Questo articolo è valutato
( votes)Analisi di pareri e pronunce su questioni attinenti all’attività contrattuale ed in genere all’azione amministrativa delle stazioni appaltanti
Il soccorso istruttorio “a pagamento” introdotto dal d.l. 90/2014 (conv. con legge 114/2014) secondo la Corte dei Conti
(Relazione anno giudiziario della Corte dei Conti del 2015)
Indice
- Premessa
- Il pagamento della sanzione pecuniaria
- La diversa posizione assunta dalla Corte dei Conti
- Considerazioni operative
1. Premessa
Appare di rilievo soffermarsi su diverse considerazioni espresse dalla Corte dei Conti – nel caso di specie nella relazione di apertura dell’anno giudiziario 2015 – sul nuovo istituto introdotto dall’articolo 39 del d.l. 90/2014 convertito, con modifiche, con legge 114/2014.
Si allude al c.d. soccorso istruttorio integrativo o a pagamento quale strumento deflattivo del contenzioso determinato dai molteplici provvedimenti di esclusione adottati dalla stazione appaltante per mere inadempienze formali.
E’ noto – per ciò che in questa sede interessa – che l’articolo 39 del provvedimento appena menzionato ha introdotto, rispettivamente, nell’articolo 38 e 46 del codice i commi 2-bis ed 1-ter.
Le disposizioni, semplificando, consentono la correzione, attraverso una vera e propria integrazione, di errori commessi nella fase di predisposizione della domanda di gara, essenzialmente, nelle dichiarazioni sostitutive del legale rappresentante e di terzi che, su richiesta dalla stazione appaltante, debbono essere prodotte ([1]).
Testualmente il comma 2-bis dell’articolo 38 del codice dispone che “la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Nei casi di irregolarità non essenziali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara. Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte .”
Il comma 1-ter dell’articolo 46 prevede che “le disposizioni di cui all’articolo 38, comma 2-bis, si applicano a ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara”.
2. Il pagamento della sanzione pecuniaria
Agli operatori è noto che alcuni ripetuti interventi dell’ANAC, in particolare con la determinazione n. 1/2015 e con successivi chiarimenti, l’attuale autorità di controllo dei contratti (che si è sostituita all’AVCP) ha cercato di chiarire la latitudine applicativa della disposizione in argomento.
In tema, oramai, anche diverse posizioni espresse dalla giurisprudenza, non ultima – a mero titolo esemplificativo – la recente statuizione del Tar Toscana, Firenze, sez. I del 22 aprile 2015 n. 642 in cui si puntualizza che per effetto della norma de qua (comma 2-bis dell’articolo 38 del codice), soprattutto in relazione ai bandi adottati dopo l’entrata in vigore del decreto legge 90/2014 (precisamente il 25 giugno giorno successivo alla pubblicazione nella G.U.), le stazioni appaltanti non possono più estromettere dalla competizione per vizi puramente formali – relativi soprattutto alle dichiarazioni sui requisiti – dovendo il RUP attivare il soccorso istruttorio al fine di verificare concretamente il possesso o meno del requisito richiesto.
Ma il punto che in questa sede interessa analizzare attiene al pagamento della sanzione pecuniaria, comminata dalla stazione appaltante nel caso di errore essenziale sulla dichiarazione o su elementi di questa.
Pagamento necessario per poter essere ammessi a questa forma di soccorso additivo a pena di definitiva estromissione dalla competizione.
E’ altrettanto noto, che l’ANAC con la già richiamata determinazione n. 1/2015 ha precisato che la sanzione pecuniaria deve essere pagata solamente dall’appaltatore che intende avvalersi del soccorso istruttorio rafforzato.
La precisazione ribadita anche in sede di chiarimento ulteriore – del 25 marzo 2015 – dalla stessa Authority si sarebbe “imposta come doverosa sia per evitare eccessive ed immotivate vessazioni delle imprese sia in ossequio al principio di primazia del diritto comunitario, che impone di interpretare la normativa interna in modo conforme a quella comunitaria anche in corso di recepimento. La direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, infatti, prevede all’art. 59, paragrafo 4, secondo capoverso, la possibilità di integrare o chiarire i certificati presentati relativi al possesso sia dei requisiti generali sia di quelli speciali, senza il pagamento di alcuna sanzione”.
E’ sicuramente vero che, fin dalla direttiva 18/2004, il diritto comunitario conosce il soccorso attraverso l’integrazione di atti non prodotti purché ciò avvenga nel rispetto della par condicio tra i partecipanti alla competizione senza esigere un pagamento ai diretti interessati.
E’ altresì vero comunque che la norma contenuta nel comma 2-bis prevede una sanzione pecuniaria nei confronti di ogni soggetto che commettesse l’errore/dimenticanza su elementi essenziali per partecipare alla gara. Ed in questo, non v’è dubbio si sostanzia l’effetto preventivo su partecipazioni strumentali e, d’altra parte, l’impossibilità della stazione appaltante di escludere per vizi puramente formali e quindi la funzione c.d. deflattiva del contenzioso oggettivamente piuttosto esteso.
3. La diversa posizione assunta dalla Corte dei Conti
La riflessione dell’ANAC sul collegamento sanzione-soccorso istruttorio è profondamente diversa da quella sostenuta nella relazione della Corte dei Conti in commento ([2]) laddove, come si vedrà, si evidenzia che la sanzione pecuniaria – come del resto emerge chiaramente dal dettato normativo – riguarda ogni soggetto che commette l’errore essenziale e la richiesta di pagamento della stazione appaltante del pagamento non è affatto disponibile (o discrezionale).
Nella relazione del vice procuratore generale Lombardo, dedicata all’attività contrattuale, come annotato si esamina anche la recente disposizione introdotta dal d.l. 90/2014 che viene considerata, appunto, di semplificazione e deflazione/accelerazione dei processi.
In questa, a partire da pag. 207, si rileva che “una grossa fetta del contenzioso sulle procedure di aggiudicazione riguarda la fase di ammissione ed esclusione, in cui, da un lato, non di rado si assiste ad esclusioni fondate su questioni di carattere puramente formale, apparendo incerto l’ambito del c.d. potere di “soccorso istruttorio” previsto dall’art. 46, codice appalti, e, dall’altro lato, non di rado si assiste a contestazioni, da parte degli altri concorrenti, di alcune ammissioni in gara, contestazioni del pari fondate su vizi meramente formali”.
Da diversi anni il legislatore è, si direbbe, strenuamente impegnato ad individuare soluzioni equilibrate, non ultimo il provvedimento contenuto nel d.l. 70/2011 che ha introdotto formalmente nell’articolo 46 del codice il principio della c.d. tassatività delle cause di esclusione e quindi l’esigenza, perché la clausola espulsiva si legittima, che esista un chiaro fondamento normativo o una esigenza sostanziale in termini di segretezza e/o par condicio tra i competitori.
In questo senso, nella relazione del vice procuratore si legge ancora che alla deriva dell’eccesso di contenziosi, “il legislatore e la giurisprudenza hanno da tempo cercato di porre un argine, attraverso l’introduzione del principio di tassatività delle cause di esclusione (art. 46, comma 1-bis, codice), e attraverso una interpretazione volta a dequotare i vizi formali e a individuare l’ambito del soccorso istruttorio e delle cause di esclusione tassative (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 febbraio 2014 n. 9; Id., 13 giugno 2012 n. 22; Id., 7 giugno 2012 n. 21; si veda anche l’ordinanza di rimessione alla Plenaria della sez. III, 29 aprile 2014 n. 2214).Tuttavia, la giurisprudenza non poteva spingersi oltre certi confini, a fronte del dato normativo. Da più parti si auspicava che nel corso della gara vi fosse una apposita fase in cui, garantiti contraddittorio e par condicio, si concedesse ai concorrenti un termine per sanare le irregolarità”.
La nuova disposizione sul soccorso istruttorio integrativo, oggettivamente, risulta funzionale a queste esigenze pur restando all’esterno del perimetro della norma e quindi sono da ritenersi escluse “dalla possibilità di sanatoria le mancanze, incompletezze, irregolarità essenziali di atti diversi dalle dichiarazioni, quali le certificazioni e i documenti: si pensi, per tutti, alla attestazione SOA”.
L’inciso è più rilevante di quanto, prima facie, possa sembrare soprattutto – come anticipato – in relazione ad una estensione applicativa (forse) eccessiva evidenziata dall’ANAC con la determinazione n. 1/2015 ([3]),
Il vice procuratore entra poi, nella trattazione, nel merito, del meccanismo introdotto dal legislatore chiarendo che “quanto al percorso procedimentale di sanatoria, viene operata una distinzione tra mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, e irregolarità inessenziali da una parte, e mancanza, incompletezza e irregolarità essenziali, delle dichiarazioni sostitutive. Nel primo caso (irregolarità non essenziali, ovvero mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili), la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione. Nel secondo caso (mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale delle dichiarazioni sostitutive sul possesso dei requisiti generali, (previste al comma 2 dell’art. 38 codice appalti) si obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria. In tale ipotesi, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara. Tale disciplina, dettata nell’art. 38, comma 2-bis, codice appalti, con riferimento alle dichiarazioni sostitutive relative al possesso dei requisiti generali, viene estesa, dall’art. 46, comma 1-ter, codice appalti, del pari introdotto dal D.L. n. 90/2014, a ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara”.
Per soffermarsi quindi sulla questione della sanzione.
Secondo la procura, “il meccanismo dell’assegnazione di un termine per la sanatoria, è accompagnato, come visto, dalla previsione di una sanzione pecuniaria: lo scopo è chiaro, ed è quello di responsabilizzare i concorrenti a rendere dichiarazioni il più possibile complete. E dunque la sanzione è dovuta anche ove il concorrente decida di non rispondere all’invito a regolarizzare. Il mancato introito della stessa può essere fonte di responsabilità amministrativo-contabile”.
Non sembra corrispondere al vero, pertanto, che la stazione appaltante possa attivare una procedura “selettiva” ovvero ad essa sia imposto di richiedere agli appaltatori, chi intenda o meno avvalersi del soccorso istruttorio ma, verificato l’errore essenziale dovrebbe sanzionare immediatamente e pretendere il pagamento (o escutere la cauzione provvisoria) a prescindere dalla decisione di aderire alla richiesta di soccorso istruttorio.
Come visto, il mancato introito viene (verrebbe) configurato come un danno erariale.
4. Considerazioni operative
La disposizione innestata nell’articolo 38, comma 2-bis necessità, quanto meno – a sommesso parere –, di un intervento correttivo o di un comunicazione ufficiale e vincolante per le stazioni appaltanti che meglio ne declini l’ambito applicativo.
Pur lodevole, ed autorevole, la determinazione dell’ANAC n. 1/2015 (ed i successivi chiarimenti) non sono tali da eliminare ogni dubbio.
E’ sufficiente citare i gravi contrasti giurisprudenziali in tema di, a mero titolo esemplificativo, di cauzione provvisoria a fronte della posizione rigorosissima dell’ANAC e quella permissiva della giurisprudenza.
Un primo intervento, a sommesso parere, sarebbe quello di eliminare la sanzione scrivendo una norma di stampo comunitario ed il redigendo codice degli appalti forse può costituire una occasione unica per le correzioni.
E’ del tutto evidente però che alla base delle difficoltà insiste non solo il comportamento spesso “burocratico” della stazione appaltante ma le stesse smisurate cautele imposte dalla legge soprattutto in tema di adempimenti formali dell’appaltatore.
Non ultimo, il Presidente del Consiglio di Stato, ha evidenziato, pur plaudendo all’intento sotteso alla nuova disposizione, che le continue modifiche all’articolo 38 del codice, norma cardine dell’intero impianto codicistico, hanno finito per “divenire una vera e propria trappola” per gli appaltatore per “la (…) quantità ed il formalismo che (…) governa” gli adempimenti a cui sono tenuti per competere.
Con auspicio che proprio la modifica intervenuta possa “far superare tante cause di vertenze e che meriterebbe di essere estesa anche ad altri adempimenti documentali richiesti nello svolgimento delle gare e nelle fasi di loro conclusione”.
In relazione alla questione della sanzione pecuniaria, sotto il profilo pratico/operativo – a parere di chi scrive – il RUP nel redigere la legge di gara potrebbe inserire una clausola che tenga conto della soluzione prospettata dall’ANAC, con conseguente pagamento solo per il soggetto che intenda avvalersi del soccorso istruttorio (anche considerate le sanzioni che gravano su chi avesse millantato il possesso dei requisiti) imponendo però che gli appaltatori richiesti si pronuncino sulla proposta di soccorso – e quindi sulla volontà o meno di aderire – entro un congruo termine, inferiore ai 10 giorni richiesti per integrare in modo da rendere maggiormente spedito il procedimento amministrativo.
[1] Ci si limiterà in questa sede a valutare alcune considerazioni espresse nella relazione della Corte dei Conti per l’anno giudiziario 2015 a confronto con quelle espresse dall’ANAC soprattutto per quanto concerne il pagamento della sanzione pecuniaria che legittima la possibilità di usufruire del soccorso istruttorio integrativo o a pagamento. In questa sede, pertanto, ci si asterrà da riflessioni sulla latitudine applicativa del nuovo istituto che, secondo l’ANAC – con determinazione n. 1/2015 – riguarderebbe addirittura alcuni aspetti della stessa offerta tecnica ed economica (es. la mancanza della sottoscrizione) che, a sommesso avviso, non appaiono condivisibili.
[2] Da precisare che la relazione è del procuratore generale Nottola ma l’inciso che si intende annotare è contenuto nel documento del vice procuratore generale Lombardo.
[3] Come già evidenziato nella nota n. 1, la questione dell’ambito applicativo della norma – che verrà presto disegnato dalla giurisprudenza amministrativa (salvo interventi del legislatore) – non costituisce oggetto della presente trattazione.