Questo articolo è valutato
( votes)Analisi di pareri e pronunce su questioni attinenti all’attività contrattuale ed in genere all’azione amministrativa delle stazioni appaltanti
Indennità di risultato dei dirigenti e piano della performance
(Corte dei Conti – sezione regionale della Campania – deliberazione del 18 novembre 2015 n. 239)
Indice
- Premessa
- Il riscontro
- Niente indennità senza piano delle performance
- L’approvazione tardiva del piano delle performance
1. Premessa
Un comune campano – commissariato – si rivolge alla propria sezione della Corte dei Conti per sottoporre un quesito, abbastanza delicato, in tema di corresponsione delle indennità di risultato ai titolari di posizione organizzativa.
Incarichi (di posizione organizzativa) che, come noto, nei comuni privi di posizioni dirigenziali in organico possono riguardare i funzionari apicali ovvero posti a carico delle posizioni organizzative (nell’ambito della costituita area delle posizioni) e, attraverso un decreto del capo dell’amministrazione, risultare destinatari delle prerogative tipiche del dirigente di cui all’articolo 107 del decreto legislativo 267/2000.
Nell’ente in parola, emerge dal quesito, la programmazione e la definizione dei vari istituti che costituiscono condizione per la valutazione delle prestazioni e la successiva erogazione delle indennità di risultato (commisurate fino ad un massimo del 25% dell’indennità di posizione) ai responsabili di servizio risultava essere stata approvata con un certo ritardo e che, sostanzialmente, non risultava neppure essere stato adottato un piano di obiettivi (o un piano delle performance).
In particolare, dal quesito è emersa tale situazione:
- presenza di numerose note di sigle sindacali che hanno posto in dubbio la legittimità dei suddetti decreti (di attribuzione delle responsabilità);
- una richiesta di verifica, da parte del Segretario comunale dell’ente, dell’iter seguito nell’assegnazione di tali indennità;
- un ritardo nella presentazione delle relazioni sulla attività svolta, da parte di alcuni responsabili di p. o. (sei soggetti) e la mancata presentazione della stessa da parte di un soggetto (Responsabile del I° settore del comune) in quanto, a detta dello stesso ”non si è in grado di relazionare in merito al raggiungimento degli obiettivi relativi all’anno 2014, così come per gli anni precedenti 2012 e 2013, in quanto il PEG, ai responsabili dei vari settori, è pervenuto solo dopo l’approvazione in Consiglio comunale dello stesso voto, vale a dire nel mese di dicembre dello stesso anno”;
- la mancata adozione del piano della performance;
- inoltre, nella prima relazione OIV relativa all’indennità di risultato per l’anno 2012 viene riportato testualmente che “essendo stato approvato il PEG solo in data 27 dicembre 2012…l’importo quantificato dal collegio ha solo valore matematico per cui si rimette agli organi competenti la valutazione sull’erogazione o meno dell’indennità di risultato ai responsabili …”; si rileva tuttavia che “nonostante queste premesse, l’OIV procede, in tutte e tre le relazioni, a determinare il quantum attribuibile ai responsabili di p. o. – quale retribuzione di risultato anni 2012 e 2013 – in una misura percentuale spesso elevata verso il massimo erogabile”;
- che i pareri resi dal Collegio dei revisori erano sostanzialmente critici con riguardo all’attribuzione del salario accessorio ai responsabili di p. o.;
- che, richiesto un parere del legale dell’ente, questo si concludeva per l’insussistenza delle condizioni per il riconoscimento e la corresponsione ai responsabili di p. o. dell’indennità di risultato per gli anni in questione.
Alla luce di quanto si richiedevano al collegio lumi sulla possibilità di procedere comunque alla erogazione delle indennità di risultato.
2. Il riscontro
La sezione, come si può intuire, ha ritenuto inammissibile sotto il profilo oggettivo la richiesta, atteso “che la richiesta di parere all’odierno esame” difettasse “dei requisiti oggettivi necessari ad una disamina nel merito in quanto riguardante una fattispecie concreta in corso di realizzazione” ed inoltre nel caso di specie, la richiesta di parere era riferibile non all’interpretazione di leggi in materia finanziaria, bensì all’esegesi di normativa contrattuale-collettiva.
Ed in tema, la sezione rammenta quanto ribadito anche dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti nella deliberazione 56/CONTR/11 del 2 novembre 2011, “in sede consultiva e di nomofilachia, le Sezioni della Corte dei conti non possono rendere parere (…) poiché, come più volte specificato, l’interpretazione delle norme contrattuali rientra nelle funzioni che il legislatore ha attribuito all’ARAN. Al riguardo, le Sezioni riunite si sono pronunciate in sede di nomofilachia con Delibera n. 50/CONTR/2010, con la quale hanno evidenziato che l’interpretazione delle clausole dei contratti collettivi trova una sua compiuta disciplina nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.”. Inoltre, “(…) in base ad un costante orientamento (cfr. ex multis anche Sezione delle autonomie n. 5/AUT/2006 del 17 febbraio 2006) non possono ritenersi ammissibili, al fine di scongiurare possibili interferenze e condizionamenti, i quesiti che formano oggetto di esame da parte di altri Organi” (Cfr. Sezione regionale di controllo per la Campania, Parere n. 221/2015 del 12 ottobre 2015).
3. Niente indennità senza piano delle performance
La sezione, pertanto, non fornisce alcun riscontro al parere che, ha sommesso avviso, trova adeguata soluzione alla luce del dato normativo contenuto nel c.d. decreto legislativo Brunetta n. 150/2009.
In questo senso, il comma 5 dell’articolo 10 del decreto chiarisce senza che possa essere revocato in dubbio che “in caso di mancata adozione del Piano della performance e’ fatto divieto di erogazione della retribuzione di risultato ai dirigenti che risultano avere concorso alla mancata adozione del Piano, per omissione o inerzia nell’adempimento dei propri compiti, e l’amministrazione non può procedere ad assunzioni di personale o al conferimento di incarichi di consulenza o di collaborazione comunque denominati”.
In assenza del piano delle performance pertanto, tecnicamente non esistono obiettivi che possano essere oggettivamente valutati e di fatto non è possibile erogare le indennità.
La questione di rilievo, che ovviamente come detto non emerge dal parere ma dal dato normativo riportato, è che la conseguenza del divieto dell’erogazione dell’indennità deve derivare per fatto del dirigente.
A tal riguardo, l’inciso secondo cui non è possibile erogare indennità di risultato “ai dirigenti che risultano avere concorso alla mancata adozione del Piano, per omissione o inerzia nell’adempimento dei propri compiti”.
La questione apre – almeno – a due ordini di considerazioni.
In primo luogo il caso in cui, in verità sempre più frequente per le difficoltà di adottare tempestivamente i vari della programmazione, in cui i dirigenti non abbiano omesso di ossequiare i propri doveri istituzionali, ad esempio presentando i propri obiettivi e/o sollecitando l’intervento dei soggetti predisposti a presiedere il procedimento e/o la stessa amministrazione e ciò nonostante gli atti in parola non siano stati adottati.
In sostanza, se i dirigenti non abbiano concorso alla mancata adozione del piano – peraltro nel loro interesse – come si pone la questione rispetto all’erogazione delle indennità.
Caso mai il vero quesito potrebbe essere questo anche per evitare contenziosi e comportamenti non rituali. E’ chiaro che se l’indennità oggettivamente – per carenza dei presupposti legittimanti – non può essere erogata neanche l’amministrazione può forzare il dato di fatto in argomento.
L’altro ordine di considerazione è se le conseguenze della norma possano ritenersi così perentorie anche nel caso in cui il piano della performance sia stato adottato tardivamente rispetto alla disciplina declinata nel decreto legislativo.
4. L’approvazione tardiva del piano performance
Nel caso di un piano delle performance approvato in ritardo le conseguenze dovrebbero essere le stesse prospettate dal comma 5 sopra riportato salvo ipotizzare un ricalibratura delle indennità di risultato in base ai mesi in cui si è operato con un piano approvato.
In sostanza, l’indennità potrebbe essere proporzionata al periodo in cui realmente è possibile effettuare la valutazione con degli obiettivo formalmente assegnati.
A sommesso avviso, al fine di evitare questioni foriere di contenzioso, si pensi agli aspetti civilistici che potrebbe sorgere nel caso in cui, come detto, la responsabilità per la mancata adozione del piano performance non sia oggettivamente imputabile ai dirigenti/responsabili di servizio ed anzi questi dimostrino di essersi attivati secondo competenza, in tutti i modi istituzionali possibili, fornendo anche i dati necessari per la redazione ed approvazione giuntale del piano si potrebbero immaginare la previsione – nella metodologia – di clausole di salvaguardia.
Tali clausole, potrebbero prevedere la formalizzazione di un piano di obiettivi da valutare che deve essere approvato qualora, per i tempi della programmazione e similari, non sia possibile adottare un piano performance canonico secondo i desiderata dell’amministrazione.
In questo modo, fermo restando che anche il piano di cui alla clausola di salvaguardia deve avere le connotazioni minime di cui al decreto legislativo 150/2009, si evita il sicuro conflitto e eventuale responsabilità civile dell’amministrazione (qualora evidentemente, la mancata adozione non sia imputabile ai responsabili di servizio).