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Le grandi opere costituiscono uno dei temi centrali dell’agenda politica del nostro Governo, tema che anima anche l’opinione pubblica che di frequente si è schierata a gran voce per il “no” alle grandi opere pubbliche ritenute “inutili” o in generale non rispondenti alle istanze dei cittadini.
La realizzazione di grandi opere, aventi un particolare impatto su ambiente e paesaggio, è stata sempre approvata a valle dell’assunzione della relativa decisione da parte delle istituzioni locali coinvolte con un approccio che estrometteva del tutto gli strumenti partecipativi di derivazione democratica ingenerando così frequenti proteste e contestazioni da parte dei soggetti portatori di interessi.
La mancata considerazione del “fattore consenso” della popolazione sul cui territorio viene innestata un’opera infrastrutturale quale principio dell’azione amministrativa nella fase decisionale dell’opera stessa al pari di altri principì ritenuti tradizionalmente irrinunciabili, per anni ha così generato accese conflittualità.
Dell’opportunità di introdurre anche in Italia l’istituto del dibattito pubblico sulle grandi opere infrastrutturali si discute da diverso tempo ma è solo il legislatore del D.Lgs. n. 50/2016, sensibile sul tema, che si è adoperato a fornire le basi di tale nuova forma di partecipazione sull’assunto che i grandi interventi infrastrutturali devono essere decisi solo dopo un ampio e regolato confronto pubblico, atto a consentire una deflazione dei contenziosi sia legali che sociali.
Il tal senso, in virtù dell’articolo 22 del D.Lgs. n. 50/2016 – che analizzeremo in dettaglio nel prosieguo – il dibattito pubblico deve svolgersi nella fase iniziale del progetto, quando tutte le opzioni sono ancora possibili e deve riguardare tanto l’opportunità stessa della costruzione della grande opera quanto le modalità e le caratteristiche della sua realizzazione.
Lo strumento dialogico del dibattito pubblico ha pertanto consentito di abbandonare la concezione unilaterale, autoritaria e perciò poco condivisa della decisione sulle opere da realizzare, per andare in contro al coinvolgimento e dunque l’ascolto dei cittadini sull’opportunità di realizzare o meno l’opera, sugli aspetti tecnici della realizzazione e sulle conseguenze su ambiente e territorio.
Il D.Lgs. n. 50/2016 all’art. 22 ha introdotto l’istituto del dibattito pubblico per i grandi interventi infrastrutturali quale strumento deflattivo dei contenziosi sia legali che sociali.
1. Il modello
La norma dell’articolo 22 del D.Lgs. n. 50/2016 relativo al dibattito pubblico trae ispirazione dal cd. débat public sperimentato positivamente in Francia fin dal 1995 al fine di disciplinare la partecipazione delle comunità locali nella realizzazione delle opere pubbliche e delle infrastrutture strategiche.
La prima regolamentazione del débat public si ha proprio con la Loi n. 95-101 del 2 febbraio 1985 (detta Loi Barnier) – successivamente modificata e integrata – emanata al fine di rinnovare la legislazione sulla protezione dell’ambiente in parallelo con l’evoluzione del principio di partecipazione, anche a seguito di numerose proteste sorte attorno a grandi progetti nazionali di trasporto, in particolare la linea ferroviaria ad alta velocità Lione-Marsiglia. La Francia ha così istituito la Commission Nationale du Débat Public (CNDP), un’autorità amministrativa indipendente con il compito di sottoporre a discussione pubblica i progetti di costruzione delle grandi opere.
La Loi Barnier prevede infatti che tutti i grandi progetti infrastrutturali di interesse nazionale dello Stato o comunità locali, prima di essere eventualmente sottoposti a valutazione di impatto ambientale o inchiesta pubblica, devono essere sottoposti a débat public con le comunità interessate e gli stakeholder, mettendo in discussione non solo le caratteristiche dell’opera, ma anche l’opportunità di realizzare gli interventi oggetto del confronto.
Oggi in Francia il débat public è disciplinato dalla Sezione III del Code de l’environnement (Codice dell’Ambiente) e costituisce una tappa fondamentale del processo decisionale: momento di dialogo in cui chi ha interesse rispetto ad un progetto può informarsi ed esprimere le proprie idee, sotto la guida ed il controllo della
CNDP in base a regole prestabilite. L’obiettivo è giungere a una decisione finale assunta democraticamente.
Nella fase che precede l’inizio del dibattito è previsto che il committente effettui una serie di studi preliminari al fine di determinare l’opportunità e fattibilità dell’opera, compiendo in particolare una stima dei costi previsionali, fondamentale in quanto da questa e dalle caratteristiche dell’opera dipenderà l’obbligatorietà o meno del dibattito: con il decreto del Consiglio di Stato Francese 2002-1275 del 22 ottobre 2002 sono state elencate tutte le categorie di opere assoggettabili alla procedura (infrastrutture lineari, quali autostrade, linee ferroviarie, linee elettriche ad altissima tensione, ecc…, e infrastrutture puntuali, quali dighe, aeroporti, centrali nucleari, ecc…) indicando per ogni categoria di grande opera due soglie di rilevanza e particolari criteri a seconda dei quali la richiesta alla CNDP, per l’avvio del procedimento, è obbligatoria o facoltativa.
Una volta presentata la domanda alla CNDP, questa ha due mesi di tempo per decidere se procedere o meno ad instaurare il dibattito; se la CNDP decide negativamente il dibattito non si svolgerà e il progetto proseguirà nel suo iter ordinario. Se decide invece di procedere con il débat, la CNDP organizza direttamente il dibattito affidando ad una commissione creata ad hoc, la Commission Particulière du Débat public (CPDP).
Il débat public dura dai quattro ai sei mesi e la partecipazione può essere orale o scritta: la partecipazione del privato può avvenire all’interno di riunioni pubbliche, incontri informali o riunioni tematiche; oppure attraverso il sito internet dove si possono lasciare commenti. Entro due mesi da quando si conclude la fase di discussione la
CPDP e la CNDP devono redigere un resoconto e un bilancio finale, dalla cui data di pubblicazione il committente ha tre mesi di tempo per decidere di portare avanti il progetto, di non portarlo avanti oppure di modificarlo, previa motivazione.
La disciplina di cui all’art. 22 del D.Lgs. n. 50/2016 relativo al dibattito pubblico è ispirata al cd. débat public sperimentato positivamente in Francia fin dal 1995.
2. Il dibattito pubblico nel nostro ordinamento (art. 22 del D.Lgs. n. 50/2016)
Come anticipato, il legislatore italiano ha introdotto in ambito nazionale la disciplina sul dibattito pubblico mediante l’articolo 22 del D.Lgs. n. 50/2016, quale modello di democrazia partecipativa mutuato dall’ordinamento francese destinato agli interventi infrastrutturali di rilievo, con l’obiettivo di rendere trasparente il confronto con i territori sulle opere pubbliche e di interesse pubblico, attraverso una procedura che consente di informare e far partecipare le comunità interessate.
Ratio sottesa all’introduzione del dibattito pubblico è certamente la necessità che i grandi interventi infrastrutturali siano decisi a seguito di un ampio e regolato confronto pubblico con le comunità locali; che il confronto si svolga nella fase iniziale del progetto, quando tutte le opzioni sono ancora possibili, compresa l’opportunità della realizzazione dell’opera; che i risultati del confronto possano servire, oltre che a valutare l’opportunità degli interventi, a migliorare la progettazione delle opere, rendendole più rispondenti ai bisogni della collettività; che il confronto, possa ridurre la conflittualità sociale che normalmente accompagna la progettazione e realizzazione delle grandi opere.
A riguardo, l’articolo 1, comma 1 della Legge n. 11/2016, nel delegare il Governo a dare attuazione alle nuove direttive europee in materia di appalti (direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014), alla lettera ppp) ha previsto, tra i criteri e i princìpi direttivi, la «trasparenza nella partecipazione dei portatori qualificati di interessi nell’ambito dei processi decisionali finalizzati alla programmazione e all’aggiudicazione di appalti pubblici e contratti di concessione nonchè nella fase di esecuzione del contratto».
La successiva lettera qqq) prevede inoltre specificamente «introduzione di forme di dibattito pubblico delle comunità locali dei territori interessati dalla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale aventi impatto sull’ambiente, la città o sull’assetto del territorio, prevedendo la pubblicazione on line dei progetti e degli esiti della consultazione pubblica; le osservazioni elaborate in sede di consultazione pubblica entrano nella valutazione in sede di predisposizione del progetto definitivo»[1].
In attuazione della delega suddetta, l’articolo 22 del D.Lgs. n. 50/2016 ha pertanto previsto che le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori pubblichino, nel proprio profilo del committente, i progetti di fattibilità relativi alle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull’ambiente, sulle città e sull’assetto del territorio, nonché gli esiti della consultazione pubblica, comprensivi dei resoconti degli incontri e dei dibattiti con i portatori di interesse.
Con riferimento ai progetti di fattibilità, si segnala l’articolo 23 del D.Lgs. 50/2016 che al comma 5 specifica che «… Ai soli fini delle attività di programmazione triennale dei lavori pubblici e dell’espletamento delle procedure di dibattito pubblico di cui all’articolo 22 nonché dei concorsi di progettazione e di idee di cui all’articolo 152, il progetto di fattibilità può essere articolato in due fasi successive di elaborazione. In tutti gli altri casi, il progetto di fattibilità è sempre redatto in un’unica fase di elaborazione..». Nella prima fase il progettista individua ed analizza le possibili soluzioni progettuali alternative, ove esistenti, e redige il documento di fattibilità delle alternative progettuali; nella seconda fase si arriva alla definizione del progetto di fattibilità tecnica ed economica.
Il comma 2 dell’articolo 22 ha poi demandato ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (provvedimento emanato con D.P.C.M. 10 maggio 2018, n. 76, su cui torneremo nel prosieguo) la definizione:
- dei criteri per l’individuazione delle opere per le quali è obbligatorio il ricorso alla procedura di dibattito pubblico,
- delle modalità di svolgimento e del termine di conclusione della medesima procedura.
In particolare, al comma 4 del citato articolo 22 viene specificato che gli esiti del dibattito pubblico e le osservazioni raccolte sono valutati in sede di predisposizione del progetto definitivo e sono discussi in sede di conferenza di servizi relativa all’opera sottoposta al dibattito pubblico.
Si evidenzia inoltre che l’articolo 22 è stato modificato dal D.Lgs. n. 56/2017 (decreto correttivo al D.Lgs. n. 50/2016) il quale all’art. 12 ha previsto:
- che il dibattito pubblico si applicherà agli interventi avviati dopo l’entrata in vigore del D.P.C.M. attuativo e non invece a quelli avviati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016;
- una procedura di monitoraggio sull’applicazione del dibattito pubblico, istituendo una Commissione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, avente il compito di raccogliere e pubblicare informazioni sui dibattiti pubblici in corso di svolgimento o conclusi e di proporre raccomandazioni per lo svolgimento del dibattito pubblico sulla base dell’esperienza maturata.
Alla luce di quanto sopra l’articolo 22 del D.Lgs. n. 50/2016 non contiene una disciplina approfondita dell’istituto in esame: il legislatore ha scelto di enunciare tre principi (ovvero l’obbligatorietà del dibattito pubblico in alcuni casi, la necessità di monitorarne l’applicazione e l’introduzione di un’apposita commissione per svolgere il monitoraggio) demandando alla fonte regolamentare la disciplina di dettaglio (per l’individuazione dei casi in cui è obbligatorio il dibattito pubblico, per la procedura di svolgimento, per le modalità del monitoraggio del medesimo, la struttura e i compiti della citata commissione).
L’art. 22 del D.Lgs. 50/2016 ha demandato ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la definizione delle opere su cui effettuare il dibattito pubblico nonchè le modalità di svolgimento della procedura
3. La disciplina del D.P.C.M. 10 maggio2018 n. 76
In applicazione del comma 2 dell’articolo 22 è stato adottato il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 maggio 2018, n. 76 (“Regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico”),pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 25 giugno 2018 ed entrato in vigore il 24 agosto 2018 (di seguito “DPCM”).
Il DPCM indica in particolare su quali opere debba essere effettuato il dibattito, le modalità di svolgimento, la durata massima, e i compiti di monitoraggio dell’apposita commissione mediante un impianto che, come osservato dal Consiglio di Stato nel parere del 12 febbraio 2018 n. 359 reso dalla Commissione speciale sullo schema del DPCM, al netto delle criticità ivi rilevate, si è attenuto ai limiti contenutistici tracciati dall’art. 22 ma riuscendo a garantire «un contemperamento tra l’esigenza di non allungare troppo i tempi di realizzazione delle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale e quella di dare effettività al coinvolgimento dei cittadini, dei portatori di interessi e delle amministrazioni interessate dalla realizzazione dell’opera».
Il DPCM n. 76/2018, nel solco dei principi individuati dall’art. 22 del D.Lgs. 50/2016, agisce quale contemperamento tra l’esigenza di non allungare troppo i tempi di realizzazione delle grandi opere infrastrutturali e quella di dare effettività al coinvolgimento dei portatori di interessi
AMBITO DI APPLICAZIONE
Circa i criteri per l’individuazione delle opere, il DPCM distingue le stesse per tipologia e soglie dimensionali, per le quali è obbligatorio il ricorso alla procedura di dibattito pubblico. In particolare, l’art. 3 comma 1 del DPCM chiarisce che «Sono soggette a dibattito pubblico, ai sensi dell’articolo 22, comma 1, del codice, le opere rientranti nelle tipologie di cui all’Allegato 1» , fermo restando quanto indicato dall’art. 10 comma 1 del DPCM relativo alla disciplina transitoria il quale prevede l’applicabilità, e quindi l’effettuazione obbligatoria del dibattito pubblico, riguardo alle opere incluse nell’Allegato 1 per le quali il provvedimento di affidamento dell’incarico di redigere il progetto di fattibilità tecnico-economica sia stato adottato successivamente alla data di entrata in vigore del DPCM stesso (mentre se detto provvedimento è stato adottato prima di tale entrata in vigore, è consentita l’indizione volontaria del dibattito pubblico).
Con riferimento alle opere di cui all’Allegato I, si evidenzia inoltre che il criterio finanziario è stato integrato con un criterio dimensionale: a seconda della tipologia di opera sono infatti indicate le dimensioni massime oltre le quali si applica la procedura del dibattito pubblico. In termini generali il procedimento relativo al dibattito pubblico si giustifica solo per interventi a elevato impatto socio-ambientale, e precisamente per quelli descritti nell’Allegato 1 al DPCM (infrastrutture stradali, autostradali, ferroviarie, porti, aeroporti, interporti, elettrodotti, condotte idrauliche, impianti, insediamenti industriali e infrastrutture energetiche), che superino determinate soglie di costo (dai duecento ai cinquecento milioni, a seconda delle diverse tipologie) e di dimensione (variabile in funzione delle categorie di opere)[2].
L’art. 3 comma 2 del DPCM prevede inoltre che in caso di particolari esigenze di salvaguardia i parametri di riferimento delle soglie dimensionali delle opere inserite nell’Allegato 1 siano ridotti del 50% se si tratta di interventi ricadenti, anche in parte:
a) su beni del patrimonio culturale e naturale iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, ai sensi della Conferenza sul Patrimonio Mondiale del 1977;
b) nella zona tampone come definita nelle Linee Guida Operative emanate dell’UNESCO;
c) nei parchi nazionali e regionali e nelle aree marine protette.
Ancora l’art. 3 comma 3 individua la forma del dibattito pubblico “su richiesta”: per le opere di cui all’Allegato 1, di importo compreso tra la soglia ivi indicata e due terzi della medesima, l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore indice il dibattito pubblico su richiesta:
a) della Presidenza del Consiglio dei ministri o dei Ministeri direttamente interessati alla realizzazione dell’opera;
b) di un Consiglio regionale o di una Provincia o di una Città metropolitana o di un comune capoluogo di provincia territorialmente interessati dall’intervento;
c) di uno o più consigli comunali o di unioni di comuni territorialmente interessati dall’intervento, se complessivamente rappresentativi di almeno 100.000 abitanti;
d) di almeno 50.000 cittadini elettori nei territori in cui è previsto l’intervento;
e) di almeno un terzo dei cittadini elettori per gli interventi che interessano le isole con non più di 100.000 abitanti e per il territorio di comuni di montagna.
In via residuale è comunque consentito che un’amministrazione aggiudicatrice un ente aggiudicatore, ai sensi dell’art. 3 comma 4 possa indire su propria iniziativa il dibattito pubblico quando ne rileva l’opportunità.
L’art. 3 comma 5 si preoccupa infine di chiarire per quali opere non si effettua il dibattito pubblico ovvero:
a) per le opere realizzate con le procedure previste dagli articoli 159 e 163 del D.Lgs. 50/2016 e per quelle di difesa nazionale di cui all’articolo 233 del D.Lgs. 66/2010;
b) per interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauri, adeguamenti tecnologici e completamenti;
c) per le opere già sottoposte a procedure preliminari di consultazione pubblica sulla base del regolamento (UE) n. 347 del 17 aprile 2013, ovvero di altra norma europea.
l dibattito pubblico deve essere eseguito solo per gli interventi a elevato impatto socio-ambientale descritti nell’Allegato 1 al D.P.C.M. (infrastrutture stradali, autostradali, ferroviarie, porti, aeroporti, interporti, elettrodotti, condotte idrauliche, impianti, insediamenti industriali e infrastrutture energetiche), che superino determinate soglie di costo e di dimensione.
SVOLGIMENTO DEL DIBATTITO PUBBLICO
Per quanto concerne la procedura del dibattito pubblico, considerata la necessità di contingentare i tempi ma di consentire alle comunità locali di informarsi adeguatamente e partecipare attivamente al processo dialogico, il DPCM all’art. 5 comma 2 prevede che la durata del dibattito pubblico è fissata in quattro mesi, prorogabili di ulteriori due mesi in caso di comprovata necessità.
L’indizione del dibattito pubblico avviene attraverso una procedura snella secondo l’art. 5 commi 3 e 4 in cui il proponente
- trasmette alla Commissione nazionale per il dibattito pubblico una comunicazione in cui dichiara l’intenzione di avviare la procedura allegando il progetto di fattibilità ovvero il documento di fattibilità delle alternative progettuali; una sintesi degli obiettivi e delle caratteristiche dell’opera; il nominativo del soggetto o dei soggetti che lo rappresentano in tutte le fasi del procedimento.
- notifica l’intenzione di avviare il procedimento di dibattito pubblico alle amministrazioni territoriali interessate;
- pubblica sul proprio sito internet la comunicazione trasmessa alla Commissione e agli enti territoriali.
Poiché il dibattito pubblico per essere efficace deve essere progettato ed adattato alle caratteristiche dell’intervento e soprattutto alle peculiarità del contesto sociale e territoriale di riferimento, il DPCM all’art. 6 comma 1 prevede che il dibattito pubblico, prima di essere avviato, sia ideato e adattato al contesto locale di riferimento, attraverso un vero e proprio processo di progettazione della durata massima di un mese curato dal coordinatore del dibattito pubblico, il quale ha il compito di gestire l’intera procedura, selezionato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore attraverso procedure di evidenza pubblica (ai sensi dell’art. 6, comma 3.
Il dibattito si apre con la pubblicazione sul sito del dibattito pubblico del dossier di progetto dell’opera (art. 8, comma 1), dove sono presentate in un linguaggio non tecnico, le ragioni e le caratteristiche tecniche dell’intervento, comprensive degli impatti sociali, ambientali ed economici in conformità all’art. 7, comma 1, lett. a): ildossier, redatto dal proponente dell’opera, rappresenta il documento attraverso il quale le comunità locali possono formarsi un’opinione consapevole sull’opera e costituisce la base informativa sulla quale avviare il dibattito pubblico.
La relazione finale del coordinatore del dibattito pubblico contiene la descrizione delle attività svolte nel corso del dibattito, comprensiva delle indicazioni circa il numero di incontri, le modalità di gestione e l’andamento degli incontri, il numero dei partecipanti, gli strumenti di comunicazione utilizzati, le statistiche di accesso e consultazione del sito internet del dibattito pubblico. Inoltre, contiene la sintesi dei temi, delle posizioni e delle proposte emerse nel corso del dibattito e la descrizione delle questioni aperte e maggiormente problematiche rispetto alle quali si chiede al proponente di prendere posizione ai sensi dell’art. art. 9, comma 1, lett. a), b), c). Si evidenzia che la relazione conclusiva non contiene alcuna prescrizione per il proponente a cui è lasciata la piena responsabilità di decidere se e come realizzare l’opera. È infatti responsabilità del proponente dell’opera valutare i risultati e le proposte emerse nel corso del dibattito pubblico e redigere un proprio dossier conclusivo in cui si evidenzia, la volontà o meno di realizzare l’intervento, le eventuali modifiche apportate al progetto e le ragioni che hanno condotto a non accogliere eventuali proposte emerse nel corso del dibattito, in conformità all’art. 7, comma 1, lett. d).
Il dibattito pubblico si conclude con la presentazione del dossier conclusivo da parte dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore, entro due mesi dalla presentazione delle relazione conclusiva da parte del coordinatore del dibattito pubblico (art. 9 comma 2).
La durata del dibattito pubblico è fissata in quattro mesi, prorogabili di ulteriori due mesi in caso di comprovata necessità
4. Conclusioni
L’introduzione del dibattito pubblico in ambito nazionale quale alto strumento di democrazia partecipativa, per tutte le considerazioni svolte nei paragrafi che precedono, non può che essere apprezzata, fermo restando che la valutazione di questo nuovo strumento potrà essere compiutamente eseguita solo a valle della sua concreta attuazione.
Solo a seguito dell’indizione di più dibattiti pubblici ai sensi della nuova disciplina sarà infatti possibile verificare se l’esigenza di trasparenza e di consultazione di tutti i diversi portatori di interesse coinvolti nella realizzazione di una grande opera infrastrutturale prima dell’avvio dei lavori di costruzione, come propugnata dal legislatore, sarà pienamente garantita. Quanto più le procedure di dibattito pubblico verranno infatti concluse tanto più si potrà in particolare verificare la riduzione del contenzioso e, in linea generale, il contrasto delle comunità interessate.
[1] Poiché le direttive europee in materia di appalti non prevedono il dibattito pubblico, il criterio di cui alla lettera qqq), al contrario del precedente, non era presente nel testo originario del disegno di legge di iniziativa governativa ma è stato introdotto in via emendativa dall’8ª Commissione del Senato e poi modificato dall’VIII Commissione della Camera dei Deputati.
[2] Ai sensi dell’Allegato 1 le opere da sottoporre a dibattito pubblico sono le seguenti:
«- Autostrade e strade extraurbane principali. Strade extraurbane a quattro o più corsie o adeguamento di strade extraurbane esistenti a due corsie per renderle a quattro o più corsie (Opere che comportano una lunghezza del tracciato superiore a 15 km e comunque con un valore di investimento pari o superiore a 500 milioni di euro al netto di IVA del complesso dei contratti previsti)
– Tronchi ferroviarie per il traffico a grande distanza (Opere che comportano una lunghezza del tracciato superiore a 30 km e comunque con un valore di investimento superiore a 500 milioni di euro al netto di IVA del complesso dei contratti previsti)
– Aeroporti (Opere che riguardano nuovi terminali passeggeri o merci, o nuove piste di atterraggio e decollo superiori ai 1.500 metri di lunghezza e comunque con un valore di investimento complessivi superiore a 200 milioni di euro al netto di IVA del complesso dei contratti previsti)
– Porti marittimi commerciali, nonché vie navigabili e porti per la navigazione interna accessibili a navi di stazza superiore a 1.350 tonnellate. Terminali marittimi, da intendersi quali moli, pontili, boe galleggianti, isole a mare per il carico e lo scarico dei prodotti collegati con la terraferma e l’esterno dei porti, che possono accogliere navi di stazza superiore a 1.350 tonnellate, comprese le attrezzature e le opere funzionalmente connesse (Opere che comportano una superficie interessata dall’intervento superiore a 150 ha e comunque con un valore di investimento complessivo superiore a 200 milioni di euro al netto di IVA del complesso dei contratti previsti)
– Interventi per la difesa del mare e delle coste (Opere che comportano un valore di investimento complessivo superiore ai 50 milioni di euro del complesso dei contratti previsti)
– Piattaforme di lavaggio delle acque di zavorra delle navi (Opere off-shore che comportano un valore di investimento complessivo superiore ai 150 milioni di euro del complesso dei contratti previsti)
– Interporti finalizzati al trasporto merci e in favore dell’intermodalità di cui alla legge 4 agosto 1990, n. 240 e successive modifiche, comunque comprendenti uno scalo ferroviario idoneo a formare o ricevere treni completi e in collegamento con porti, aeroporti e viabilità di grande comunicazione (Opere che comportano costi degli stabilimenti e delle infrastrutture superiori ai 300 milioni di euro al netto di IVA del complesso dei contratti previsti)
– Elettrodotti aerei (Linee elettriche aeree di tensione pari o superiore a 380 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 40 km)
– Impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole (Impianti con altezza superiore a 30 metri o che determinano un volume di invaso superiore a 40 milioni di metri cubi)
– Opere che prevedano o possano prevedere trasferimento d’acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei bacini idrografici istituiti a norma della legge 18 maggio 1989, n. 183 (Opere che prevedono trasferimenti di portata uguale o superiore a 4 m3/s.)
– Infrastrutture ad uso sociale, culturale, sportivo, scientifico o turistico (Opere e infrastrutture che comportano investimenti complessivi superiori a 300 milioni di euro al netto di IVA del complesso dei contratti previsti)
– Impianti, insediamenti industriali e infrastrutture energetiche (Opere che comportano investimenti complessivi superiori ai 300 milioni di euro al netto di IVA del complesso dei contratti previsti)»