mancanza di un requisito al momento dell’offerta.

Avverso la sentenza di primo grado, la ricorrente ha proposto appello rilevando che con il contratto di avvalimento l’ausiliaria aveva messo a disposizione il proprio complesso aziendale di cui faceva parte anche lo stabilimento. Tale conclusione, peraltro, sarebbe avvalorata dal fatto che il predetto contratto di avvalimento, oltre a descrivere le attrezzature, indicava anche la loro ubicazione, ossia il loro inserimento all’interno dello stabilimento, risultando precisato “quali sono le attrezzature operanti nell’area officina, quali sono le attrezzature operanti nel piazzale o nel reparto manutenzione. Peraltro, alcune delle attrezzature, oggetto del più volte citato contratto, per le loro caratteristiche non potevano essere spostate “dall’area operativa di impiego”, così confermando che anche lo stabilimento è incluso nel contratto di avvalimento.

2. La questione giuridica sottoposta all’Adunanza Plenaria con l’ordinanza del CGA n. 52/2016

Con ordinanza n. 52/2016 il CGARS il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia (d’ora in poi CGA), dopo avere ricostruito con approfonditi richiami il quadro normativo rilevante ai fini della definizione della res controversa, ha ritenuto di sottoporre all’Adunanza Plenaria tre questioni ritenute rilevanti ai fini del decidere.

I quesiti articolati dal giudice remittente vertono su questioni di diritto che hanno dato luogo o possono dar luogo a contrasti giurisprudenziali. In particolare, è stato chiesto all’Adunanza Plenaria di stabilire:

  1. se l’articolo 88 d.P.R. 207/2010 – nel richiedere che il contratto deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente, l’oggetto indicando le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico – riguarda unicamente la determinazione dell’oggetto del contratto (così legittimando anche interpretazioni di tipo estensivo) oppure, oltre all’oggetto, anche il c.d. requisito della forma-contenuto;
  2. se nell’ipotesi di categorie che richiedono particolari requisiti – come nel caso di specie risulta per la categoria OS18A – tali particolari requisiti debbano essere indicati in modo esplicito nel contratto di avvalimento oppure possano essere desunti dall’interpretazione complessiva del contratto;
  3. se l’istituto del soccorso istruttorio, come disciplinato dopo le novità introdotte dal d.l. 90/2014, possa essere utilizzato anche con riferimento ad incompletezze del contratto di avvalimento che, sotto un profilo civilistico, portano ad affermare la nullità del negozio per mancanza di determinatezza del suo oggetto.

Il CGA, nella propria ordinanza di rimessione, ha in primo luogo richiamato la genesi dell’istituto[1], la cui enucleazione in ambito eurounitario risponde all’obiettivo di garantire “[la] massima partecipazione alle gare, consentendo ai concorrenti di utilizzare i requisiti di capacità tecnico-professionale e economico-finanziaria di soggetti terzi, indipendentemente dalla natura giuridica dei legami con altri soggetti”.

I caratteri e le finalità di fondo dell’istituto (per come delineati dall’articolo 47 della direttiva 2004/18/CE) sono stati da ultimo sostanzialmente confermati dall’articolo 63 della direttiva 2014/24/UE (cui corrispondono le analoghe previsioni dell’articolo 38, paragrafo 2 della direttiva 2014/23/UE in tema di concessioni e dell’articolo 79 della direttiva 2014/25/UE in tema di cc.dd. ‘settori speciali’).

I Giudici rimettenti hanno altresì sottolineato che i compilatori del previgente ‘Codice dei contratti, consapevoli dei potenziali rischi connessi a un uso indistinto e strumentale dell’istituto, avevano associato alla sua prima disciplina talune disposizioni volte a prevenire il rischio della nascita di veri e propri ‘avvalifici’.

E’ noto tuttavia che l’evoluzione normativa degli anni successivi (anche su impulso della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE) ha temperato alcune delle più rigide preclusioni a tal fine inizialmente introdotte, in particolare:

i) il c.d. ‘primo correttivo’ ha eliminato il divieto di subappalto in favore dell’impresa ausiliaria [in tal senso l’articolo 2, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 26 gennaio 2007, n. 6], mentre

ii) il c.d. ‘terzo correttivo’ ha eliminato la possibilità per le stazioni appaltanti di stabilire in sede di bando che, in relazione alla natura o all’importo dell’appalto, le imprese partecipanti potessero avvalersi solo dei requisiti economici o dei requisiti tecnici, ovvero che l’avvalimento potesse integrare un preesistente requisito tecnico o economico già posseduto dall’impresa avvalente in misura percentuale fissata nel bando stesso [in tal senso l’articolo 1, comma 1-ter, lettera n), n. 2) del decreto legislativo 11 settembre 2008, n. 152]).

V’è d’altra parte da evidenziare che il Legislatore ha introdotto, sino a tempi recenti, disposizioni evidentemente ispirate da un accentuato atteggiamento di cautela (e in taluni casi da una vera e propria ‘diffidenza’) in ordine alle possibili derive opportunistiche connesse a veri e propri abusi dell’istituto in questione (in tal senso, ad esempio, l’obbligo per l’impresa ausiliaria di presentare un’apposita dichiarazione d’obbligo circa la messa a disposizione dei requisiti e delle risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto – dichiarazione che la giurisprudenza più recente ha ritenuto necessaria nonostante il suo contenuto risulti in parte riproduttivo di quello proprio del contratto stesso di avvalimento -).

Il CGA ha dato, altresì, atto dell’orientamento secondo cui il contratto di avvalimento (qualificabile come contratto atipico) presenta tratti propri:

  1. del contratto di mandato di cui agli articoli 1703 e seguenti del codice civile, nella parte in cui prevede il compimento di alcuni atti giuridici da parte dell’ausiliaria (senza tuttavia poterlo a questo assimilare integralmente, come già detto),
  2. dell’appalto di servizi, nonché
  3. aspetti di garanzia atipica nei rapporti fra l’impresa ausiliaria e l’amministrazione aggiudicatrice per ciò che riguarda l’assolvimento delle prestazioni dedotte in contratto[2].

È, inoltre, da sottolineare che sia il CGA che la Plenaria condividono l’impostazione secondo cui il contratto di avvalimento presenta tipicamente un carattere di onerosità. Laddove, peraltro, in sede contrattuale non venga espressamente stabilito un corrispettivo in favore dell’impresa ausiliaria, deve comunque emergere dal testo contrattuale l’interesse – di carattere direttamente o indirettamente patrimoniale – che ha indotto l’ausiliaria medesima ad assumere senza corrispettivo gli obblighi derivanti dal contratto di avvalimento e le connesse responsabilità[3].

In ordine alla questione della forma del contratto di avvalimento, la legge stabilisce che il partecipante deve produrre il contratto in originale o in copia autentica così presupponendo che il contratto sia stato stipulato in forma scritta. Tuttavia il codice non fornisce indicazioni chiare in ordine al requisito formale richiesto e cioè se si tratta di forma ad substantiam o ad probationem.

I Giudici rimettenti a tal riguardo hanno affermato (tesi condivisa dalla Plenaria) che prevalenti ragioni di carattere sistematico depongono nel senso che la forma scritta del contratto di avvalimento sia prescritta ad substantiam.

Depongono in particolare in tal senso:

  1. l’articolo 49, comma 2, lettera f) del previgente ‘Codice’ il quale, nel prevedere che il concorrente debba produrre ai fini della partecipazione alla gara “in originale o copia autentica il contratto [di avvalimento]”, presuppone – sia pure in modo implicito – che il Legislatore richieda la forma scritta per la stessa stipula del contratto;
  1. la sussistenza nel caso di specie delle ragioni di responsabilizzazione del consenso che tipicamente presiedono alla scelta legislativa di imporre che il contratto sia stipulato con forma scritta prescritta ad substantiam.

Tali argomenti, come si è via via evidenziato, sono stati condivisi dalla pronuncia plenaria che li ha sostanzialmente fatti propri.

Mentre particolarmente complessa è risultata la tematica relativa all’oggetto del contratto di avvalimento, tematica quest’ultima che ha giocato un ruolo rilevante nella questione rimessa alla plenaria. Si è trattato di comprendere quando è sufficientemente determinato l’oggetto del contratto di avvalimento.

A tal proposito, il CGA si è in primo luogo soffermato sull’apparente diversità disciplinare che emerge dal raffronto fra:

  • (da un lato) l’articolo 1346 del codice civile (secondo cui l’oggetto del contratto deve essere “possibile, lecito, determinato o determinabile”, in tal modo escludendo che l’invalidità del contratto possa essere pronunciata in ragione della non immediata determinatezza dell’oggetto) e
  • (dall’altro) l’articolo 88, comma 1 del d.P.R. 207 del 2010, secondo cui il contratto di avvalimento deve indicare “le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico”, in tal modo legittimando, secondo parte degli osservatori, l’interpretazione secondo cui un contratto di avvalimento dal contenuto – soltanto – determinabile risulterebbe per ciò stesso invalido.

I Giudici rimettenti hanno poi dato atto dei diversi orientamenti formatisi sul tema del contenuto formale del contratto di avvalimento (anche per ciò che attiene l’esplicitazione dell’oggetto della pattuizione), sottolineando che:

  1. in base a un primo – e rigoroso – orientamento, sarebbe sempre insufficiente, ai fini della validità del contratto di avvalimento la mera e tautologica riproduzione, in sede contrattuale, dell’impegno di mettere a disposizione “i requisiti necessari per la partecipazione alla gara, con specifica indicazione dei requisiti stessi e dell’impresa ausiliaria” (Cons. St., V, 30 novembre 2015 n. 5396; Cons. St., V, 23 settembre 2015 n. 4456; Cons. St., VI, 8 maggio 2014 n. 2365);
  2. in base a un secondo orientamento, sarebbe possibile distinguere, ai richiamati fini:
  3. fra un avvalimento di garanzia (con cui l’ausiliaria si impegna a mettere a disposizione dell’ausiliata la propria complessiva solidità economico-finanziaria, in tal modo ampliando lo spettro della responsabilità per la corretta esecuzione dell’appalto, cfr. (Cons. St., III, 22 gennaio 2014 n. 594) e
  4. un avvalimento operativo (nel cui ambito occorre effettivamente indicare in modo specifico le risorse che l’ausiliaria mettere a disposizione dell’impresa principale);
  5. in base a un ulteriore orientamento (il quale a ben vedere condivide il rigore applicativo che caratterizza quello dinanzi richiamato sub i)), tanto nel caso del c.d. ‘avvalimento di garanzia’, tanto nel caso del c.d. ‘avvalimento tecnico-operativo’ le parti dovrebbero necessariamente indicare in sede contrattuale l’oggetto specifico in modo determinato (e, in particolare, dovrebbero indicare gli specifici “fattori della produzione e tutte le risorse che hanno permesso all’ausiliaria di eseguire le prestazioni analoghe nel periodo richiesto da bando” – in tal senso il punto 5.5.3 dell’ordinanza di rimessione -,  C.G.A. 21 gennaio 2015, n. 35; poi seguito da Cons. St., sez. III, 7 luglio 2015, n. 3390 e Cons. St., sez. VI, 30 settembre 2015, n. 4544)).

Secondo i Giudici rimettenti, prevalenti ragioni sistematiche deporrebbero nel terzo dei sensi indicati.

A tal fine viene richiamata la teorica della c.d. ‘forma-contenuto’ la quale, muovendo dalla distinzione fra contenuto formale e contenuto sostanziale dell’atto, giunge ad individuare casi di ‘nuovo formalismo’ in relazione ai quali viene imposta, ai fini della validità dell’atto, la puntuale esplicitazione di una serie di elementi individuati dal Legislatore.

In siffatte ipotesi la forma non rappresenterebbe solo il mezzo di manifestazione della volontà contrattuale ma recherebbe anche “l’incorporazione di un contenuto minimo (…) di informazioni che attraverso il contratto devono essere fornite”, in tal modo evitando sovrapposizioni con la tematica della determinatezza o della determinabilità dell’oggetto.

Per quanto riguarda il caso di specie, il CGA ha affermato che la mancata indicazione nel contratto di avvalimento dello stabilimento ove effettuare la produzione comporterebbe l’indeterminatezza dell’oggetto del contratto – per violazione dell’obbligo di indicare in modo compiuto, esplicito ed esauriente le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico (art. 88 del d.P.R. 207 del 2010) –, nonché la violazione del requisito di forma-contenuto. Mancando tale indicazione compiuta, esplicita ed esauriente il contratto di avvalimento fra le due richiamate società sarebbe nullo con conseguente assenza del requisito di partecipazione in capo all’operatore economico che ha presentato la domanda.

3. La decisione Plenaria

La Plenaria dopo aver condiviso talune considerazioni del CGA in ordine alla natura ed a taluni profili dell’istituto, non ha condiviso la tesi dallo stesso prospettata in ordine all’oggetto e alla specificità del contratto di avvalimento.

L’art. 49, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e l’art. 88, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, in relazione all’art. 47, par. 2 della Direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a un’interpretazione tale da configurare la nullità del contratto di avvalimento in ipotesi in cui una parte dell’oggetto del contratto di avvalimento, pur non essendo puntualmente determinata fosse tuttavia agevolmente determinabile dal tenore complessivo del documento, e ciò anche in applicazione degli artt. 1346, 1363 e 1367 cod. civ.. In siffatte ipotesi, neppure sussistono i presupposti per fare applicazione della teorica c.d. del ‘requisito della forma/contenuto’, non venendo in rilievo l’esigenza (tipica dell’enucleazione di tale figura) di assicurare una particolare tutela al contraente debole attraverso l’individuazione di una specifica forma di “nullità di protezione”.

3.1 Sul primo quesito

La Plenaria ha preliminarmente ripercosso la genesi[4] dell’istituto dell’avvalimento, il quale, come noto, è stato introdotto nell’ordinamento nazionale in attuazione di puntuali prescrizioni dell’ordinamento UE e che esso risulta volto, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE, a conseguire l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile. Si tratta, secondo la Corte, di un obiettivo perseguito dalle direttive a vantaggio non soltanto degli operatori economici, ma parimenti delle amministrazioni aggiudicatrici (in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2009 in causa C-305/08, CoNISMa).

L’enucleazione dell’istituto – è stato considerato – mira inoltre a facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, cui tende altresì la direttiva 2004/18, come posto in rilievo dal considerando 32 (in tal senso la sentenza del 10 ottobre 2013 in causa C-94/12 – SWM Costruzioni).Trattandosi di obiettivi generali dell’ordinamento eurounitario (e sulla base di generali canoni ermeneutici di matrice UE), grava sull’operatore nazionale l’obbligo di interpretare le categorie del diritto nazionale in senso conforme ad essi (c.d. criterio dell’interpretazione conforme) e di non introdurre in relazione ad essi vincoli e limiti ulteriori e diversi rispetto a quelli che operano in relazione alle analoghe figure del diritto interno (si tratta di un corollario applicativo dei generali principi di parità di trattamento e di non discriminazione che devono assistere le posizioni giuridiche e gli istituti di matrice eurounitaria).

L’Adunanza ha così richiamato il recente arresto della Corte di Giustizia, la quale si è soffermata sui vincoli e sui limiti che i Legislatori nazionali possono legittimamente imporre in sede di disciplina positiva dell’istituto dell’avvalimento. E’ stato affermato al riguardo che gli articoli 47, paragrafo 2 e 48 paragrafo 3 della direttiva 2004/18/CE (in tema, appunto, di avvalimento) non ostano in via assoluta a disposizioni di diritto interno volti a limitare – in casi eccezionali – la possibilità per gli operatori di fare ricorso all’istituto dell’avvalimento.

Tuttavia, in assenza di siffatte e motivate condizioni eccezionali, l’applicazione dei richiamati principi di parità di trattamento e di non discriminazione osta all’introduzione da parte dei Legislatori nazionali di vincoli e limiti alla generale possibilità per gli operatori di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti (in tal senso la sentenza 7 aprile 2016 in causa C-324/14 – Partner Apelski Dariusz).

Riconducendo i principi appena richiamati alle peculiarità del caso di specie, il Collegio osserva che l’applicazione dei richiamati canoni di parità di trattamento e di non discriminazione osta alla proposta interpretazione secondo cui l’individuazione dell’oggetto del contratto di avvalimento dovrebbe sottostare a requisiti ulteriori e più stringenti rispetto a quelli ordinariamente previsti per la generalità dei contratti ai sensi degli articoli 1325 e 1346 e del codice civile.

In particolare, l’applicazione dei richiamati canoni osta alla tesi secondo cui – mentre per la validità dei contratti in generale è richiesto un oggetto di carattere determinato ovvero determinabile, – al contrario per il contratto di avvalimento sarebbe sempre e comunque richiesto un oggetto determinato (restando esclusa la determinabilità dello stesso sulla base degli ordinari criteri dell’ermeneutica contrattuale).

Il punto centrale messo in luce dalla plenaria è che non può certamente essere condivisa la tesi interpretativa volta ad introdurre (e in deroga alle generali previsioni di cui all’articolo 1346 cod. civ.) in via necessaria il canone della determinatezza dell’oggetto in assenza – non solo di una valida ragione giustificatrice, ma anche – di una espressa disposizione che chiaramente deponga in tal senso.

In secondo luogo è stato affermato che:

  • nonostante la formulazione non chiarissima delle disposizioni regolamentari che qui rilevano, la previsione di cui all’articolo 88, comma 1, lettera f) del d.P,R. 207 del 2010 (secondo cui “per la qualificazione in gara, il contratto di cui all’articolo 49, comma 2, lettera f), del codice deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente (…) oggetto: le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico”) non può essere intesa nel senso di avere introdotto una sostanziale deroga (in senso restrittivo) ai generali canoni civilistici in tema di requisiti dell’oggetto del contratto;
  • ai sensi dell’articolo 5, comma 1 del previgente ‘Codice dei contratti’, il regolamento approvato con d.P.R. 207 del 2010 appartiene al genus dei regolamenti di esecuzione e attuazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettere a) e b) della legge 23 agosto 1988, n. 400: si tratta di uno strumento normativo attraverso il quale non è possibile introdurre disposizioni sostanzialmente derogatorie della normativa primaria di riferimento;
  • che le disposizioni primarie che disciplina(va)no l’istituto dell’avvalimento nella vigenza del decreto legislativo 163 del 2006 (si tratta, in particolare, degli articoli 49 e 50) non legittima(va)no in alcun modo l’introduzione in sede regolamentare di disposizioni volte a derogare all’ordinaria disciplina civilistica in tema di oggetto del contratto (e segnatamente, all’articolo 1346 cod. civ.). Al contrario, l’unica disposizione che rinvia(va) alla valenza attuativa e integrativa del regolamento era il comma 1 dell’articolo 50 il quale, oltre a riferirsi alla diversa materia dell’avvalimento nel caso di operatività di sistemi di attestazione o di qualificazione, non legittima(va) in alcun modo l’introduzione della richiamata disciplina derogatoria.

3.2 Sul secondo e terzo quesito

Le considerazioni relative al potenziale contrasto con il diritto UE di un’interpretazione volta ad imporre in modo indefettibile il requisito della determinatezza dell’oggetto del contratto di avvalimento, nonché l’assenza di disposizioni primarie che confortino una siffatta interpretazione neppure consentono di prestare adesione alla teorica della nozione di ‘forma-contenuto’ richiamata in sede di ordinanza di rimessione.

Al riguardo, pur dandosi atto dell’enucleazione di orientamenti volti a propugnare una nozione lata di forma del contratto – sì da individuare ipotesi in cui la puntuale esplicitazione di taluni elementi rileverebbe ai fini della validità del contratto, esplicitandone in qualche misura il contenuto minimo essenziale -, non sembra, secondo l’Adunanza, che i richiamati orientamenti siano declinabili in relazione alla materia della forma del contratto di avvalimento.

A tal proposito la plenaria ha avuto modo di chiarire che:

  1. la richiamata teoria della c.d. ‘forma-contenuto’ è stata enucleata in relazione ad ipotesi in cui il Legislatore, al precipuo fine di tutelare la posizione negoziale dei contraenti deboli, predetermina in modo chiaro e tassativo gli specifici elementi che il contratto deve esplicitare in relazione a un determinato oggetto [5];
  2. nelle ipotesi appena richiamate, l’obbligo di imporre puntuali vincoli di forma (sotto comminatoria di nullità) anche per ciò che riguarda elementi – aliunde – non essenziali del contratto rinviene una puntuale ratio giustificatrice nell’esigenza di colmare, anche attraverso siffatte imposizioni, le asimmetrie informative che tipicamente sussistono fra le parti contraenti;
  3. tuttavia, l’imposizione delle ridette forme di tutela per il contraente debole (e la correlativa introduzione di forme di ‘nullità di protezione’) non rinviene un’analoga ratio giustificatrice nel settore della contrattualistica pubblica, nel cui ambito agiscono operatori professionali. Non è irrilevante osservare, poi, che gli operatori in cui danno sarebbero destinate ad operare le richiamate ipotesi di ‘nullità di protezione’ sono coloro che invocano l’applicazione dell’istituto dell’avvalimento, tipicamente individuabili nelle piccole e medie imprese, alle quali potrebbe altrimenti risultare preclusa la stessa partecipazione alle gare;
  4. anche a ritenere (ipotesi denegata dalla plenaria) che il Legislatore possa in astratto introdurre forme di nullità di protezione a tutela dei requisiti di ‘forma-contenuto’ del contratto di avvalimento, ciò sarebbe possibile solo de iure condendo, laddove – al contrario – la disamina puntuale delle disposizioni che qui rilevano (e, segnatamente, degli articoli 49 e 50 del previgente ‘Codice dei contratti’, così come dell’articolo 88 del previgente ‘Regolamento’) non conforta affatto la tesi prospettata con il grado di chiarezza e tassatività che – al contrario – l’imposizione di così stringenti vincoli formali avrebbe imposto in modo indefettibile. Al contrario, appare difficilmente sostenibile sotto il profilo sistematico la scelta di porre in comparazione una disposizione (quale l’articolo 1346 del codice civile) che disciplina l’oggetto del contratto – e quindi i suoi requisiti intrinseci e contenutistici – e una disposizione (quale l’articolo 88 del d.P.R. 207 del 2010) che disciplina gli aspetti estrinseci e rappresentativi del contratto di avvalimento.

Per il che è stato ritenuto che l’articolo 88 cit., per la parte in cui prescrive che il contratto di avvalimento debba riportare “in modo compiuto, esplicito ed esauriente (…) le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico”, non legittimi né un’interpretazione volta a sancire la nullità del contratto a fronte di un oggetto che sia stato esplicitato in modo (non determinato, ma solo) determinabile, né un’interpretazione volta a riguardare l’invalidità del contratto connessa alle modalità di esplicitazione dell’oggetto sulla base del c.d. ‘requisito della forma-contenuto’.

In ipotesi quale quella che qui viene in rilievo, quindi, l’indagine in ordine agli elementi essenziali del contratto (anche ai fini dell’individuazione di eventuali forme di invalidità) deve essere svolta sulla base delle generali regole sull’ermeneutica contrattuale e, segnatamente, sulla base:

  • dell’articolo 1363 cod. civ. (rubricato ‘Interpretazione complessiva delle clausole’), secondo cui “le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto” e
  • dell’articolo 1367 del medesimo codice (rubricato ‘Conservazione del contratto’), secondo cui “nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno”.

Si è ritenuto poi (in risposta in parte qua al terzo dei quesiti articolati dai Giudici rimettenti) che non si può giungere a conclusioni diverse da quelle sin qui delineate neppure nelle ipotesi in cui il contratto di avvalimento abbia ad oggetto la messa a disposizione di requisiti connotati da rilevante particolarità (come quelli propri della categoria OS18A – relativa “[alla] produzione in stabilimento ed [al] montaggio in opera di strutture di acciaio”).

Al riguardo, pur dandosi atto dell’evidente necessità che in siffatte ipotesi il possesso del requisito venga accertato in modo rigoroso (e in modo parimenti rigoroso verificato quando esso costituisca oggetto di avvalimento), il Collegio non ha individuato ragioni testuali o sistematiche per aderire a un’impostazione volta a negare la possibilità che l’accertamento di tale possesso avvenga sulla base dell’interpretazione complessiva del contratto.

A tacer d’altro, l’adesione a una siffatta impostazione finirebbe per far prevalere un approccio di carattere formalistico rispetto alla prevalente esigenza (propria di un istituto di matrice eurounitaria quale l’avvalimento) di garantire la verifica in senso sostanziale circa il possesso effettivo del requisito, se del caso attraverso l’attivazione degli ordinari strumenti dell’ermeneutica contrattuale.

Ebbene, riconducendo i principi individuati alle peculiarità del caso in esame, la plenaria ha ritenuto che il contratto di avvalimento prodotto dalla ricorrente ai fini della partecipazione alla gara non risultasse viziato dei lamentati profili di nullità, presentando lo stesso un oggetto agevolmente determinabile dal complessivo tenore del contratto stesso, dal momento che:

  • il contratto di avvalimento indicava in modo effettivamente analitico e puntuale le componenti dell’organizzazione aziendale dell’ausiliaria che costituivano oggetto di messa a disposizione in favore della ausiliata;
  • che in particolare, per quanto riguarda l’indicazione dello stabilimento di produzione delle strutture in acciaio, veniva fornito in sede contrattuale un esaustivo elenco dei macchinari e delle attrezzature – voluminosi e di fatto inamovibili – a ciò destinati, con indicazione delle relative matricole identificative;
  • che il contratto in questione, pur non indicando nominatim lo stabilimento presso cui le lavorazioni sarebbero state effettuate, consentiva tuttavia – e in modo piuttosto agevole – di determinarne l’esatta ubicazione, attraverso l’univoco richiamo ai macchinari ivi stabilmente collocati.

In base a quanto ritenuto dall’Adunanza, la stessa non ha rinvenuto motivi per esaminare il terzo dei quesiti articolati dai Giudici rimettenti (relativo alla possibilità di invocare il beneficio del c.d. ‘soccorso istruttorio’ a fronte di incompletezze del contratto di avvalimento che, sotto il profilo civilistico portano ad affermare la nullità del contratto). Ciò in quanto, per le ragioni dinanzi esposte, in ipotesi quale quella sottoposta al vaglio dell’Adunanza Plenaria non è neppure ravvisabile un’ipotesi di nullità del contratto di avvalimento. Difetta, quindi, il presupposto della rilevanza della questione in tal modo posta ai fini della risoluzione della res controversa.

4. Conclusioni

L’Adunanza plenaria dopo una dettagliata ricognizione dell’istituto, ne offre un’interpretazione orientata all’effettività dei principi di matrice eurounitaria di parità di trattamento, di non discriminazione e di proporzionalità.

In particolare i principi espressi dall’Adunanza Plenaria possono essere così sintetizzati:

  • L’articolo 49 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e l’articolo 88 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, in relazione all’articolo 47, paragrafo 2 della Direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a un’interpretazione tale da configurare la nullità del contratto di avvalimento in ipotesi (quale quella che qui rileva) in cui una parte dell’oggetto del contratto di avvalimento, pur non essendo puntualmente determinata fosse tuttavia agevolmente determinabile dal tenore complessivo del documento, e ciò anche in applicazione degli articoli 1346, 1363 e 1367 del codice civile.
  • In siffatte ipotesi, neppure sussistono i presupposti per fare applicazione della teorica c.d. del ‘requisito della forma/contenuto’, non venendo in rilievo l’esigenza (tipica dell’enucleazione di tale figura) di assicurare una particolare tutela al contraente debole attraverso l’individuazione di una specifica forma di ‘nullità di protezione’.
  • Le conclusioni di cui sopra trovano applicazione, non ravvisandosi ragioni in senso contrario, anche nel caso di categorie che richiedono particolari requisiti di qualificazione come la OS18A (riguardante “la produzione in stabilimento ed il montaggio in opera di strutture di acciaio”).

La Plenaria ha senz’altro chiarito che, sia sotto il vigore del previgente Codice sia del nuovo, non si individuano ragioni testuali o sistematiche per aderire a un’impostazione volta a negare la possibilità che l’accertamento del possesso del requisito oggetto di avvalimento avvenga sulla base dell’interpretazione complessiva delle disposizioni contrattuali.

Infatti, proprio con riferimento al nuovo Codice dei Contratti ha, dunque, messo in luce che neppure le sopravvenute disposizioni di cui al decreto legislativo 19 aprile 2016, n. 50 (di attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE e comunque non rilevanti ai fini della decisione) recherebbero, in tema di avvalimento, disposizioni derogatorie e di maggior rigore in tema di determinabilità dell’oggetto del contratto. L’articolo 89 del d.lgs. n. 50 del 2016 non ha introdotto disposizioni puntuali volte a vincolare le forme di rappresentazione dell’oggetto del contratto, limitandosi a stabilire che esso debba esplicitare l’obbligo nei confronti del concorrente “a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto”.

Anche in questo caso non ne risulta suffragata la più rigida lettura proposta in sede di ordinanza di rimessione, secondo cui la mera determinabilità dell’oggetto del contratto di avvalimento ne determinerebbe per ciò stesso la radicale invalidità.

Il Collegio ha altresì statuito una volta per tutte che l’imposizione di vincoli di forma di tal fatta richiede una inequivoca esplicitazione normativa e che risponda ai generali canoni della proporzionalità e del minimo mezzo, stante il generale sfavore del Legislatore all’introduzione di vere e proprie forme di ‘esclusione occulta’ dalle gare.

La Plenaria ha d’altra parte avuto il pregio di statuire che l’impresa ausiliaria deve porre a disposizione della concorrente le risorse di cui essa è carente in base a un canone di effettività, senza che ciò comporti l’instaurazione di un sostanziale rapporto di esclusiva, ovvero la necessaria deprivazione dell’ausiliaria della possibilità di dedicare ad altri utilizzi la propria capacità imprenditoriale non immediatamente dedicabile al concordato avvalimento.

Si tratta, dunque, di considerazioni che valgono anche pro futuro, avendo la Plenaria chiarito a più riprese che quanto osservato è suffragato dalle disposizioni del nuovo Codice appalti.


[1]In dottrina G. Greco, I requisiti di ordine generale, in Trattato sui contratti pubblici, M.A. Sandulli – R. De Nictolis – R. Garofoli (a cura di), Milano, 2008, 1267;C. Zucchelli, L’avvalimento, in M.A. SANDULLI – R. DE NICTOLIS-R. GAROFOLI (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, Milano, 2008, pp. 1490 ss.; A.G. Pietrosanti, Sugli oneri dichiarativi in tema di avvalimento, in Foro amm., fasc. 12, 2015, 3219 e ss.; A. Presti,L’Avvalimento: abbrivio, novità e profili applicativi, in questa Rivista, Anno 2013, n. 6, id.,L’avvalimento, in L’Amministrativista, Giuffré Editore, Anno 2016; id., L’istituto dell’avvalimento alla luce del nuovo codice dei contratti pubblici, in questa Rivista, Anno 2016.

[2] Sotto tale ultimo profilo si ricordi che, accanto alle figure tipiche dei contratti personali di garanzia, nella pratica sono emersi schemi atipici volti a garantire, con strumenti di carattere indennitario in senso lato, la mancata o l’inesatta esecuzione da parte del Adebitore principale di un fare (come già affermato da Cass., S.U., 18 febbraio 2010 n. 3947).

[3]Tutto questo per realizzare quel controllo sulla meritevolezza che il codice espressamente prevede all’articolo 1322, comma 2, c.c., tenendolo ben distinto dal giudizio di liceità, e allo scopo di evitare che, come detto dalla dottrina, “gli interessi perseguiti dalle parti contrast(i)no con gli interessi generali della comunità e dei terzi maggiormente meritevoli di tutela”. Ciò peraltro si pone in continuità con un indirizzo giurisprudenziale fatto proprio sia dal Consiglio di Stato (Cons. St., sez. IV, 4 dicembre 2001, n. 6073) sia dalla Corte di Cassazione (Cass., sez. III, 28 gennaio 2002, n. 982, che, per i contratti atipici, stabilisce che “non può certamente ritenersi che sia meritevole di tutela solo ciò che è oneroso”, purché rimanga ferma la necessità di una verifica della meritevolezza degli interessi perseguiti anche nell’ambito dei contratti gratuiti atipici).

[4] Si permette un rinvio sul punto ad A. Presti,L’Avvalimento: abbrivio, novità e profili applicativi, in questa Rivista, Anno 2013, n. 6, id.,L’avvalimento, in L’Amministrativista, Giuffré Editore, Anno 2016; id., L’istituto dell’avvalimento alla luce del nuovo codice dei contratti pubblici, in questa Rivista, Anno 2016.

[5]Vengono tradizionalmente richiamati al riguardo: i) i contratti tra imprese e consumatori  ii) i contratti bancari di cui all’articolo 117 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 [‘Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia’], iii) i contratti di credito ai consumatori di cui all’articolo 124, comma 4 del medesimo testo unico; iv) i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento di cui all’articolo 23 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 [‘Testo unico in materia di intermediazione finanziaria’], nonché vi) i contratti di vendita c.d. ‘multiproprietà’ di cui agli articoli 71 e 72 del richiamato ‘Codice del consumo’.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Adriana Presti
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica
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