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1. Premesse

Nel corso degli ultimi anni, data la scarsità di risorse pubbliche e i vincoli ai bilanci degli enti pubblici, nell’ambito dei rapporti tra la Pubblica Amministrazione ed i privati ha assunto una sempre maggiore rilevanza l’istituto contrattuale della sponsorizzazione soprattutto per quelle operazioni le quali non hanno carattere prioritario nello svolgimento delle attività della Pubblica Amministrazione stessa.

Una prima definizione del contratto di sponsorizzazione sotto il profilo giuridico è stata data dall’art. 8 della legge 6 agosto 1990, n. 223 (c.d. Legge Mammì, di recepimento della direttiva CEE 552/1989) in materia di spettacoli televisivi e radiofonici. Questa norma, che fornisce la nozione ma non la disciplina dei rapporti di sponsorship, comprende molteplici ipotesi nelle quali un soggetto (c.d. sponsorizzato o, nella terminologia anglosassone, sponsee), si obbliga, dietro corrispettivo, a consentire ad altri l’uso della propria immaginee/o del proprio nome, al fine di promuovere nome, marchio, immagine, attività o prodotti di un altro soggetto, generalmente un’impresa (c.d. sponsor) che vuole così aumentare la propria notorietà.

La suddetta norma ha di fatto anticipato il primo intervento del nostro Legislatore volto a regolamentare in via generale il ricorso da parte delle Pubbliche Amministrazioni allo strumento della sponsorizzazione, inteso come mezzo idoneo all’acquisizione di nuove risorse finanziarie, avutosi solo con l’art. 43 della Legge 27 dicembre1997, n. 449, di cui si dirà nel prosieguo, con lo scopo di favorire l’innovazione dell’organizzazione amministrativa e ottenere una migliore qualità dei servizi da prestare e realizzare maggiori economie.

Ai fini della disamina dell’istituto della sponsorizzazione occorre in primis evidenziare che lo stesso dal punto di vista privatistico si sostanzia in un contratto innominato: come tale rientra nel concetto di autonomia contrattuale ex art. 1322 c.c. secondo cui le parti (di cui una può essere anche una Pubblica Amministrazione) possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge.

La prestazione dello sponsorizzato si configura come una prestazione di mezzi consistente nella divulgazione dei segni distintivi dello sponsor nei modi previsti dal contratto: in tal senso, dunque, proprio in quanto prestazione di mezzi, lo sponsor deve il corrispettivo anche se non viene realizzato in pieno il ritorno pubblicitario sperato.

Giurisprudenza e dottrina hanno riconosciuto, ai sensi dell’art. 1174 c.c., la piena patrimonialità della prestazione che forma oggetto dell’obbligazione assunta con il contratto di sponsorizzazione.

Il contratto di sponsorizzazione è un contratto atipico: ex art. 1322 c.c. le parti (di cui una può essere anche una Pubblica Amministrazione) possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge

2. La sponsorizzazione in ambito pubblicistico

L’esigenza di coinvolgere capitali privati nella realizzazione di opere pubbliche ha spinto il legislatore a introdurre nel nostro ordinamento istituti attraverso i quali è possibile ricorrere parzialmente o totalmente alla finanza privata. A tale ratio risponde il contratto di sponsorizzazione disciplinato dall’art. 43 della L. n. 449/1997, il quale ammette in generale la possibilità dei soggetti pubblici di ricorrere a tale contratto per ottenere da privati il finanziamento di iniziative di pubblico interesse. Alla medesima ratio risponde altresì il distinto istituto del project financing introdotto nel 1998 (in occasione della modifica alla L. n. 109/1994)[1] attraverso il quale è possibile ottenere dai privati, parzialmente o totalmente, le risorse economiche per finanziare un’opera pubblica; si osserva tuttavia che il finanziamento tipico del project financing comporta un ruolo attivo del privato e, di conseguenza, l’applicabilità di specifiche disposizioni, del tutto diverse da quelle applicabili alle sponsorizzazioni.

La commistione tra pubblico e privato nasce dall’esigenza di reperire capitali privati da destinare alle attività delle PA

L’inserimento della sponsorizzazione nell’ambito dell’attività pubblicistica, con cui gli Enti non acquistano beni o servizi ma mettono a disposizione delle aziende e degli operatori economici la possibilità di affiancare la propria immagine alle iniziative dell’Ente, comporta anche l’assoggettamento della sponsorizzazione alla disciplina pubblicistica.

Si rileva tuttavia che il fenomeno delle sponsorizzazioni riguardanti le Pubbliche Amministrazioni ha trovato una disciplina incerta, lacunosa e contenuta in fonti normative non omogenee.

Più in particolare, in ambito pubblicistico, il contratto di sponsorizzazione è stato definito come «un contratto atipico a prestazioni corrispettive mediante il quale lo sponsor offre le proprie prestazioni nei confronti della PA, la quale si obbliga verso il primo a pubblicizzare il suo logo/marchio/immagine durante lo svolgimento di determinate attività» (cfr. ANAC, Deliberazione n. 9 dell’8 febbraio 2012; Deliberazione n. 48 del 6 novembre 2008).

La più recente giurisprudenza amministrativa in materia (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 31 luglio 2013, n. 4034), ravvisa il carattere discrezionale delle valutazioni dell’Amministrazione «circa l’equilibrio sinallagmatico del contratto di sponsorizzazione», stante che «l’acquisizione del finanziamento […] e gli equilibri sinallagmatici, accettati dall’Amministrazione nei confronti dello sponsor, corrispondono a scelte sindacabili solo nei limiti, generalmente riconosciuti in tema di impugnazione di atti discrezionali (con esercizio nella fattispecie di discrezionalità mista: tecnica e amministrativa)».

CARATTERI DISTINTIVI DELLA SPONSORIZZAZIONE IN AMBITO PUBBLICISTICO La causa del predetto negozio atipico è il fine di pubblicità per il quale lo sponsor si impegna a finanziare lo sponsee o a provvedere direttamente alle attività richieste da quest’ultimo La natura onerosa e non gratuita del contratto è legata al fatto che lo sponsee si obbliga a promuovere l’immagine dello sponsor a fronte del “corrispettivo” pagato dallo sponsor. L’obbligazione della Pubblica Amministrazione è di mezzi e non di risultato. La Pubblica Amministrazione dispone di autonomia contrattuale al pari di qualsiasi altro soggetto e può quindi stipulare contratti atipici purchè diretti a realizzare il fine pubblico assegnato al soggetto pubblico. Pur essendo un contratto a prestazioni corrispettive, la Pubblica Amministrazione consegue o un ricavo o un vantaggio di spesa.

L’art. 43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449[2] – come anticipato -ha previsto la facoltà per gli enti locali di stipulare contratti di sponsorizzazione, quale contratto finalizzato a favorire l’innovazione dell’organizzazione amministrativa e la realizzazione di economie di spesa. Tale norma – che si limita a prevedere la possibilità per le Pubbliche Amministrazioni di stipulare i suddetti contratti ma non detta alcuna disciplina positiva a tal proposito – dispone che, al fine di favorire l’innovazione dell’organizzazione amministrativa e di realizzare maggiori economie, nonché una migliore qualità dei servizi prestati, le Pubbliche Amministrazioni possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione con soggetti privati ed associazioni, senza fini di lucro, costituite con atto notarile.

La medesima norma dispone altresì che le iniziative in questione devono essere dirette al perseguimento di interessi pubblici, devono escludere forme di conflitto di interesse tra l’attività pubblica e quella privata e devono comportare risparmi di spesa rispetto agli stanziamenti disposti.

La disciplina dell’art. 43 citato è stata ripresa, con riferimento agli enti locali, dall’art. 119 del D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL)[3]che ha stabilito che i comuni, le province, e gli altri enti locali possono stipulare contratti di sponsorizzazione per migliorare la qualità dei servizi prestati.

Già la Legge n. 449/1997 (art. 43), da coordinarsi con il D.Lgs. n. 267/2000 (art. 119), ha disposto espressamente che le PA hanno la facoltà di stipulare contratti di sponsorizzazione.

In generale, in ambito pubblicistico è possibile distinguere le seguenti tipologie di sponsorizzazioni:

SPONSORIZZAZIONI PASSIVE: l’Amministrazione è il soggetto sponsorizzato e la sponsorizzazione costituisce una fonte di finanziamento indiretta. Le sponsorizzazioni passive sono, dunque, contratti attivi in quanto non comportano alcuna spesa da parte dell’Amministrazione che consegue un ricavo o un risparmio;

  • sponsorizzazione tecnica: forma di partenariato estesa alla progettazione e alla realizzazione di parte o di tutto l’intervento a cura e a spese dello sponsor;
  • sponsorizzazione finanziaria ovvero pura: lo sponsor si impegna nei confronti dell’Amministrazione unicamente a finanziare, anche mediante accollo, le obbligazioni di pagamento dei corrispettivi dell’appalto dovuti dalla Pubblica Amministrazione (in cambio del diritto di sfruttare spazi per fini pubblicitari) e non anche allo svolgimento di altre attività;
  • sponsorizzazione mista: la risultante dalla combinazione delle prime due in cui lo sponsor può, per esempio, fornire in tutto o in parte la sola progettazione e poi finanziare i lavori in tutto o in parte.

SPONSORIZZAZIONI ATTIVE: l’Amministrazione finanzia le attività di un soggetto terzo.

Tuttavia, oggi, le sponsorizzazioni attive sono vietate al fine di garantire il contenimento della spesa pubblica (cfr. art. 6, comma 9, del D.L. n. 78/2010, “A decorrere dall’anno 2011 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese per sponsorizzazioni“).

Oggi le sponsorizzazioni attive sono vietate al fine di garantire il contenimento della spesa pubblica (art. 6, comma 9, del D.L. n. 78/2010

Con riferimento alla  distinzione fra sponsorizzazioni passive e attive l’ANAC ha chiarito che «tale distinzione, evidentemente non giuridica ma finanziaria, è rilevante ai fini della disciplina applicabile, la quale sarà – nel caso dei contratti attivi – quella del R. D. 23 maggio 1924, n. 827, Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato, in quanto non abrogata, e – nel caso dei contratti passivi – quella del codice dei contratti pubblici (cfr. art. 1, D. Lgs 12 aprile 2006, n. 163)» (cfr. ANAC, parere sulla normativa n. AG1/10 dell’11 febbraio 2010).

Si evidenzia che la sponsorizzazione pura è specificamente contemplata con riferimento ai beni culturali nell’art. 120 del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), ai sensi del quale «è sponsorizzazione di beni culturali ogni contributo, anche in beni o servizi, erogato per la progettazione o l’attuazione di iniziative in ordine alla tutela ovvero alla valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l’immagine, l’attività o il prodotto dell’attività del soggetto erogante […]».

La norma statuisce che con il contratto di sponsorizzazione sono definite le modalità di erogazione del contributo nonché le forme del controllo, da parte del soggetto erogante, sulla realizzazione dell’iniziativa cui il contributo si riferisce: il contributo del soggetto privato deve essere quindi strumentale alla progettazione o alla realizzazione di una iniziativa istituzionale di tutela o di valorizzazione del patrimonio culturale.

La sponsorizzazione pura è specificamente contemplata con riferimento ai beni culturali nell’art. 120 del D.Lgs. n. 42/2004

3. Sponsorizzazione negli appalti: la normativa applicabile ante D.Lgs. n. 50/2016

Abbiamo già visto la portata dell’art. 43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 come anche ripreso dall’art. 119 del D.Lgs. n. 267/2000.

Con riferimento alla contrattualistica pubblica, l’Autorità di settore è intervenuta su alcuni quesiti posti in particolare dalle amministrazioni locali, relativamente alla possibilità di applicare il contratto di sponsorizzazione ai lavori per la realizzazione di opere pubbliche. A tale riguardo l’ANAC con la Determinazione n. 24 del 5 dicembre 2001 ha rilevato che «Per quanto attiene, invece, alla possibilità di fare ricorso all’istituto della sponsorizzazione al settore dei lavori pubblici, si formulano le seguenti considerazioni. Il contratto di sponsorizzazione trova una propria definizione, ma non un autonoma disciplina, nella legge del 6 agosto 1990 n. 223 in tema di spettacoli televisivi e radiofonici. Esso deve intendersi come ogni contributo in beni o servizi, denaro o ogni altra utilità proveniente da terzi allo scopo di promuovere il loro nome, marchio o attività, ovvero conseguire una proiezione positiva di ritorno e quindi un beneficio di immagine. Il contratto di sponsorizzazione, quindi, richiamato anche all’articolo 119 del T.u. D.Lg.vo 18 agosto 2000 n. 267, è un contratto a prestazioni corrispettive mediante il quale l’ente locale (sponsee) offre ad un terzo (sponsor), che si obbliga a pagare un determinato corrispettivo, la possibilità di pubblicizzare in appositi determinati spazi nome, logo, marchio o prodotti. Poichè il corrispettivo può essere rappresentato anche da un contributo in beni o servizi o altre utilità, si tratta di un contratto complesso atipico che è assoggettato alla disciplina più idonea sulla base della prevalenza delle prestazioni che lo sponsor si impegna ad eseguire. Sulla base di quanto già previsto dall’art. 43 della legge 23 dicembre 1997, n. 449 la legittimazione delle pubbliche amministrazioni a stipulare contratti di sponsorizzazione è subordinata al ricorrere delle seguenti condizioni:

a) il perseguimento di interessi pubblici;

b) l’esclusione di conflitti di interesse tra attività pubblica e privata;

c) il conseguimento di un risparmio di spesa.

Viene ammessa pertanto la sola sponsorizzazione passiva, in cui lo sponsor ottiene la pubblicizzazione della propria immagine tramite l’attività stessa della pubblica amministrazione. Lo sponsor quindi paga per questo fine un corrispettivo ovvero concorre alle spese dell’iniziativa pubblica.

Il contratto di sponsorizzazione, quindi, secondo le linee indicate, resta fuori dall’ambito della disciplina comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici in quanto non è catalogabile come un contratto passivo, bensì comporta un vantaggio economico e patrimoniale direttamente quantificabile per la pubblica amministrazione mediante un risparmio di spesa».

Ed ancora, l’ANAC anche con la Deliberazione n. 9 dell’8 febbraio 2012 ha rilevato che per l’affidamento dei contratti di sponsorizzazione non trova applicazione la normativa sugli appalti di lavori pubblici, in quanto gli stessi non rientrano nella classificazione giuridica dei contratti passivi, bensì comportano un vantaggio economico e patrimoniale direttamente quantificabile per la Pubblica Amministrazione mediante un risparmio di spesa, ferma restando – per la scelta dello sponsor – l’applicabilità dei principi del Trattato nonché le disposizioni in materia di requisiti di qualificazione dei progettisti e degli esecutori del contratto.

La mancata applicabilità alla sponsorizzazione della disciplina dei lavori pubblici deriva dal fatto che il contratto di sponsorizzazione non è direttamente riferibile alla realizzazione di opere pubbliche: la sponsorizzazione non comporta, infatti, oneri economici per la Pubblica Amministrazione ma piuttosto comporta un risparmio di spesa. In ogni caso è necessaria l’applicazione di regole che possano garantire in relazione alla scelta del contraente sponsor, la trasparenza, l’efficacia e l’efficienza amministrativa.

Tale orientamento è stato poi recepito dal legislatore che, con la Legge n. 166/2002 (cosiddetta Merloni quater) ha inserito nella Legge n. 109/1994 (cosiddetta Merloni) il comma 6 dell’art. 2[4] circa l’inapplicabilità della disciplina sugli appalti di lavori ai contratti di sponsorizzazione.

Sulla stessa scia si è  posto anche il D.Lgs. n. 163/2006 (“Codice Appalti”) nell’ambito del quale la disciplina sulla sponsorizzazione è stata inserita nel titolo II della parte I del Codice Appalti relativo ai contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del codice stesso.

Art. 26 (Contratti di sponsorizzazione) del Codice Appalti «1. Ai contratti di sponsorizzazione e ai contratti a questi assimilabili, di cui siano parte un’amministrazione aggiudicatrice o altro ente aggiudicatore e uno sponsor che non sia un’amministrazione aggiudicatrice o altro ente aggiudicatore, aventi ad oggetto i lavori di cui all’allegato I, nonché gli interventi di restauro e manutenzione di beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 ovvero i servizi di cui all’allegato II, ovvero le forniture disciplinate dal presente codice, quando i lavori, i servizi, le forniture sono acquisiti o realizzati a cura e a spese dello sponsor per importi superiori a quarantamila euro, si applicano i principi del Trattato per la scelta dello sponsor nonché le disposizioni in materia di requisiti di qualificazione dei progettisti e degli esecutori del contratto.

2. L’amministrazione aggiudicatrice o altro ente aggiudicatore beneficiario delle opere, dei lavori, dei servizi, delle forniture, impartisce le prescrizioni opportune in ordine alla progettazione, nonché alla direzione ed esecuzione del contratto.

2-bis. Ai contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi e forniture aventi ad oggetto beni culturali si applicano altresì le disposizioni dell’articolo 199-bis del presente codice».

Ai sensi dell’’art. 26 del Codice Appalti per i contratti di sponsorizzazione, e i contratti a questi assimilabili, non trovavano applicazione le disposizioni del Codice Appalti ma si applicavano comunque i principi del Trattato per la scelta dello sponsor nonché le disposizioni in materia di requisiti soggettivi dei progettisti e degli esecutori del contratto. In particolare, «i principi del Trattato» trovavano obbligatoriamente applicazione solo «per importi superiori a quarantamila euro»: ciò significa che, mentre fine a euro 40.000 era ammesso l’affidamento diretto, sopra tale importo occorre una procedura che – pur informale – sia avviata nella garanzia del principio della pubblicità preventiva.

Si sottolinea che il comma 2-bis dell’art. 26 è stato aggiunto dall’art. 20 D.L. 9 febbraio 2012, n. 5 con decorrenza dal 10 febbraio 2012, il quale ha inserito altresì l’art. 199-bis[5](Disciplina delle procedure per la selezione di sponsor) del Codice Appalti il quale:

  • conteneva un’apposita disciplina per la selezione dello sponsor con particolare riferimento agli interventi relativi ai beni culturali,
  • pur confermando la distinzione tra sponsorizzazione tecnica e sponsorizzazione di puro finanziamento (non prevista all’art. 26), prevedeva la stessa procedura di aggiudicazione per le due tipologie di contratti, nonostante ladifferente disciplina dei due istituti, come evidenziato dall’ANAC.

A tale riguardo si evidenzia che prima dell’inserimento dell’art. 199-bis:

  • la sponsorizzazione tecnica era sottratta all’applicazione dell’ordinaria disciplina del Codice Appalti e sottoposta al solo rispetto dei principi del Trattato oltre che all’invito di almeno cinque concorrenti, compatibilmente con l’oggetto del contratto;
  • la sponsorizzazione pura, dato il suo carattere di contratto attivo, era sottratta all’applicazione degli artt. 26 e 27 del Codice Appalti, ed era sottoposta alle norme di contabilità dello Stato (cfr. ANAC, deliberazione 8 febbraio 2012 n. 9).

Art. 27 (Principi relativi ai contratti esclusi) del Codice Appalti «1. L’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. L’affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto. L’affidamento dei contratti di finanziamento, comunque stipulati, dai concessionari di lavori pubblici che sono amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori avviene nel rispetto dei principi di cui al presente comma e deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti.

2. Si applica altresì l’articolo 2, commi 2, 3 e 4.

3. Le amministrazioni aggiudicatrici stabiliscono se è ammesso o meno il subappalto, e, in caso affermativo, le relative condizioni di ammissibilità. Se le amministrazioni aggiudicatrici consentono il subappalto, si applica l’articolo 118».

Ai sensi dell’abrogato art. 26 del D.Lgs. n. 163/2006 per i contratti di sponsorizzazione, e i contratti a questi assimilabili, non trovavano applicazione le disposizioni del codice ma si applicavano comunque i principi del Trattato per la scelta dello sponsor nonché le disposizioni in materia di requisiti soggettivi dei progettisti e degli esecutori del contratto.

4. Sponsorizzazione negli appalti: la normativa oggi applicabile

Come ormai noto, con l’entrata in vigore del recente D.Lgs. n. 50/2016 (“Nuovo Codice Appalti”), è stato revisionato il corpo normativo relativo ai contratti pubblici e, dunque, anche in parte la disciplina sulla sponsorizzazione.

In particolare, il contratto di sponsorizzazione viene disciplinato nell’ambito del titolo II relativo ai contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del codice medesimo.

Art. 19 (Contratti di sponsorizzazione) del Nuovo Codice Appalti

«1.L’affidamento di contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi o forniture per importi superiori a quarantamila euro, mediante dazione di danaro o accollo del debito, o altre modalità di assunzione del pagamento dei corrispettivi dovuti, è soggetto esclusivamente alla previa pubblicazione sul sito internet della stazione appaltante, per almeno trenta giorni, di apposito avviso, con il quale si rende nota la ricerca di sponsor per specifici interventi, ovvero si comunica l’avvenuto ricevimento di una proposta di sponsorizzazione, indicando sinteticamente il contenuto del contratto proposto. Trascorso il periodo di pubblicazione dell’avviso, il contratto può essere liberamente negoziato, purché nel rispetto dei principi di imparzialità e di parità di trattamento fra gli operatori che abbiano manifestato interesse, fermo restando il rispetto dell’articolo 80.

2. Nel caso in cui lo sponsor intenda realizzare i lavori, prestare i servizi o le forniture direttamente a sua cura e spese, resta ferma la necessità di verificare il possesso dei requisiti degli esecutori, nel rispetto dei principi e dei limiti europei in materia e non trovano applicazione le disposizioni nazionali e regionali in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ad eccezione di quelle sulla qualificazione dei progettisti e degli esecutori. La stazione appaltante impartisce opportune prescrizioni in ordine alla progettazione, all’esecuzione delle opere o forniture e alla direzione dei lavori e collaudo degli stessi».

La disciplina sulla sponsorizzazione è contenuta nel titolo II D.Lgs. n. 50/2016 dedicato ai contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del codice

Dunque, ai sensi del Nuovo Codice Appalti, oggi in caso di sponsorizzazione di lavori, servizi o forniture per importi superiori a quarantamila euro, mediante dazione di danaro o accollo del debito, o altre modalità di assunzione del pagamento dei corrispettivi dovuti, la Pubblica Amministrazione deve procedere alla «negoziazione nel rispetto dei principi di imparzialità e parità di trattamento».

Nel caso di «esecuzione diretta della attività da parte dello sponsor», resta ferma la necessità per la Pubblica Amministrazione di verificare il possesso dei requisiti degli esecutori, nel rispetto dei principi e dei limiti europei in materia e non trovano applicazione le disposizioni nazionali e regionali in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ad eccezione di quelle sulla qualificazione dei progettisti e degli esecutori.

Come anche osservato nel Parere 1 aprile 2016, n. 855 sullo schema del Nuovo Codice Appalti reso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato con riferimento all’art. 19, si rileva che:

  • nell’art. 19 del Nuovo Codice Appalti viene in parte riprodotto l’art. 26 dell’abrogato Codice Appalti
  • il vecchio art. 26 dell’abrogato Codice Appalti considerava una sola ipotesi di sponsorizzazione mediante esecuzione diretta dei lavori, oggi riprodotta al comma 2 dell’art. 19
  • il nuovo art. 19 al comma 1 ripropone la sponsorizzazione mediante dazione di denaro o accollo di debito e che questa ipotesi è “libera”, salvo pubblicazione dell’avviso da parte della Stazione Appaltante e possibilità di partecipazione.

In particolare il Consiglio di Stato con riferimento alla bozza di codice aveva affermato che «anche per la sola dazione di denaro andrebbe verificata l’affidabilità del contraente privato, e comunque i suoi requisiti di moralità. Si ritiene che debba essere fatto quanto meno salvo il rispetto dell’art. 80 del codice sui requisiti di ordine morale (che a sua volta implica anche il rispetto della normativa antimafia, non potendosi consentire che un accordo di sponsorizzazione sia stipulato con un soggetto che non ha i requisiti morali per contrarre con la pubblica amministrazione“. Si evidenzia che tale modifica è stata recepita nel testo finale dell’art. 19 del Nuovo Codice Appalti.

Si fa notare che oggi le sponsorizzazioni in relazione ai beni culturali sono regolate, oltre che dall’art.120 del D.Lgs n. 42/2004, anche dall’art. 151 (Sponsorizzazioni e forme speciali di partenariato) del Nuovo Codice Appalti secondo cui «1. La disciplina di cui all’articolo 19 del presente codice si applica ai contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi o forniture relativi a beni culturali di cui al presente capo, nonché ai contratti di sponsorizzazione finalizzati al sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura, di cui all’articolo 101 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, recante Codice dei beni culturali e del paesaggio, delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione.

2. L’amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali impartisce opportune prescrizioni in ordine alla progettazione, all’esecuzione delle opere e/o forniture e alla direzione dei lavori e collaudo degli stessi.

3. Per assicurare la fruizione del patrimonio culturale della Nazione e favorire altresì la ricerca scientifica applicata alla tutela, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo può attivare forme speciali di partenariato con enti e organismi pubblici e con soggetti privati, dirette a consentire il recupero, il restauro, la manutenzione programmata, la gestione, l’apertura alla pubblica fruizione e la valorizzazione di beni culturali immobili, attraverso procedure semplificate di individuazione del partner privato analoghe o ulteriori rispetto a quelle previste dal comma 1».

Risultano, dunque, semplificate le procedure di sponsorizzazione dei beni culturali: le sponsorizzazioni in favore dei  patrimonio culturale che ora avverranno a seguito di una nuova e trasparente procedura di segnalazione sui siti web. Si compie così un ulteriore passo verso l’incentivazione di un sostegno privato alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio nazionale, un passo che ora agevola e rende finalmente semplice l’intervento non solo di mecenati e donatori, attraverso l’Art Bonus (ovvero un sistema di incentivi fiscali in favore di privati, enti o società che decidono di fare mecenatismo, cioè di effettuare erogazioni liberali in denaro a sostegno della cultura e dello spettacolo), ma anche di sponsor.

Oggi le sponsorizzazioni relative ai beni culturali sono regolate, oltre che dall’art.120 del D.Lgs n. 42/2004, anche dall’art. 151 del D.Lgs. n. 50/2016

Con il Parere 1 aprile 2016, n. 855 sullo schema del Nuovo Codice Appalti la Commissione speciale del Consiglio di Stato con riferimento all’art. 151 aveva rilevato che «la sponsorizzazione può anche essere vista come una forma di partenariato, come si desume anche dalla rubrica dell’art. 151 del codice».

A tale riguardo pare opportuno sottolineare che al di là della rubrica dell’art. 151 e di quanto affermato dal Consiglio di Stato nel proprio Parere, contratto di sponsorizzazione e Partenariato Pubblico Privato (PPP) – fra i quali è compreso anche il project financing – sono due istituti ontologicamente diversi. Nelle sponsorizzazioni l’operatore privato si limita a finanziare o a realizzare aproprie spese l’intervento, ricevendo come controprestazione la promozione pubblicitaria del proprio marchio. Nel PPP, invece, l’operatore privato realizza e gestisce l’opera e, con i flussi di cassa derivanti dalla gestione dell’opera, ottiene la remunerazione del capitale investito. L’unico rischio dello sponsor, che è il rischio di ritorno dell’immagine, è del tutto indipendente dalla gestione dell’opera: il rischio operativo che identifica un PPP non è configurabile.

Il Consiglio di Stato ha inoltre demandato al Governo «di riassettare nel codice, con conseguente abrogazione, le ipotesi di sponsorizzazione previste dall’art. 43 della l. n. 449/1997, tuttora in vigore (sponsorizzazione di aree verdi pubbliche)». Il Consiglio di Stato, a tal proposito, ha segnalato che il citato art. 43 prevede che venga emanato un regolamento attuativo da parte del Ministero dell’ambiente e segnala che, peraltro, questo regolamento attuativo è stato già trasmesso al Consiglio di Stato per il parere ma restituito all’amministrazione proponente (cfr. Consiglio di Stato, Sez. Affari Normativi, 11-26 febbraio 2016 n. 558).

Il Consiglio di Stato ha così auspicato che il riassetto avvenga nel corpo del citato art. 19 ovvero nel corpo dell’art. 190 “baratto amministrativo”.

Contratto di sponsorizzazione e Partenariato Pubblico Privato (PPP) – fra i quali è compreso anche il project financing – sono due istituti ontologicamente diversi

5. Conclusioni

Il tema delle sponsorizzazioni costituisce uno degli esempi più importanti della possibilità di una sempre maggiore cooperazione tra pubblico e privato: l’introduzione di una specifica normativa non può che assumere la funzione di stimolo per le Pubbliche Amministrazioni all’utilizzo di uno strumento che fino a qualche anno fa era quasi sconosciuto.

Gli strumenti di diritto comune, e tra questi le sponsorizzazioni, sono quindi pienamente utilizzabili dalle Pubbliche Amministrazioni a carico delle quali è prescritto, del resto come per ogni altra loro attività, l’obbligo di assicurare il perseguimento di un pubblico interesse e di operare nel rispetto delle norme poste alla base dell’agire amministrativo.


[1] L. n. 166/2002 che, nel modificare la L. n. 109/1994, ha previsto all’art. 2, comma 6, l’inapplicabilità ai contratti di sponsorizzazione delle norme sugli appalti pubblici di lavori.

[2]Art. 43 della Legge n. 449/1997 «Al fine di favorire l’innovazione dell’organizzazione amministrativa e di realizzare maggiori economie, nonché una migliore qualità dei servizi prestati, le pubbliche amministrazioni possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione con soggetti privati ed associazioni, senza fini di lucro, costituite con atto notarile…»

[3] Art. 119 del D.Lgs. n. 267/2000 «In applicazione dell’art. 43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, al fine di favorire una migliore qualità dei servizi prestati, i comuni, le province e gli altri enti locali indicati nel presente testo unico, possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione, nonché convenzioni con soggetti pubblici o privati diretti a fornire consulenze o servizi aggiuntivi».

[4] Il legislatore, con la Legge n. 166/2002 (cosiddetta Merloni quater) aveva già inserito nella Legge n. 109/1994 (cosiddetta Merloni) il comma 6 dell’art. 2, che secondo il quale «Le disposizioni della presente legge, ad esclusione dell’articolo 8, non si applicano ai contratti di sponsorizzazione di cui all’articolo 119 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, ed all’articolo 43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, ovvero ai contratti a questi ultimi assimilabili, aventi ad oggetto interventi di cui al comma 1, ivi compresi gli interventi di restauro e manutenzione di beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici sottoposti alle disposizioni di tutela di cui al Titolo I del testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 [ora decreto legislativo n. 42/2004]».

[5] Art. 199-bis«1. Al fine di assicurare il rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, di cui all’articolo 27, le amministrazioni aggiudicatrici competenti per la realizzazione degli interventi relativi ai beni culturali integrano il programma triennale dei lavori di cui all’articolo 128 con un apposito allegato che indica i lavori, i servizi e le forniture in relazione ai quali intendono ricercare sponsor per il finanziamento o la realizzazione degli interventi. A tal fine provvedono a predisporre i relativi studi di fattibilità, anche semplificati, o i progetti preliminari. In tale allegato possono essere altresì inseriti gli interventi per i quali siano pervenute dichiarazioni spontanee di interesse alla sponsorizzazione. La ricerca dello sponsor avviene mediante bando pubblicato sul sito istituzionale dell’amministrazione procedente per almeno trenta giorni. Di detta pubblicazione è dato avviso su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, nonché per contratti di importo superiore alle soglie di cui all’articolo 28, nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea. L’avviso contiene una sommaria descrizione di ciascun intervento, con l’indicazione del valore di massima e dei tempi di realizzazione, con la richiesta di offerte in aumento sull’importo del finanziamento minimo indicato. Nell’avviso è altresì specificato se si intende acquisire una sponsorizzazione di puro finanziamento, anche mediante accollo, da parte dello sponsor, delle obbligazioni di pagamento dei corrispettivi dell’appalto dovuti dall’amministrazione, ovvero una sponsorizzazione tecnica, consistente in una forma di partenariato estesa alla progettazione e alla realizzazione di parte o di tutto l’intervento a cura e a spese dello sponsor. Nel bando, in caso di sponsorizzazione tecnica, sono indicati gli elementi e i criteri di valutazione delle offerte. Nel bando e negli avvisi è stabilito il termine, non inferiore a sessanta giorni, entro il quale i soggetti interessati possono far pervenire offerte impegnative di sponsorizzazione. Le offerte pervenute sono esaminate direttamente dall’amministrazione aggiudicatrice o, in caso di interventi il cui valore stimato al netto dell’imposta sul valore aggiunto sia superiore a un milione di euro e nei casi di particolare complessità, mediante una commissione giudicatrice. L’amministrazione procede a stilare la graduatoria delle offerte e può indire una successiva fase finalizzata all’acquisizione di ulteriori offerte migliorative, stabilendo il termine ultimo per i rilanci. L’amministrazione procede, quindi, alla stipula del contratto di sponsorizzazione con il soggetto che ha offerto il finanziamento maggiore, in caso di sponsorizzazione pura, o ha proposto l’offerta realizzativa giudicata migliore, in caso di sponsorizzazione tecnica.

2. Nel caso in cui non sia stata presentata nessuna offerta, o nessuna offerta appropriata, ovvero tutte le offerte presentate siano irregolari ovvero inammissibili, in ordine a quanto disposto dal presente codice in relazione ai requisiti degli offerenti e delle offerte, o non siano rispondenti ai requisiti formali della procedura, la stazione appaltante può, nei successivi sei mesi, ricercare di propria iniziativa lo sponsor con cui negoziare il contratto di sponsorizzazione, ferme restando la natura e le condizioni essenziali delle prestazioni richieste nella sollecitazione pubblica. I progetti per i quali non sono pervenute offerte utili, ai sensi del precedente periodo, possono essere nuovamente pubblicati nell’allegato del programma triennale dei lavori dell’anno successivo.

3. Restano fermi i presupposti e i requisiti di compatibilità stabiliti dall’articolo 120 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio, nonché i requisiti di partecipazione di ordine generale dei partecipanti stabiliti nell’articolo 38 del presente codice, nonché, per i soggetti incaricati di tutta o di parte della realizzazione degli interventi, i requisiti di idoneità professionale, di qualificazione per eseguire lavori pubblici, di capacità economica e finanziaria, tecnica e professionale dei fornitori e dei prestatori di servizi, di cui agli articoli 39, 40 41 e 42, oltre ai requisiti speciali e ulteriori di cui all’articolo 201 del presente codice».

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Avv. Paola Cartolano
Esperta in materia di appalti pubblici
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