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Premesse: Brevi cenni sull’istituto delle riserve nei lavori pubblici

Attraverso l’istituto delle riserve nei lavori pubblici, fin dal Regio Decreto n. 350 del 1895, la disciplina degli appalti pubblici ha regolato le modalità con cui l’appaltatore, durante il corso dell’esecuzione del contratto, può avanzare delle pretese nei confronti della Pubblica Amministrazione.

Si tratta in particolare di richieste ulteriori rispetto ai fatti registrati nei documenti contabili o, più in generale, di tutti quei fatti che potrebbero avere come effetto quello di determinare la richiesta di indennizzi o altri compensi non previsti originariamente dal contratto.

L’aspetto in questione assume particolare rilevanza nella materia degli appalti pubblici, in quanto gran parte delle controversie tra impresa esecutrice ed Amministrazione traggono essenzialmente origine proprio da tali pretese.

Per far valere queste pretese, l’appaltatore deve presentare una domanda da iscrivere nei documenti contabili (o nel primo documento disponibile) entro un determinato termine.

La mancata proposizione della domanda nei modi e nei termini stabiliti dalla legge o, come si vedrà meglio, secondo le modalità indicate nella lex specialis di gara, comporta la decadenza per l’appaltatore di far valere le proprie pretese, seppur fondate.

Sicché, per tutelare l’interesse dell’appaltatore a formulare una domanda completa e consapevole, già l’articolo 54 del Regio Decreto n. 350 del 1895 prevedeva la possibilità di firmare i documenti contabili “con riserva.

Impropriamente si tende a parlare di “riserve dell’appaltatore” per indicare la domanda stessa; tuttavia la riserva costituisce solo lo strumento attraverso cui la pretesa o domanda può essere esplicata dall’appaltatore in un momento successivo rispetto alla firma dei documenti contabili.

La riserva nei lavori pubblici non è quindi la domanda in sé; bensì lo strumento attraverso cui l’appaltatore conserva il diritto di spiegare la pretesa per quindici giorni (nella disciplina previgente) dalla firma dell’atto contabile.

La riserva nei lavori pubblici è dunque strumentale ad assolvere un doppio onere: da un lato di proposizione; dall’altro di esplicazione.

Ne discende che: laddove l’appaltatore firmi con riserva, avrà a disposizione il termine di quindici giorni per esplicare la domanda; viceversa, scaduto tale termine, ovvero qualora abbia firmato senza riserva, l’appaltatore decadrà dal far valere ogni pretesa, con conseguente accettazione ed accertamento definitivo di quanto riportato nel documento contabile.

Secondo la regola generale, la domanda deve essere iscritta sul primo atto dell’appalto idoneo a riceverla (per esempio: un verbale di sospensione dei lavori, il libretto delle misure, il verbale di consegna ecc..) contestuale o immediatamente successivo al fatto da cui la pretesa trae origine; la domanda deve essere poi reiterata nel registro di contabilità ed infine confermata nel conto finale.

Nel caso in cui ciò non avvenga, la domanda si intende rinunciata.

L’unica eccezione a tale regola generale riguarda i casi in cui il presupposto della pretesa aggiuntiva si sia verificato solo successivamente alla firma dei saldi contabili.

Ciò premesso, si evidenzia il contenuto delle possibili pretese che l’appaltatore può far valere nei confronti dell’Amministrazione attraverso lo strumento delle riserve:

  • pretese di maggiori corrispettivi rispetto a quelli determinati nella contabilità dei lavori (per esempio: quando l’appaltatore ritenga che siano state contabilizzate quantità di lavori inferiori a quelle realmente eseguite; ovvero quando alle quantità eseguite siano stati applicati prezzi di elenco inferiori a quelli dovuti);
  • pretese connesse a fatti di forza maggiore che rendono più onerosa la prestazione dell’appaltatore rispetto a quella contrattualmente prevista);
  • pretese di natura risarcitoria, in quanto traggono origine da comportamenti illeciti dell’amministrazione (es., una sospensione dei lavori illegittima perché conseguente a negligenze dell’ente appaltante).

Secondo la giurisprudenza maggioritaria, per ogni richiesta dell’appaltatore che riguardi maggiori somme rispetto al corrispettivo pattuito incombe l’onere dell’iscrizione della riserva; tuttavia, tale onere è escluso per le pretese che riguardino l’origine e la stessa vita del contratto (come la risoluzione, l’annullamento ed il recesso). Sono inoltre escluse: le pretese che traggono origine da fatti illeciti dell’Amministrazione che non siano direttamente collegate all’esecuzione dell’opera; le pretese che riguardano eventi estranei alla contabilità, come i debiti di valore relativi alla rivalutazione monetaria; ovvero gli interessi legali e moratori derivanti dai ritardi dei pagamenti dei SAL.

La riserva, nei lavori pubblici, non è la domanda, bensì lo strumento attraverso cui l’appaltatore conserva il diritto ad esporre la propria pretesa]

2 Le riserve nel DPR 207/2010: la differenza tra appalti di lavori e di servizi

Prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei Contratti Pubblici la disciplina delle riserve, nei lavori pubblici, era contenuta nella parte II, titolo IX, capo I del DPR 207/2010.

In particolare l’articolo 190 rubricato “Eccezioni e riserve dell’esecutore sul registro di contabilità” stabiliva che «1. Il registro di contabilità è firmato dall’esecutore, con o senza riserve, nel giorno in cui gli viene presentato.

2. Nel caso in cui l’esecutore, non firmi il registro, è invitato a farlo entro il termine perentorio di quindici giorni e, qualora persista nell’astensione o nel rifiuto, se ne fa espressa menzione nel registro.

3. Se l’esecutore, ha firmato con riserva, qualora l’esplicazione e la quantificazione non siano possibili al momento della formulazione della stessa, egli esplica, a pena di decadenza, nel termine di quindici giorni, le sue riserve, scrivendo e firmando nel registro le corrispondenti domande di indennità e indicando con precisione le cifre di compenso cui crede aver diritto, e le ragioni di ciascuna domanda.

4. Il direttore dei lavori, nei successivi quindici giorni, espone nel registro le sue motivate deduzioni. Se il direttore dei lavori omette di motivare in modo esauriente le proprie deduzioni e non consente alla stazione appaltante la percezione delle ragioni ostative al riconoscimento delle pretese dell’esecutore, incorre in responsabilità per le somme che, per tale negligenza, la stazione appaltante dovesse essere tenuta a sborsare.

5. Nel caso in cui l’esecutore non ha firmato il registro nel termine di cui al comma 2, oppure lo ha fatto con riserva, ma senza esplicare le sue riserve nel modo e nel termine sopraindicati, i fatti registrati si intendono definitivamente accertati, e l’esecutore decade dal diritto di far valere in qualunque termine e modo le riserve o le domande che ad essi si riferiscono.

6. Ove per qualsiasi legittimo impedimento non sia possibile una precisa e completa contabilizzazione, il direttore dei lavori può registrare in partita provvisoria sui libretti, e di conseguenza sugli ulteriori documenti contabili, quantità dedotte da misurazioni sommarie. In tal caso l’onere dell’immediata riserva diventa operante quando in sede di contabilizzazione definitiva delle categorie di lavorazioni interessate vengono portate in detrazione le partite provvisorie».

L’articolo 191 individuava invece il contenuto e la forma delle riserve specificando che «1. L’esecutore, è sempre tenuto ad uniformarsi alle disposizioni del direttore dei lavori, senza poter sospendere o ritardare il regolare sviluppo dei lavori, quale che sia la contestazione o la riserva che egli iscriva negli atti contabili.

2. Le riserve sono iscritte a pena di decadenza sul primo atto dell’appalto idoneo a riceverle, successivo all’insorgenza o alla cessazione del fatto che ha determinato il pregiudizio dell’esecutore. In ogni caso, sempre a pena di decadenza, le riserve sono iscritte anche nel registro di contabilità all’atto della firma immediatamente successiva al verificarsi o al cessare del fatto pregiudizievole. Le riserve non espressamente confermate sul conto finale si intendono abbandonate.

3. Le riserve devono essere formulate in modo specifico ed indicare con precisione le ragioni sulle quali esse si fondano. In particolare, le riserve devono contenere a pena di inammissibilità la precisa quantificazione delle somme che l’esecutore, ritiene gli siano dovute.

4. La quantificazione della riserva è effettuata in via definitiva, senza possibilità di successive integrazioni o incrementi rispetto all’importo iscritto».

Come anticipato, tale disciplina confluiva nel titolo IX del DPR 207 rubricato “Contabilità dei lavori” ed era applicabile esclusivamente agli appalti di lavori. Per gli appalti di servizi e di forniture invece, né il regolamento di attuazione n. 207/2010, né il previgente Codice d.lgs. 163/2016 prevedevano alcun rinvio alla disciplina delle riserve nei lavori pubblici.

Vigeva quindi una immotivata ed irrazionale differenza di trattamento tra gli appalti di lavori, per i quali le istanze risarcitorie o di oneri aggiuntivi erano ben definite nel modo e nel tempo; e gli appalti di servizi e di forniture per i quali non era prevista alcuna disciplina.

Ciononostante, vale la pena evidenziare che le disposizioni vigenti prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei Contratti Pubblici non prevedevano alcun divieto di contrattualizzazione della disciplina delle riserve negli appalti di servizi e di forniture; sicché le Amministrazioni restavano comunque libere di inserire tali riferimenti all’interno dei contratti.

Il DPR 207/2010 ed il d.lgs. 163/2006 non disciplinavano le riserve negli appalti di servizi e di forniture

3. Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici e la disciplina transitoria delle riserve nei lavori pubblici

Il D.lgs. n. 50/2016 (Nuovo Codice dei Contratti Pubblici) all’articolo 217 comma 1 lett. u) ha previsto l’abrogazione, dalla data di entrata in vigore del Codice (19 aprile 2016), del DPR 207/2010.

Tuttavia, l’articolo 216 prevede espressamente alcune ipotesi di ultrattività del DPR 207/2010 fino alla data di entrata in vigore degli atti attuativi; come è noto infatti il Nuovo Codice per la disciplina di specifici aspetti rinvia a successivi decreti di attuazione o a linee guida.

Per quanto concerne il controllo tecnico, contabile e amministrativo – tra cui rientrano anche le riserve dell’appaltatore – l’articolo 111 del D.lgs. 50/2016, comma 1, stabilisce che con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti saranno approvate le linee guida che individueranno le modalità e la tipologia di atti attraverso cui il direttore dei lavori effettuerà le attività relative al controllo tecnico, contabile ed amministrativo affinché i lavori siano eseguiti a regola d’arte; saranno inoltre indicate le modalità di svolgimento della verifica di conformità in corso di esecuzione e finale e la relativa tempistica.

Nelle more dell’adozione del decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (periodo che avrebbe dovuto essere di 90 giorni, ma che è durato oltre un anno), in virtù delle disposizioni transitorie dell’articolo 216, alla contabilità di lavori si continuava ad applicare la disciplina prevista dalla Parte II, Titolo IX, capi I e II del DPR 207/2010.

Pertanto, nonostante l’abrogazione, nel periodo intercorrente tra il 19 aprile 2016 (data di entrata in vigore del nuovo Codice) ed il 30 maggio 2018 (data di entrata in vigore del decreto n. 49 del MIT) la contabilità dei lavori risultava ancora disciplinata dal DPR 207/2010.

L’aspetto particolarmente innovativo riguarda però gli appalti di servizi e di forniture.

Come visto, nel vecchio Codice non era previsto alcun rinvio all’istituto delle riserve per gli appalti di servizi e di forniture; al contrario, il comma 2 dell’articolo 111 del d.lgs. 50/2016 stabilisce che nelle more dell’adozione di tale decreto del MIT e fino alla sua data di entrata in vigore, si applica l’articolo 216, comma 17 del d.lgs. 50/2016.

Si tratta appunto della disciplina della contabilità dei lavori, tra cui è incluso anche l’articolo 190 del DPR 2017/2010 sulle riserve dell’appaltatore.

Conseguentemente, tra il 19 aprile 2016 (entrata in vigore del d.lgs. 50/2016) ed il 30 maggio 2018 (entrata in vigore decreto MIT 49/2018) l’articolo 190 del DPR 207/2010 pare applicabile anche ai contratti di servizi, per espresso richiamo dell’articolo 111, comma 2.

Tale aspetto appare particolarmente rilevante in quanto introduce una parificazione di disciplina non prevista nella vecchia normativa.

D’altra parte, la scelta di uniformare la disciplina delle riserve nei lavori pubblici prevista per gli appalti di lavori a quelli di servizi e di forniture, già nella fase transitoria, risulta pienamente coerente con quanto poi introdotto dal DM n. 49 del 2018.

La disciplina transitoria anticipa l’uniformazione dell’istituto delle riserve tra appalti di lavori e appalti di servizi e di forniture

4. Le riserve nel Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 49 del 7 marzo 2018

Il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è entrato in vigore il 30 maggio 2018.

Il DM dedica alle riserve nei lavori pubblici due articoli: l’articolo 9 per i lavori ed l’articolo 21 per i servizi e le forniture.

Entrambe le disposizioni stabiliscono che «il direttore dei lavori (il direttore dell’esecuzione, per i servizi e le forniture n.d.r.), per la gestione delle contestazioni su aspetti tecnici e delle riserve, si attiene alla relativa disciplina prevista dalla stazione appaltante e riportata nel capitolato d’appalto».

Ebbene, appaiono immediatamente evidenti le due maggiori novità apportate dal Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti in materia di riserve nei lavori pubblici:

  • da un lato, il Decreto non ha previsto alcuna differenza tra appalti di lavori e appalti di servizi e di forniture;
  • dall’altro lato, inentrambi casi (lavori e servizi/forniture) la scelta sulla gestione degli aspetti tecnici e delle riserve nei lavori pubblici è stata rimessa alla stazione appaltante, la quale è oggi chiamata a riportare tali scelte nel capitolato.

Quanto al primo aspetto, l’omogeneizzazione dell’istituto delle riserve tra appalti di lavori ed appalti di servizi e di forniture, anticipata già nella fase transitoria, risulta senz’altro positiva, in quanto elimina un’irragionevole differenza di trattamento nella disciplina delle contestazioni nel corso dell’esecuzione del contratto.

Quanto invece al secondo aspetto, il Decreto ha operato una vera e propria liberalizzazione delle riserve nei lavori pubblici; tuttavia sono molte le incertezze che tale soluzione potrebbe produrre.

Il Decreto contiene numerosi riferimenti alla possibilità di iscrivere riserve sia negli appalti di lavori, sia in quelli di servizi e di forniture.

In particolare:

  • l’articolo 3 comma 1 specifica che «l’esecutore è tenuto ad uniformarsi alle disposizioni contenute negli ordini di servizio, fatta salva la facoltà di iscrivere le proprie riserve»;
  • l’articolo 5, comma 9 che «nel caso di consegna parziale conseguente alla temporanea indisponibilità delle aree e degli immobili, l’esecutore è tenuto a presentare, a pena di decadenza dalla possibilità di iscrivere riserve per ritardi, un programma di esecuzione dei lavori che preveda la realizzazione prioritaria delle lavorazioni sulle aree e sugli immobili disponibili»;
  • l’articolo 5, comma 14 che «la richiesta di pagamento degli importi spettanti a norma del primo periodo è formulata a pena di decadenza mediante riserva da iscrivere nel verbale di consegna dei lavori e da confermare, debitamente quantificata, nel registro di contabilità»;
  • l’articolo 8, comma 6 che «ove l’esecutore non iscriva riserva negli atti contabili, i prezzi si intendono definitivamente accettati»;
  • l’articolo 10, comma 4 che «la diffida proposta ai fini sopra indicati, è condizione necessaria per poter iscrivere riserva all’atto della ripresa dei lavori, qualora l’esecutore intenda far valere l’illegittima maggiore durata della sospensione»;
  • l’articolo 14, comma 1, lettera e) che «l’esecutore non può iscrivere domande per oggetto o per importo diverse da quelle formulate nel registro di contabilità durante lo svolgimento dei lavori e deve confermare le riserve già iscritte negli atti contabili, per le quali non siano intervenuti la transazione di cui all’articolo 208 del codice o l’accordo bonario di cui all’articolo 205 del codice»;
  • l’articolo 14, comma 5, lettera f) che la documentazione relativa al conto finale deve contenere anche «la sintesi dell’andamento e dello sviluppo dei lavori con l’indicazione delle eventuali riserve e la menzione delle eventuali transazioni e accordi bonari intervenuti, nonché una relazione riservata relativa alle riserve dell’esecutore non ancora definite»;
  • l’articolo 17, comma 1, che «l’esecutore è tenuto ad uniformarsi alle disposizioni contenute negli ordini di servizio, fatta salva la facoltà di iscrivere le proprie riserve secondo quanto previsto all’articolo 21”;
  • l’articolo 22, comma 5, lettera b) che “se l’esecutore non accetta i nuovi prezzi così determinati e approvati, la stazione appaltante può ingiungergli l’esecuzione delle prestazioni sulla base di detti prezzi; ove l’esecutore non iscriva riserva negli atti contabili, i prezzi si intendono definitivamente accettati».

Come visto al paragrafo 1, la disciplina previgente stabiliva a livello generale una regolamentazione precisa e dettagliata dell’istituto delle riserve nei lavori pubblici.

In particolare, gli articoli 190 e 191 del DPR 207/2010 prevedevano il contenuto della riserva, le tempistiche per la sua iscrizione e per l’esplicazione, la forma, lo svolgimento della procedura e la gestione e la sua valutazione.

Gli articoli 9 e 21 innovando completamente rispetto alla previgente disciplina (artt. 164, 190 191 del DPR 207/2010), nonché rispetto alle precedenti bozze del decreto stesso, non prevedono invece una regolamentazione specifica delle modalità in cui l’appaltatore può contestare aspetti tecnici che possono influire sull’esecuzione dei lavori, nonché sulle modalità attraverso cui l’esecutore stesso può esercitare il diritto di iscrivere riserva nei documenti contabili.

Al contrario, il Decreto pur prevedendo molteplici casi in cui l’appaltatore può apporre delle riserve, non prevede alcuna disciplina dei modi e dei termini di apposizione ed esplicazione delle riserve, né dei documenti idonei a riceverle, ma rinvia il tutto alla lex specialis di gara, in particolare al Capitolato speciale d’appalto.

Tale scelta trae origine da un espresso rilievo del Consiglio di Stato nel Parere del 12 febbraio 2018 n. 360 nel quale si invita il Ministero a valutare «l’opportunità di prevedere che siano le stazioni appaltanti ad inserire nei capitolati speciali le norme contenute nel presente schema di regolamento, piuttosto che dettare direttamente la disciplina».

Tuttavia, non si può non rilevare come una simile impostazione possa destare molte perplessità.

Come evidenziato dall’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili), all’indomani della pubblicazione del decreto n. 49, «tale scelta non appare assolutamente condivisibile, oltreché foriera di possibile aumento di contenzioso perché rimette la regolamentazione di un istituto a carattere generale, che indice direttamente sull’equilibrio contrattuale, alla discrezionalità delle singole stazioni appaltati, ossia di una delle parti, e non alla legge con disposizione a carattere generale».

Occorre infatti tenere bene a mente che la riserva assolve il ruolo di strumento di riequilibrio contrattuale, laddove il sinallagma venga ad essere alterato da circostanze e fatti sopravvenuti, non previsti né prevedibili al momento della stipula del contratto.

Per definizione quindi le modalità di esercizio di tale strumento devono essere standardizzate e previste e prevedibili a priori in modo da consentire all’appaltatore di poter esercitare i propri diritti in maniera chiara e trasparente.

L’importanza dell’istituto delle riserve nei lavori pubblici è fondamentale, basti qui ricordare che la mancata apposizione di una riserva o il ritardo nell’esplicazione comportano conseguenze particolarmente rilevanti sia per le imprese, sia per le amministrazioni.

Come pacificamente riconosciuto da un consolidato orientamento giurisprudenziale infatti «l’appaltatore … ove voglia contestare la contabilizzazione dei corrispettivi effettuata dall’amministrazione e/o avanzare pretese comunque idonee ad incidere sul compenso complessivo spettante, è tenuto a iscrivere tempestivamente apposita riserva nel registro di contabilità o in altri appositi documenti contabili, ad esporre nel modo e nei termini indicati dalla legge, gli elementi idonei ad individuare la sua pretesa nel titolo e nella somma e a confermare la riserva all’atto della sottoscrizione del conto finale; l’impresa che, pur avendo tempestivamente formulato la riserva, non la riproduca e non la espliciti nei termini e nei documenti previsti dalla legge, decade dalle relative domande» (Trib. Civ. Palermo, sez. V, 19 giugno 2014, n. 3373; cfr. anche Cass. civ. Sez. I, 27 giugno 2017, n. 15937).

Come visto, si tratta di un istituto di fondamentale importanza il quale, oltre a comprendere tutte le richieste e le ragioni giustificatrici idonee ad incidere sul compenso spettante all’imprenditore, assolve anche una funzione a tutela della pubblica amministrazione appaltante, «la quale deve essere messa in condizione di esercitare prontamente ogni verifica necessaria a valutare l’esistenza o meno di una propria obbligazione, onde il corrispondente onere a carico dell’appaltatore non subisce deroghe nel caso in cui la pretesa fatta valere si riferisca a lavori resi necessari da eventi non previsti. Pertanto, i lavori addizionali eventualmente effettuati dall’appaltatore, che non siano stati previamente autorizzati e per i quali, quindi, egli non abbia diritto ad aumento di prezzo, possono dare luogo a compenso a condizione che essi formino oggetto di tempestiva riserva ovvero che siano stati, riconosciuti come tali dall’amministrazione committente» (Cass. civ., Sez. I, 11 marzo 2011, n. 5871).

Una corretta regolamentazione delle modalità di esplicazione delle riserve e dei casi in cui la riserva può essere apposta consente inoltre alla stazione appaltante di conoscere il quantum dell’esborso eventualmente necessario a far fronte alla pretesa dell’appaltatore.

Nella nuova formulazione invece nessuna regola viene dettata dal legislatore; sicché spetta alla stazione appaltante stabilire la disciplina applicabile che potrebbe anche variare caso per caso.

In tal quadro, appare senz’altro maggiormente difficile l’individuazione delle specifiche modalità di esercizio del diritto di apporre riserva, con il conseguente verificarsi di tutta una serie di problemi applicativi derivanti da una regolamentazione ogni volta diversa e non ispirata alle previsioni generali di fonte primaria.

Sono quindi evidenti i rischi di una possibile compressione dei diritti dell’appaltatore. Le stazioni appaltanti potrebbero infatti stabilire dei tempi di esplicazione delle riserve estremamente ridotti, tali da non consentire all’appaltatore di esporre le proprie ragioni con piena consapevolezza.

Non remoto pare inoltre il caso in cui le stazioni appaltanti (anche per mera negligenza) non prevedano affatto alcuna disciplina delle riserve nei lavori pubblici; in tal caso non ci sarebbe alcuna regola generale applicabile in caso un “vuoto regolamentare”, il DM si limita infatti esclusivamente ad indicare alcuni casi in cui può emerge l’esigenza (o l’onere) si apporre riserva.

Tale “vuoto” potrebbe comportare, da un lato, l’incertezza dell’appaltatore di non conoscere le modalità attraverso cui poter far valere le proprie pretese, senza incorrere in decadenze; dall’altro lato, esporrebbe l’amministrazione a contestazioni per un arco temporale indefinito, con importanti conseguenze dal punto di vista economico.

La stessa stazione appaltante potrebbe inoltre prevedere discipline diverse rispetto a diversi contratti di cui è parte, con conseguente aggravio tanto in fase di redazione degli atti di gara, quanto in sede di esecuzione dei contratti.

Proprio in ragione di ciò, la legislazione sui contratti pubblici ha sempre (fin dal 1895!) contenuto una disciplina rigorosa e dettagliata delle modalità di esercizio del diritto di iscrivere delle riserve, essendo questo un diritto connaturato al rapporto contrattuale.

Al fine di superare tali gravi incertezze e rischi di compressione dei diritti, si auspica all’elaborazione da parte di ANAC dei capitolati-tipo, come peraltro previsto dall’articolo 213 comma 2 del D.lgs. 50/2016, ma non ancora attutato.

L’adozione dei capitolati-tipo, unita alla progressiva riduzione delle stazioni appaltanti potrebbero consentire il raggiungimento di una standardizzazione delle procedure di affidamento e rendere omogenea la disciplina dell’esecuzione dei contratti.

Nel frattempo, le stazioni appaltanti, per ridurre il rischio di contenzioso e tutelare maggiormente sia i propri diritti, sia quelli degli appaltatori, potrebbero recepire all’interno dei propri capitolati il contenuto degli articoli 190 e 191 del DPR n. 207/2010, rendendo quindi pattizia la disciplina prevista dalla vecchia normativa, oggi abrogata.

Solo l’adozione di Capitolati-tipo da parte di ANAC e la standardizzazione delle procedure di affidamento possono superare le difficoltà applicative della cd liberalizzazione delle riserve nei lavori pubblici

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Ilenia Paziani
Avvocato esperto in materia di appalti pubblici
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