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La pratica operativa ci dice che gli organigrammi aziendali degli operatori economici impegnati nell’esecuzione degli appalti, sono mondo davvero complesso, talvolta presentano situazioni che in concreto collidono con le formali attribuzioni di potere che sono volte ad individuare con certezza ruoli decisionali o meramente esecutivi in seno ad un’azienda, e la visura diviene in alcune circostanze, indizio e non prova di una realtà fattuale che esige attività valutativa da parte dell’Amministrazione.

Il Consiglio di Stato come ben noto, adeguatamente interpellato sulla questione, riguardo i risvolti pratici in fase di partecipazione alle procedure di gara, ebbe modo nel 2013, con un pronuncia in Adunanza Plenaria (la n. 23), di precisare che “nella modulazione degli assetti societari, la prassi mostra l’emersione di figure di procuratori muniti di poteri decisionali di particolare ampiezza e riferiti ad una pluralità di oggetti così che, per sommatoria, possano configurarsi omologhi, se non di spessore superiore, a quelli che lo statuto assegna agli amministratori”; precisando altresì che l’art. 38, con la locuzione di amministratori muniti del potere di rappresentanza, “ha inteso riferirsi ad un’individuata cerchia di persone fisiche che, in base alla disciplina codicistica e dello statuto sociale, sono abilitate ad agire per l’attuazione degli scopi societari e che, proprio in tale veste qualificano in via ordinaria, quanto ai requisiti di moralità e di affidabilità, l’intera compagine sociale”.

In queste ipotesi, anche con riferimento alla figura del procuratore, l’assenza di una dichiarazione relativa al possesso dei requisiti di moralità professionale potrà portare all’esclusione dell’impresa dalla procedura, in quanto“in tal caso il procuratore speciale finisce col rientrare a pieno titolo nella figura cui si richiama l’art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006, poiché da un lato si connota come amministratore di fatto ai sensi dell’art. 2639, comma 1, cod. civ. e, d’altro lato, in forza della procura rilasciatagli, assomma in sé anche il ruolo di rappresentante della società, sia pure eventualmente solo per una serie determinata di atti”.

Insomma l’annosa questione tra orientamento formale ancorato alla lettera della norma con esclusione dell’obbligo di dichiarazione da parte del procuratore o dell’institore; e l’orientamento sostanzialista per il quale l’onere dichiarativo graverebbe anche sui procuratori che nel concreto hanno ingerenze nella gestione societaria (Cons. St., sez. VI, n. 178 del 18 gennaio 2012; n. 6374 del 12 dicembre 2012; n. 5150 del 28 settembre 2012 sez. IV, n. 6664 del 21 dicembre 2012).

Tra le recenti pronunce, la n. 4765 del 15/10/2015 che richiamando ai principi dettati dall’Adunanza Plenaria n. 16/2014 ha tra l’altro recentemente ribadito e aggiunto che: “la dichiarazione sostitutiva relativa all’assenza delle condizioni preclusive previste dall’art. 38 del Codice può essere legittimamente riferita in via generale ai requisiti previsti dalla norma e non deve necessariamente indicare in modo puntuale le singole situazioni ostative previste dal legislatore. La dichiarazione sostitutiva relativa all’insussistenza delle condizioni ostative previste dal Codice non deve contenere la menzione nominativa di tutti i soggetti muniti di poteri rappresentativi dell’impresa, quando questi possano essere agevolmente identificati mediante l’accesso a banche dati ufficiali o a registri pubblici.” Ora, posto che la dichiarazione deve contenere tutte le informazioni di cui necessita l’Amministrazione per verificarne d’ufficio la correttezza e la veridicità, anche ai sensi dell’art.43 d.P.R. 445/2000 (Cons. St., sez. III, 26 settembre 2013, n.4785), ritiene l’Adunanza che, mentre deve escludersi l’ammissibilità di dichiarazioni riferite a persone non identificate e non identificabili, deve, al contrario, giudicarsi consentita, anche in applicazione dei principi civilistici in punto di determinabilità del contenuto degli atti giuridici mediante rinvii ob relationem di semplice decifrazione, la presentazione di dichiarazioni riferite a persone (ancorchè non identificate) agevolmente identificabili mediante la consultazione di registri pubblici o di banche dati ufficiali. Mentre, infatti, nel primo caso, la finalità della disposizione, agevolmente identificabile nella semplificazione dell’attività dichiarativa (Cons. St., sez. VI, 12 luglio 2011, n.4206) ma senza alcun sacrificio delle esigenze di certezza e di completezza nell’acquisizione delle attestazioni da parte dell’Amministrazione, resterebbe irrimediabilmente frustrata (precludendo qualsivoglia accertamento d’ufficio circa la veridicità delle dichiarazioni), nella seconda ipotesi l’interesse pubblico sotteso alla disposizione resterebbe integro e compiutamente realizzato. Nel solco di A.P. n. 23/2013, recentissima Giurisprudenza (Consiglio di Stato n. 5240 del 17/11/2015), ha ribadito che: “è condivisibile che per i procuratori speciali muniti di poteri decisionali di particolare ampiezza e riferiti a una pluralità di oggetti – così che, per sommatoria, possano configurarsi omologhi, se non di spessore superiore, a quelli che lo statuto assegna agli amministratori – debbano trovare applicazione le previsioni sull’obbligo di dichiarazione dell’assenza di cause ostative ex art. 38 del Codice dei contratti pubblici (anche se, qualora il bando non contenga specifiche comminatorie, l’esclusione dell’impresa può essere disposta non già per la mera omissione della dichiarazione, ma solo per l’effettiva assenza del requisito in capo a tali procuratori). Si rammenta infatti che tale interpretazione della portata applicativa dell’art. 38, alla luce del tenore testuale dell’art. 45 della direttiva 2004/18/CE, è improntata ad un’ottica sostanzialistica di matrice comunitaria, mira a tutelare l’interesse pubblico affinché l’amministrazione non contratti “con persone giuridiche governate in sostanza, per scelte organizzative interne, da persone fisiche sprovviste dei necessari requisiti di onorabilità ed affidabilità morale e professionale, che si giovino dello schermo di chi per statuto riveste la qualifica formale di amministratore con potere di rappresentanza”. Non è tutto. Indagando tra le pronunce recenti, si scorge la n. 4704 del 13 ottobre u.s. dalla sezione VI del Consiglio di Stato, nella quale, richiamando ad un ormai consolidato orientamento Giurisprudenziale si “allargano le maglie” riguardo ai soggetti tenuti a rendere le dichiarazioni sul possesso dei requisiti di carattere generale, per quanto concerne le imprese operanti nel settore dell’igiene ambientale, confermando il ruolo dei responsabili tecnici al pari dei direttori tecnici, in quanto portatori della stessa tipologia di poteri ed incaricati per i medesimi incarichi tecnici ed organizzativi. Ciò indipendentemente dal fatto che la figura del soggetto in questione sia tipizzata e formalizzata all’interno della visura camerale.

Insomma work in progress!

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Giuseppe Croce
Avvocato specializzato in materia di diritto civile e amministrativo, esperto in materia di appalti pubblici
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