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( votes)Ci sono impiegate comunali che giocano a dama in ufficio. C’è chi tesse una rete di corruzioni per gestire appalti di opere pubbliche. Situazioni che hanno molto in comune. Non lo sperpero e il “furto” di denaro pubblico. Non la frode. Non il raggiro della legge. Qualcosa di più grave. Più profondo. Più difficile da debellare. Qualcosa che non si può combattere con una legge. Sconfiggere con una pena. Risolvere in tribunale. Inafferrabile ma reale, invisibile ma evidente. E’ l’assenza del senso di appartenenza ad una comunità. L’inesistenza di uno spirito di servizio. La mancanza di motivazione.
Le nuove indagini sulle tangenti nei subappalti delle grandi opere non aggiungono nulla di nuovo sul degrado sociale che si è strutturato nel paese. 31 arresti. Lavori per un valore di 17,5milioni di euro. Ma non sono le cifre milionarie a preoccupare in questa sede. Sono i meccanismi che spingono ad architettare un sistema che permette di intascarle a discapito di imprenditori onesti e della qualità delle opere. A discapito della comunità. Perché prevalgono gli egoismi. Perché prevale il desiderio di accrescere il proprio patrimonio e il proprio potere. E gli altri non esistono. Sono solo lo strumento attraverso il quale raggiungere un obiettivo. O peggio, sono ostacoli da eliminare. Non è il reato che preoccupa. E’ ciò che lo origina. E’ il demone del guadagno facile che rende il prossimo invisibile, inutile. Un demone che agisce nell’animo di chi corrompe per intascare milioni di euro e nell’animo di chi gioca a dama invece di lavorare.
Mettendo da parte chi è in grado di progettare la macchina infernale della corruzione, che agisce con premeditazione e “ingegno”, le impiegate appassionate di dama potrebbero essere considerate “vittime” di un sistema che ammette, o almeno non denuncia, tali condotte. Per estirpare la piaga della corruzione serve un lavoro profondo, multidisciplinare e multidirezionale. Per le “dame” si potrebbe provare la ricetta di una migliore organizzazione del lavoro, di responsabilizzazione e coinvolgimento. Certo, ci vuole predisposizione d’animo per lasciarsi andare a certe pratiche. Ma un ruolo determinante per farle emergere lo svolge l’ambiente. Dove non c’è consapevolezza dell’importanza del proprio lavoro e delle conseguenze che potrebbe avere un lavoro fatto male, è più facile che il germe del “menefreghismo” possa attecchire.
E’ sempre più frequente nello sport che gli atleti, per mantenere costante la tensione e la voglia di fare bene, si affidino ad un motivatore. E se fosse il motivatore la figura di cui si ha bisogno per rendere le amministrazioni un team di persone che si impegnano per ottenere un risultato comune? La motivazione come spinta ad una maggiore responsabilizzazione verso il proprio lavoro, verso la comunità. Un professionista di psicologia del lavoro, delle comunità e delle relazioni che faccia comprendere agli impiegati l’importanza del lavoro che stanno facendo. Che riesca a far vedere oltre l’azione sistematica della compilazione di un modulo. Che faccia comprendere che ogni piccolo passaggio è fondamentale per la correttezza di una procedura che dall’appalto porterà alla realizzazione di un’opera. Che riesca a proiettare il funzionario o l’impiegato o chiunque abbia la responsabilità sulla messa in sicurezza della viabilità, al momento in cui, per non aver provveduto a chiudere quel tratto stradale, il ponte collassa e provoca la morte di un pensionato.