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1. Considerazioni generali

Una delle principali novità del nuovo Codice degli appalti e delle concessioni[1] è il ruolo sempre più rilevante assunto nel sistema dall’Autorità Nazionale Anticorruzione.

In capo all’ANAC infatti, citata nel corpo del Codice più di ottanta volte, sono confermati i poteri già attribuiti alla stessa dalla normativa pregressa, alcuni dei quali decisamente potenziati – è il caso del potere di rilascio di pareri con efficacia vincolante – e ne vengono aggiunti di nuovi.

L’art. 213, che enumera le funzioni attribuite all’Autorità, prevede infatti che la stessa svolga <<la vigilanza e il controllo sui contratti pubblici e l’attività di regolazione degli stessi (…) anche al fine di prevenire e contrastare illegalità e corruzione>>.

Le molteplici competenze ora attribuite all’ANAC possono dunque essere ricondotte a due grandi macroaree: vigilanza e controllo da un lato e regolazione (ovvero l’attività c.d. di soft law) dall’altro.

Le attività di vigilanza e controllo erano tradizionalmente esercitate prima dall’AVCP, poi trasformatasi in ANAC quando il legislatore ha compreso l’importanza di concentrare in capo ad un unico soggetto pubblico indipendente i poteri di vigilanza e controllo in materia di anticorruzione e trasparenza sulla condotta delle pubbliche amministrazioni e i poteri di vigilanza sul rispetto delle regole di trasparenza e correttezza nelle procedure di gara per l’affidamento delle commesse pubbliche.

Ora tali poteri di vigilanza e controllo sono stati potenziati, anche attraverso l’attribuzione all’ANAC della tenuta di diversi albi aventi lo scopo ultimo di ottimizzare le procedure di gara.

D’altro canto, all’Autorità è stato altresì conferito il compito di adottare o partecipare all’adozione, secondo diverse forme e modalità, degli atti attuativi del Codice stesso, che sostituiranno l’attuale regolamento. L’obiettivo è quello di semplificare e ridurre la normativa in materia, attraverso l’emanazione di un insieme snello di linee guida di carattere generale, di più rapida adozione, che consenta l’aggiornamento costante dell’ordinamento per tenerlo al passo con i mutamenti del sistema, e che, al contempo, garantisca uniformità di comportamento tra le stazioni appaltanti.

Senza pretesa di approfondire in questa sede tale aspetto, già trattato nel precedente numero della rivista, ci si limita a precisare che gli atti di regolazione dell’ANAC perseguono lo scopo di contribuire ad assicurare trasparenza, omogeneità e speditezza delle procedure e di fornire criteri unitari di condotta agli operatori del settore, fornendo costante supporto nell’interpretazione e nell’applicazione pratica del Codice.

Il potere conferito all’ANAC, in quanto organismo pubblico indipendente, di prevalere con i propri provvedimenti amministrativi su altri provvedimenti amministrativi adottati dalle stazioni appaltanti suscita invero qualche perplessità sotto il profilo della compatibilità con l’assetto costituzionale vigente. In vigenza del vecchio Codice, gli atti dell’Autorità non erano giuridicamente vincolanti per le stazioni appaltanti: l’ANAC esercitava per così dire una moral suasion sugli operatori del settore appalti, condizionando ed orientando di fatto l’operato degli stessi ma senza che fosse riconosciuta una formale superiorità delle sue pronunce rispetto alle decisioni di ciascuna stazione appaltante. Ora, invece, il quadro dei rapporti tra Autorità ed operatori del settore muta radicalmente: le linee guida a carattere vincolante dell’ANAC costituiscono una limitazione formale all’autonomia decisionale delle amministrazioni pubbliche committenti. L’unico strumento a disposizione di queste ultime per opporsi ad una pronuncia dell’ANAC è ricorrere dinanzi il giudice amministrativo.

Le implicazioni sul piano pratico di tale mutato quadro normativo e i conseguenti dubbi sulla legittimità dello stesso non tarderanno, a parere di chi scrive, ad essere messi in luce in fase di prima applicazione del Codice.

Il nuovo Codice riconosce all’ANAC i poteri già esercitati dalla stessa, potenziandone decisamente alcuni ma, soprattutto, ne attribuisce di nuovi sia per quanto concerne l’attività di vigilanza e controllo che per quanto riguarda quella di regolazione e orientamento.

Il nuovo Codice inserisce l’ANAC tra i principali attori della governance nel settore degli appalti e delle concessioni pubblici. Il Titolo II della Parte VI del Codice, infatti, rubricato appunto <<Governance>>, istituisce una Cabina di Regia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, quale organo di coordinamento e monitoraggio avente la funzione di verificare lo stato di attuazione del Codice stesso, favorirne la corretta applicazione e promuovere eventuali modifiche che appaiano necessarie, con la quale si raccorderanno, innanzitutto, l’ANAC di cui è rafforzato l’impegno nel sostegno alla legalità, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Consiglio superiore dei lavori pubblici.

In particolare, è demandato alla Cabina di Regia, la cui composizione è stabilita con D.P.C.M. – da adottare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e trasporti e sentita l’ANAC medesima – il compito di effettuare una ricognizione sullo stato di attuazione del codice e sulle difficoltà riscontrate dalle stazioni appaltanti nella fase di applicazione per proporre eventuali soluzioni correttive e di miglioramento. La Cabina dovrà altresì predisporre un piano di azione per assicurare la corretta attuazione del Codice coordinando l’adozione di tutti i decreti e le linee guida attuativi da parte degli organi a ciò demandati, in primo luogo l’ANAC con la quale la Cabina di Regia è a stretto contatto. Altro compito di quest’ultima sarà anche quello di raccogliere tutti i provvedimenti attuativi del Codice in testi unici integrati, organici e omogenei, al fine di assicurarne la tempestività e la coerenza reciproca. Infine, sempre a riprova della stretta collaborazione tra i due soggetti, la Cabina di Regia avrà cura di segnalare, sulla base delle informazioni ricevute, eventuali specifiche violazioni o problemi sistemici all’ANAC per gli interventi di competenza di quest’ultima.

2. L’attività di vigilanza e controllo

L’attività di vigilanza e controllo, tradizionalmente esercitata prima da AVCP e poi da ANAC, è stata potenziata nel testo del nuovo Codice sotto molteplici profili.

In linea generale, sono state rafforzate le funzioni di vigilanza, promozione e sostegno delle migliori pratiche e di facilitazione dello scambio di informazioni tra le stazioni appaltanti e tra gli operatori del settore in genere.

E’ stato potenziato il ruolo dell’Autorità quale organo di controllo, con rilevanti poteri sanzionatori nei confronti degli operatori del settore – stazioni appaltanti e appaltatori – che non rispettino le regole[2].

L’Autorità accentrerà presso di sé la gestione e l’implementazione di tutte le banche dati relative al settore degli appalti e delle concessioni, eccezion fatta per l’attuale AVCPass, che transiterà al Ministero delle infrastrutture[3]. Ciò significa che l’ANAC gestirà la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici nella quale confluiscono tutte le informazioni contenute nelle banche dati esistenti, anche a livello territoriale. In tal modo si mira a garantire l’accessibilità unificata, la trasparenza, la pubblicità e la tracciabilità delle procedure di gara e dell’esecuzione dei relativi contratti. 

L’ANAC gestisce altresì il Casellario Informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, istituito presso l’Osservatorio, gestisce e aggiorna l’Albo Nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici di cui si dirà nel prosieguo, nonché l’elenco delle stazioni appaltanti che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house.

Ancora, è istituito presso l’Autorità, nell’ambito dell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti, l’elenco dei soggetti aggregatori.

L’ANAC gestirà infine la piattaforma digitale dei bandi di gara, per la pubblicazione dei bandi e degli avvisi, che sostituirà gradualmente la pubblicazione dei medesimi sulla GURI.

Appare evidente come sarà prioritario che l’Autorità si doti di un sistema informatico altamente performante, per far sì, da un lato, che vi sia reale interoperabilità tra tutte le banche dati sotto il suo controllo e, dall’altro, che l’accesso alle medesime da parte degli operatori del settore sia effettivamente facilitato. Sono purtroppo note le difficoltà pratiche in cui attualmente incorrono gli operatori del settore per accedere e implementare dati sul sito dell’ANAC.

Sono rafforzate le funzioni di controllo, promozione e sostegno delle migliori pratiche e di facilitazione dello scambio di informazioni tra gli operatori del settore. E’ altresì introdotta la vigilanza sulla fase esecutiva dei contratti, sinora piuttosto trascurata, nonché la vigilanza collaborativa. 

Una importante novità è ravvisabile nel fatto che la vigilanza riguarda ora anche la fase esecutiva dei contratti. L’art. 213, comma 3, lett. b) dispone infatti che tra i compiti dell’Autorità rientri anche la vigilanza <<affinché sia garantita l’economicità dell’esecuzione dei contratti pubblici>> e l’accertamento <<che dalla stessa non derivi pregiudizio per il pubblico erario>>.

Questa attenzione alla fase esecutiva riveste grande importanza pratica, se solo si pensa al fatto che, attualmente, tale fase viene in concreto trascurata dalle stazioni appaltanti in termini di vigilanza e controllo o, comunque, è spesso caratterizzata da ritardi, disfunzionamenti o contenziosi. Una più pressante vigilanza da parte dell’Autorità non può che avere una ricaduta positiva in termini di maggior rigore nei controlli sulla regolare esecuzione da parte delle amministrazioni aggiudicatrici e di maggiore serietà e puntualità nell’esecuzione stessa da parte degli operatori economici.

Un’altra novità di rilievo è la previsione introdotta dal citato art. 213, comma 3, lett. h): “per affidamenti di particolare interesse, (l’ANAC, ndr) svolge attività di vigilanza collaborativa attuata previa stipula di protocolli di intesa con le stazioni appaltanti richiedenti, finalizzata a supportare le medesime nella predisposizione degli atti e nell’attività di gestione dell’intera procedura di gara”. In merito, l’ANAC ha già sperimentato tale vigilanza collaborativa in occasione dell’intervento esercitato nei confronti del Commissario unico delegato del Governo per gli appalti di Expo 2015 e tale esperienza si è rivelata positiva. La vigilanza collaborativa ha infatti lo scopo di limitare preventivamente le criticità del sistema degli appalti pubblici, sotto il profilo della prevenzione del contenzioso e, in generale, del miglioramento della qualità delle procedure svolte, nella logica di accompagnare le stazioni appaltanti verso comportamenti corretti dal primo momento dell’avvio delle procedure per la scelta del contraente sino alla completa realizzazione della commessa pubblica.

3. La tenuta dell’Elenco delle stazioni appaltanti qualificate

Ai sensi dell’art. 38 del nuovo Codice, presso l’ANAC è istituito un elenco pubblico delle stazioni appaltanti qualificate di cui fanno parte anche le centrali di committenza.

Si tratta di un’importante novità finalizzata, da un lato, a ridurre il numero delle amministrazioni che operano nel settore degli appalti di importo consistente e, dall’altro, a migliorare sensibilmente la qualità delle procedure di gara, selezionando le stazioni appaltanti abilitate a porre in essere le procedure stesse in funzione della loro capacità e competenza.

La qualificazione è infatti conseguita dalle stazioni appaltanti in rapporto agli ambiti di attività, ai bacini territoriali, alla tipologia e complessità del contratto e per fasce d’importo. Il Codice prevede che con successivo decreto ministeriale, sentita tra l’altro l’ANAC, saranno definiti i requisiti tecnico-organizzativi per l’iscrizione all’elenco.

Per ottenere la qualificazione, la stazione appaltante sarà valutata sulla base del complesso delle attività che caratterizzano il processo di acquisizione di un bene, servizio o lavoro che la stessa pone in essere in relazione alla sua <<capacità di programmazione e progettazione, alla capacità di affidamento e alla capacità di verifica sull’esecuzione e controllo dell’intera procedura, ivi incluso il collaudo e la messa in opera>>.

Ciò significa che, ai fini della qualificazione, non si guarderà soltanto all’attività svolta dall’ufficio appalti di una amministrazione ma a tutto l’apparato tecnico-amministrativo coinvolto nelle varie fasi di un contratto di appalto, ivi compresa l’esecuzione dello stesso.

A ben guardare, tale previsione mal si concilia con l’attuale organizzazione di numerose stazioni appaltanti, soprattutto i piccoli Comuni, in cui vi è uno spezzettamento delle varie fasi procedurali attribuite alla competenza dei vari uffici – settore tecnico, settore appalti, ecc. – che lavorano spesso a compartimenti stagni, senza una pianificazione comune ed una collaborazione e comunicazione continue.

Il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti ha lo scopo di selezionare le amministrazioni più capaci, in termini organizzativi e di competenza, cui affidare in esclusiva il compito di svolgere le procedure di affidamento di importo più elevato o di maggiore complessità.

I requisiti per la qualificazione saranno individuati in applicazione dei criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione. Per le centrali di committenza rileverà altresì il carattere di stabilità delle attività e il relativo ambito territoriale.

La norma distingue altresì tra requisiti di base e requisiti premianti. Tra i primi sono compresi: la presenza di strutture organizzative stabili deputate alle attività di programmazione e progettazione, di affidamento e di verifica sull’esecuzione e controllo dell’intera procedura; la presenza nella struttura organizzativa di dipendenti aventi specifiche competenze in rapporto alle suddette attività; l’esistenza di un sistema di formazione ed aggiornamento del personale; il numero di gare svolte nel triennio con riferimento anche al loro importo e complessità, il numero di varianti approvate, il rispetto dei tempi di esecuzione delle procedure di affidamento, di aggiudicazione e di collaudo; il rispetto dei tempi previsti per i pagamenti di imprese e fornitori.

Sono invece considerati requisiti premianti: la valutazione positiva dell’ANAC in ordine all’attuazione di misure di prevenzione dei rischi di corruzione e promozione della legalità; la presenza di sistemi di gestione della qualità conformi alla norma UNI EN ISO 9001 degli uffici e dei procedimenti di gara, certificati da organismi accreditati; la disponibilità di tecnologie telematiche nella gestione di procedure di gara; il (basso) grado di soccombenza nel contenzioso; l’applicazione di criteri di sostenibilità ambientale e sociale nell’attività di progettazione e affidamento[4].

L’ANAC, mediante l’adozione di linee guida vincolanti approvate con decreto, ha il compito di definire le modalità attuative del sistema di qualificazione, sulla base dei requisiti e delle condizioni imposte dal Codice[5]. Una volta adottate le linee guida, sarà assegnato alle stazioni appaltanti e alle centrali di committenza un termine entro il quale le stesse dovranno dotarsi dei requisiti necessari alla qualificazione.

Come già detto, lo scopo dichiarato dell’introduzione di tale sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti va ravvisato nella volontà di selezionare le amministrazioni più capaci, in termini organizzativi e di competenza ed esperienza acquisite, e di consentire solo a queste di svolgere le procedure di affidamento di importo più elevato o di maggiore complessità. Si vuole, in altri termini, concentrare su pochi soggetti l’attività di espletamento delle procedure di affidamento delle commesse pubbliche, rinforzando ancora di più il processo di aggregazione della domanda pubblica già avviato con l’istituzione delle centrali di committenza e dei soggetti aggregatori. Tutto ciò, al fine, da un lato, di migliorare la qualità delle procedure messe in atto e deflazionare il contenzioso, e, dall’altro, di ridurre la spesa pubblica mediante le economie di scala ottenibili dall’aggregazione della domanda, rendendo, in una parola, il sistema degli appalti pubblici più efficiente.

E’ prevedibile tuttavia che tale sistema di qualificazione tardi a diventare pienamente operativo: non sarà infatti semplice individuare i criteri per selezionare le stazioni appaltanti più efficienti e, soprattutto, non sarà facile né tanto meno veloce mettere in pratica tale operazione di “professionalizzazione”, anche alla luce del fatto che la norma assegna alle amministrazioni aggiudicatrici un termine per l’adeguamento ai parametri di efficienza richiesti. Alla luce della comune esperienza e secondo una consuetudine tutta italiana, è prevedibile che tale termine subirà più di uno slittamento.

A regime, le stazioni appaltanti non qualificate potranno operare solo sotto i 40mila euro ovvero utilizzare gli strumenti di acquisto, mentre l’utilizzo degli strumenti di negoziazione sarà riservato alle sole stazioni appaltanti in possesso della relativa qualificazione.

4. Gli strumenti a disposizione delle stazioni appaltanti qualificate e di quelle non qualificate

A regime, le stazioni appaltanti non qualificate, così come i Comuni non capoluogo, potranno utilizzare soltanto i c.d. strumenti di acquisto, mentre l’utilizzo degli strumenti di negoziazione sarà riservato alle sole stazioni appaltanti qualificate, ovviamente nei limiti di importo e di tipologia per cui la qualificazione è conseguita.

Per comprendere esattamente l’ambito di operatività delle stazioni appaltanti munite o meno di qualificazione occorre leggere con attenzione l’art. 37 del nuovo Codice, per la verità di non felicissima formulazione, in combinato disposto con le definizioni di “strumenti di acquisto” e “strumenti di negoziazione” contenuti nell’art. 3[6].

La norma succitata prevede infatti che le stazioni appaltanti possano procedere direttamente e autonomamente all’acquisizione di forniture e servizi di importo inferiore a 40.000 euro e di lavori di importo inferiore a 150.000 euro, nonché attraverso l’effettuazione di ordini a valere su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza. Se ne deduce che al di sotto della soglia dei 40.000 euro per le forniture e i servizi e di 150.000 per i lavori, ovvero le soglie al di sotto delle quali è ammesso l’affidamento diretto ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett.a) del Codice, tutte le stazioni appaltanti possano liberamente operare.

Sono tuttavia fatti salvi gli obblighi di utilizzo di strumenti di acquisto e di negoziazione, anche telematici, previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa. Vi è cioè un obbligo generalizzato al ricorso a CONSIP e ai soggetti aggregatori regionali secondo le disposizioni di legge già vigenti. Ciò in linea con quanto si diceva prima a proposito del tendenziale rafforzamento del processo di aggregazione della domanda pubblica.

Inoltre, al di sopra delle soglie suindicate, sembrerebbe ammesso il ricorso ai soli strumenti di acquisto.

Tuttavia, per effettuare procedure (sembrerebbe procedure negoziate sotto soglia, procedure ordinarie e altri strumenti di negoziazione) di importo superiore alle suddette soglie, le stazioni appaltanti devono essere in possesso della necessaria qualificazione ai sensi dell’art. 38. Infatti, il comma 2 dell’art. 37 precisa che “per gli acquisti di forniture e servizi di importo superiore a 40.000 euro e inferiore alla soglia di cui all’articolo 35, nonché per gli acquisti di lavori di manutenzione ordinaria d’importo superiore a 150.000 euro e inferiore a 1 milione di euro, le stazioni appaltanti in possesso della necessaria qualificazione di cui all’articolo 38 procedono mediante utilizzo autonomo degli strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate secondo la normativa vigente”.

In altri termini, sopra i 40mila euro (o i 150mila per i lavori), con riferimento agli strumenti di negoziazione, possono operare le sole stazioni appaltanti in possesso della necessaria qualificazione.

Se non vi è la disponibilità di tali strumenti anche in relazione alle singole categorie merceologiche, le stazioni appaltanti operano ricorrendo ad una centrale di committenza ovvero mediante aggregazione con una o più stazioni appaltanti aventi la necessaria qualifica, alla stessa stregua delle stazioni appaltanti non qualificate – come prescrive il comma 3 dell’art. 37 – oppure procedono mediante lo svolgimento di procedura ordinaria.

Ad una prima lettura del Codice parrebbe che alle stazioni appaltanti non qualificate sia consentito l’impiego dei soli strumenti di acquisto – quali gli Ordini di Acquisto (OdA) sul MEPA per esempio – anche sopra i 40mila euro, mentre ad esse sia precluso – per gli stessi importi – l’utilizzo degli strumenti di negoziazione, quali le Richieste di Offerta (RdO). Ciò, nonostante queste ultime garantiscano invero maggiore tutela dei principi di concorrenza e trasparenza rispetto agli ordini di acquisto, la cui attuale scarsa regolamentazione sul Mercato elettronico lascia aperto più di uno spiraglio a favoritismi e scelte clientelari.

Detta scelta legislativa desta per la verità più di una perplessità: occorrerà attendere le Linee guida dell’ANAC per comprendere la reale portata di tale norma.

Nell’ottica di rafforzare la legalità e l’anticorruzione, il legislatore ha imposto alle stazioni appaltanti di individuare i componenti delle commissioni giudicatrici delle procedure da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa tra soggetti sorteggiati da un elenco nazionale tenuto dall’ANAC.

5. L’albo dei commissari di gara

Un’altra importante novità è l’istituzione, presso l’ANAC, che lo gestisce e lo aggiorna secondo criteri fissati con proprie determinazioni, dell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici, disciplinato dall’art. 78.

Viene dunque oggettivizzato e reso più trasparente il sistema di scelta dei commissari di gara, spesso purtroppo condizionato da scelte clientelari ed inquinato, talvolta, da episodi di vera e propria corruzione.

Nell’ottica di rafforzare la legalità e il sostegno all’anticorruzione, il legislatore ha scelto di imporre alle stazioni appaltanti di individuare i componenti delle commissioni giudicatrici delle proprie procedure di gara tra soggetti di provata competenza e terzietà, sorteggiati da un unico elenco costituito a livello nazionale e gestito, appunto, dall’Autorità preposta alla lotta alla corruzione.

A dire il vero, tale composizione “esterna” delle Commissioni giudicatrici è prescritta con esclusivo riferimento alle procedure di aggiudicazione per cui è previsto il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo e la valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico. Va da sé che tale previsione possa costituire un deterrente all’utilizzo da parte delle stazioni appaltanti di questo criterio di aggiudicazione, considerata la maggiore complessità della correlata procedura, a cominciare proprio dalla composizione della commissione giudicatrice.

Più in dettaglio, l’art. 77 del Codice prevede che i commissari siano scelti fra gli esperti iscritti all’Albo istituito presso l’ANAC e, nel caso di procedure di aggiudicazione svolte da CONSIP S.p.a, INVITALIA e dai soggetti aggregatori regionali, tra gli esperti iscritti nell’apposita sezione speciale dell’Albo, non appartenenti alla stessa stazione appaltante e, solo se questi non siano disponibili in numero sufficiente, anche tra gli esperti della sezione speciale che prestano servizio presso la stessa stazione appaltante ovvero, se il numero risulti ancora insufficiente, ricorrendo anche agli altri esperti iscritti all’Albo al di fuori della sezione speciale.

Potranno iscriversi all’Albo i soggetti in possesso dei requisiti di compatibilità e moralità, nonché di comprovata competenza e professionalità nello specifico settore cui si riferisce il contratto, secondo i criteri e le modalità che l’Autorità stessa definirà con apposite linee guida.

Come è ovvio – e come era previsto anche nella previgente disciplina – i commissari non devono aver svolto né possono svolgere alcun tipo di incarico o funzione relativi al contratto per la cui procedura di affidamento sono nominati e valgono per essi le cause di astensione previste dall’art. 51 del codice di procedura civile.

Si procederà mediante pubblico sorteggio da una lista di candidati costituita da un numero di nominativi almeno doppio rispetto a quello dei componenti da nominare. Tale lista è comunicata dall’ANAC alla stazione appaltante, di norma entro cinque giorni dalla richiesta della stazione appaltante[7].

In proposito, la legge delega prevedeva l’applicazione di tale sistema in forma generalizzata. In sede di elaborazione del Codice, tuttavia, anche a seguito dei suggerimenti forniti dallo stesso Presidente dell’ANAC, è stata introdotta una deroga a tale regola generale, valevole in ogni caso per le sole procedure da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa: la stazione appaltante, infatti, in caso di affidamento di contratti di importo inferiore alle soglie comunitarie o che non presentino particolare complessità, quali ad esempio le procedure svolte attraverso piattaforme telematiche di negoziazione, può nominare componenti interni alla stazione appaltante. Ciò al fine di contenere i costi che la stazione appaltante dovrebbe sostenere nominando commissari selezionati dall’Albo nazionale. La norma prescrive comunque che il Presidente della commissione giudicatrice sia individuato dalla stazione appaltante tra i commissari sorteggiati.

Sarà introdotto un sistema di premialità e penalità, connesso a requisiti reputazionali delle imprese valutati sulla base di parametri oggettivi e misurabili e su accertamenti definitivi concernenti il rispetto dei tempi e dei costi nell’esecuzione degli appalti ad esse affidati.

6. La gestione delle misure premiali relative ai criteri reputazionali delle imprese

Di rilievo è infine la novità introdotta in tema di qualificazione degli operatori economici. Viene infatti istituito presso l’Autorità, che ne cura la gestione, un sistema di penalità e premialità nei confronti delle imprese connesso a criteri reputazionali.

Il sistema di qualificazione sinora esistente, basato sul rilascio delle attestazioni SOA per gli operatori del settore dei lavori pubblici, e sul possesso di specifici requisiti di moralità e idoneità professionale per gli altri, si è rivelato nel tempo non del tutto soddisfacente. Finora, un’impresa che realizza i lavori rispettando tempi e costi contrattuali ed un’altra che invece realizza i medesimi lavori con tempi e costi estremamente dilatati sono poste sullo stesso piano dal sistema di qualificazione formalistico sinora vigente. Si è dunque compreso che occorre introdurre un parametro connesso all’efficienza dell’operatore economico che incida positivamente, attraverso un sistema premiante, sulla sua possibilità di accedere a nuove commesse pubbliche[8].  

E’ per tale ragione che il nuovo Codice, all’art. 83, comma 10, introduce il suaccennato sistema di premialità e penalità, connesso a requisiti reputazionali che devono essere individuati e valutati <<sulla base di parametri oggettivi e misurabili nonché su accertamenti definitivi concernenti il rispetto dei tempi e dei costi nell’esecuzione degli appalti ad essi affidati>>.

L’art. 83 precisa che i requisiti reputazionali tengono conto, in particolare, <<dei precedenti comportamentali dell’operatore medesimo, con riferimento al rispetto dei tempi e dei costi nell’esecuzione dei contratti, all’incidenza del contenzioso sia in sede di partecipazione alle procedure di gara che in fase di esecuzione del contratto. Tengono conto altresì della regolarità contributiva e contrattuale (…)>>.

Non sarà certamente facile individuare i parametri “oggettivi” e “misurabili” che consentano di valutare in modo imparziale e trasparente la condotta degli operatori economici sotto il profilo della loro affidabilità, capacità strutturale e puntualità nell’esecuzione degli appalti pubblici.

E’ una sfida, però, che l’ANAC può e deve raccogliere proprio in virtù del ruolo di garante della trasparenza e promotrice del miglioramento della qualità e dell’efficienza nel settore degli appalti che si è assunta nel tempo e che questo nuovo Codice le riconosce in misura addirittura rafforzata. Sfida, peraltro, che, se vinta, contribuirebbe in modo sensibile a selezionare le imprese migliori sotto il profilo dell’esecuzione in linea con la maggiore attenzione – di cui abbiamo già accennato sopra – del nuovo Codice nei confronti della fase esecutiva delle commesse, finora rimasta la più trascurata[9].


[1] Il Codice è stato approvato con decreto legislativo n. 50 del 18 aprile 2016 ed è stato pubblicato in G.U. il 19 aprile, data dalla quale è entrato in vigore.

[2] Per un approfondimento sui poteri sanzionatori dell’Autorità, si rinvia all’articolo dal titolo <<I “superpoteri” dell’ANAC nel nuovo codice appalti>> pubblicato sul n. 3 del 2016 della Rivista.

[3] Cfr. art. 81 D. lgs. n. 50/2016. La documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-professionale ed economico e finanziario, per la partecipazione alle procedure di gara sarà acquisita esclusivamente attraverso la Banca dati centralizzata gestita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, denominata Banca dati nazionale degli operatori economici, che sostituirà l’attuale AVCPass, gestita dall’Autorità. A tal fine entro il 31 dicembre 2016, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in accordo con ANAC, dovrà definire le modalità di subentro nelle convenzioni stipulate dall’ANAC, tali da non rendere pregiudizio all’attività di gestione dati attribuite all’ANAC dal nuovo codice.

[4] Il Codice prevede che la qualificazione, una volta conseguita, ha efficacia quinquennale e può essere rivista a seguito di verifica, anche a campione, da parte di ANAC o su richiesta della stazione appaltante.

[5] Il decreto contenente le linee guida dovrà altresì definire le modalità attuative del sistema delle attestazioni di qualificazione e di eventuale aggiornamento e revoca, nonché la data a decorrere dalla quale entra in vigore il nuovo sistema di qualificazione.

[6] L’art. 3, comma 1, rubricato <<Definizioni>>, così sancisce: << Ai fini del presente codice si intende per: (…)

cccc) «strumenti di acquisto», strumenti di acquisizione che non richiedono apertura del confronto competitivo. Rientrano tra gli strumenti di acquisto:

1) le convenzioni quadro di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, stipulate, ai sensi della normativa vigente, da CONSIP S.p.A. e dai soggetti aggregatori;

2) gli accordi quadro stipulati da centrali di committenza quando gli appalti specifici vengono aggiudicati senza riapertura del confronto competitivo;

3) il mercato elettronico realizzato da centrale di committenza nel caso di acquisti effettuati a catalogo;

dddd) «strumenti di negoziazione», strumenti di acquisizione che richiedono apertura del confronto competitivo. Rientrano tra gli strumenti di negoziazione:

1) gli accordi quadro stipulati da centrali di committenza nel caso in cui gli appalti specifici vengono aggiudicati con riapertura del confronto competitivo;

2) il sistema dinamico di acquisizione realizzato da centrali di committenza;

3) il mercato elettronico realizzato da centrali di committenza nel caso di acquisti effettuati attraverso confronto concorrenziale;

4) i sistemi realizzati da centrali di committenza che comunque consentono lo svolgimento delle procedure ai sensi del presente codice; (…)>>.

[7]Fino alla adozione della disciplina in materia di iscrizione all’Albo nazionale dei commissari, la commissione continua ad essere nominata dall’organo della stazione appaltante competente a selezionare il contraente, secondo regole di competenza e trasparenza preventivamente individuate da ciascuna stazione appaltante.

[8] Appare utile segnalare che il legislatore ha evidentemente riconosciuto i limiti e le carenze dell’attuale sistema di qualificazione basato sulle SOA, ma, al momento, non sono state individuate valide alternative tali da poterlo sostituire. E’ per tale ragione che il sistema SOA è stato confermato nel nuovo Codice, pur con gli aggiustamenti sopra visti. Il legislatore ha, in ogni caso, lasciato spazio alla possibilità di introdurre un sistema di qualificazione differente e più efficace prevedendo, al comma 12 dell’art. 84 che <<entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente codice, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su proposta dell’ANAC, sentite le competenti Commissioni parlamentari, vengono individuate modalità di qualificazione, anche alternative o sperimentali da parte di stazioni appaltanti ritenute particolarmente qualificate ai sensi dell’articolo 38, per migliorare l’effettività delle verifiche e conseguentemente la qualità e la moralità delle prestazioni degli operatori economici, se del caso attraverso un graduale superamento del sistema unico di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici>>.

[9] L’obiettivo di premiare gli operatori più efficienti e dotati di maggiori capacità imprenditoriali era già stato in parte perseguito con la valorizzazione dell’istituto del rating di qualità, previsto inizialmente dal D.L. n. 1/2012 e poi in alcuni bandi tipo, e in applicazione del quale l’ANAC è stata già coinvolta nel procedimento di conferimento del rating alle imprese che hanno un certo livello di fatturato. Ora l’art. 213 coordina questa funzione preesistente con le nuove attribuzioni all’ANAC disponendo che l’Autorità collabori <<con l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per la rilevazione di comportamenti aziendali meritevoli di valutazione al fine dell’attribuzione del “rating di legalità” delle imprese (…)>>.

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott.ssa Alessandra Verde
Referendaria consiliare presso il Consiglio regionale della Sardegna
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